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Autore: ShioriKitsune    09/01/2017    3 recensioni
[Al sole della mia vita]
"Forse fu colpa dell'alcol, quella specifica sera. O semplicemente di un destino a cui piaceva fare scherzi crudeli, a cui piaceva scomporre e ricomporre vecchi pezzi di puzzle senza riuscire mai a metterli al posto giusto.
Ma quando Chanyeol attraversò la strada, con lo sguardo perso nel vuoto che era il riflesso di se stesso, l'ultima cosa che i suoi sensi registrarono fu il rumore di freni che stridevano, seguiti da un boato.
Poi, più nulla"
ChanBaek
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- To my soulmate:
perché, per te, posso provare a scrivere in qualsiasi condizione psicofisica 
ㅋㅋㅋ
Love you to the moon and back


 

Ci sono notti in cui tutto ciò di cui si ha bisogno è una via d'uscita. Dalla routine, dalla propria vita o semplicemente da se stessi. Una boccata d'aria per allontanarsi dal passato che pesa sulle spalle come un macigno, che ti schiaccia fino a farti a pezzi. In queste notti, una distrazione è la sola ed unica chance di sopravvivenza, per evitare di crollare. E distrarsi tra una bottiglia d'alchol e la compagnia di uno sconosciuto era diventato il passatempo preferito di Park Chanyeol, che aveva deciso di mettere più distanza possibile tra sé e la notte in cui tutta la sua vita gli si era sgretolata tra le mani, macchiate ormai di un peccato che lo avrebbe perseguitato passo dopo passo.

Camminava per le strade con le mani nelle tasche, barcollante, mentre si perdeva in tutti i dettagli che sapevano di Sehun.

Sehun e la sua apparente aria severa.

Sehun e i suoi sorrisi, concessi quando pensava che nessuno lo stesse guardando.

Sehun che era stato la cosa più simile ad un fratello che avesse mai avuto.

Sehun, che aveva pagato le conseguenze dei suoi sbagli. Sbagli alla quale Chanyeol non avrebbe mai più potuto rimediare.

Perché Sehun non c'era più e tutto ciò che aveva lasciato dietro di sé erano rimorsi, dolore e bruciante mancanza, quella in grado di lacerarti con così tanta forza da lasciarti senza fiato.

Chanyeol rise, amaro, mentre si rendeva conto che nessuna distrazione di questo mondo avrebbe riempito il nulla che aveva nel petto: Sehun era in ogni cosa e ci sarebbe restato comunque.

E quindi Chanyeol andava avanti senza meta, perso in una vita che non lo considera, una vita che lui stesso si rifiutava di accettare.

E forse fu colpa dell'alcol, quella specifica sera. O semplicemente di un destino a cui piaceva fare scherzi crudeli, a cui piaceva scomporre e ricomporre vecchi pezzi di puzzle senza riuscire mai a metterli al posto giusto.

Ma quando Chanyeol attraversò la strada, con lo sguardo perso nel vuoto che era il riflesso di se stesso, l'ultima cosa che i suoi sensi registrarono fu il rumore di freni che stridevano, seguiti da un boato.

Poi, più nulla.

 

 

Memento

 

 

Park Chanyeol non si sarebbe mai perdonato, per il resto della sua esistenza.

Erano giovani ed irresponsabili, quando un incidente d'auto gli aveva portato via Sehun.

I dottori avevano detto che era morto sul colpo e che Chanyeol era fortunato ad essere ancora in vita. In quel frangente, appeso tra il presente e l'incoscienza, Chanyeol avrebbe solo voluto ridere dell'ironia della situazione: fortunato? Aveva ucciso il suo migliore amico per un capriccio. Perché aveva deciso di mettersi alla guida, nonostante non ne fosse nelle condizioni, per dimostrare che lui era più in gamba, per dimostrare che un po' d'alcohol non poteva intaccarlo.

Aveva distrutto due vite e nessuno gli presentava il conto, il che rendeva il suo supplizio ancor più doloroso.

Da quel momento era stato un susseguirsi di “povero ragazzo”, “ha ucciso il suo migliore amico” e speriamo che non perda la testa”, ma la verità era che a nessuno importava.

Park Chanyeol non aveva bisogno di amici di circostanza, di domande di circostanza, di perditempo di circostanza. Le circostanze, in realtà, non gli erano mai piaciute.

Si era isolato completamente, superando presto il confine tra il voler vivere e il vivere per inerzia. Viveva per ricordare Sehun in ogni sua sfaccettatura: le labbra sottili, i capelli setosi e le mani grandi. Ciò che era stato, ciò che continuava ad essere.

Sapeva, nel profondo, che quell’apatia era sbagliata. Che Sehun non avrebbe mai voluto quello per lui.

Lo sapeva e non gli importava, e questa era forse la sua più grande colpa.

 

Ma non aveva più senso, in quel momento. Era morto anche lui – i freni, il boato, aveva fatto due più due - e nella stessa maniera.

Ironico, no?

«Ti prego, apri gli occhi», un sospiro strozzato, mentre la voce preoccupata si faceva sempre più vicina. «Sei incosciente da ore, non so cosa fare! Potresti almeno darmi un cenno?»

Chanyeol avvertì un tocco leggero sulla spalla, come un piccolo spintone, per poi concentrarsi sul calore proveniente dalla mano che gli era stata poggiata sulla fronte. E, come attirato dall'energia di quelle dita lunghe e affusolate, sbatté appena le palpebre.

«Sehun?»

La figura si chinò su di lui, fino a permettergli di mettere a fuoco un flebile sorriso. «Mi dispiace, ma non sono Sehun». E la voce, anche se sconosciuta, sembrava colma di reale tristezza.

Chanyeol cercò di mettersi seduto, cercò di dare un senso a ciò che stava succedendo, ma la testa gli pulsava fino a rendergli difficile anche il solo provare a pensare. «Dove mi trovo?», domandò, la bocca impastata e lo sguardo vagante.

«A casa tua», fu la semplice risposta, quieta, del ragazzo di fronte a lui.

Fu allora che Chanyeol riuscì a vederlo per la prima volta. Era esile, e sedeva quasi rannicchiato su se stesso al suo fianco; i capelli scuri gli ricadevano in ciocche ai lati del viso e i suoi occhi, così intensi da farlo rabbrividire, erano puntati su di lui.

Chanyeol deglutì, cercando di schiarirsi la voce prima di continuare. Man mano che recuperava la lucidità, la situazione diventava sempre più surreale: perché si trovava a casa sua, senza il minimo ricordo di esserci arrivato, con uno sconosciuto accanto?

«Il mio nome è Baekhyun, nel caso te lo stessi domandando». Sorrise.

Baekhyun, uh. Non aveva mai sentito quel nome in vita sua. Eppure, non gli sembrava poi così estraneo mentre se lo ripeteva come un mantra nella testa.

«Ugh». Chanyeol si massaggiò le tempie, aggrottando poi le sopracciglia in direzione dell'altro. «Come...»

«...siamo arrivati qui?». Completò la frase al posto suo, facendo cenno con la testa alla sua giacca, gettata in malo modo sul pavimento. «Avevi i documenti, nella giacca. Sulla carta d'identità c'era scritto il tuo indirizzo ed ho quindi pensato di portarti a casa».

Il momento successivo fu di una tragicità quasi comica: Chanyeol si alzò di scatto, allontanandosi dall'altro, per poi puntargli un dito contro. «Sei stato tu ad investirmi? Perché non mi hai portato in ospedale?».

Baekhyun si strinse nelle spalle, lo sguardo limpido di chi è convinto di non aver fatto nulla di sbagliato. «Non mi piacciono gli ospedali. Ho visto che stavi bene e ho pensato che fosse la scelta migliore. E no, comunque. Non sono stato io ad investirti. Ma se non fosse stato per me, probabilmente a quest'ora saresti ancora steso sull'asfalto, con i passanti ad osservarti senza preoccuparsi di darti una mano».

Chanyeol non era ancora convinto e l'altro roteò gli occhi, sospirando sconfitto. «Ascolta, non sono pericoloso. Puoi rilassarti, sai? Ti ho salvato la vita».

Il più alto decise di dargli le spalle e chiudere gli occhi, poggiando il capo contro muro, le braccia incrociate e l'amaro in bocca. Non gli rispose, perché aveva già parlato abbastanza per i suoi gusti, ma improvvisamente la consapevolezza di non essere morto lo colpì, facendolo irrigidire.

 

Scusa, Sehun. Proprio non riesco a raggiungerti, a quanto pare.

 

Se doveva essere del tutto onesto con se stesso, l'idea di morire non gli dispiaceva poi tanto. A parer suo, sarebbe dovuto morire molto tempo prima e l'essere ancora in grado di camminare su questa Terra non era qualcosa per la quale si sentiva grato. Se solo avesse avuto più coraggio, l'avrebbe fatta finita una di quelle notti in cui i sensi di colpa lo avevano divorato senza lasciare neanche le ossa, ma si era reso conto di non avere quella forza. Di riuscire solo a strisciare in avanti, inerme, senza possibilità di mettere un punto a quel romanzo incompiuto, il cui finale sarebbe stato solo malamente arronzato.

«Non puoi rimetterti a dormire adesso».

La voce di Baekhyun interruppe i suoi pensieri e, per un momento, provò una bruciante rabbia: perché quel tipo era ancora lì? Cosa voleva da lui?

«Se stai aspettando una ricompensa per avermi», fece segno delle virgolette. «salvato la vita, prendi ciò che vuoi e vattene».

Alle sue spalle, solo silenzio per un attimo che sembrò infinito. Ma quando Baekhyun si decise a parlare, alzandosi, il suo tono fu così freddo da gelare Chanyeol senza nemmeno guardarlo.

«Se avessi voluto dei soldi, li avrei già presi».

«E allora cosa diavolo vuoi?».

Chanyeol si voltò di scatto, desideroso di fronteggiarlo ma impreparato a ciò che si sarebbe ritrovato davanti. Gli occhi di Baekhyun erano fuoco vivo, mentre con tutto se stesso si impegnava a mantenere la bocca serrata in una linea dritta. Il più alto schiuse le labbra, quasi incantato da quel display di emozioni umano. Era da tanto che non provava qualcosa del genere.

«Niente», disse Baekhyun, alla fine. «Non voglio niente».

E così si voltò, sbattendosi la porta alle spalle senza aggiungere altro.

In quel preciso frangente, Chanyeol sentì di aver commesso un grave errore, lasciandolo andare.

Ma, riflettendoci, non aveva importanza. Nessuno restava e nessuno era così importante da fargli desiderare che restasse, eppure durante quei pochi minuti trascorsi insieme, si era quasi sentito di nuovo umano.

Fu una sensazione così strana e nuova che ne venne sopraffatto e qualcosa, nel profondo, gli suggerì che forse era proprio questo ciò di cui aveva bisogno per tornare a vivere.

Tornare… a vivere?

Si passò una mano tra i capelli.

Sehun-ah, sarebbe possibile?

 

Due settimane dopo

 

 

Chanyeol aveva pensato a quel ragazzo per tutto il tempo, o meglio: tra i vari e costanti pensieri dedicati a Sehun, uno su dieci era per Baekhyun. E questo era già tanto.

Era uscito di casa il giorno dopo l’incidente. Lo aveva cercato, ma non lo avrebbe mai ammesso. (Eppure, il suo sguardo si era fatto vigile quando gli era capitato di dover attraversare la strada, abbandonando le sue idee suicide perché il suo subconscio gli intimava che non era il momento). Aveva anche provato a cercare il suo nome sull’elenco e su quei social network che quelli della sua età amavano tanto, ma non avrebbe mai ammesso neanche questo.

Sicuramente Baekhyun non è il suo vero nome. In ogni caso, non m’importa.

Si ripeteva quella nenia un paio di volte al giorno, poi decideva che non ci avrebbe più pensato. Il mattino dopo però, era punto e accapo.

Quella sera non aveva intenzioni particolari, se non il trovare un tabaccaio e comprarsi delle sigarette. Dopodiché sarebbe tornato a casa, ne avrebbe fumata una e poi avrebbe fissato il soffitto fino a che il sonno non avesse reclamato le sue membra.

Ma non sarebbe andata così, oh no.

«Stai più attento quando camm-Oh».

Chanyeol alzò lo sguardo dall'asfalto, neanche si era accorto di aver urtato qualcuno. «Tu».

«Tu, dovrei dirlo io». Baekhyun aveva il broncio, lo s’intuiva facilmente. I suoi modi erano limpidi, impossibili da fraintendere. Schietto e senza maschere. «Da quanto tempo mi segui?».

Chanyeol sollevò un sopracciglio, picco massimo della sua espressività in quel momento. «Come, prego?».

«Lascia stare. Non ho tempo da perdere con te, quindi…». Si strinse nelle spalle e lo scansò, preparandosi a lasciarlo indietro per la seconda volta.

Quindi… è così che finisce?

Il braccio si mosse da solo. «Aspetta».

Silenzio.

Baekhyun non si voltò, ma non si districò nemmeno dalla presa dell’altro. Restò fermo, in attesa.

«Mi dispiace per l'altra sera», sussurrò Chanyeol, la voce talmente bassa che fece fatica a sentirsi da solo. Cacciò quelle parole a fatica, non era nella sua indole chiedere scusa.

Ma Baekhyun sembrava aver capito esattamente com’era fatto l’altro, e quello gli bastò. Si voltò e sorrise, senza accorgersi dell'effetto che ebbe quel sorriso su Chanyeol. «Non ti preoccupare», ghignò contento. «Puoi rimediare offrendomi la cena».

 

 

Passarono i giorni, poi le settimane e Baekhyun sembrava ormai vivere a casa di Chanyeol.

Questi, inizialmente contrario, non aveva avuto più molto da dire quando il maggiore aveva iniziato ad insinuarsi dentro di lui, in punta di piedi in modo che non se ne accorgesse, e rubare il posto nel cuore a Sehun. Ogni pensiero tolto al minore era un pensiero in più a Baekhyun e a ciò che avrebbero fatto quel giorno, al cibo che Baekhyun avrebbe cucinato, ai programmi sciocchi che lo avrebbe obbligato a guardare in televisione. E il senso di colpa era sempre meno opprimente.

Quindi nessuno dei due si sorprese quando, sul pavimento in legno del soggiorno dopo qualche birra di troppo, le loro labbra si incontrarono a metà strada.

Fu la cosa più naturale del mondo e lo sapevano entrambi, perché entrambi avevano capito di appartenersi in un modo così profondo, così totale che nessun’altra possibilità sarebbe potuta esistere.

Le mani si cercarono e le lingue si abbracciarono, pochi minuti dopo Chanyeol era sopra Baekhyun, poi dentro Baekhyun.

E a ogni suo gemito, Chanyeol acquistava un pezzo di vita.

Ad ogni bacio, ad ogni carezza, pensare a Sehun faceva meno male.

E Chanyeol iniziò a ricordare come si facesse a sorridere.

 

 

«Sai, dovremmo farci un tatuaggio».

Chanyeol lo guardò con la coda dell’occhio, mentre si liberava dei jeans strappati sulle ginocchia.

Baekhyun, allungato sul letto, ammirava la sua schiena ampia e marchiata dai segni delle sue stesse unghie. Quando il gigante lo raggiunse, gli scoccò un bacio sul collo. «Qualcosa tipo le nostre iniziali».

L’altro sollevò un sopracciglio. «Ti avrei detto sì, se solo non fosse un’idea da femminuccia. E, tra l’altro, tremendamente brutta».

Baekhyun sporse il labbro inferiore, fingendosi offeso, e Chanyeol non esitò a catturarlo tra i denti. Lo succhiò, percorrendo con la mano il profilo del suo collo e scendendo fino al basso ventre. Sollevò l’elastico dei boxer, pronto a prendere ciò che bramava, ma il maggiore lo bloccò. «Aspetta, sto parlando».

Chanyeol gli rivolse uno sguardo alla fai sul serio? ma, come da richiesto, tenne a freno la mano impaziente. «Allora sbrigati».

«Ecco, penso che dovremmo davvero farci un tatuaggio. Sai, così potrai pensare a me anche quando non saremo insieme».

Il minore si fece improvvisamente serio. «Non ne vedo il motivo. Siamo sempre insieme».

Baekhyun sbuffò. «Sì, ma io voglio farlo lo stesso».

Tipico suo, fare capricci come un bambino. Ma Chanyeol era debole e gli sguardi che l'altro gli rivolgeva quando voleva ardentemente qualcosa erano da far girare la testa. «E va bene, domani andremo a prenotare da qualche parte. Adesso stai zitto», e provò nuovamente a baciarlo, ma senza successo.

«No, adesso».

Il gigante si tirò su, incrociando lentamente le braccia. «Adesso?», domandò, confuso. «Non ho un aggeggio per fare tatuaggi in casa».

Il maggiore si guardò intorno con aria assorta, poi il suo sguardo si posò su qualcosa, qualcosa che gli fece brillare gli occhi dall'eccitazione.

«Quanto riesci a sopportare il dolore?», domandò con tono vago.

L’altro pensò che quello sarebbe stato il momento giusto per allarmarsi, eppure non ne avvertiva il bisogno. «Cos’hai in mente?».

Baekhyun si lanciò in avanti, afferrando l’oggetto che si rivelò essere un accendino. Poi, chinando il capo, sganciò il ciondolo di coppia che lui e Chanyeol avevano comprato qualche giorno prima: Baekhyun indossava una mezzaluna argentata (Chanyeol era la sua luna, in grado di eclissare tutto il resto), mentre l'altro un sole dorato (dedicato a colui che aveva riportato nella sua vita luce e speranza). La rigirò tra le mani, chiedendo al minore di passargli il suo ciondolo.

E, forse, Chanyeol iniziò ad allarmarsi. Ma, ovviamente, obbedì.

«E adesso cosa dovremmo fare?».

Baekhyun ghignò. Prense la sua mezzaluna e la riscaldò per qualche attimo sulla fiamma accesa dell’accendino. Dopodiché, senza dare a Chanyeol il tempo di fermarlo, se la premette sulla parte interna del polso.

«Ma che diavolo fai?!».

Il maggiore serrò le palpebre, qualche lacrima alle estremità degli occhi. Il sorriso però, anche se lievemente distorto dal dolore, continuava ad illuminargli il viso.

«Non fa male. Non fa male».

Pochi attimi dopo l’agonia finì, e sul suo polso apparve il marchio di una mezzaluna.

Il suo viso era arrossato, il respiro lievemente affannoso ma il suo sguardo era soddisfatto, non era difficile capirlo. «Ecco fatto».

Chanyeol, dall’altra parte del letto, continuava a guardarlo sbigottito. «Sapevo che c’era qualcosa di tremendamente sbagliato in te», lo prese in giro, sollevando appena gli angoli delle labbra. Eppure gli tolse l’accendino dalle mani e ripeté i suoi stessi movimenti.

Quando il ciondolo bollente venne a contatto col suo polso, impose a se stesso di restare immobile. Si concesse il lusso di respirare soltanto qualche attimo dopo.

«Vedi», sussurrò, avvicinando il polso a quello di Baekhyun. Anche la pelle gridava la loro appartenenza reciproca. «Sopporto il dolore meglio di te».

Baekhyun allungò il collo e lo baciò. Poi si allontanò appena, fissando lo sguardo nel vuoto. Chanyeol non ricordava di averlo mai visto così pensieroso.

Restò in silenzio qualche minuto prima di decidersi a buttare fuori ciò che gli passava per la testa.

«Sai, la prima notte in cui ci siamo incontrati, quella in cui ti ho salvato... non hai fatto che ripetere le parole “Sehun” e “mi dispiace”», fece una pausa, tormentandosi le dita pallide. «So cosa è successo. Lo so ma non ti ho mai chiesto nulla, nonostante a volte il dolore traboccasse da ogni parte di te. Non ti ho chiesto nulla perché ho pensato che, se avessi voluto parlarmene, lo avresti fatto di tua spontanea volontà. E poi ho capito presto che tu sei il tipo che preferisce risolvere da solo i suoi drammi interni». Si fermò solo un attimo per rivolgergli un sorriso dolce. «Credo che in tutto questo tempo tu abbia imparato a gestire i tuoi demoni, e mi piace pensare che io sia stato una parte fondamentale di questo tuo tornare alla vita. Mi piace pensare di essere stato la tua ancora. Perché vedi, è quello che sento di essere. Ho cercato di esserti vicino in ogni modo, perché sono convinto di essere nato al solo scopo di incontrare te». Si strinse nelle spalle. «Se non ti avessi incontrato, probabilmente a quest’ora saresti ancora il musone di sempre». Ridacchiò, vagamente imbarazzato, mentre si passava una mano tra i capelli. «Forse sarò egoista, ma mi piace credere questo. Che io sia stato ciò di cui avevi bisogno».

Chanyeol avvertì una fitta al cuore.

Non era mai stato un tipo particolarmente sentimentale, non gli piaceva fare discorsi del genere, dichiarazioni. Preferiva dimostrare con i fatti ciò che provava.

Eppure, in quel momento, si sentì in dovere di dire tante cose.

Non lo fece, perché non sarebbe stato da lui. Baekhyun lo sapeva bene e gli sorrise perché gli aveva letto dentro.

Chanyeol abbassò lo sguardo, sdraiandosi, Baekhyun poggiò il capo sul suo petto.

E restarono così, per un tempo che parve infinito.

«Lo sei».

Il maggiore si era quasi addormentato. Sbatté più volte le palpebre, poi alzò lievemente la testa. «Cosa?».

L'altro sbuffò. Non gli piaceva ripetersi, non in quelle situazioni. «Lo sei. La mia ancora, intendo. Lo sei».

E Baekhyun non aveva bisogno di altro. Poggiò dolcemente le labbra sulle sue e tornò a stringersi al suo petto.

«C’è ancora qualcosa che devi sapere», sussurrò, dal suo tono trapelava un sorriso.

«Ti amo, idiota. Qualsiasi cosa succeda, ti amerò sempre».

Chanyeol non rispose, ma lo strinse a sé più forte.

 

 

 

 

 

*°*°*

 

 

 

 

 

Quel fastidioso bip si stava facendo sempre meno sopportabile.

Chanyeol cercò di sollevare le palpebre, ma era ancora troppo stanco.

 

Dove… dove mi trovo?

 

Fu una strana sensazione all’altezza dello stomaco che gli diede la forza di aprire gli occhi.

Si trovava in ospedale. Il bip che sentiva, erano le macchine accanto al suo letto.

Si guardò intorno con qualcosa di molto simile al panico a stringergli la gola, ma non c’è nessuno.

 

Cosa è successo?

 

 

Più che sapere cosa fosse successo, gli premeva sapere dove fosse Baekhyun, ma non permise neanche al suo cervello di elaborare la domanda.

 

Sta bene. Sta bene per forza.

 

Il cuore iniziò a battere più veloce e il bip si fece più insistente. Strappò via i tubicini che qualcuno gli aveva ficcato nelle narici e l’istante dopo un dottore, allarmato, entrò nella stanza.

«Park-sshi! Pensavamo che non ti saresti più ripreso». Il dottore sorrise cordiale, dopo essersi assicurato che il suo paziente non fosse in pericolo di vita, e Chanyeol continuava a non capire.

Il suo sguardo era confuso, fissava il dottore nella speranza che le idee gli venissero chiarite, ma alla fine decise che era meglio tirar fuori la voce e chiedere ciò che gli premeva sapere. «Cosa è successo? Dov’è Baekhyun?».

«Una macchina ti ha investito, Park-sshi. Il conducente ti ha portato in ospedale, ma poi se l'è filata. Ma non temere, stiamo cercando in tutti i modi di rintracciarlo».

Un incidente? «Quando? Come? Io-», poi, ancora. «dov’è Baekhyun?».

Il dottore aggrottò la fronte, confuso. «Chi?».

«È-è alto, esile, è sempre con me, l-lui-».

Chanyeol venne bloccato dal medico. «Hai battuto la testa, devi riposare».

«Devo sapere dov’è Baekhyun!».

L'altro lo guardò come se stesse cercando di approcciarsi ad un animale pronto ad attaccare. «Park-sshi... non c’era nessuno con te quando ti hanno portato in ospedale. Hai battuto la testa ed il danno è stato così grave che sei rimasto in coma per un po’».

Il minore si bloccò, gli occhi sgranati dal panico e la bocca aperta, sempre più confuso. «Per… un po’?».

Il medico prese un respiro profondo. «Oggi è il nove di gennaio, siamo nel 2017. Il tuo incidente si è verificato la notte del diciotto settembre 2016. Sei rimasto in coma per più di tre mesi, Park-sshi, e in questo tempo non ti sei mai svegliato. E nessun ragazzo alto ed esile è venuto a farti visita. Era un tuo compagno di scuola? Di lavoro? Se mi dici il suo cognome posso provare a-».

«Il cognome». Chanyeol alzò lo sguardo, fissandolo in quello dell'uomo . «Non conosco il suo cognome».

Questi sospirò. «È normale essere confusi, ti sei appena risvegliato e il trauma cranico non è scomparso. Devi solo riposare», sussurrò.

Ma Chanyeol era ormai perso nei suoi pensieri, in un mondo al quale nessun altro aveva accesso.

«Non conosco il suo cognome», continuava a ripetere.

«Forse è meglio lasciarlo solo per un po’», aggiunse una nuova voce, quella di un'infermiera.

La voragine nel petto si riaprì e sembrava ancor più profonda di prima. BaekhyunBaekhyunBaekhyun. SehunSehunSehun.

Li aveva persi entrambi o ne aveva perso solo uno? Si afferrò la testa tra le mani, sull'orlo di una crisi di nervi.

 

Cosa significa? Che diavolo significa?

È stato solo… un sogno?

 

Arrivò alla conclusione che il suo subconscio ne sapesse una più del diavolo. Che si divertisse a torturarlo in modi sempre nuovi e crudeli.

Avrebbe voluto gridare ma si trattenne, perché ancora non riusciva a capire.

 

Baekhyun non esiste.

Non è mai esistito.

Sehun esiste. Esisteva. È morto.

Sono solo di nuovo.

 

E poi, con la coda dell’occhio, la vide

La bruciatura sul polso, quella a forma di sole.

«Cosa…?».

La vide, la toccò per assicurarsi che fosse reale. E lo era, poteva sentire i contorni di quella cicatrice che non si sarebbe risanata, il dolore ancora fresco nel toccarla, la sensazione delle labbra leggere di Baekhyun su di essa.

Ed in quel preciso istante, smise di farsi domande.

Non importava se Baekhyun l’avesse solo sognato. Non importava se nessuno si ricordava di lui e della sua risata. Baekhyun esisteva nella sua anima e sulla sua pelle.

Baekhyun era stato l’ancora in grado di ricordargli com’era la vita, Baekhyun era il barlume di speranza che gli avrebbe permesso di continuare a viverla.

Alzò lo sguardo, il sole stava sorgendo.

E Chanyeol, guardandolo, sorrise.


 
   
 
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