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Autore: KittyPryde    29/05/2009    1 recensioni
[Abel Nightroad/Caterina Sforza]
Caterina spalancò appena il taglio asciutto delle sue labbra, colta da uno stupore a lungo sospirato mentre, con premurosa avidità, spogliavo le sue mani orgogliose e ne assaporavo il contatto.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il rettangolo illuminato della porta che si apriva sulle stanze di Caterina rappresentava il passaggio attraverso il quale avrei potuto raggiungere il realizzarsi di un desiderio a cui non volevo cedere.
La mia signora aveva labbra astiose e affilate, con le quali parlava raramente, ma sempre nel momento giusto, come quella volta, mentre mi impegnavo a fissare il pavimento eccessivamente lucido e la punta delle sue scarpe per non soffermarmi licenziosamente sui movimenti sinuosi della bocca, lottando tra il mio fermo, ossequioso rispetto e il violento istinto di prenderle la mano senza ascoltare quali conseguenze potessero avere i miei gesti sconsiderati.
« Dunque, buonanotte Abel » le sue labbra si schiusero in un soffio, la sua voce chiara e autoritaria echeggiò nei maestosi corridoi del palazzo che ospitava Sua Eminenza e le sue labbra fiorite si mossero incantevolmente, tracciando quelle parole che, nelle mie orecchie, suonarono come l’incontestabile ordine di alzare lo sguardo su di lei, ma non potei fare altro che continuare vigliaccamente a fissare l’orlo severo della sua gonna, immaginando il profilo rigoroso delle sue mani, chiuse in sottili guanti color avorio, deglutendo a stento tutti i miei desideri e disubbidendo senza prepotenza al comando della mia signora.
« Vostra Eminenza » lo sussurrai appena, ostentando una reverenza che a stento mascherava l’indegna passione con la quale immaginavo l’odore delle sue labbra « non esitate a destarmi, qualora ve ne fosse bisogno. »
Lei era ancora lì, cinta da quell’abito limpido che, ai miei occhi, la rendeva più giovane di come la ricordavo; teneva ancora le mani intrecciate all’altezza del bacino, come per allontanare qualcosa, aspettando soltanto un mio cenno per chiudere la porta alle sue spalle e spegnere la luce di quell’invitante opportunità; ma il desiderio feroce che avevo di lei non voleva arrendersi a al mio accanito tentativo di farlo tacere.
« La mia vita è sempre stata nelle vostre mani, Abel. »
Era una forza prepotente, inebriante e, quando udii di nuovo lo stridere armonioso di quella sua bocca tagliente, mentre mi rassicurava sulla fiducia che aveva sempre nutrito nei miei confronti, riuscii soltanto ad arrendermi davanti all’elettrizzante sensazione che il suono fermo della sua voce mi trasmetteva e a quell’insolito accento affettuoso che mi concedeva la pretenziosa speranza di poter sottrarre Caterina alla disciplina rigorosa con la quale era sempre stata in grado di controllare ogni suo impulso e sentimento. Con lenta e trasportata tenerezza alzai le mie desiderose braccia su di lei e, senza mai incontrare il suo sguardo, slacciai la stretta verginale delle mani che teneva ancora pudicamente chiuse sotto l’orlo ricamato del corsetto, avvicinandomi soltanto di un passo, ma quanto bastava perché il mio respiro ansioso arrivasse a sfiorare la sua pelle immacolata.
Caterina spalancò appena il taglio asciutto delle sue labbra, colta da uno stupore a lungo sospirato mentre, con premurosa avidità, spogliavo le sue mani orgogliose e ne assaporavo il contatto.
« Permettetemi… »
Senza sapere quali parole usare per non offenderla, abbassai su di lei tutta la mia sproporzionata statura, curvandomi in un bacio spudorato che le sfiorò la fronte, avanzando i miei passi fino a oltrepassare il varco proibito che consentiva l’accesso ai privati appartamenti di Caterina, senza alcun senso di colpa, lasciandomi alle spalle gli immensi candelabri del corridoio e il devoto timore per il peccato originale al quale mi stavo abbandonando.
Quando la porta si fu chiusa alle mie spalle, io stringevo con audacia i fianchi di Caterina, aspramente tracciati dal duro segno corsetto, mentre le sue mani cercavano il mio viso con innocente frenesia.
« Permettetemi… » ripetei sfiorandole gli occhi con le labbra e assaggiando il sapore innaturale delle sue lunghe ciglia truccate, ma Caterina, accarezzando appena la mia bocca con le dita, mi impose il silenzio; era consapevole che non avrei osato nulla senza che la sua voce me lo comandasse, sapeva che avrei atteso, assetato, i suoi ordini
« Potete aiutarmi, Abel? » lo disse portando la mia mano sugli intolleranti lacci del busto che le soffocava la vita; lo disse con un candore tremante nella voce, una sincerità spontanea che non volevo in alcun modo ferire e mi inchinai ai suoi piedi, sfiorando l’orlo castigato della sua gonna con il ginocchio, prendendole entrambe le mani con le mie e baciando la sua pelle nuda senza vergogna, stringendo voracemente le dita sulla sontuosa stoffa dei suoi abiti, immaginandone le braccia bianche sotto il tessuto finemente decorato. « Tutto ciò che desiderate… » mi alzai, in piedi di fronte a lei, piegandomi cerimoniosamente sulla sua persona in quel respiro debole, prima di girarle attorno e afferrare con delicata bramosia i nastri del corsetto, slacciandoli uno ad uno, con calma studiata, mentre il respiro di Caterina si faceva più intenso ad ogni nodo che le mie dita scioglievano.
Quando incontrai la pelle sottile della sua schiena affaticata, sentii un brivido incerto, partire dal petto e finire sulla punta delle mie dita, mentre violavo pudicamente la linea sinuosa delle sue vertebre e la sentivo irrigidirsi al fragore di quel contatto sconosciuto. Era una sensazione sovrannaturale, astratta quella della sua pelle liscia tra le mani, quasi irreale; il corpo acerbo e maestoso di Caterina sorgeva dalle lussuose vesti come una venere che nasce dalle acque, mostrando la sua giunonica bellezza attraverso i pochi indumenti intimi che ne coprivano la nudità e lasciando trasparire una timida, verginale debolezza, un’indecisione trasparente nei gesti imbarazzati con cui si copriva il petto.
Mi allontanai di qualche passo, sforzandomi di abbassare lo sguardo per non profanare ulteriormente quell’abbagliante visione e, vedendola afferrare morbidamente gli abiti per la notte che le stavo porgendo capii che la mia signora non avrebbe avuto altri ordini per me. Si rivestì con una fierezza solenne, muovendosi con gesti affascinanti, sfumati dalla penombra, per poi rivolgersi affettuosamente a me, con le mani strette all’altezza del seno per chiudere la vestaglia che ne copriva la bellezza.
« Vi ringrazio, Abel » disse accarezzando il mio sguardo ancora discretamente incatenato a terra per poi avvicinarsi, abbastanza perché potessi percepire l’odore violaceo delle sue labbra, la trama setosa della sua pelle e il calore di un bacio raffinato, lasciato sull’angolo della bocca, mentre tendeva il suo fiorente corpo verso di me.
« Buonanotte.»
La sua voce era un sussurro suadente che mi sfiorò la guancia e aggrovigliò le viscere « Buonanotte, mia signora...» replicai, riuscendo faticosamente a staccarmi del pensiero invitante della sua bocca e ad abbandonare le accoglienti stanze di Caterina.
   
 
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