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Autore: Spanner    28/05/2009    11 recensioni
Kagome è una ragazza dalla vita difficile, segnata dal triste passato.
Nonostante tutto riesce ad essere allegra, finchè un brutto scherzo quasi la uccide.
Verrà salvata da un misterioso ragazzo, che entrerà nella sua vita inevitabilmente.
Con lui scoprirà un nuovo sentimento, per troppo tempo rinchiuso nel suo cuore, e forse riuscirà a costruirsi una nuova esistenza...
Ma che cosa nasconderanno lui e i suoi due amici, che non lo lasciano quasi mai solo?
Quando lo verrà a sapere verrà coinvolta in una pericolosa lotta, e tutto cambierà...
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi di nuovo!
Ho iniziato subito a scrivere il capitolo, anche perchè mi sentivo ispirato, e per evitare un altro ritardo cosmico! :)
Ma cercate di capirmi, non ho più tanto tempo e sto passando un periodaccio... T.T
Vabbè, vi ringrazio sotto, godetevi il capitolo! ^^

Ho modificato la fine del capitolo, aggiungendo qualcosa e aggiustando qualche frase.


Capitolo quattro:  Ci sono io



La prima cosa che Kagome vide quando aprì gli occhi, fu una cascata argentata al suo fianco.
Richiuse gli occhi, troppo pesanti, e sentì varie voci, fra le quali riconobbe quella di Sango, due maschili, e una dolce,
un po' infantile, di ragazza.

<< Si sta svegliando! >> annunciò allegramente la voce infantile, e successivamente, sentì una mano stringere la sua.

<< Kagome, mi senti? Kaggy, rispondimi... >> implorò la voce di Sango, stremata.

A Kagome si strinse il cuore nel sentirla così, e si impose di aprire gli occhi.

Vide gli occhi della sua amica guardarla preoccupati e sollevati, e dietro di lei un paio dorati, che aveva già visto...

<< U... u-un... Angelo...? >> chiese debolmente, sollevando una mano pallida e tremante verso quel volto tanto bello,
incorniciato da capelli argentati.

Si bloccò di colpo quando vide la sua mano fasciata in parte, dove si scorgevano ancora bruciature gravi.

Come se l'avesse colpita un fulmine, ricordò: sbarrò gli occhi, serrò la bocca, si irriggidì completamente, e poi,
si accorse che l'altra mano, era stretta a pugno, e al suo interno sentiva qualcosa.

Tremando, come se avesse paura di confermare i suoi timori, avvicinò la mano al suo volto, mentre Sango fissava
preoccupata ogni suo movimento.

Quando Kagome aprì la mano, svelò un foglietto sporco, ma le parole scritte all'interno erano ancora perfettamente leggibili:

" Va all'inferno
piccola bastarda "

Le lacrime scesero prepotentemente, mentre ogni ricordo, come un flash, le passò davanti gli occhi sgranati...
Il fuoco, il dolore, il caldo, il rumore delle fiamme che divoravano tutto...

E poi, si rese conto di una cosa: ma lei non stava morendo?

Aveva anche visto un angelo, che la era venuta a prendere...

Guardò Sango, e si ricordò che aveva sentito la sua voce prima di lasciarsi andare: che anche lei fosse...?

Si voltò, e vide di nuovo il suo angelo, bellissimo, e accanto, un altro ragazzo, dai capelli scuri legati in un codino e degli
occhi color oceano nei quali perdersi.
Aveva una mano sulla spalla di Sango... Che fosse l'angelo venuto a prendere la sua amica?

E poi... Accanto a quello, vi era una ragazza, molto carina, dai lunghi capelli neri, fra i quali un ciuffo legato lateralmente,
e gli occhi marroni che trasmettevano una dolcezza infinita.

Dopo qualche istante sentì una mano sfilarle il biglietto, e voltandosi vide Sango leggerlo con un'espressione orripilata.

Prima guardava Kagome, poi il biglietto, poi di nuovo Kagome e il biglietto, e così via per un po', finchè non riuscì a dire:

<< Bankotsu? >> con una voce flebile e terrorizzata.

Kagome annuì, per poi alzarsi a sedere, e notò che erano in una capanna in legno, e dalle finestre si vedeva la luce arancione
del tramonto che bagnava la foresta.

Sul suo volto si aprì un sorrisò meraviglioso, che sconvolse tutti e fece perdere un battito ad un angelo dai capelli argentati,
e poi, guardando negli occhi proprio quest'ultimo, disse, con felicità:

<< Sono morta? >>

A Sango sfuggì un suono strozzato: la sua amica aveva chiesto, felicemente, con un sorriso così bello, che di pochi ne aveva visti,
se era morta?!

Agli altri presenti nella stanza, capitò di pensare la stessa cosa di Sango: sembrava che la morte per quella ragazza
fosse una cosa bella.

Kagome continuò a guardare l'angelo, e notò che aveva due adorabili orecchiette canine bianche sul capo, e non potendo
trattenersi, sempre con quell'espressione felice, le andò ad accarezzare delicatamente, lasciando di stucco il proprietario.

Dopo qualche secondo lei scansò la mano, arrossendo appena, ma mantenne il sorriso:

<< Scusa, non ho saputo resistere, sono così tenere! Non sapevo che gli angeli avessero orecchie del genere! >>

Il ragazzo arrossì, bofonchiando un:

<< Tsè! >> e qualcosa di cui si era captato solo " mocciosa ", " osato ", " orecchie " e " dannato sorriso ", ma dato
che nessuno trovava legami fra queste parole, lo ignorarono.

<< Allora sono morta... >> disse con gioia Kagome, allargando ancora il sorriso, se possibile, e guardando Sango << Però mi
dispiace che sia morta anche tu... >> aggiunse con un tono più triste, ma qualche secondo dopo il sorriso tornò sul suo volto.

<< Finalmente... Non soffrirò più...! >> esclamò, sinceramente contenta, tornando a fissare gli occhi dorati dell'angelo,
che era stupito.

Possibile che quella ragazza desiderasse morire?

<< Guarda che sei viva! Tsk! >> esclamò stizzito, incrociando le braccia.

Kagome si rabbuiò all'istante, il sorriso e i suoi occhi si spensero.

<< Ma allora... Che ci fa un angelo qui? >> chiese al ragazzo, che sbuffò, esasperato per essere scambiato, ancora, per un angelo.
Insomma, lui non era uno di quegli esserini con ali candide che volavano fra le nuvole, nudi, suonando il flauto.
Un immagine di lui stesso conciato il quel modo gli balenò in mente, e la scacciò, disgustato.

<< Io non sono un angelo! >> sbuffò in risposta << Ti sembro forse uno di quei cosi che vola? >> domando avvicinandosi a lei.

<< Si >> rispose Kagome con convinzione.

<< Sbagliato. E non osare più paragonarmi a quelle sottospecie di anatre! >> disse irritato.

Per un po' regnò il silenzio, poi, a Kagome sfuggì una lacrima, silenziosa, che tutti colsero.

Alzando lo sguardo, la videro tremare impercettibilmente, serrando i pugni.

<< E allora >> iniziò con voce dura << se non siete angeli... >> alzò gli occhi, dove vi era racchiusa rabbia, delusione, malinconia...
<< Perchè mi avete salvata? >> domandò, lasciando che altre lacrime scorressero sulle sue guange pallide.

Tutti sobbalzarono a quella domanda.
Non riuscivano a capire.
Neanche Sango ci riusciva. Perchè la sua amica stava dicendo quelle cose?

<< Allora?! >> domandò, tagliente << Perchè non mi avete lasciata morire? Perchè mi avete fatto tornare in questa vita?
Per farmi soffrire ancora? Non è stato abbastanza? >> esclamò furiosa, mentre mostrava le mani fasciate e bruciate,
come quasi tutto il suo corpo.

<< Per avere questo? >> chiese, mostrando ora dei lividi sulla pancia e sullo stomaco, che non avevano niente a che fare col fuoco.
<< O questo? >> stavolta sollevò il pantalone rovinato, per mostrare un taglio lungo e abbastanza profondo,
in via di guarigione, sopra il ginocchio.
Fatto da un... coltello.
<< E questo?! >> terminò, strappando il foglio dalle mani tremanti di Sango e mostrandolo a tutti.

<< E' per ritornare a questa vita che mi avete salvata? >> lanciò con voce tagliente, con rabbia, frustrazione.

Sbatte' un pugno sul materasso sul quale era seduta, per poi accasciarcisi sopra, senza forze, con altre lacrime che scendevano.

<< Perchè non mi avete lasciata morire...? >> chiese con un filo di voce, chiudendo gli occhi e abbandonandosi a
quel dolce torpore che le regalava la coperta.



Il silenzio la avvolgeva.
Sentiva solo il delicato frusciare del vento fra le foglie, e un calore piacevole avvolgerla.

Si irrigidì automaticamente, spalancando gli occhi, e sollevandosi di scatto, procurandosi un capogiro per il movimento brusco.

Si guardò intorno e si rilassò: il calore era provocato dalla morbida coperta sul suo corpo; niente fuoco...

Si voltò e incrociò un paio di iridi ambrate che la fissavano intensamente.
Sussultò riconoscendo i tratti del volto del proprietario di quei occhi, ricordando - di nuovo - ogni cosa.

Come aveva fatto prima aprì la mano e lesse ancora una volta quelle parole orribili:

" Va all'inferno
piccola bastarda "


La mano iniziò a tremare e rammentò anche il dialogo avvenuto con quello che lei credeva fosse un angelo,
il suo angelo, venuta a prenderla per portarla via da quel posto che le aveva causato solo dolore...

Quando una nuova lacrima le solcò la guancia, sentì una mano calda asciugargliela.

Sorpresa, si voltò, tornando a guardare quegli occhi meravigliosi.
La mano del ragazzo rimase sulla sua guancia, come in una carezza.

<< Non va bene piangere. Sorridi, eri più carina... >> le disse con una voce calda e rassicurante, con un lieve rossore sulle guance.

Anche lei si imbarazzò, ma riuscì a rispondere, con voce flebile:

<< E per cosa dovrei sorridere? >>

<< Perchè sei viva >> rispose lui sicuro.

Kagome rise, una risata senza gioia, intrisa solo di amarezza.

Scansò la mano dell'angelo dal suo volto, commentando acidamente:

<< Certo..! Per essere viva! Ma perfavore! Tu non hai idea di cosa sia la mia vita! L'inferno, a confronto,
mi sembra qualcosa di piacevole! >>

Gli occhi di Kagome erano nuovamente lucidi, e in quel momento avvertì le bruciature su tutto il suo corpo pulsare e
dolere, e ciò le fece scivolare una lacrima da un occhio.

I suoi occhi si accesero di ira.

<< Ecco perchè sono ancora qui! Per subire altre ingiustizie, sopportare altra sofferenza! Non ho mai avuto nessuno,
nessuno! Non posso più sopportare tutto questo! Neanche Sango è sufficente per farmi desiderare di continuare questa vita! >>

Si asciugò con una mano le guance, mentre il ragazzo la guardava, un velo di malinconia nei suoi bellissimi occhi.

<< Non ho nessuno... >> ripetè Kagome, debolmente, mentre tutto il suo corpo tremava.

Poi, le sentì:
due braccia forti la avvolsero e la strinsero contro un petto caldo e accogliente, un odore selvaggio, ma piacevole,
la investì, mentre una mano le carezzava i capelli.

<< Ci sono io. >> affermò deciso il ragazzo, scostando appena la ragazza per poterla fissare nelle iridi color cioccolato.

A Kagome mancò un battito, ma lesse negli occhi ambrati che l'affermazione di lui era vera, e senza saperne il motivo,
si sentì sollevata, più leggera...
 
Affondò il volto nel suo petto sussurando:

<< Grazie angelo... >>

L'angelo in questione arrossì, ma poi, irritato, brontolò:

<< Ma insomma! La vuoi smettere con la storia dell'angelo? Mi sto arrabbiando sul serio! Ti ho già ripetuto che non
sono uno di quegli affarini nudi e volanti! >>

Kagome sorrise a quelle parole.

<< E allora cosa sei? Le tue orecchie sono vere. >> disse seria, sfiorando nuovamente le candide orecchiette.

Lui si irrigidì a quella domanda; poi voltò il capo, in difficoltà.

<< Non te lo posso dire. >>

Kagome scrollò le spalle.

<< Va bene, angelo >> calcò l'ultima parola con un sorriso divertito, osservando la reazione del ragazzo.

<< Basta, insomma! Io mi chiamo Inuyasha, mettitelo bene in testa, perchè se solo ti sento pronunciare ancora
la parola angelo, perdo il controllo di me stesso! Inuyasha, sono Inuyasha, I-nu-ya-sha! >> disse quasi in un ringhio.

Il sorriso di Kagome si allargò, e Inuyasha sentì il cuore accelerare i battiti al pensiero che era a causa sua che sorrideva.

La porta della capanna si aprì ed entro una Sango abbastanza depressa, che zoppicava.

A quella vista Kagome perse il sorriso, si alzò, e ignorando il bruciore quasi lancinante delle ustioni sulle gambe,
le andò incontro, abbracciandola.

Sango ricambiò la stretta, scoppiando a piangere.

<< Kagome... perchè non... me l'hai mai detto? >> chiese fra un singhiozzo e l'altro, continuando ad abbracciarla.

<< Scusa Sango, ma... Io... Non ce la facevo... Non me la sentivo... Non volevo perderti... >>

<< Sei una stupida! Non mi avresti persa, ma avresti solo rafforzato il nostro rapporto! Le amiche non servono solo
per divertirsi e scherzare con loro, ma anche per condividere le cose tristi... Ed è in quei momenti che si riconosce un
amico sincero... ( Queste sono testuali parole che mi ha detto un'amica... Mi hanno commosso, e così le ho anche messe qui!
Ci tenevo a dirlo... perchè sono parole vere... ndDraco ) >>

<< Scusami... Ora lo so che te ne avrei dovuto parlare subito! >>

Sango si asciugò le lacrime e guardò negli occhi la sua migliore amica.

<< Da quanto tempo? >> domandò con una luce furiosa negli occhi nocciola.

Kagome sembrò confusa, infatti chiese:

<< Da quanto tempo cosa? >>

<< Da quanto ti picchiano i tuoi zii?!?! >> esclamò quasi urlando Sango.

Kagome sussultò e abbassò il capo.

<< Da sempre >> rispose soltanto

Sango sebrava incredula e shokkata.
Dopo un momento esclamò:

<< Da quando hai otto anni! Non... non ci posso credere! >> si sedette sul letto, dove era rimasto Inuyasha, in silenzio,
mentre le due parlavano.

Ma quando sentì l'ultima frase di Sango sussultò e non riuscì a trattenersi.

<< CHE COSA?!?!?! >> sbraitò infatti, alzandosi in piedi e fermandosi davanti una Kagome sorpresa da quel comportamento
<< Tu hai sopportato questi maltrattamenti da più di sette anni?! >> chiese incredulo anche lui, abbracciandola di colpo
possessivamente, stupendola e facendola arrossire << Mai più... >> continuò il ragazzo, sotto gli occhi allibiti
di Sango << Mai più, te lo prometto, mai più permetterò che ciò accada... >> terminò stringendola ancora di più, mentre
Kagome ricambiava, felice, e a Sango si formava un piccolo sorriso.



<< L'incendio è doloso >> dichiarò il capo della polizia dopo aver fatto analizzare il luogo dell'incendio dai suoi uomini.

Ryuichi era ora shokkato.

<< Che cosa?! Sta insinuando che avrei bruciato apposta una mia proprietà? >> esclamò furioso contro il poliziotto,
che alzò gli occhi al cielo.

<< Non deve essere stato per forza lei, ma qualcuno si: abbiamo trovato tracce di benzina e i resti di un paio di fiammiferi.
E' chiaro come il sole. Chi ha appiccato il fuoco si è premurato che tutta la cucina e il salotto fosse cosparso di combustibile. >>

Ryuichi sembrò riflettere a quelle parole, e il capo della polizia tornò dai suoi uomini per vedere se avevano scoperto altro.

Bankotsu stava sudando freddo e tremando impercettibilmente, tentando di non far trasparire il suo stato d'animo.

I suoi genitori avevano subito chiamato la polizia e i pompieri, e dopo che questi ultimi ebbero domato l'incendio, che stava
divorando la casa, la polizia fece un sopralluogo per scoprire i danni e le cause dell'incendio, ed ecco il risultato:
la casa era inaccessibile e si era scoperto che qualcuno aveva causato volontariamente l'incendio.

Se Bankotsu era preoccupato, Kikyo era disperata, corrosa dai sensi di colpa: il maggiore aveva dovuto chiuderla
in camera sua con la scusa che era sconvolta per quanto accaduto, il che non era del tutto falso.

Ma la parte peggiore fu sicuramente quando, una volta che i pompieri e i poliziotti entrarono per controllare che l'incendio
fosse completamente spento e se l'abitazione era agibile, un poliziotto uscì dichiarando:

<< Non ci sono persone, la casa è vuota! >>

Quando Kikyo lo venne a sapere era sull'orlo di una crisi isterica e sul punto di rivelare tutto, mentre Bankotsu stava per svenire.

Aveva ucciso Kagome. E Sango.

Due persone.

E quando si sarebbero accorti dei resti delle ragazze, che avrebbe fatto?

Sarebbe finito in prigione per omicidio.

Ma lui voleva soltanto spaventare quella mocciosa che l'aveva trattato in quel modo!
Pensava che sarebbe uscita subito, non appena avesse visto il fuoco in cucina.

" Forse non avrei dovuto mettere la benzina anche in salotto... Le fiamme erano ovunque... Ma io...
che ne potevo sapere? " si disse mentalmente, frustrato e disperato.

Ma non sapeva che il peggio doveva ancora arrivare.

Sota si avvicinò a lui, il braccio fasciato, dato che era entrato anche lui per impedire a Sango di fare una sciocchezza,
ma la polizia e i pompieri erano arrivati in tempo:
una libreria infuocata gli stava cadendo addosso; due pompieri lo avevano tirato via, ma gli era comunque caduta sul braccio,
che era andato a fuoco.
L'ustione era grave, ma se la sarebbe cavata con una cicatrice non troppo grande.

Sota continuò ad avvicinarsi, con degli occhi che, se avessero potuto, avrebbero ucciso chiunque.
Rabbrividì.

Ma tirò un sospirò di sollievo quando lo superò, che gli si mozzò in gola quando lo sentì parlare, con il suo tono neutro,
sicuramente al capo della polizia.

<< Dentro c'erano mia cugina e una sua amica. Non è possibile che non ci siano i resti. Non sono uscite. >>

<< COSA?! >> urlò Ryuichi voltando il figlio verso di se, scordando per un attimo che questo aveva parlato. << Kagome e...
Sango erano li dentro? >> chiese con voce stridula, indicando la costruzione ormai ridotta ad un rudere.

Il capo della polizia intervenne.

<< Si calmi signore. Tu, ragazzo, sei sicuro di quello che dici? Perchè non abbiamo trovato niente, a parte le tracce
di benzina. >>

Sota a quelle parole si pietrificò, poi una lampadina si accese nel suo cervello e comprese ogni cosa,
come se il tassello mancante di un puzzle si incastrasse finalmente nel punto giusto.
Si voltò verso il fratello maggiore con occhi di fuoco. Lentamente, si avvicinò a lui, con una calma innaturale,
e una volta davanti al ragazzo gli diede un pugno, talmente improvviso, innaspettato e potente, che lo fece ruzzolare a terra e
boccheggiare in cerca di aria.

<< BASTARDO! >> urlò Sota, ed ignorando il fatto che il suo braccio fosse fasciato e non dovesse subire sforzi,
si buttò addosso a Bankotsu, colpendolo ovunque potesse, continuando ad urlare:

<< SEI UN COGLIONE! COME HAI POTUTO?! COSA CREDEVI DI FARE?! >>

Bankotsu si lasciò colpire, ancora shokkato dal fratello. Mai, mai prima di allora Sota aveva alzato la voce o aveva perso
il suo sangue freddo. Mai.

Vederlo adesso, così furioso, che mostrava dei sentimenti, era stato uno shock anche per il padre e la madre, che lo
osservavano a bocca spalancata.

Il capo della polizia invece esclamò:

<< Ma cosa fate?! Separateli, no?! Cosa c'è da guardare?! >>

Detto ciò un poliziotto provò a fermare Sota, ma questo colpì anche l'agente, che stramazzò a terra tenendosi lo stomaco.
Tre colleghi accorsero, e a malapena riuscirono a fermare il ragazzo.

<< CHE DIAVOLO TI E' SALTATO IN MENTE, IDIOTA!! >> continuava ad urlare, dimenandosi fra le braccia degli agenti.

I tratti del viso erano deformati dalla rabbia e dall'odio più puro, i capelli scompigliati ricadevano sulla fronte,
gli occhi neri fulminavano Bankotsu, in preda a degli spasmi.

<< S-Sota? >> chiamò Ryuichi, incredulo che quello fosse il figlio.

Sota si voltò, fulminando anche il padre, che indietreggiò impercettibilmente.

<< ZITTO! ZITTO ANCHE TU!! IO TI ODIO! ODIO TUTTI IN QUESTA FAMIGLIA! COSA CREDI?!?!
CHE SIA STUPIDO? IO NON SONO KIKYO, NE TANTOMENO BANKOTSU!! IO SO CHE COSA FAI A KAGOME,
LO SO E L'HO SEMPRE SAPUTO! CHE RAZZA DI UOMO SEI?? SEI UN BASTARDO, E BASTA ANCHE GUARDARE
ME PER CAPIRLO!! CREDI CHE A ME PIACCIA ESSERE COSI'?? SEI STATO TU, TU E MIA MADRE!
MI AVETE IMPEDITO DI ESSERE QUELLO CHE SONO, MI AVETE ALLONTANATO DA TUTTI, MI AVETE
TOLTO PERSINO LA VOGLIA DI PARLARE, DI RIDERE!! >>

Prese un respiro profondo, mentre tutti ascoltavano allibiti quelle parole

<< E ADESSO IO GRIDO AL MONDO CIO' CHE PER ANNI VOLEVO DIRE! COSA SONO QUELLE FACCE?! >>

Rise istericamente

<< AH, GIUSTO... IO SONO IL FIGLIO PAZZO, QUELLO MALATO, CON DEI PROBLEMI MENTALI,
QUELLO CHE NON PARLA MAI E CHE NON MOSTRA ALCUNA EMOZIONE!
DI CERTO NON VI RICORDAVATE NEANCHE LA MIA VOCE!!! >>

Tutti i presenti rimasero in silenzio per un minuto intero. Sota aveva il fiatone, ma si liberò dalla presa dei poliziotti
con uno strattone che gli fece provare una fitta al braccio.

Poi prese un respiro profondo e dichiarò, con un'indifferenza tale che sembrava stesse parlando delle proprietà delle larve di mosca.

<< Bankotsu ha appiccato l'incendio, per ripicca. Mio padre picchiava Kagome, da quando era piccola. Il resto della
famiglia le rendeva la vita impossibile, ancora più infernale. >>

Ci fu un silenzio agghiacciante.

Sota alzò il viso e mostrò un sorriso malinconico.

<< Non m'importa più niente di questa famiglia. Ora che ho perso l'unica persona che potevo considerare tale. >>

Il capo della polizia osservò quel ragazzo. Dalla reazione dei genitori, tutto ciò che aveva detto doveva essere vero.
O altrimenti non si spiegava il suo comportamento.

Sota riprese la sua maschera fredda, ma i suoi occhi erano tristi.

<< Se vi chiedete io, che cosa ho fatto a Kagome in tutti questi anni, vi rispondo: niente.
Non ho fatto nulla contro di lei, ma neanche per lei. Sono stato un idiota. >>

Altro silenzio.

<< Allora? >> esclamò con acidità Sota << mi sembra di avervi detto che quello che dovrebbe essere mio fratello ha appiccato
un incendio per ammazzare una ragazza, e che mio padre picchiava violentemente mia cugina da quando aveva otto anni.
Dovreste come minimo arrestarli per violenza su minore, assieme a quel cretino per tentato omicidio e incendio doloso ( sempre
che si possa arrestare qualcuno per questo, non ne sono sicuro ndDraco O__O ). >>

<< Ma... io... Non volevo... >> sussurrò Bankotsu attirando così l'attenzione su di se. Iniziò anche a piangere << Io...
Io pensavo che sarebbe uscita subito... Volevo solo spaventarla per fargliela pagare... Io... Non volevo... Lei...
Doveva uscire subito... >> iniziò a dire a ripetizione, sconvolto, con gli occhi vacui, abbracciandosi le gambe.

Sota lo afferrò per la camicia, strattonandolo.

<< MA SEI SCEMO?! E COME PENSAVI CHE SAREBBE USCITA, SCUSA?! VOLANDO?! ( ringrazio ryanforever per la
frase nel commento, mi è stata di spunto per Sota XD ndDraco ) >> gli urlò, colpendolo ancora.

Stavolta il capo della polizia intervenne.

<< Fermo! >>

Sota ringhiò, ma ascoltò comunque l'ordine del poliziotto.

<< Be, quella era una confessione... Lo dobbiamo portare in centrale... >> Disse indicando Bankotsu.
Due poliziotti lo sollevarono da terra e lo portarono in una delle loro macchine, ammanettandolo.

Il capo della polizia si voltò successivamente verso Sota.

<< Sei sicuro di ciò che affermi su tuo padre? >> quando il ragazzo annuì, l'uomo lo prese per le spalle, guardandolo negli
occhi, e sussultando per l'intensità con la quale brillavano.

Vi era di tutto li dentro: rimorso, soddisfazione, malinconia, rabbia...

No, si disse il poliziotto mentre si perdeva in quei pozzi scuri e sinceri, non può aver mentito. Ed è grave, ciò che ha detto.

<< Allora vieni con me, se te la senti, a fare una dichiarazione di ciò che affermi. Intanto porteremo tuo padre con noi.
Hai qualcosa da dire su tua madre? >>

Sota negò col capo.

<< Allora tua sorella e gli altri ragazzi resteranno con lei, qui. Tu, vieni con me, così mi descrivi le ragazze che dici erano
nella casa durante l'incendio e che, a quanto pare, sono scomparse, perchè all'interno non vi sono tracce di DNA
o resti di esseri umani. Forse sono uscite da una finestra >> disse dolcemente, non troppo convinto delle sue parole.

<< E perchè non sono qui, allora? >> chiese con sarcasmo il ragazzo, massaggiandosi la bruciatura attraverso la fasciatura,
che aveva ripreso a fare un male cane.

Il poliziotto rimase in silenzio, finchè non sentì Sota voltarsi.

Sollevando lo sguardo si accorse di un ragazzo, della stessa età di Sota, con capelli castani legati in una coda,
che piangeva mordendosi le labbra e guardando Sota con un affetto profondo e un po' di timore.

<< S-Sota... >> balbettò il nuovo venuto, arrossendo appena e abbassando lo sguardo, che rialzò non appena l'amico gli asciugò
con le dita lunghe il viso umido.

<< Non piangere, Kohaku... >> sussurrò debolmente, per poi abbracciarlo lasciandolo di stucco.

Sota non aveva mai abbracciato o dimostrato affetto a nessuno.
Ma che stava succedendo?!
Kohaku era molto confuso dal comportamento dell'amico, sapeva che era turbato, non aveva un bel passato alle spalle,
ma non pensava che avesse così tanti sensi di colpa verso la cugina.

Ma adesso era preoccupato per il fatto che anche Sango era vittima di quell'incendio, e che era misteriosamente
scomparsa assieme a Kagome.

Kohaku venne strappato dai suoi pensieri quando sentì la stretta di Sota farsi più forte, più disperata, più bisognosa.

Allora, ricambiò quell'abbraccio, che non aveva mai avuto, che voleva dire mille cose, e trasmise a Sota calore,
affetto e sicurezza.

Quando si staccarono, Sota gli regalò un sorriso bellissimo, il primo che gli vide Kohaku, o almeno il primo sorriso che
non era falso.
Era stupendo, così genuino, rilassato...

<< Andiamo >> disse Sota al capo della polizia, per poi voltarsi verso il suo amico, in imbarazzo a causa di quell'espressione
meravigliosa e dirgli << Torno presto >> sempre con quel sorriso che avrebbe sciolto chiunque.





Fine capitolo!!!

Spero vi sia piaciuto!
Scusate ma sono in ritardissimoooooo!!! O___o
Mi uccideranno!
Non ho il tempo per ringraziarvi uno per uno, ma voglio che sappiate che siete tutti fantastici, sono davvero felice che la storia
vi piaccia!!! ^^

Un bacio, alla prossima!



_Draco_







   
 
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