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Autore: imtheonekeepingyoualive    29/05/2009    7 recensioni
Erano passati quattro mesi da quando era incominciato tutto.
O forse, da quando era finito tutto.
*Frerard tenera con l' aggiunta di un qualcuno in più XD*
Genere: Romantico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Nuovo personaggio
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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our bandit Titolo: Our Bandit
Autore: Me u.u
Disclaimer: Non conosco nè uno, nè l' altro e dico "almeno li conoscessi!". Non scrivo a scopo di lucro, altrimenti non sarei qui ma già in volo per l' America in cerca di fortuna. E bla, bla, bla...
Rating: Verde (ammore e basta)
Pairing/Personaggi: Frank Iero/Gerard Way; Nuovo Personaggio
Avvertimenti: Slash, bacini bacetti e abbracci. Ah, e ammore!
Note: One Shot; Scritta per il concorso di AintAfraidToDie, che ora è scomparsa. Non so perchè.
Se leggi, sappi che lo faccio come cosa personale. Mi dispiace.
P.s. Mercoledì 27 maggio è nata Bandit Lee Way, prima figlia di Gee e Lynz. Quando scrissi la storia, la bambina (perchè sapevo sarebbe stata femmina XD) doveva chiamarsi Helena, come tutte pensavamo che Gee avrebbe fatto, invece adesso che so come si chiama, ho preferito cambiare con il vero nome.
And so? XD
Congratulations parents, and enjoy it!





"Our Bandit"

“Un vero amore non sa parlare.” William Shakespeare






Il telefono squillò per la quinta volta, obbligandolo ad uscire dal coma profondo in cui era irrimediabilmente finito.

Mugugnò qualcosa, infastidito, prima di sospirare e girarsi sul fianco destro. Subito la mano sinistra si allungò verso il ricevitore e lo afferrò, rabbioso.
Ancora ad occhi chiusi si avvicinò il ricevitore all' orecchio ed emise un grugnito.
- ... -
Il silenzio dall' altra parte.
Se era uno scherzo telefonico di infimo gusto, l' avrebbe fatta pagare ad innocenti e colpevoli, senza distinzioni.
Si stava apprestando a dirne quattro, quando un rumore lo congelò.
L' aveva riconosciuto subito, anche se l' aveva sentito di sfuggita. E aveva anche capito chi era che lo stava chiamando alle tre di notte, singhiozzando e struggendosi dall' altra parte senza parlare.
D' altronde, come avrebbe potuto non riconoscerlo?
- Gee, lo so che sei tu. Parla... - Sussurrò nella cornetta.
Dall' altra parte un respiro mozzato, poi un singhiozzo più forte. Poi un altro, un altro...
- Se n' è andata. -
Dio, sentire la sua voce così, gli stava straziando il cuore. Non poteva sopportarlo.
- Gee, ma cosa stai dicendo? - Chiese preoccupato, con il sangue che gli scorreva freddo nelle vene.
- Se n' è andata, per sempre. Sono rimasto solo... - Rispose l' altro, con voce sempre più rotta.
Si rizzò a sedere, allarmato, scostando le pesanti coperte dal corpo e appoggiando le piante dei piedi sul freddo parquet della camera.
- Non può essere vero. - Soffiò incredulo. - E Bandit? -
Quando la risposta tardò ad arrivare, sentì l' impulso irrefrenabile di balzare in piedi e correre da lui.
- E'... Qui. - Concluse l' altro, come affaticato.
Rimase per qualche secondo fermo, shockato, con gli occhi sbarrati e la bocca aperta, il ricevitore ben attaccato all' orecchio e il respiro pesante.
Poi si rese conto di quello che veramente significava tutto quello.
Allora si passò una mano fra i capelli, abbassando il capo, distrutto.
- Cazzo... -





Erano passati quattro mesi da quando era incominciato tutto.
O forse, da quando era finito tutto.
Frank stava guidando, diretto verso la casa dell' amico. Stava avendo un' accesa lotta con l' autoradio di ultima generazione che Bob l' aveva convinto a comprare.
Lui e la tecnologia...
Quando capì che avrebbe dovuto farsi i restanti cinque minuti con quella musica infernale a palla, sbuffò ed accelerò.
Una volta arrivato, rallentò e parcheggiò davanti ad una villetta bianca, con un verde giardino ed un vialetto di cotto rosso, che portava ad una veranda di legno e ad una porta scura.
La sua casa.
Spense il motore ed aprì la portiera, che subito si richiuse alle spalle, dopo aver recuperato il Blackberry sul sedile accanto.
Mosse due passi verso le portiere posteriori ed aprì quella di sinistra, entrandoci con il busto. Afferrò una scatola bianca ed un pacchettino rosso.
Scivolò fuori e sbattè la porta piano. Chiuse l' auto con la sicura e si diresse verso l' abitazione.
Vagò con lo sguardo per un secondo sulle case circostanti, sorridendo. Era un bel quartiere, tranquillo e caloroso.
Perfetto per loro.
Suonò il campanello ed aspettò che gli andasse ad aprire.
Sentì un clack ed il pannello marrone lasciò scorgere la nera figura del suo cantante. Quando lo riconobbe, sorrise e alzò le mani, mostrando quello che aveva portato.
Vide lo sguardo verde dell' altro posarsi prima sulla grande scatola bianca, successivamente sul pacchetto rosso, spalancandosi sempre più.
- Ma... Frank, cosa significa? - Esclamò Gerard, stupito.
Una piccola risata proruppe dalle sue labbra, facendo alzare gli occhi del moro.
- Buon compleanno, papino. - Disse, con un tono di voce dolce e caldo.
L' altro si accigliò per un secondo, poi sembrò folgorato da un' illuminazione.
- Porca miseria! E' vero! -
Frank rise di gusto, scuotendo la testa e muovendo un passo verso l' interno.
- Non dirmi che ti eri dimenticato dei tuoi 34 anni, Gerard. Mi deludi. Dai, andiamo a festeggiare, vecchiaccio! -
- Ehi, io non sono vecchiaccio. Guarda che a te quest' anno toccano i 30, eh. Non vantarti troppo. -
- Sì, ma io sono ancora più vicino ai 20 che ai 40, bello mio. -
Raggiunsero la cucina e Frank appoggiò tutto sul ripiano di marmo, sorridendo.
Gerard si girò, con le mani sui fianchi.
- Ai 40 ci sarà tua sorella, se permetti. Tu guarda questo, piomba a casa mia e si mette ad insultarmi gratuitamente proprio nel giorno del mio compleanno! Robe da pazzi! - Concluse il più grande, con una faccia fintamente sbalordita.
Frank alzò gli occhi al cielo, divertito, e mosse una mano, come per scacciare un insetto fastidioso.
- Ma piantala, che manco ti ricordavi. Piuttosto, dov' è la mia principessina? - Domandò, guardandosi in giro.
- Di sopra, che dorme. E non andare a svegliarla, che ti trancio le mani. - Lo avvertì l' altro, minacciandolo con un dito.
- E perchè? -
- Perchè non dorme abbastanza e diventa ingestibile. -  
Frank sbuffò contrariato e si sedette sullo sgabello.
- Almeno si può mangiare la torta o anche quello è vietato? - Proprose, sarcastico.
L' altro lo guardò sorridendo e annuì.
Frank si bloccò a guardarlo, incantato. Ogni volta era così, non poteva evitare.
L' aveva visto così raramente quel sorriso ultimamente. Gli sembrava di aver appena assistito al ritrovamento di un tesoro prezioso.
Lo vide aprire un cassetto e tirarne fuori un coltello, poi successivamente recuperare due piattini dalla credenza. Lo raggiunse e si sedette sullo sgabello dall' altra parte del ripiano dell' isola in mezzo alla cucina.
- Aspetta! - Lo bloccò, quando Gerard fu in procinto di tagliare il dolce.
Il morò alzò subito lo sguardo confuso su di lui, non capendo.
- Cosa? -
- Ci vogliono le candeline, Gerard. Per forza. -
Battè i pugni sul marmo, per rendere più forte la richiesta.
Il più grande lo guardò basito per un paio di secondi, prima di sbuffare contrariato.
- Ma ti pare che io abbia trentaquattro candeline in casa da mettere sulla torta? -
- Bastano i numeri, genio. - Sfarfallò, sfottendolo.
Gerard lo guardò fisso, facendolo sentire a disagio. Non riusciva a reggere il suo sguardo.
- E dove li vado a prendere i numeri, io, genio? - Gli fece il verso. - Se vuoi li scrivo con la lingua sulla panna. -
Alla parola lingua, Frank, ebbe un flash delle loro notti passate insieme che lo fece ammutolire subitaneamente.
Rimase così per un pò, fisso a guardare l' uomo di fronte a sè con uno sguardo da triglia lessa, incapace di connettere in maniera normale. Fino a quando Gerard non gli passò una mano davanti al viso, per riportarlo sulla Terra.
- Uuhuuh! Sei qui, o Jared Leto ti ha portato su Marte? - Lo sentì dire.
Sbattè le palpebre due o tre volte, per riaversi. Subito si drizzò sulla schiena e sorrise, per mascherare il disagio e l' imbarazzo.
- Allora tagliala, no? Cosa aspetti? Ho capito che tu di collaborare non ne hai voglia, quindi... - Esclamò, con voce poco convinta.
Abbassò lo sguardo sul dolce di panna e fragole che ancora era in attesa, davanti alle mani di Gerard. Quest' ultimo rimase a guardarlo ancora per un paio di secondi, poi si decise a incidere quel bello strato di panna bianca.
Con la lama si aiutò a trasferire le fette nei piattini e ne passò uno al ragazzo di fronte a lui, leccandosi il pollice e l' indice della mano sinistra, emettendo degli schiocchi appena udibili.
Questo fece di nuovo andare Frank in catalessi.
Era un gesto normale leccarsi le dita, lo faceva sempre anche lui. Eppure non sapeva perchè, ma gli sembrava veramente che Gerard lo facesse in un modo troppo provocante per essere innocente.
Non lo stava neppure guardando, eh, ma non significava niente. Era convinto che fossero tutti modi per fargli perdere il lume della ragione.
Ne era assolutissimamente certo.
Quando Gerard alzò lo sguardo e vide che ancora non aveva nemmeno iniziato a mangiare, aggrottò la fronte, sorpreso.
- Beh? Oggi dieta? - Gli chiese.
Ebbe la tentazione di emettere un "Uhm, eh?" ma riuscì a trattenersi in tempo.
Abbassò lo sguardo e rise, nervosamente.
- Ma certo che mangio. - Accompagnò le parole con una forchettata. - Uuhhm, che buona. - Disse, con la bocca piena di dolce panna e fragole leggermente e piacevolmente acide.
Era sicuro che Gerard se ne sarebbe accorto prima o poi che sembrava preda degli ormoni come un ragazzino arrapato.
Però lui non poteva farci niente se Gerard mangiava in un modo che nemmeno gli Dei potevano essere comparati.
Come mordeva le fragole, gustandole; come la panna gli colorava le labbra di bianco e subito veniva tolta dalla lingua; di come sembrava apprezzare quel dolce e di come i suoi occhi si posavano su di lui ad intervalli regolari.
Era semplicemente Gerard, il suo Gerard.
E lui non si sarebbe mai stancato di guardarlo, di stagli vicino, di sorreggerlo ed aiutarlo. L' importante era sapere che aveva bisogno di lui, si sarebbe annullato se solo gliel' avesse chiesto.
Abbassò lo sguardo sul piattino sporco di panna e sorrise, senza nemmeno rendersene conto.
Ripercorse con la mente tutta la loro amicizia, da quando si erano conosciuti a quando lui si era sposato. Sbuffò, triste.
Si ricordò quanto aveva sofferto quando gli aveva presentato la bassista del loro gruppo di spalla come sua fidanzata, quando gli aveva detto che era innamoratissimo e pensava che presto si sarebbero sposati.
Si ricordò il crack sentito nel petto, il sorriso finto che aveva mostrato a loro e il gelo che l' aveva pervaso, in mezzo secondo.
E lei non gli piaceva. A pelle, come si suol dire.
Ma non poteva fare altro che annuire e allungare la mano a stringere quella della ragazza, profondendosi in saluti finti e congratulazioni fasulle piene di veleno.
Nei restanti due mesi aveva dovuto sopportare le chiacchiere di Gerard, che gli raccontava della splendida persona che frequentava, dei racconti che gli sussurrava prima dei live e i suoi occhi che guardavano lei e non più lui.
La sera del matrimonio, non assistette alla cerimonia, nel backstage. Suo padre l' aveva chiamato dicendogli che il nonno era in ospedale a fare controlli e lui aveva preso la giacca ed era corso all' aereoporto, senza degnare nè Gerard, nè Lindsey di uno sguardo.
Si ricordò anche dei pettegolezzi che erano nati dal suo gesto, le fan si erano inventate la storia che lui fosse fuggito per la delusione d' amore di vedere Gerard sposato con un' altra donna.
Forse un pizzico di verità c' era.
Forse.
- Ehi, cosa c'è? -
Alzò gli occhi, sorpreso. Incontro il viso dolce e tranquillo di Gerard, che gli stava sorridendo.
Avrebbe voluto alzare una mano ed accarezzare la guancia liscia dell' amico, solo per risentire la sensazione sotto le dita.
Ma si limitò a scuotere la testa, alzando le spalle.
- Nulla, pensavo. - Rispose.
Gerard allungò una mano e prese il suo piatto.
- Capisco. Ma hai un' espressione che non mi piace, cambiala. -
Il moro si voltò e camminò fino al lavandino, per poi appoggiarci le stoviglie dentro.
Frank si accigliò, preso in contropiede.
- Eh, scusami. Cercherò di essere più gioviale, va bene? -
- Bene, bravo. - Rise, l' amico.
Improvvisamente si sentì un pianto al piano superiore, che fece voltare entrambi gli uomini.
Gerard subito corse velocemente verso la porta e Frank sorrise.
- Vai, ci penso io ai piatti. Portala qui che la voglio strapazzare. -
Sentì la voce di Gerard sulle scale, sarcastica.
- Ci manca anche quello. -




Frank abbassò lo sguardo sulla piccola creatura che teneva tra le braccia. Era così bella mentre dormiva...
Assomigliava tantissimo a Gerard. Aveva i capelli neri, le sopracciglia sottili e scure che contrastavano con la pelle bianca e quasi impalpabile, tipica dei bambini.
Ma la cosa più bella era nascosta, adesso. I suoi grandi occhioni verdi.
Ogni volta che guardava quella bambina, ne rimaneva affascinato. Gli sembrava di avere un piccolo pezzo di Gerard accanto a sè, che lo abbracciava, gli sorrideva e lo ammirava con quei due fari così luminosi.
Si avvicinò la bambina al viso e le diede un leggero bacio sulla fronte. Poi con la mano destra le ravviò i capelli, in un gesto pieno di affetto.
Aveva scoperto di amare quella bambina come se fosse una cosa sua.
Quando Gerard era rimasto da solo con Bandit, era crollato. Frank aveva pensato che si sarebbe lasciato morire se non ci fosse stata lei.
Ma era piccola, aveva appena un anno quando Lynz aveva deciso di fare le valigie e mollarli. Gerard non ce l' avrebbe fatta a prendersi cura di Bandit senza qualcuno che gli stesse vicino.
E chi si era offerto? Frank ovviamente. E quella telefonata di quattro mesi prima ancora gli infestava la testa.
E le altre che erano succedute a quella, piena di pianti scoraggiati e richieste di aiuto; di urla della bambina che voleva la madre e Gerard che impazziva; Frank che saliva in auto e lo raggiungeva a casa; Bandit fra le sue braccia che finalmente si abbandonava al sonno e l' amico che si drogava di caffè...
Le tipiche notti di quattro mesi a questa parte. Quando non aveva fatto altro che vivere di Gerard e Bandit.
Alla fine lo sapeva che gli piaceva. Gerard era Gerard. Non l' avrebbe lasciato crogiolarsi nel dolore, no.
Sentì l' amico sedersi vicino a lui sul divano, emettendo un sospiro compiaciuto e girando immediatamente il viso verso lui e la figlia.
Frank si voltò ad incontrare gli occhi di Gerard. Si perse a rimirare ogni minimo cambiamento delle iridi del moro, di come diventassero verdi, marroni, gialle, azzurre. Sembravano un quadro, che non si sarebbe mai stancato di rimirare.
- Guarda che la figlia è mia. Tu la tocchi un pò troppo. - Gli disse il più grande, ridendo.
Frank alzò un sopracciglio.
- Sì, ma è la mia protetta. -
- Cosa sei, un supereroe? -
Il castano alzò il mento, atteggiandosi.
- Ovvio, sono Super Frank, paladino della giustizia. - Sfarfallò, convinto.
L' amico rise di gusto, facendo offendere il più piccolo, che si girò a guardarlo piccato.
- Certo, certo. Il nostro Super Frank, ovvio. - Mormorò Gerard, cambiando tono di voce.
Era pieno di gratitudine ed affettuoso. Frank si sarebbe beato ancora di quella sensazione se lo sguardo dell' amico non lo avesse fatto dimenticare completamente di tutto, anche di come si chiamasse.
- Ma... Ma figurati, Gee. Sei mio amico, ti voglio bene. E ne voglio a Bandit. Non dirlo nemmeno per scherzo. -
Abbassò lo sguardo sulla bambina, imbarazzato.
Poi la mano di Gerard lo fece voltare di nuovo, facendolo spalancare gli occhi sopreso.
E quando lo sentì baciarlo sulle labbra, come non accadeva da troppo,  credette davvero di morire.
Erano più di due anni che non si sfioravano così, Frank aveva quasi dimenticato la morbidezza della bocca di Gerard.
Si ritrovò a guardare il più grande negli occhi, sconvolto.
- Grazie Frank. Ti voglio bene. - Esalò, facendogli venire i brividi.
Non rispose, troppo stupito.
- Rimani a dormire da me anche stanotte? - Gli chiese, sorridendo.
Sbattè per due volte le palpebre e vagò con lo sguardo sulla mobilia, basito.
- Ehm... O... Ok - Rispose, imbarazzato.
Gerard lo prese per mano e insieme salirono la scala.
Frank sentì il cuore battergli così forte che, pensò, avrebbe presto sfondato la cassa toracica.
Ma le dita di Gerard erano così calde...





- Sai? - Iniziò Gerard, facendo sì che Frank volgesse lo sguardo su di lui così da fargli capire che era interessato.
- Cosa? - Domandò, interessato.
Gerard sorrise fiero e abbassò lo sguardo sulla bimba che dormiva placidamente tra loro, prendendo ad accarezzarle dolcemente i capelli e la fronte col pollice.
Frank si sentì il cuore pieno di amore alla vista di quella scena e decise che era la cosa più bella che avesse mai visto. Anche meglio di un film, si disse.
- Bandit sta iniziando a dire qualcosa. - Continuò il moro, col tipico tono eccitato dei genitori.
- Davvero? -
- Si. Beh, in realtà sono ancora dei suoni inarticolati, ma si vede che si impegna. - Finì, convinto.
Frank ridacchiò a bassa voce.
- Ne sono sicuro. Ma ha solo un anno e mezzo, Gee, se parlasse come un facoltoso universitario ci sarebbe da spaventarsi davvero. -
Gerard si accigliò, punto nel vivo.
- Ma che c' entra, non ho detto che deve parlare forbito. Sto solo dicendo che stà iniziando. Punto. E poi è mia figlia, è speciale. -
Come era convinto. Il castano non riuscì a trattenere una risata, che gli fece guadagnare una spinta da parte del moro.
- A me Bandit piace anche adesso, senza che sappia parlare. E' speciale comunque. -
Avrebbe aggiunto che era perchè era sua, ma alla fine non lo disse.
- Le vuoi davvero bene. - Sussurrò il grande, addolcito.
- Ma certo. E' anche la mia Bandit, eh. -
E Gerard si sporse di nuovo per far combaciare le loro labbra.
- Grazie Frank. Non smetterò mai di dirtelo. -
- Prego Gee. Anche io continuerò a risponderti, ovviamente. -
Lo guardò appoggiare la testa sul cuscino, mentre lui rimase ancora girato sul fianco sinistro e con la testa sulla mano.
- Sai che non è brutto? -
- Cosa? -
- La nostra Bandit. -
   
 
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