Fanfic su artisti musicali > David Bowie
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Autore: AquilanteMalabestia    10/01/2017    0 recensioni
Storia di un'icona pop chiamata Apollo e di come riuscě a sorpassare tutti gli altri dči.
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Sul profilo della montagna, sagoma nera censurata dalla notte giunta al termine, davanti all'orizzonte azzurro elettrico si staglia il Suo magnifico carro, bianco e lungo come un serpente di marmo. Col Suo carro Egli trasporta il Sole fino all'apice dei cieli, perché Apollo il magnanimo sempre ci fa dono del calore e della luce del Sole. Si apre una porta del Suo candido cocchio e Apollo il Grandioso si libra sopra la valle: i fili d'oro mossi dei Suoi capelli al vento incoronano il volto perfetto, sottile da eterno fanciullo; le labbra come una lieve pennellata si aprono per mostrare i Suoi denti immacolati, quanto le piů pregiate tra le perle che adornino il collo di una dea; il Suo collo vigoroso č uno stelo sopra la terra vergine del busto, glabro ma modellato oltre ogni perfezione immaginabile dall'uomo: come mura inespugnabili si espandono i Suoi pettorali, sotto la giacchetta bianca le cui estremitŕ ciondolano sui pantaloni a zampa di elefante, lucidi come la neve che va sciogliendosi tra le rocce; ai piedi ha stivali coi tacchi in pelle tinta del rosa dell'aurora.

Un fulmine viola č tinto sulla faccia, ad abbellire il Suo occhio sinistro. Occhi d'Infinito possiede, Apollo Nostro Signore: pozze nere da cui vociano le anime del Tartaro, al centro di pascoli verdi sempre immobili nella loro attenzione fulminante. Una pupilla ha piů larga, il Nostro Caro Leader: un giorno, quel che la biologia definisce Suo padre (la bestia indegna di aver gettato il seme nel mare caldo della donna tra i cui mulinelli amniotici sarebbe cresciuta la cartilagine del corpo apollineo), quel padre marchiň la figura tenera fatta della sua stessa carne, appena approdata alla pubertŕ, con tutta la forza che la sua mano chiusa a falange potesse esercitare, ma non abbastanza da coprire la paura effeminata che aveva scatenato quel gesto vergognoso. La vergogna e la paura il padre sempre aveva cercato di presentare, ad Apollo, come indegne di albergare nel corpo di un vero uomo; cosě il tempo era passato - l'infanzia una morsa tra modelli di cruda pietra e il placido silenzio assenso di un seno in cui nascondersi - e sempre il Nostro Eroe aveva taciuto e simulato, ignorando ogni moto dell'animo per compiacere l'ordine della normalitŕ. Ma quel giorno fatale, nessuno avrebbe potuto cogliere la vergogna piů di Apollo, costretto da Se stesso a nascondersi dentro la tana del lupo, in preda ad un comune istinto animale, quando il corpo gli parve urlare per rompere le catene piantate al suo parto, lo stomaco contorcersi al richiamo abominevole, le gambe tremare davanti a quella natura impossibile; nessuno piů di lui conobbe la paura quando la furia del padre gli gettň negli occhi la veritŕ che era stata spiata e riportata giŕ ovunque, che giŕ era diventata una divisa da detenuto per il carcere del diletto e del giudizio degli altri: tutti sapevano quel che era successo in bagno, durante l'intervallo.
   
 
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