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Autore: Snow Rain    09/01/2017    1 recensioni
[William e Noora]
Lui ama lei e lei ama lui.
Sono la cura l'uno dell'altro.
Ma è difficile guarire quando continuano ad aprirsi nuove ferite.
[What if... Questa fanfiction non tiene conto degli avvenimenti riguardanti William e Noora della terza stagione, quindi la loro storia viene ripresa dalla 2x12 e loro non sono mai partiti per Londra, sebbene gli eventi legati agli altri personaggi rimangano invariati].
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1. We Found Love [Rihanna]


4 giugno 2016


Life Is Now – If The Kids


Era mezzogiorno inoltrato quando Noora aprì gli occhi e controllò il cellulare. Come al solito la schermata di blocco era piena dei messaggi mandati dalle ragazze sul gruppo di Messenger. Sbloccò lo schermo e iniziò a scorrere i primi, tutti messaggi in cui la prendevano in giro perché lei e William non erano più tornati alla festa dopo essersi chiusi in camera. Probabilmente qualcuna di loro era persino rimasta a dormire lì in casa, a festa conclusa.

Sorrise al pensiero di come avevano concluso la giornata. Non si era mai sentita così in pace con se stessa come in quel momento. Aveva appena imparato che cosa volesse dire fare l'amore, ma, come ogni cosa che riguardava lei e William, le sembrava che non fosse qualcosa di nuovo, da cui essere sorpresi o meravigliati. Era stato semplicemente giusto, e quella sensazione per lei voleva dire tutto. Lì, in quel momento, non esistevano fratelli psicopatici, bottiglie spaccate in testa e tribunali. Soltanto lei e William. Sentiva il corpo rilassato, il calore pervaderle l'anima, la mente chiusa in una bolla in cui non erano inclusi doveri e problemi di alcun genere, ma soltanto i suoi desideri.

E in quel momento desiderava svegliare William.

Si voltò verso di lui, senza curarsi di rimanere coperta. William dormiva ancora profondamente, in posizione supina, coperto fin sotto il mento. Avevano dormito allacciati l'uno all'altra fino all'alba, poi Noora si era alzata per andare in bagno, e quando era tornata e l'aveva trovato in quella posizione rilassata, non aveva avuto il coraggio di toccarlo e rischiare di svegliarlo.

Noora sorrise, prevedendo i mugugni che lui avrebbe emesso, come ogni volta che lo svegliava pizzicandogli il fianco. La divertiva infastidirlo in quel modo, perché sapeva che William come prima cosa l'avrebbe immobilizzata contro il suo petto.

Fu così anche quella volta. Tra il pizzicotto di Noora e l'assalto di William non ci furono altro che un lamento e una folata d'aria sollevata dalla coperta che volava per aria mentre lui si rigirava con uno scatto e la chiudeva nella morsa delle sue braccia.

“Per quanto tu sia carina, devi smetterla con questa cosa”, la rimproverò, ridacchiando sul suo collo.

Rise anche lei, contenta di aver raggiunto il suo obiettivo.

“William, se mi molli ti do un bacio”. La stava stringendo così forte che le mancava l'aria, senza contare che aveva la faccia schiacciata contro i suoi pettorali. Non che lei avesse qualcosa da ridire sui suoi pettorali e il suo odore, ma l'aria rimaneva realisticamente più importante.

Lui la allontanò per poterla guardare in faccia e le diede un bacio veloce.

“Ti vendi per poco, Miss Femminista”, la canzonò. Prese a sistemarle i capelli dietro l'orecchio, in un gesto lento e pigro.

Come accadeva in continuazione, rimasero a fissarsi negli occhi per un tempo indefinito.

Ad un certo punto, William sollevò la coperta dal corpo di Noora e sbirciò ciò che c'era sotto.

“Visto? Lo dicevo che era una questione di tempo. Sei nuda nel mio letto”.

Noora lo spinse via da sé e gli scaraventò il proprio cuscino in faccia.

“Stronzo”.

Lottarono e si baciarono per un po', poi sentirono un tonfo provenire da un punto imprecisato della casa.

“Dobbiamo andare a vedere in che condizioni è il mondo fuori da questa stanza”, sbuffò Noora.

“E dobbiamo dire ad Eskild e Linn che vieni a vivere qui. Oggi”, continuò lui, con un sorriso furbo.

Noora lo guardò sorpresa, arricciando le labbra in un modo che fece venire a William la voglia incontenibile di darle un altro bacio. La attirò a sé per la nuca, e quando si staccò aveva un'espressione seria, gli occhi, però, esprimevano felicità.

“Oggi”, confermò.

“Sei sicuro di voler vivere qui?”.

“Con te, sì”.

La baciò per l'ennesima volta.


* * *


Dopo che si furono rivestiti, cercarono di raccogliere la volontà necessaria a mettere piede fuori da quel paradiso che si erano creati, e finalmente si avventurarono per l'appartamento. Ovviamente trovarono disordine e rifiuti sparsi ovunque, per non parlare delle persone addormentate nei posti più improbabili, una delle quali era Vilde, rannicchiata ai piedi di un mobile del soggiorno. Come potesse dormire in quella posizione scomoda sul pavimento, era un mistero.

Eva dormiva seduta al tavolo della cucina, con la testa appoggiata alle braccia.

Chris, il migliore amico di William, era sdraiato sul divano, schiacciato contro la schiena di Sara. Erano coperti, ma era facile intuire che non avessero soltanto dormito dalle gambe nude che spuntavano dal fondo del plaid e i loro vestiti sparsi ai piedi del divano.

Il tonfo che avevano sentito era stato provocato dalla chitarra, che, spinta dal braccio di Chris penzolante oltre il bordo del divano, era caduta rovinosamente. Noora si affrettò a verificare che non avesse subito danni. Era particolarmente affezionata a quello strumento.

William alzò gli occhi al cielo. Chris era come un fratello, ma era il suo esatto opposto: mentre William era introverso, aveva un'aria da duro che ha sempre la situazione sotto controllo e faceva sempre in modo di rimanere al di sopra di qualsiasi situazione, Chris era un uragano che si buttava a capofitto in qualunque circostanza, non badava minimamente alle vittime che mieteva al suo passaggio e trovava sempre il modo più spettacolare di farsi notare.

Noora guardò William, e poi entrambi guardarono la postazione iPod sul mobile della televisione. William, senza esitare, fece partire la musica elettronica più martellante che trovò nella playlist al massimo del volume, e tutti si svegliarono di soprassalto.

Eva urlò.

“Ma che cazzo?”, bofonchiò Chris, strofinandosi gli occhi.

William e Noora ridevano, mentre lei lo raggiungeva e lui le passava un braccio attorno alle spalle. Quel giorno non c'era nulla che non li divertisse.

“Colazione, poi il dormitorio chiude”, avvisò William dopo aver spento la musica, ancora ridacchiando.

Noora si staccò da lui per andare in cucina, con un sorriso enorme stampato sul volto.

Quella giornata sarebbe stata più surreale della precedente.


* * *


Non fu facile buttare Eskild giù dal letto, quando arrivarono a casa di Noora due ore dopo. Sia lui che Linn stavano dormendo, ma Noora riuscì a tentarli con la sua abilità ai fornelli, e in poco tempo furono entrambi seduti al tavolo della cucina insieme a William, mentre Noora portava in tavola della pasta.

Eskild continuava a spostare lo sguardo da lei a William in silenzio, con un sorriso malizioso che non lasciava spazio ad alcun dubbio: stava per dire qualcosa di totalmente fuori luogo. Noora tentò di lanciargli degli sguardi ammonitori, che non scalfirono minimamente i suoi propositi.

Infatti poco dopo si schiarì la voce, trattenendo una risata.

“Non ti ho mai vista così rilassata, Noora. Te l'avevo detto, che avevi bisogno solo di una cosa per scaricare tutta la tensione”. La fissò mentre lei si sedeva, tentando di mantenere un'espressione neutra per non dargli soddisfazione.

William se la rideva come sempre. Eskild era in grado di mettere Noora in imbarazzo in una maniera adorabile. Decise che era quello il momento giusto per sganciare la bomba, in modo che dopo Eskild e Linn sarebbero stati troppo concentrati sul cibo per pensare alla novità e fare le obiezioni che sicuramente ci sarebbero state.

“Noora viene a vivere da me. Oggi”. Lo disse con la stessa convinzione con cui l'aveva detto a Noora.

Eskild lo guardò per un attimo, confuso. Boccheggiò per un istante alla ricerca delle parole da dire, poi si voltò verso Noora con gli occhi sgranati.

“Sei già incinta?”, chiese, in preda ad un finto shock.

Noora sospirò profondamente, rassegnata al fatto che il suo coinquilino non fosse in grado di prendere sul serio quasi nulla.

William scoppiò di nuovo a ridere, questa volta sollevato. Era tutto più facile del previsto.

“No, niente bambini, Eskild”, gli rispose, riportando l'attenzione del ragazzo su di sé.

Incredibilmente fu Linn ad intervenire, rivolgendosi direttamente a Noora.

“E dov'è finito il tuo spirito da ragazza indipendente? Incontri uno e due mesi e mezzo dopo che vi mettete insieme ci vai a vivere? Non hai neanche diciassette anni”.

Rimasero tutti interdetti davanti al fervore con cui aveva parlato. Linn, la depressa e perennemente stordita Linn, che agiva come se avesse ancora qualche emozione umana, era uno degli avvenimenti più straordinari a cui ognuno di loro avesse mai assistito. Nessuno se lo sarebbe mai aspettato.

Noora fu la prima a riscuotersi, punta sul vivo da quella reazione. Quando William le aveva chiesto di trasferirsi con lui, aveva pensato subito che sarebbe stato avventato accettare, perché erano troppo giovani, stavano insieme da troppo poco tempo ed entrambi avevano troppi problemi a cui far fronte, per non parlare del fatto che andava contro ogni sua idea dell'essere responsabili ed agire sempre nel modo più razionale. Ma stare sempre con lui era tutto ciò che voleva, e alla fine, spinta definitivamente dalle parole di William, aveva detto sì. Poi era spuntata fuori la storia dell'indagine della polizia e non aveva più avuto il tempo di pensare a che cosa fosse giusto o sbagliato.

Ora le parole di Linn avevano scoperto nuovamente quel nervo.

William lo intuì dalla sua espressione, che si era fatta improvvisamente triste, e decise di limitare i danni. Se Noora avesse ricominciato a far andare i suoi pensieri in quella direzione, si prospettavano altri drammi, altre discussioni e quella giornata sarebbe diventata un inferno. Invece, lui voleva far durare il più possibile il clima di spensieratezza che si era creato. Non ce la faceva più a vederle in volto quell'angoscia che l'aveva consumata dalla sera della rissa e che era andata crescendo fin quando non si erano ritrovati, poco prima del suo viaggio mancato a Londra.

“Può essere indipendente anche se sta con me. Non ho intenzione di farle da padrone”, asserì risolutamente.

“Linn, lo so che ti preoccupi, ma non ce n'è bisogno. Io e William abbiamo tutto sotto controllo. Lui vive da solo, io vivo lontana dai miei genitori già da due anni... non sarà molto diverso dalla situazione in cui mi trovo adesso. Eviteremo soltanto di fare avanti e indietro da un appartamento all'altro, tanto alla fine dormiamo sempre insieme. Cambierà solo che voi mi mancherete”, le spiegò Noora, una volta scacciate dalla mente le preoccupazioni per il futuro.

William le fece un sorriso che le ricordò ciò che l'aveva convinta a lanciarsi in quell'ignoto. Lui la guardava come se fosse la sua famiglia.

“Ragazzi”, cominciò Eskild, questa volta serio. “State attenti”, disse soltanto.

Noora annuì, grata che almeno lui le risparmiasse altri discorsi scomodi. Eskild sapeva che lei era capace di tormentarsi benissimo da sola. Ritornò allegro come sempre e cominciò a mangiare la sua pasta, imitato dagli altri.

“Ora mangiamo e poi io e Linn vi aiutiamo col trasloco, così potete tornare a fare i conigli ASAP”.

“Eskild!”. A quell'ennesima battuta sulla sua vita sessuale, Noora perse la pazienza.

William, invece, sghignazzò. Inaspettatamente, gli sarebbe mancato vivere con quei due, anche se la convivenza era durata soltanto una settimana. Abituato a stare da solo, com'era ormai da anni, non gli era dispiaciuto condividere qualche settimana prima con Chris e poi con quegli squilibrati dei coinquilini di Noora.

D'ora in poi sarebbe stato tutto diverso.

D'ora in poi avrebbe chiamato l'appartamento in cui viveva, fino ad allora intriso di drammi passati e solitudine, casa.


* * * * * * * * * * * * * * *


8 Giugno 2016


I primi giorni di convivenza li trascorsero in una bolla di sapone. Non uscirono di casa se non per l'ora necessaria ad andare a fare un po' di spesa e tornare indietro.

Il trasloco di Noora non aveva richiesto più di mezza giornata, così sabato sera avevano già sistemato tutto nell'appartamento, come se lei avesse sempre vissuto lì.

A William piaceva vedere le loro cose mischiarsi; finalmente quella casa fredda e impersonale, dove per anni si era sentito un ospite, gli appariva come un luogo in cui voler tornare. Un nuovo calore si era insinuato tra quelle mura, e non trovava una ragione valida per cui la decisione di vivere insieme potesse essere sbagliata.

Dal canto suo, Noora cercava di tenere la propria razionalità a bada, in modo da non creare inutili tensioni in quei giorni di assoluta pace. In fondo, sentiva che non stavano soltanto cercando di vivere appieno la loro relazione nel presente, ma che avevano gettato le basi per costruire un futuro a tempo indeterminato. Inoltre, quando c'erano i sentimenti di mezzo, non esisteva nessuna logica che potesse prevedere come sarebbero andate a finire le cose.

Per tre giorni non fecero altro che fare l'amore e poltrire.

Il mercoledì, tuttavia, decisero di ritornare con i piedi per terra, così accesero i cellulari che avevano spento sabato sera.


Dove cazzo sei finito, brutto stronzo? Sarà meglio che ti presenti alla festa di fine anno, o ti do fuoco alla macchina. Sai che ho il codice del garage.


L'ultimo dei quattordici messaggi che Chris aveva mandato a William in quei giorni, non lasciava spazio a dubbi sul fatto che l'amico fosse quantomeno irritato per la sua sparizione improvvisa.

“Chris è incazzato come una bestia”, esordì William, guardando Noora dal capo opposto del tavolo a cui si erano seduti a fare colazione. Lei sedeva con le spalle alla finestra, e il sole la colpiva mettendo in evidenza la chioma ancora arruffata dopo il sonno. Era adorabile quando era così in disordine, ma William non glielo fece notare, altrimenti li avrebbe sistemati subito.

Noora voltò il proprio cellulare verso di lui, mostrandogli un messaggio da parte di Vilde.


Non so dove tu sia finita, ma alla festa dobbiamo esserci tutte, altrimenti che Bus siamo?


“Se dovessi mancare, Vilde darebbe di matto. Quando mette di mezzo il Bus significa che non accetta rifiuti”, gli disse.

“Quindi questa sera andiamo alla festa”, concluse William.

“Andiamo alla festa”, confermò Noora.

William sapeva che a Noora non piaceva andare spesso alle feste affollate, ma quella sera sarebbe stato anche peggio, perché per la prima volta si sarebbero presentati ufficialmente insieme ad un evento. Non che la loro relazione fosse più un segreto ormai, considerando anche che venerdì non si erano risparmiati baci e carezze davanti ai loro amici, ma questa volta sarebbe stata presente una gran parte degli studenti della Hartvig Nissen, e per Noora non sarebbe stato facile esporsi in quel modo. Benché non si vergognasse di farsi vedere con lui, data la reputazione e la popolarità di William, si sarebbe trovata al centro dell'attenzione, per non parlare del confronto con tutte le ragazze che avevano avuto a che fare con lui prima che arrivasse lei. Erano semplici paranoie dettate dalle sue insicurezze, eppure avrebbe preferito di gran lunga rintanarsi in casa con lui come avevano fatto fino ad allora.

Inoltre, l'unica volta in cui avevano interagito come coppia davanti a tutta la scuola era stato il giorno in cui Nikolai aveva mentito a William dicendo di essere stato a letto con Noora, e lei lo aveva rincorso disperatamente attraverso il cortile. Da allora le voci sul loro conto erano passate dal pettegolezzo a tinte rosa, alla cronaca nera. Noora era diventata la primina fedifraga che aveva fatto innamorare e poi sparire dalla faccia della Norvegia William Magnusson.

William allungò una mano per sistemarle una ciocca di capelli dietro l'orecchio, approfittandone per sfiorarle la guancia con le nocche.

“Ti amo”, le disse, per dissipare i suoi brutti pensieri.

Noora sorrise, un sorriso che le illuminò il viso all'inverosimile. “Ti amo anch'io”.


* * *


Turn Down For What – DJ Snake, Lil Jon


Arrivarono alla festa che erano passate le dieci e il locale era già pieno di adolescenti ubriachi, ma non per questo passarono inosservati. Avevano attirato parecchie occhiate e bisbiglii curiosi, ma William, notando il disagio di Noora, l'aveva stretta a sé ed accompagnata fino al tavolo a cui erano sedute le sue amiche, dove lei gli aveva chiesto di darle un po' di tempo per parlare con le ragazze.

Il locale era un club che aveva aperto da poco, arredato in modo da richiamare in parte un'atmosfera vintage.

La musica elettronica era assordante, ma non abbastanza da impedire a Noora di sentire l'esclamazione acuta di Vilde quando disse alle ragazze che si era trasferita da William.

“Eh?”.

Noora sospirò, scrutando l'espressione esterrefatta dell'amica.

“Lo so, ragazze, può sembrare presto, ma...”, cominciò a spiegare, ma Sana la interruppe.

“Lo sapevo”, asserì con un sorrisetto stampato in faccia.

“Lo sapevi?”, chiese Eva, stringendo in mano un bicchiere pieno di rum e cola.

“Be', è sparita per tre giorni e anche di William non si è più saputo nulla. Eskild non ha voluto dirmi niente, quando l'ho chiamato... ho subito pensato che si fossero chiusi nell'appartamento di William, dal momento che ne aveva uno tutto per sé”, spiegò Sana, come se fosse ovvio.

“Vai così, ragazza!”, Chris diede il cinque a Noora, che a quel punto si rilassò, ma notò le espressioni ancora perplesse di Vilde ed Eva.

Sana era imperscrutabile come al solito, sembrava che stesse ancora cercando di inquadrare bene la situazione.

“Sentite”, riprese Noora, “so che pensate che sia una follia, io e William stiamo insieme da due mesi e abbiamo passato la metà del tempo ad affrontare un problema dopo l'altro. Ma ho questa sensazione, come se lui fosse la mia famiglia. Nessuno si era mai preso cura di me come fa lui, e all'inizio pensavo di non averne bisogno e di non poter accettare che un ragazzo, soprattutto uno del genere a cui credevo che William appartenesse, assumesse il ruolo del protettore nei miei confronti. In più lui sembra sempre pensare il contrario di quello che penso io, a volte è estenuante. Ma poi ho realizzato che io e lui ci proteggiamo e ci sfidiamo a vicenda, non c'è niente di unidirezionale fra noi. In ogni caso, la nostra non è stata una relazione convenzionale sin dall'inizio, quindi perché non provarci?”. Disse alle sue amiche ciò che aveva ripetuto a se stessa nel corso di quei giorni.

Sana aggrottò le sopracciglia, come se stesse cercando le parole giuste da dire.

“Se qualcuno guardasse me come William guarda te, probabilmente vorrei sposarlo. Mi hai detto che non c'è niente che ti sembri più importante che stare con lui, e sono stata la prima a consigliarti di seguire il tuo istinto. Però hai diciassette anni Noora, quella che hai con lui è la tua prima relazione significativa e avete entrambi addosso tutte le emozioni dell'ultimo mese... non so se siate del tutto lucidi. Se senti che questa cosa ti fa stare bene, allora vai avanti, ma cercate di non giocare alla famiglia, prendete questa convivenza con leggerezza. Capisci che cosa voglio dirti?”.

Noora annuì seria, comprendendo pienamente il messaggio di Sana, che aveva una capacità empatica mille volte più grande di quanto volesse mostrare. Le stava dicendo di tenere a mente il punto della vita in cui si trovavano lei e William e i cambiamenti continui che avere la loro età comportava. Bastava pensare all'udienza in tribunale che si sarebbe tenuta entro la fine del mese e che avrebbe potuto avere come esito l'arresto di William. O al fatto che lui ormai era diplomato, e ciò significava che stava per entrare nel mondo degli adulti, mentre lei sarebbe rimasta bloccata nella routine scolastica almeno per altri due anni.

Senza preavviso, Eva si alzò dalla propria sedia e la strinse in un abbraccio, a cui si unì anche Vilde.

“Siamo contente per te”, le disse quest'ultima.

“Però ogni tanto uscite di casa”, la canzonò Eva.

Risero tutte quante, e per una volta Noora non si sentì in imbarazzo.


* * *


In contemporanea, al bancone del bar William era impegnato in una scomoda conversazione con Chris.

“Che cazzo significa che le hai chiesto di venire a vivere con te?”.

Chris era ancora arrabbiato per il silenzio a cui lo aveva sottoposto William negli ultimi giorni, e non prese per niente bene la notizia. La sua incredulità era surclassata soltanto dal disorientamento causato dai comportamenti che aveva avuto il suo migliore amico negli ultimi mesi. Erano amici da che ne aveva memoria, ma mai William aveva perso la testa come negli ultimi tempi. Gli sembrava di avere a che fare con un estraneo.

William appoggiò sul ripiano la birra che stava bevendo e si passò le dita tra i capelli, nel tentativo di raccogliere la pazienza necessaria a rispondere. Sapeva dove sarebbe andata a parare quella discussione, perché era già successo in precedenza.

“Chris, sei il mio migliore amico, ma su questa cosa non hai voce in capitolo. Okay?”.

Rimasero in silenzio per qualche minuto, ognuno assorto nei propri pensieri, mentre entrambi cercavano di dissipare il nervosismo. Ma Chris non riuscì a lasciar correre la questione, e all'improvviso sbottò con irruenza.

“No. Cristo, sono mesi che ho l'impressione che ti sia bevuto il cervello. Prima inizi a trascurare il Bus e manchi alla metà dei festeggiamenti del Russetiden – e quando ci sei sembra che tu voglia essere da un'altra parte –, poi vai fuori di testa e te ne vai a Londra senza dire niente a nessuno. Quando torni sei incazzato e depresso come non ti ho mai visto e ti accampi a casa mia in attesa di trasferirti definitivamente a Londra. Alla fine, quando ti sto accompagnando in aeroporto, cambi idea perché hai avuto una conversazione di dieci minuti con quella ragazzina, che ti ha anche spinto a confessare la storia della bottiglia alla polizia. Adesso sparisci nel nulla e te ne esci dicendomi che vivete insieme? Scusa se non sono felice. Porca troia, William, stai per farti dei fottuti mesi di prigione perché ti sei fatto condizionare da una ragazza”. Alla fine della sua invettiva, Chris respirò profondamente per calmarsi, senza troppo successo.

Quella conversazione, in toni più pacati, era già avvenuta qualche settimana prima, quando Chris aveva tentato di convincere William a restare ad Oslo. In quel frangente non c'era stato nulla in grado di farlo ragionare, e adesso sarebbe andata nello stesso modo, Chris lo sapeva bene.

William era sempre stato quello più deciso tra i due, era un leader naturale, e ascoltava i consigli soltanto quando non intaccavano la sua idea di partenza.

“Cresci un po', Chris, e ragiona. Ho avuto soltanto te e i ragazzi per tutta la vita, ed è stato abbastanza, ma con lei è un'altra cosa. Non è una qualunque, non è un passatempo. La voglio con me, e lei vuole stare con me. Fine della discussione”.

“Dici a me di crescere, quando tu ti stai comportando come un bambino. Chi è quello che ragiona col pisello adesso, tra noi due?”.

A quell'uscita così da Chris, William non riuscì a trattenere una risata, e tutta la tensione del momento andò scemando quando quell'ilarità contagiò anche l'amico.

“Andiamo a cercare Julian e Alexander. Volevano fare un brindisi o qualcosa del genere tutti quanti insieme”, disse poi, cambiando argomento.

Recuperò la sua birra ed entrambi si incamminarono in mezzo alla folla. Passando, incrociarono Mari, che li salutò con un sorriso e un cenno del capo. Lei era una delle poche ragazze con cui William aveva un genuino rapporto di amicizia, nonché tra le poche persone che conoscevano alla perfezione la sua situazione familiare.

Poco più avanti vide qualcosa a cui non poté rimanere indifferente. Noora stava ballando insieme alle sue amiche al margine della pista, i capelli che svolazzavano al ritmo in cui si muoveva, un sorriso dipinto sulle labbra, mentre con gli occhi chiusi si faceva trasportare dalla musica.

Si incamminò nella sua direzione senza curarsi di avvisare Chris del cambiamento di programma, e quando la raggiunse, la fece voltare afferrandola per una spalla. Lei non ebbe il tempo di chiedersi che cosa stesse succedendo, perché lui la baciò spegnendo qualunque protesta sul nascere.

Non si limitò ad un bacio superficiale, avendo come obiettivo proprio quello di dare spettacolo.

Noora lo intuì e dopo un po' riuscì a trovare la forza per interromperlo. Lanciando una breve occhiata intorno a sé, notò che le sue amiche non erano le uniche a guardarli ridacchiando. Alle spalle di William diverse ragazze erano già impegnate a commentare la scena a cui avevano appena assistito.

“William!”. Lo fissò mordendosi le labbra per tentare di arginare il sorriso che le si stava formando spontaneamente alla vista dell'espressione impertinente che lui stava esibendo.

“Noora!”, le fece eco, premendole le guance con i propri indici in maniera giocosa.

“Eri così carina, non ho potuto resistere”, le sussurrò poi all'orecchio.

Noora arrossì, ma alla penombra del locale nessuno avrebbe potuto accorgersene. Si scostò per guardarlo negli occhi, e dopo qualche istante fu lei a baciarlo mettendogli le braccia intorno al collo, proprio mentre la canzone che il DJ stava mixando arrivava al famoso ritornello: “Noi abbiamo trovato l'amore in un luogo senza speranza”.

  
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