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Autore: Luna Manar    27/05/2009    1 recensioni
A volte, l'unico modo per volare è permettersi di cadere.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rinoa Heartilly, Squall Leonheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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FALLING FOREVER
scritto da Luna Manar, tradotto da Alessia Heartilly

--

"Come puoi lasciarmi qui
in un mondo così freddo?
Forse ho solo troppe pretese
Forse sono proprio come mio padre..."

--

Se ne era andata.

Semplicemente così. Un minuto era lì, respirava, combatteva al suo fianco. Quello dopo...

Non è stata colpa tua, gli avevano detto. Nessuno avrebbe potuto aiutarla. Nessuno l'ha obbligata a venire. Non ne sei responsabile.

Davvero non lo sono?

Squall era in piedi accanto alla figura di Rinoa in coma, e aspettava in silenziosa agonia che lei respirasse di nuovo. Era sempre così, quando andava a trovarla. Respirava solo ogni trenta secondi, e quando lo faceva, era quasi uno sforzo furtivo, tanto che si trovava a domandarsi se lei si fosse mossa davvero. Quei trenta secondi erano un'eternità per Squall, che sperava, pregava che riuscisse a fare un altro fondamentale respiro. Anche quando il petto le si alzava appena per mostrare che era davvero ancora viva, il sollievo momentaneo che Squall sentiva era macchiato dalla consapevolezza che sarebbe dovuto rimanere lì a guardare ancora, contando i suoi stessi respiri mentre si aggrappava disperatamente alla speranza che andava affievolendosi.

Avrebbe dovuto essere sul ponte. Era il Comandante della SeeD, adesso, e aveva responsabilità. Tutti al Garden contavano su di lui per trarre forza, incoraggiamento e indicazioni su cosa fare. Ma a cosa servo, pensò, se non ne ho io per primo?

Era una domanda che si era fatto molte, moltissime volte nelle ultime ore - ore che aveva passato lì, nell'infermeria con questa ragazza mezza viva che gli stritolava il cuore in una morsa mortale. Quello che lo sorprendeva di più era che nessuno sembrava aver notato la sua assenza. Non sapeva se doveva ritenere questo fatto confortante o meno. Forse lo facevano per rispetto, solo perché lui era al comando e non si poteva discutere quel che faceva. Ma se fosse stato vero, ogni studente della SeeD era diventato esattamente ciò che Cid aveva sperato che non diventassero - macchine.

Squall non poteva fare a meno di chiedersi, mentre si inginocchiava accanto alla ragazza addormentata, se questo era successo perché anche lui era arrivato troppo vicino a diventare quella 'macchina': dovere, dovere, dovere. Niente spazio per le emozioni. Niente domande sulla missione. Fare solo ciò che la situazione richiede...

Cosa era richiesto, ora?

Ovviamente, lui aveva già deciso. Il Capitano della nave dei SeeD Bianchi gli aveva dato la risposta. Squall aveva ordinato a Nida di dirigere il Garden verso l'elusiva nazione di Esthar. Presto avrebbero attraccato a Fisherman's Horizon. Aveva giustificato l'ordine sottolineando che c'era stata un'attività sospetta delle navi di Esthar, e se c'era qualcuno che sapeva per certo che cosa era successo alla scellerata Adele - che, per quanto poco avesse capito di tutto quel casino, era solo un altro potente pedone in qualche gioco brutale della strega del futuro - quel qualcuno era il presidente di Esthar.

Ma l'ordine era stata una copertura, e Squall lo sapeva. Parte di lui si detestava per questo. Non gli interessava più cosa stava succedendo, non gli interessava che il mondo rischiasse di finire se avesse ignorato i tremendi avvertimenti di Cid ed Edea. Lui cercava Ellione. Solo Ellione aveva la possibilità di aiutare Rinoa. Ellione se n'era andata su una nave esthariana - quindi Ellione doveva essere ad Esthar. Non importava il perché. Tutto ciò che importava a Squall era trovarla.

Bel leader che sono. Vorrei che Cid non mi avesse mai messo in questa posizione. Non l'ho mai voluta. Cosa gli fa pensare che io sia la persona giusta per questo? Perché mi costringe a scegliere tra la mia vita e Rinoa? Sospirando, Squall incrociò le braccia e le posò sulle lenzuola fredde del letto dell'infermeria, fissando con occhi vacui il suo anello che riposava sul petto di Rinoa, infilato nella sua fragile catenina d'argento. Il metallo brillò in maniera quasi triste alla luce calante della sera, come ghiaccio che rifletteva le ultime grida del sole morente. Chiuse gli occhi, bloccando l'immagine del corpo di Rinoa, ugualmente freddo. Avrei dovuto rimandarti a Deling City dopo la fuga dalla prigione. Ti ho permesso di venire con me al Garden. Perché ho fatto qualcosa di così irresponsabile? Di solito non sono così stupido.

Il respiro gli si mozzò in gola. Per qualche ragione, un ricordo aveva scelto quel momento per riaffiorare, e serviva solo a ravvivare il fuoco che gli ardeva nel petto. Squall tremò, sentendo la bile che gli saliva in bocca mentre la scena si svolgeva di nuovo nella sua mente, spietatamente chiara come se fosse accaduta solo pochi minuti prima...

Frustrato, chiuse un altro cassetto vuoto. Fumando silenziosamente di rabbia, Squall si rialzò lentamente e fece scorrere lo sguardo su tutto il piccolo dormitorio un'ultima volta. "Niente," dichiarò infine, voltandosi a guardare Rinoa, impegnata a controllare di nuovo sotto i cuscini in ogni lettino della stanza. "Hanno ripulito questo posto. Se c'è una chiave magnetica che possiamo usare qui nel Garden di Galbadia, deve averla uno degli studenti."

"Sei sicuro che non sia in un'altra stanza?" Rinoa non distolse gli occhi dalla sua ricerca fino a quando non ebbe controllato a fondo ogni cuscino.

"Abbiamo cercato in ogni stanza su questo lato. Questa è l'ultima. Zell e Quistis sono sull'altro lato. Se ci fosse stato qualcosa da trovare, l'avrebbero già fatto, a quest'ora."

"Lo so." Rinoa si mise le mani sui fianchi, piegando la testa nel suo personale gesto di rimprovero al leader della SeeD. "C'ero anch'io quando ci siamo divisi in gruppi, ricordi? Ero attenta. A proposito..." Rinoa sembrò improvvisamente nervosa, e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. Dopo una breve pausa, se le mise dietro la schiena, cercando in apparenza di trovare la posa più comoda per fare la domanda successiva. "Perché mi hai messo in squadra con te e hai mandato tutti gli altri in altre ale? Pensavo di esserti stata tra i piedi per gran parte del tempo."

Squall fece un gesto con la mano, disinteressato, e scosse la testa anche mentre distoglieva lo sguardo, come se volesse nasconderle l'espressione del viso. "Volevo solo essere sicuro che non ti saresti cacciata in altri guai. Sei stata veramente una seccatura, oggi." Incrociò le braccia sul petto, sempre distogliendo lo sguardo, quasi con tatto, perché lei non potesse leggervi il leggero umorismo. "Sembra che ogni volta che non ti tengo d'occhio, tu faccia qualcosa di stupido che quasi ti ammazza. Non voglio correre il rischio, stavolta."

Rinoa fece un sorrisetto, fingendo di riflettere molto sulle sue sagge parole. "Vediamo... dovrei essere lusingata dal fatto che ti interessi così tanto di me, o dovrei dirti che sei un cretino insensibile? Che scelta difficile." Si sporse in avanti e lo fissò, come se stesse esaminando i disegni di un insetto colorato. "Sei fortunato che oggi mi sento generosa, quindi te la farò passare liscia - stavolta." Si raddrizzò, la sua smorfia che ora diventava un sorriso vero e proprio.

Squall si voltò verso di lei quando bastava per fissarla sospettoso dalla coda dell'occhio. "Dovrebbe voler dire qualcosa?"

Lei sembrò esasperata dalla sua ingenua risposta. "Certo che per essere uno intelligente abbastanza da fare da leader alla SeeD, sei proprio duro di comprendonio. Volevo dire che so che, semplicemente, vuoi essere tu a proteggermi, ma non lo dirai mai ad alta voce."

"Avevo capito cosa intendevi..." Di nuovo fissò la porta e rifiutò di guardare lei. "Ma non so perché l'hai detto."

"Che importa?" Con cautela, Rinoa osò avvicinarsi a lui di alcuni passi. "C'è una ragione che potrebbe spaventarti?"

Esasperato, Squall le voltò le spalle e tagliò l'aria con il braccio. "Perché mai dovrei essere spaventato?"

"Mi sembra di averlo appena chiesto io a te." Sorrise dolcemente, ben sapendo di averlo preso nel sacco e che non c'era nulla che lui potesse fare per liberarsi. "Dato che hai questa reazione così forte, posso solo presumere che ti interessa proprio. Non perdi la testa per cose di cui non ti interessa niente."

Grugnendo, Squall si mise una mano sulla fronte. "Non sto perdendo la testa. Smettila di analizzarmi."

Rinoa si guardò i piedi. "Oh, mi dispiace. Ho dimenticato che ti dà fastidio..."

Lui scosse la testa, scuotendo via i pensieri stagnanti che iniziavano a nuotargli in mente. Doveva ancora trovare il modo di sbloccare le porte chiuse del Garden di Galbadia. Perdevano tempo, fermi lì a parlare. "Cerchiamo gli altri." Si voltò per uscire nel corridoio deserto.

Rinoa lo seguì da vicino. Non erano ancora usciti che lei allungò una mano e gliela posò sulla schiena, proprio sotto alla spalla sinistra. Squall si fermò bruscamente e si voltò a guardarla, scrollando via la sua mano. Aspettò che lei dicesse qualcosa. Quando non lo fece, ruggì un impaziente, "che c'è?"

Lei indietreggiò un poco, colta di sorpresa dalla sua irritazione. "Niente. Non ho detto niente."

"Mi hai toccato."

"Volevo solo essere sicura che ci tenessimo in contatto. È così brutto?" Alzò le mani al cielo in un gesto di frustrazione, scuotendo la testa con fare melodrammatico e guardando il soffitto come se potesse ricevere una sorta di guida divina dalle lampadine. "Lo hai detto tu stesso che mi metto nei casini ogni volta che non mi vedi. Ho deciso di farti sapere sempre dove sono. Così non c'è problema."

Squall sospirò e si appoggiò esausto allo stipite della porta. Perché si era preoccupato? "Senti, stavo esagerando. Non devi per forza starmi appiccicata. Non sono il tuo ragazzo." Lui sembrò sputare la parola, come fosse velenosa.

L'espressione radiosa di Rinoa si rabbuiò un poco, e lui intuì che era delusa dal suo annuncio. Mise la mano sulla sua catenina d'argento, le dita che sceglievano veloci l'anello di Squall e lo stringevano. "Hai già dimenticato quello che ci siamo detti fuori?"

"Rinoa, non abbiamo il tempo di parlarne, adesso. La Strega Edea è da qualche parte in questo Garden. Sei tu quella che ha dimenticato. Abbiamo un lavoro da fare. Facciamolo," terminò annuendo. "Possiamo parlarne un'altra volta."

Lei lo fissò truce all'improvviso, un luccichio di furore nei suoi occhi scuri. "Stai dando per scontato che ci sarà un'altra volta." Le mani le si chiusero a pugno lungo i fianchi. "Siamo stati molto fortunati, finora. E se la prossima volta uno di noi non fosse così fortunato? Ci hai mai pensato?"

Squall si sentì rizzare i peli sulla nuca. Non era sicuro che a causarlo fosse quello che gli stava dicendo Rinoa, o l'irritazione per il fatto che lo stesse dicendo. Ma non poteva permettersi di stare lì a discutere con lei. "Non vale la pena preoccuparsi di quel genere di cose," disse con voce piatta e si voltò per andarsene - che lei avesse deciso di seguirlo oppure no.

"Tutto qui?" Lei lo seguì a distanza di pochi centimetri, parlando al suo orecchio tanto vicino quanto le era possibile senza andargli addosso. "È questa la tua risposta?"

"Sì," sbottò lui.

Rinoa accelerò il passo e si piazzò di fronte a Squall, una tattica che aveva usato in passato per costringerlo a fare attenzione a quello che aveva da dire. Lui si fermò prima di scontrarsi con lei. Lei non si tirò minimamente indietro di fronte al conseguente sguardo torvo che lui le rivolse. "Bene," sbottò. "Anche se non ti interessa di quello che mi succede, che mi dici di te? E se devi combattere di nuovo con Seifer? Probabilmente è qui, sai."

Squall lottò contro il ruggito che gli saliva in gola. Tremò un poco, scioccato dal colpo basso. Non riuscì a trattenersi dall'alzare la voce come rappresaglia. "Non tirarlo in mezzo! Sono qui per trovare la Strega Edea e combattere con lei, se necessario. Seifer non ha nulla a che fare con questo."

"E allora perché parlavi di lui a bassa voce quando siamo entrati qui?"

"Non lo facevo."

"Bugiardo!"

Un furioso sentiero di emozioni calde corse lungo la schiena di Squall. Grugnendo, si fece avanti di un passo, costringendo Rinoa a indietreggiare o trovarselo addosso. Si ritrasse solo quanto bastava per guardarlo occhi negli occhi. Quegli occhi spietati riflettevano la rabbia che animava le sue parole. "Io non devo spiegare quel che faccio a nessuno. Quand'è che tu hai iniziato a pensare a Seifer? Solo un secondo fa mi eri appiccicata alla schiena come una decorazione. Almeno smettila di prendere le cose alla leggera e deciditi. E lascia i miei sentimenti fuori da tutto questo. Non ricordo nulla del nostro contratto che dica che tu debba essere una tale dannatissima impicciona qualunque!"

Sembrò che ogni rumore cessasse. Squall era immobile e rigido, in posizione come per una lotta. Ma la lotta lo aveva lasciato, tutt'a un tratto, prosciugato in pochi secondi. Rimase lì con la bocca mezza aperta e fissò, muto, incapace di credere di aver sentito se stesso dire le parole che, in qualche modo, gli erano sfuggite dalle labbra. Una fredda, sinistra sensazione iniziò a formarglisi alla base dello stomaco. Cercò di parlare, ma anche se la bocca funzionava, qualcosa gli bloccava la voce. Non poteva dire nulla, anche quando vide il luccichio rivelatore di lacrime che iniziavano a formarsi negli occhi di Rinoa. Fu lei a trovare per prima la voce, tremante.

"Mi dispiace che tu ti senta così, Squall."

Irvine e Selphie scelsero quel momento per farsi vivi. Corsero alle spalle di Squall giusto in tempo per vedere Rinoa che gli voltava le spalle, disgustata.

Selphie corse al fianco di Rinoa. "Heeeey," cinguettò sospettosa, "va tutto bene?"

Con un sforzo monumentale, Rinoa riuscì a bloccare le lacrime. Si diede intenzionalmente un contegno, voltò la testa per guardare Selphie direttamente negli occhi, e fece di sì con la testa una volta, lentamente. "Va tutto benissimo," disse. "Nessun problema, qui."

Squall non poté fare a meno di pensare che era la bugia più incredibile che avesse mai sentito.

"Trovato qualcosa?" continuò Rinoa, come se non ci fosse nulla al mondo che andasse male.

Selphie lasciò andare un sospiro che sembrò enorme in maniera impossibile per il suo corpo minuto. "No. Niente, da nessuna parte! Sembra che Galbadia abbia preso tutte le chiavi di sicurezza prima che lo facessimo noi."

"Andiamo a cercare Quistis e Zell," suggerì Rinoa. "Forse hanno trovato qualcosa." Senza aspettare l'approvazione degli altri, corse via lungo la hall. Dopo una breve esitazione, Selphie la seguì, velocissima.

Squall sospirò, e iniziò lentamente a seguirle. Fu fermato da un braccio forte che tagliò l'aria davanti a lui, bloccandogli il cammino. In un momento, Irvine, che era rimasto dietro il leader della SeeD fino a quel momento, si era messo davanti a Squall e ora torreggiava su di lui. La faccia del cecchino aveva un'espressione insolita, gli occhi stretti in rabbia pura e incontrollata. Squall indietreggiò di un passo, spaventato; c'era qualcosa di mortalmente serio nella posa minacciosa di Irvine. Se Squall avesse fatto un tentativo di passare, Irvine era più che pronto a buttarlo di nuovo contro al muro.

"Sei fortunato che non ho sentito la cazzata qualsiasi che le hai detto." Irvine puntò un dito accusatore alla faccia impassibile del suo comandante. Il suo tono di voce aveva un qualcosa di spaventoso che Squall non aveva mai sentito prima. "Ma ti avverto," continuò, così onestamente che Squall, in verità, sentì un briciolo di paura, "se fai qualcos'altro per ferire Rinoa... ti ammazzo."

Se Squall pensava, anche solo per un secondo, che il cecchino stesse scherzando, in un modo o nell'altro, non lo disse.

Messa in chiaro la sua posizione, Irvine indietreggiò, si girò e seguì Selphie e Rinoa. "Hey, Sefie! Aspettami!"

Da solo nell'eco dei loro passi, Squall ricordò, per la prima volta dopo tanti anni, come ci si sentiva a essere lasciati indietro.

*~*~*~*~*

L'ultima volta che ti ho parlato... ti ho urlato contro.

Squall alzò il viso dalle sue mani guantate, desiderando poter piangere. Maledì il suo orgoglio che non gli dava tregua. Se in un qualsiasi altro momento si fosse sentito così male, avrebbe sfogato la sua rabbia al Centro Addestramento, ammazzando alcuni mostri, e si sarebbe riequilibrato. Il flusso di adrenalina della battaglia gli era sempre servito: lo aiutava a scendere a patti con il proprio dolore. Quando combatteva, era costretto ad aderire alle leggi della mortalità: o viveva, o moriva. Era sempre servito a mettere nella giusta prospettiva le cose essenziali.

Non poteva farlo, ora. Non poteva abbandonare il capezzale di Rinoa. Una parte di lui sapeva, anche se non l'avrebbe mai ammesso nemmeno con se stesso, che lei stava lentamente morendo davanti ai suoi occhi. E lui stava morendo con lei.

Era troppo debole per combattere ancora. Una malattia tormentosa, aliena gli aveva infettato il sangue, gli bruciava nel cuore, e gli mangiava l'anima. Era una cosa inesorabile che lo faceva sentire arido e distrutto. Aveva pensato per tanto tempo di aver imparato ad avere la meglio su quel parassita mortale; aveva creduto di aver combattuto e vinto la guerra contro di lui. Ora era costretto ad ammettere una sconfitta totale. La malattia acida era rimasta dormiente nel suo corpo per anni, senza mai mostrarsi, in attesa del momento giusto per colpire. Le condizioni di Rinoa erano state le dita che avevano premuto sulla siringa e gli avevano iniettato il terribile veleno direttamente nel cuore.

Strinse una mano calda intorno alle dita gelide di Rinoa. Sapeva che non c'era cura per la malattia che lo divorava. Non aveva bisogno di battaglie che gli ricordassero che era mortale, questa volta. Non ci sarebbero mai state abbastanza battaglie da mettere questo nella giusta prospettiva. Questo era una malattia del cuore, personale, profonda fino all'anima. E se Rinoa non ce l'avesse fatta, sarebbe diventata terminale.

Squall tremò, l'anima che scivolava ancora un po' nella tenebra. Non ho mai provato nulla del genere... non così. È pazzesco. Non c'è motivo di farlo... Alzò la mano di Rinoa di qualche centimetro da dove riposava sul suo stomaco, abbassando la testa quanto basta per far scorrere cautamente la fronte sulle punte gelide delle sue dita; morì un altro po', sapendo che lei non poteva sentire quello che stava facendo.

L'aveva sorpresa a fissarlo in viso una volta o due, lo sguardo fermo sulla sua ferita. Lo faceva sentire a disagio; a volte, aveva notato che le mani di Rinoa si contraevano involontariamente mentre lo guardava. Si era chiesto spesso se quel movimento nervoso fosse il risultato dello stress, o un'indicazione visibile che lei si stava trattenendo dal fare qualcosa. Ripensandoci ora, si chiese se non fosse stata posseduta da una sorta di spinta infantile ad allungarsi e toccare ciò che attirava così tanto la sua curiosità. Era adatto alla sua seccante tendenza a mettersi nei guai; la sua natura impulsiva era il cuore di ogni casino in cui si era cacciata. Ma lei sapeva che lui non glielo avrebbe mai permesso, nemmeno se glielo avesse chiesto. Aveva sempre distolto lo guardo quando si era accorta che lui l'aveva colta a fissarlo. Fissare Squall era già un peccato abbastanza grave. Osare toccarlo senza una ragione valida avrebbe portato a conseguenze molto spiacevoli.

Squall trasalì, non al leggero dolore che rimaneva quando si toccava la ferita vecchia di mesi, ma alla grandezza della sua stupidità. Paragonato a me Laguna sembra un genio.

Un altro pensiero sgradito strisciò nelle paure di Squall. Quando era stato paralizzato dalla magia di Edea, aveva visto Rinoa avanzare verso Seifer, steso a terra. Poi, si era chinata su di lui, così vicina, così tenera, come per sussurrargli un segreto all'orecchio... o...

Era davvero lui quello a cui teneva? Io sono solo un rimpiazzo conveniente in sua assenza?

Squall non riusciva a immaginarlo. Non si sarebbe permesso di credere che fosse vero. Rinoa non si sarebbe spinta a quel punto per essergli amica se lui non fosse stato altro che un giocattolo di seconda mano. E, malgrado quello che lei pensava di lui, i sentimenti di Squall non si muovevano di un millimetro. Lasciarla morire sarebbe stato molto peggio che vivere con lei come "solo amici". O, persino, un ex amico. Chissenefrega. Stava mettendo da parte gli interessi di Rinoa per amore della sua immagine di se stesso.

Non importa, se vivi... se posso vederti ancora sorridere, anche se non sorridi più a me. Anche se non mi perdonerai mai.

Squall non osava sperare che Rinoa lo perdonasse per il suo essere un tale cretino. Non aveva fatto nulla per meritare il suo affetto, e aveva fatto di tutto per allontanarla. Nonostante tutto questo, lei aveva sempre creduto in lui. Lei c'era stata quando aveva avuto bisogno di lei, anche quando lui non aveva mai voluto che ci fosse. In cambio, lui avrebbe creduto in lei. Era il minimo che poteva fare.

Quindi si inginocchiò, da solo e in silenzio, morendo un po' alla volta mentre i minuti fuggivano via. Se non avesse fatto qualcosa presto, Rinoa sarebbe morta, e le sue speranze sarebbero morte con lei; se non avesse fatto qualcosa presto, la misteriosa Artemisia - che lui conosceva solo di nome, e per le azioni di Edea sotto il suo controllo - avrebbe schiavizzato il mondo. Squall sospirò e guardò fuori dalla finestra, nella luce del sole che moriva. Presto, avrebbe violato ogni regola che aveva giurato di rispettare, per cercare di salvare questa ragazza ribelle che aveva avuto la sola sfortuna di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato. Sapeva che era la decisione sbagliata, e non gliene fregava un cazzo. Se questo sarebbe stato la causa della fine del mondo, che fosse.

Il mondo non importava. Tutto ciò che voleva era riavere Rinoa.

Non posso sopportare tutto questo ancora per molto. Sto perdendo la testa. Squall posò gentilmente il braccio di Rinoa sul suo stomaco, poi strinse le mani a pugno e le premette contro le lenzuola del letto d'infermeria. Qualcuno... Rinoa, aiutami! Questo dolore... non posso crederci. Come può una persona contare così tanto!

Poi ricordò, forse una volta, tanto tempo prima, c'era stato qualcuno, un'amica. Non era proprio la stessa cosa che provava ora, ma non significava meno, per lui. Non era stato meno doloroso quando quell'amica era svanita senza nemmeno fermarsi a dire addio. Si era convinto che fosse arrabbiata con lui. Era stata colpa sua. Lei se n'era andata perché lui non riusciva a starle lontano. Doveva provare al mondo che lui stava benissimo da solo. Era l'unico modo per far tornare la Sorella.

Ho pensato che fosse per qualcosa che avevo fatto. Non era vero, ma... ho pensato che in un modo o nell'altro, avrei potuto trovarla quando fossi diventato un SeeD. Ho basato la mia vita su quel sogno. Poi mi sono dimenticato di Ellione. Ho dimenticato perché ero venuto qui. Non so perché, forse erano i GF, ma anche se non fosse così... ho dimenticato me stesso. Sentendosi come se stesse volando sulla corrente del sogno, lasciò uno sguardo al di sopra della sua spalla al muro, come se potesse vedere il sé bambino che si era lasciato indietro. In qualche modo, fissare il muro spoglio, null'altro che stucco e metallo a restituirgli lo sguardo, lo intristì anche più profondamente che la vista della figura di Rinoa in coma. Con gli occhi che bruciavano, Squall distolse lo sguardo e lo fissò su Rinoa, prendendo forza dal suo dolore attuale per proteggersi dalle agonie del passato. Almeno ora, in quella stanza, c'era ancora speranza. Ma fa... fa ancora male. Vedere Ellione un'altra volta... Com'era ironico che non l'avesse nemmeno riconosciuta. Lei gli aveva detto che se l'avesse dimenticata, le avrebbe spezzato il cuore.

È giusto e basta, urlò una parte amara dentro di lui, tu hai spezzato il mio per prima.

Migliori amici per sempre, questo hai detto. Poi sei sparita. Fissando il viso di Rinoa, pensando a quanto sembrasse pacifica al punto da ingannare, Squall pensò rivolto alle sue palpebre quello che avrebbe detto ad Ellione, se fosse stata nella stanza. Quando ti ho rivisto, non sapevo che eri tu... e ora sei sparita di nuovo, e Rinoa è in coma. Che scemo sono stato! Ma come facevo a saperlo? Perdere il migliore amico... come si fa a riprendersi da una cosa del genere? Squall sentì che era oltre le sue forze. Il bambino disilluso che era diventato era cresciuto credendo alle sue stesse bugie. Era maturato da allora, vero, una dura corazza da adulto che cresceva intorno al nucleo di bambino vulnerabile. Aveva imparato a mettere da parte le sue paure e il suo dolore, aveva trovato un posto in cui nasconderle, dove nessuno le avrebbe trovate. Era più forte, più grande...

Ma dentro, sono ancora quel bambino dal cuore spezzato.

Il suo cuore spezzato rischiava di fermarsi ad ogni battito. L'assenza della presenza di Rinoa aveva lasciato un vuoto che poteva far collassare la sua anima. La sua testa era così piena di scuse, giustificazioni e preghiere, che non sapeva quale dire per prima.

Voleva parlare a Rinoa. Il suo lato logico, il senso della ragione che dominava il suo cervello, gli ricordò che anche se le avesse raccontato la storia della sua vita in quel momento, lei non avrebbe sentito una parola. Non poteva sentire nulla. Sapeva che era vero, ma voleva credere che non lo fosse. Voleva credere che se le avesse preso la mano, detto quello che provava, chiuso gli occhi e pregato ogni secondo che lei si svegliasse, avrebbe riaperto gli occhi per trovarla a guardarlo, con un sorriso. Era quello che desiderava succedesse. Ma non sarebbe successo, decise...

...soprattutto se si convinceva che non sarebbe successo.

Rinoa aveva sempre osato sperare. Era una delle molte cose di lei che mancavano a Squall, in quel momento. Non aveva mai realizzato che, in qualche modo, si era nutrito di quella sua speranza... non importava da dove venisse, lo faceva sentire più forte. Lei aveva continuato a sperare, per lui, quando era stato rinchiuso nell'inferno della Prigione del Deserto... non le doveva il fatto di credere che lei, ora, ce l'avrebbe fatta?

E se questa fosse stata l'ultima possibilità che avrebbe avuto di parlarle?

Forse lei stava ascoltando, forse poteva sentirlo, forse lei stava sperando, stava aspettando che lui le parlasse, ma non poteva farglielo sapere. Le possibilità che fosse vero erano scarse, ma se lo era, si sarebbe disprezzato ancora di più se non le avesse concesso quella possibilità. Devo dirglielo... se è l'ultima possibilità che ho per stare con lei, devo provarci. Devo farglielo sapere. Ha sempre avuto ragione.

Dondolò lentamente la testa, mentre cercava di far funzionare la voce. "Come... posso spiegare," mormorò, la voce che si udiva appena sopra il rumore dei motori del Garden. Si chinò più vicino a lei, prendendole ancora una volta la mano nella sua e accarezzandole le dita in un inutile tentativo di scaldarle. "Non so cosa dire," disse con voce roca e bassa, "o cosa fare. Rinoa, cosa faccio ora?" Si fermò per un momento, cercando di calmare il tremore che l'aveva improvvisamente colto, lottando per rivedere i suoi pensieri confusi e metterli in una sorta di ordine che gli permettesse di parlare a Rinoa in modo coerente. "Vuoi sapere perché non potevo lasciare che accadesse," ringhiò all'improvviso, sputando la prima frase comprensibile che gli aveva attraversato la mente, "ECCO perché!" Tremando, rafforzò la stretta su di lei con l'altra mano, piegandole le dita a pugno in modo da poterselo stringere al petto. Continuò a parlare, fermandosi a malapena a respirare, un'inondazione di pensieri che seguiva il rivolo di parole che era finalmente riuscito a buttar fuori. "Non posso... non riesco ad affrontare queste cose. Non ci sono mai riuscito. Le persone se ne vanno... impari a voler bene a qualcuno, e poi ti giri e l'unico ad ascoltarti sei proprio tu. Fai domande... nessuna risposta. Aspetti, sperando che tornino, ma non lo fanno mai." Avendo usato l'aria che gli rimaneva nei polmoni per pronunciare le ultime due parole, Squall si fermò a respirare, ma la pausa non durò a lungo. Un differente scroscio di emozioni seguì il primo. "Sono cambiate così tante cose. Non so più cosa sia giusto e cosa no. Ho passato così tanto tempo a tenermi lontano dalle relazioni. ...non posso far niente per quello che mi è successo. Non avevo scelta, solo... dannazione, Rinoa!" Alzò la voce senza accorgersene, e il grido echeggiò tra le mura, ricordandogli di abbassare il tono. Dopo essersi guardato intorno per essere sicuro che non ci fosse nessuno che potesse sentirlo, allentò la presa su di lei, posandole gentilmente una mano sulla guancia. Si chinò in avanti, più vicino che poteva, senza comunque torreggiare su di lei. "Tu mi hai aiutato ad arrivare fin qui," borbottò, inghiottendo un singhiozzo. "Mi hai mostrato come fare a sentirmi così... l'ho combattuto per tutto il tempo, ma... eccomi qui. Eccomi qui-" si ripeté, e all'inizio pronunciare le parole gli diede speranza - fino a quando subentrò la logica, a gettare acqua sulla piccola scintilla di euforia di cui aveva osato godere. "-esattamente dov'ero all'inizio!"

Frustrato, confuso e arrabbiato, sentendosi perso e distrutto al di là di ogni possibile riparazione, Squall lasciò andare la mano di Rinoa e picchiò con il pugno contro il materasso accanto a lei. "Cosa avrei dovuto imparare, che avevo ragione? Che non ne vale la pena... non di nuovo." Si accigliò e voltò la testa per indirizzare la sua rabbia alla finestra, ma finì per tornare a guardare Rinoa. Le sue parole non erano per niente e nessuno a parte lei. Non per le nuvole in cielo, e non per gli dei che vi abitavano e in cui Squall non credeva. "Non farmi questo per poi andartene così! Io sono qui!" Balbettò per un momento, emettendo solo mezze sillabe e rumori senza senso. Provò - oh, se ci provò - a dire le parole giuste. Non poteva costringersi a dirle. Non poteva identificare ad alta voce che tipo di insanità lo faceva sentire così impotente. Quando parlò di nuovo, la sua voce era così debole che poté a malapena sentirsi. "Sono proprio qui, accanto a te... ma..." Interruppe il suo rantolio, alzandosi bruscamente e voltandosi verso il muro. Le mani si chiusero a pugno lungo i suoi fianchi. "Non posso farlo, Rinoa. Non sono... non sono forte abbastanza per stare da solo."

Si sentì orribile, per tutto. Orribile per il fatto di non avere il fegato di continuare a parlare guardandola in faccia, orribile per averla incontrata. Odiava averla trattata così freddamente, e allo stesso tempo desiderava non aver permesso alla sua corazza di incrinarsi. La rabbia per la sua incapacità di tenerla lontana dai pericoli gli bruciava dentro, mentre la rabbia per il fatto che lei continuava a mettersi in pericolo gli faceva venire voglia di gridarle contro. Non aveva mai odiato Rinoa così tanto come in quel momento. La odiava per avergli mostrato che era umano, per avergli provato che non era duro quanto sembrava e che le sue difese non erano impenetrabili. La odiava per avergli dato speranza, e per essersela poi portata via. La odiava per averlo portato a odiarla così tanto. E odiava se stesso perché si sentiva in quel modo.

Il Garden doveva avere incontrato uno spostamento delle correnti marine, perché il pavimento si scosse all'improvviso, costringendo Squall a piantare bene i piedi per terra per non cadere. La stanza scricchiolò per la pressione. Qualcosa di fragile scivolò da una mensola in una stanza vicina, e Squall sobbalzò quando la sentì infrangersi. Distolse lo sguardo dal muro, per assicurarsi che Rinoa non fosse caduta dal letto. Non si era mossa, ma si inginocchiò accanto a lei ancora una volta e la mantenne ferma fino a che, finalmente, il Garden tornò a stabilizzarsi. Accigliandosi, Squall borbottò irritato tra sé. "Che sta facendo Nida? Avresti potuto..." La voce gli venne meno, mentre fissava il viso di Rinoa.

Senza parole, le mani che gli tremavano come se fosse sul punto di esplodere, toccò il viso di Rinoa, così delicatamente che avrebbe potuto accarezzare le ali di una farfalla. Con la punta delle dita, seguì il sentiero caldo di un'unica lacrima che le era caduta lungo la guancia.

Avrebbe potuto essere qualsiasi cosa; il risultato della sua condizione, o forse la mancanza di movimento che alla fine aveva obbligato i suoi occhi a riempirsi di lacrime per mantenersi umidi. Forse anche il brusco scossone del Garden aveva qualcosa a che fare con quello, magari aveva spostato la forza di gravità quanto bastava per fare pressione sui muscoli giusti del suo viso. Ma nessuna di queste possibilità attraversò la mente di Squall. Per lui, c'era una sola ragione per la lacrima di Rinoa, e non aveva bisogno di spiegazioni logiche. Rimase immobile, le dita che riposavano sulla sua guancia, guardando, aspettando, pregando...

Insieme al suo lieve respiro successivo, un'altra lacrima cadde dall'occhio di Rinoa, seguendo il sentiero tracciato dalla prima fino a toccare la pelle di Squall. Nel momento in cui il calore vivo gli toccò le dita, si irradiò anche in tutto il suo corpo, riempiendolo della speranza, della tristezza, della paura di lei - di tutto ciò che Squall aveva lottato per credere che fosse ancora intrappolato dentro di lei. Una sola lacrima poteva essere una coincidenza. Ma non due. E poi ne cadde un'altra, lo toccò, lo scaldò. Un'altra cadde sull'altra sua guancia, senza trovare ostacoli. Squall era paralizzato, troppo scioccato per fare qualcosa di diverso dal fissare. Si sentì come se il cuore fosse pronto a rompersi nel suo petto, perché stava tremando dentro. In qualche modo, trovò abbastanza logica da far funzionare la voce.

"Rinoa... per favore, non piangere..."

Non sono forte abbastanza per stare da solo.

Non era questo che lei aveva voluto fargli capire?

Riuscì a muoversi, chinandosi per essere vicino a lei, asciugando delicatamente le lacrime che le cadevano dagli occhi, accarezzandole leggermente i capelli con l'altra mano. Rimase in quella posizione per un po', poi si mosse quanto bastava per appoggiare la testa sul bordo del materasso. Continuò ad accarezzarle i capelli, fermandosi solo di tanto in tanto per asciugarle le lacrime dal viso. Le prese la mano nella sua, e attraverso occhi semichiusi la guardò, con l'angoscia nel cuore che non era affatto meno potente, ma stranamente più tollerabile di quanto era stata solo pochi minuti prima. "Sono qui," mormorò. "Non... non preoccuparti. Non ho intenzione di lasciarti." In qualche modo, pronunciare le parole ad alta voce gliele fece sembrare vere. Non avrebbe saputo dire perché. Non importava il perché. Di fatto, il perché di qualsiasi cosa stava lentamente cessando di avere un qualche significato per Squall. La domanda che gli pesava addosso ora era come...

Aspettò, e guardò. Passarono i minuti. Eppure, lei non aprì gli occhi, era fredda, respirava a malapena. Nel silenzio di lei, Squall pensò tra sé le stesse parole, continuamente.

Non sono forte abbastanza per stare da sola... come posso essere forte abbastanza da amare qualcuno?

Una volta aveva sentito l'adagio 'non puoi amare qualcuno fino a che non impari ad amare te stesso'. A quel tempo non aveva senso, per lui. Ora metteva in discussione quella logica. Metteva in discussione tutto. La sua vita, il suo mondo, il suo futuro; non erano che una domanda enorme, per lui. Credeva che la risposta, il suo destino, fosse davanti a lui. Quello che significava, però, o come salvarlo, gli sfuggiva.

Sapeva una cosa sola, per lo meno. Non avrebbe mai più lasciato Rinoa.

"Anche mi dispiace," sussurrò, sistemandole i capelli sulle spalle in una maniera nervosa che tradiva la sua voce calma e ferma, "non hai ragioni valide per perdonarmi. Va bene, credo." Scosse la testa alle sue stesse parole, trovando bizzarro il fatto di essere lì a vuotarsi l'anima con una ragazza in coma, ma allo stesso tempo sentendosi stranamente a proprio agio nel farlo; per una volta nella sua vita, non si sentiva nel posto sbagliato. Era come se lui dovesse essere lì. Era inusuale, ma gli rendeva più facile parlare. "Guarda come ti ho trattata," le borbottò all'orecchio, in tono di scuse. "Ho provato... a farti credere che non mi interessa - non, non è - questo non è vero. Ho cercato di convincere me stesso che non mi interessa. Se sei arrabbiata con me, lo capisco. Anche tu hai cercato di mostrarmi quello che provavi. Ho pensato che mi irritassi perché non mi piacevi. Ecco perché pensavo che non significasse niente..." Un sospiro delicato, ma pesante d'ansia, gli sfuggì insieme alle parole. "Non lo capivo. E ora tu ne paghi le conseguenze."

I suoi pensieri vagarono distrattamente a Ellione. Nel sogno... Ellione ha detto che Laguna non era là a vedere il bambino di Raine. Non riuscì a sentirla, quando lei lo chiamò. Tutto quello che voleva era che lui fosse lì... ma non c'era, e lei morì... ed Ellione ha passato la vita a cercare di rimediare.

Freddamente, si chiese dove fosse il bambino senza nome nato da quell'unione sfortunata. Chiunque fosse, Squall lo compativa.

Era stanco. I sogni di Ellione non offrivano riposo, e non lo facevano nemmeno i suoi tentativi di dormire. Sembrava che il suo mondo inconscio fosse piagato dagli incubi tanto quanto la sua vita diurna, e non era sicuro di quale delle due contenesse l'orrore più grande. Nei suoi sogni, era perseguitato dal passato. Da sveglio, il dolore non era meno intenso. Ma la spossatezza era un mostro difficile da combattere. Resistette comunque, rifiutandosi di lasciare andare i momenti che viveva con la ragazza sul letto. Si tirò su in una posizione più eretta, ma si appoggiò ancora al cuscino. Senza volerlo, stava fissando la coppia di anelli che riposava sotto al collo di Rinoa, legati a lei da una catenina fine, che luccicava freddamente nella luce che svaniva. Uno dei due, un anello piccolo d'argento, non aveva macchie. Si chiese da dove venisse, a chi fosse appartenuto una volta. Si chiese se quella persona fosse stata per Rinoa un amico migliore di quanto fosse stato lui. Accanto a quel cerchio perfetto riposava il suo anello scuro e proibito, fatto di ferro e disegnato con l'ombra. L'anello conosceva il logorio. Molti tagli e graffi minuscoli sfregiavano la sua superficie dura. Il sangue del tramonto si rifletteva con rabbia negli occhi del leone intagliato, come se sfidasse chiunque o qualunque cosa a toccare chi lo indossava. Se Squall non fosse stato così razionale, gli sarebbe piaciuto pensare che in qualche modo il suo anello la stava proteggendo.

Ma era solo un oggetto. Alla fine, il simbolo non voleva dire nulla.

"Non so cosa stai pensando," disse, distogliendo gli occhi dagli anelli e tornando a guardare di nuovo il viso di Rinoa. Le lacrime avevano smesso di cadere, ma lui continuò a tracciare i loro sentieri sul viso di lei con un dito. "Penso che tu possa sentirmi, però... forse... tu nemmeno lo sai. Ma se puoi, cerca di ascoltarmi." Chiuse solennemente gli occhi, fissando il buio, chiedendosi se Rinoa stesse vedendo la stessa oscurità e cercando la stessa luce. "Non ho molto in cui credere." Senza bisogno di guardare, le prese la mano e la strinse delicatamente. "Ma penso di sapere cosa volevi dirmi, tutte quelle cose che hai detto al concerto... hai detto che non ci sono sicurezze. Per me voleva dire che non ci si può fidare di niente... ma non era questo. Mi hai insegnato una cosa, sai... nessuno sa cosa accadrà in futuro. Non sembra che andrà tutto bene. Ma... anche se tutto va al diavolo, io non ho intenzione di arrendermi se tu non lo fai." Non si accorse che si stava addormentando, appoggiandosi sempre di più sul fianco mentre anche i suoi sussurri si facevano più bassi. "Non so perché... ma ho bisogno che tu creda... forse perché... non so se io posso farlo, senza di te..."

Si sporse troppo, cadde oltre il bordo della coscienza, e continuò a cadere.

*~*~*~*~*

Era un sogno familiare. Non c'era gravità, nulla verso cui lui potesse cadere, solo una solitudine infinita e vuota, una solitudine inevitabile a cui non poteva sfuggire, ma che non avrebbe accettato. In un gesto di sfida, si allungò, incapace di parlare, disperato per il desiderio che qualcuno lo salvasse, e riluttante ad ammettere di essere stato sconfitto da questo: la sua miseria finale.

Questa volta, qualcosa lo afferrò. Sentì le sue dita allungate che si stringevano intorno alla mano di un'altra persona. I suoi occhi ciechi si spalancarono, mentre la solitudine si spezzava. Il calore gli si irradiò nell'anima, come aria in polmoni che ne avevano fame.

Fu tirato via dal vuoto, e di nuovo cadeva, sempre più veloce, ma non aveva più paura. Cadeva verso un posto, e con qualcuno, e non l'avrebbe mai lasciato andare. Senza vedere, allungò le braccia, al vento, a lei, per disperazione, per il bisogno di sapere che nonostante l'inevitabile fine della vita, attraverso a tutto quello, non era solo - che tutto valeva la pena.

Suoni - battiti d'ali - gli trillarono intorno, morbidi e pacifici nel loro sussurro simile a una colomba. Le ali lo seguirono, caddero con lui.

Allora qual era, pensò, la differenza tra cadere per sempre e volare?

Mentre il suo cuore abbracciava quel pensiero, allentò la stretta sulla mano che lo aveva salvato, sapendo che gli bastava allungarsi per trovarla di nuovo. La sua coscienza del sogno finalmente si dissolse, per lasciarlo dormire in un'oscurità benedetta.

*~*~*~*~*

Squall stava in piedi nella luce del sole mattutino che filtrava dalla finestra dell'infermeria. I versi dei gabbiani filtravano nella stanza attraverso il davanzale rotto; l'odore di sale e di pesce era pesante nell'aria. Il Garden era arrivato a Fisherman's Horizon. Ascoltando quel rumore bianco, Squall considerò le sue possibilità.

Aveva dormito tutta la notte, collassato sul bordo del materasso. La dottoressa Kadowaki lo aveva svegliato. Ora se ne era andata, e al momento nessuno stava in infermeria a sostituirla. Erano circostanze un po' insolite.

Ma era l'opportunità perfetta.

Squall guardò Rinoa, anche se a dire il vero non vedeva lei. Vedeva, invece, una scena creata dalla sua mente. C'era Raine sul letto, al posto di Rinoa. Teneva in braccio un neonato, chiamando Laguna, troppo delirante per capire perché non fosse venuto lì da lei. Ellione aspettava al fianco di Raine, cercando disperatamente di spiegare meglio che poteva con il suo vocabolario limitato che Laguna non c'era, non poteva venire...

...Era troppo impegnato col suo lavoro per aiutare lei.

Gli occhi di Squall divennero fessure. La visione scomparve, rimpiazzata dalla figura silenziosa di Rinoa. E se anche lei, dentro, lo stava chiamando? E se lui non poteva sentirla? Laguna non aveva sentito, e quindi non era tornato a casa...

Io non ti farò questo. Non ti lascerò proprio mentre hai più bisogno di me. Solo perché non posso sentirla, non significa che tu non abbia voce.

Le mani gli si strinsero nervosamente ai fianchi, mentre lottava con se stesso. C'era solo una persona che poteva essere in grado di dirgli cosa stava succedendo a Rinoa, che poteva dirgli cosa stava dicendo, cosa stava pensando. Ma quella persona avrebbe anche potuto dirgli che tutta la sua speranza non serviva a nulla, che la situazione di Rinoa era senza speranza. Ma se non avesse corso quel rischio...?

Fece la sua scelta. Si mosse velocemente; il tempo era poco.

"Andiamo, Rinoa," disse, come se la stesse istruendo. Gentilmente, ma velocemente, la tirò su a sedere. Era rigida come una tavola, a malapena aveva bisogno del suo supporto per stare seduta. Squall la sistemò attentamente, come se fosse un manichino, poi si voltò e si mise le sue braccia intorno alle spalle prima di sollevarla sulla schiena. "Andiamo a trovare Ellione," senza smettere di pensare, senza darsi il tempo di considerare le conseguenze dirette delle sue azioni, marciò risoluto all'uscita, ripromettendosi che nulla gli avrebbe sbarrato la strada. Non la SeeD, non il dovere, non Esthar, non una qualunque strega malvagia. E soprattutto, non se stesso.

Ellione ci farà tornare insieme.

*~*~*~*~*

Scusatemi, tutti quanti... Squall lanciò un ultimo sguardo al soffitto del corridoio al secondo piano, anche se i suoi pensieri erano diretti a molto più che al design del Garden. Non posso continuare così. Con quest'ultima, silenziosa scusa, portò il suo fardello attraverso l'uscita al balcone, completando così il suo ammutinamento.

Squall emerse nell'alba con gli occhi spalancati, un'espressione rara per lui. La sua apparizione improvvisa spaventò alcuni gabbiani, che gorgogliarono e gridarono, irritati per essere stati disturbati. Ignorandoli, Squall scese la rampa che portava a FH, e quindi alla ferrovia abbandonata. Sapeva che ci sarebbero voluti giorni per attraversare il ponte tra i continenti, ma doveva provarci. Il tempo di Rinoa stava per scadere. Ad ogni respiro che si riduceva, l'orologio andava più veloce. Non poteva aspettare la fine del mondo mentre l'unica persona che ancora gli dava speranza dipendeva da lui, e dal fatto che lui ascoltasse le sue grida silenziose. Come non era riuscito a fare così tante volte, prima...

Squall sapeva di aver fallito come leader della SeeD, e di aver fallito con i suoi amici. Aveva fallito con il mondo, per quanto ne sapeva. Non avrebbe fallito anche con Rinoa.

È un po' lontano, pensò senza comprendere davvero il concetto. Scese le scale e prese l'ascensore verso i binari. ...ma ce la faremo. Senza pensarci due volte, si voltò verso est, il suo unico scopo raggiungere il continente al di là dei binari. Non c'erano più altre destinazioni, per lui. Dietro di lui non c'era nulla. Davanti a lui c'era il grande continente di Esthar. Oltre a quello, solo il tempo avrebbe svelato cosa doveva fare.

...so che ce la faremo.

Fece alcuni passi incerti lungo i binari, poi esitò, e si guardò intorno come se non fosse sicuro di aver preso la direzione giusta. Era più un momento di riflessione, in cui si costringeva a capire l'enormità di ciò che stava per fare. Non aveva senso, per lui, eppure sapeva di doverlo fare. Rinoa doveva vedere Ellione. Doveva essere salvata. Squall era inutile al Garden senza di lei.

Rassicurandosi per un momento, Squall iniziò a camminare lungo i binari. Si fermò un'altra volta quando un suono di sbattere d'ali e una brezza leggera lo sorpassarono, il vortice del vento surclassato dal suono che lo aveva accarezzato in direzione opposta alle brezze marine. I suoi occhi videro prima le ombre sui binari, poi risalirono ai loro possessori; due colombe di mare si erano alzate in volo dalla ringhiera del ponte. Gli uccelli pallidi e anonimi tubarono e si coccolarono per un momento; poi, accorgendosi di essere stati visti, volarono via in un turbine di piume bianche. Squall si voltò a guardare mentre lo oltrepassavano, i due uccelli che volavano verso l'orizzonte come danzando insieme nelle correnti d'aria, mentre cantavano di gioia.

Non poté fare a meno di pensare a quanto sembrassero felici, anche se non erano che animali. Non poté fare a meno di ricordare cosa si provava a cadere con le ali, nel suo sogno. Non poteva dimenticare le lacrime che gli avevano toccato la mano e bruciato il cuore.

Sistemando il peso di Rinoa sulla sua schiena per assicurarsi che fosse ben salda, Squall si voltò verso l'alba. Il vento gli scompigliò i capelli, gli accarezzò il viso, gli respirò dentro la vita un'altra volta. Per alcuni brevissimi momenti, un sorriso gli sfiorò gli angoli della bocca.

Cadere per sempre...

Anche mentre iniziava la lunga e faticosa camminata lungo il ponte deserto, si sentì forte abbastanza da spiegare le ali e volare.

*~* FINE *~*

"Rendi facile a un uomo l'essere forte

Hai la libertà che ho desiderato così a lungo

Sono come un lottatore che ammette la sconfitta

Non ho mai pensato di poter cadere così liberamente."

*****
Nota della traduttrice: ed eccoci con un'altra splendida storia di Luna Manar. Posso confessare che non sono riuscita ad apprezzarne tutta la bellezza fino a che non l'ho tradotta? La frase finale ancora mi commuove. Comunque! Al solito, i commenti verrano tradotti e inviati all'autrice originale, e questa storia è stata betata da El Defe (che è sempre DefenderX, ma con nick nuovo XD) e ci vediamo per la prossima :) Baci baci! - Alessia Heartilly

   
 
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