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Autore: lasognatricenerd    17/01/2017    2 recensioni
Può contenere spoiler: 2x03, Saphael.
«Ehi, mamma. Ho appena ricevuto i tuoi messaggi! Volevo solo farti sapere che non sono morto… Quindi non chiamare la polizia. So che sei agitata perché non parliamo da un po’, perciò pensavo di passare da casa. Spero tu ci sia.» Simon si fermò nel bel mezzo del cantiere in cui alloggiava – vicino al ristorante dei licantropi – ed intravide un’ombra passare velocemente a pochi passi da lui. Solo una creatura poteva andare così veloce. Un vampiro. E se c’era un vampiro da quelle parti, poteva essere solo…
Genere: Erotico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Raphael Santiago, Simon Lewis
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sua madre gli aveva lasciato dei messaggi in segreteria, messaggi disperati che gli chiedevano esplicitamente di darle notizie. Si maledisse più volte, rendendosi conto di aver lasciato sua madre al di fuori di tutto quello che gli era successo. Non capiva se lo avesse fatto per se stesso o per lei, ma non era il momento adatto per pensarci: doveva tornare a casa ed inventarsi qualche scusa per non farla preoccupare.

«Ehi, mamma. Ho appena ricevuto i tuoi messaggi! Volevo solo farti sapere che non sono morto… Quindi non chiamare la polizia. So che sei agitata perché non parliamo da un po’, perciò pensavo di passare da casa. Spero tu ci sia.» Simon si fermò nel bel mezzo del cantiere in cui alloggiava – vicino al ristorante dei licantropi – ed intravide un’ombra passare velocemente a pochi passi da lui. Solo una creatura poteva andare così veloce. Un vampiro. E se c’era un vampiro da quelle parti, poteva essere solo…

«È tutto. Ciao.» E finì la telefonata.

Quando si girò, però, c’era ad aspettarlo proprio lui, colui che aveva immaginato che fosse: Raphael Santiago, il capo clan dei vampiri di New York. Quello che doveva essere il suo capo, ma era inutile. Simon non riusciva a sentirsi un vampiro e non riusciva a comunicare con loro così come comunicava con Clary o i Nephilim. A volte si sentiva molto in conflitto con se stesso, perché non sentiva di appartenere né ai vampiri né ai cacciatori… Allora, cos’era?

«Vai a casa?» chiese Raphael, cominciando a camminare verso di lui. Ogni passo era un passo a ritroso di Simon spaventato. «Solo… una deviazione.» Non sapeva in che altro modo esprimersi: aveva bisogno di andare da sua madre e farla calmare. Non poteva permettere che le succedesse qualcosa di male…

«Mia madre mi ha chiamato tipo trenta volte… Devo solo dirle che sono in tour con la band e poi mi occuperò di Camille! Sai, se l’avessi cercata tu—» cominciò, continuando ad indietreggiare, passo dopo passo, mentre Raphael avanzava con fare sicuro e per niente timoroso. «—invece di delegare me, probabilmente l’avresti già trovata.»

Arrivò alla fine del cantiere, e si scontrò con una rete di metallo. Era in trappola. Decisamente in trappola.

«Non penso che tu capisca la gravità della situazione. L’intero branco la sta cercando, ma è la tua creatrice.» Quell’unica parola, creò mille brividi lungo la colonna vertebrale di Simon. La sua creatrice. Come se lui fosse nato solo a causa di Camille! «Ma ne ha creati altri, no? Non posso mica essere io il vampiro più capace che Camille abbia creato.»

Simon cercò di sorridere e credette che la conversazione fosse finita in quel modo. Più che altro, cercò di scappare girandosi verso sinistra, ma Raphael lo prese dalle spalle e lo tenne fermo completamente. Non c’era via di scampo. «No, ma sfortunatamente sei l’unico rimasto. Tutti gli altri vampiri che ha creato sono dalla sua parte. Sta per scoppiare una guerra civile e Camille sta acquisendo potere.»

Quindi la situazione faceva sempre più schifo. Simon, però, ribatté subito, sicuro e convinto di come stavano le cose. Non gli importava che Raphael fosse il suo capo! Non poteva permettergli di parlare con sua madre. «Mi occuperò di Camille quando avrò risolto le cose con la mia famiglia!»

E poi tentò di fuggire ancora, ma nuovamente Raphael lo prese dalla maglietta e lo fece aderire di nuovo alla rete di metallo. Ci fu un attimo di silenzio in cui Simon lo fissò, sperando ed aspettando che dicesse o facesse qualcosa. Per quanto ne sapeva, poteva ucciderlo in quell’istante—ma gli serviva. Simon gli serviva per trovare Camille.

«Noi siamo la tua famiglia, adesso.»

Quelle parole spiazzarono Simon. Non riuscì a ribattere: che cosa voleva dire, quindi? Che doveva dimenticare sua madre e basta? Loro, quei vampiri, non erano la sua famiglia! E mai e poi mai lo sarebbero stati. Simon Lewis era diverso dagli altri vampiri: aveva ancora una parte umana, aveva umorismo, era gentile, dolce, premuroso ed altruista. Nonostante il suo cuore non battesse più, ciò non significava che dovesse cambiare per forza.

Lui rimaneva sempre Simon Lewis.

«Rap—» stava per dirgli che mai e poi mai l’avrebbe accettato, ma qualcosa lo bloccò. Le labbra dell’altro vampiro si posarono su quelle di Simon, lasciandolo spiazzato. Non capiva che cosa stesse succedendo, neanche mentre il capoclan gli stringeva la maglietta e lo faceva avvicinare ancor di più alla rete dietro al suo corpo.

Era strano baciare qualcuno che non fosse Clary—non che l’avesse baciata davvero, ma i suoi sogni erano pieni dei loro baci. Raphael era tutt’altra persona. Era un vampiro, il suo capo e—cosa stava facendo? Perché stava ricambiando il bacio?

Le mani di Simon si erano aggrappate al giubbotto di pelle del vampiro, stringendolo e non solo; lo avvicinò di più, mentre le labbra sfregavano le une contro le altre, insieme alle lingue che si cercavano desiderose ancor di più di quel contatto tanto nuovo e tanto strano.
Improvvisamente – seppur sapesse quanto fosse impossibile – sentì del calore contro al proprio corpo, quando si accorse che ormai, fra questo e quello di Raphael, non poteva più passare uno spillo. Imparò presto che non aveva bisogno di staccarsi perché non aveva bisogno di respirare. Imparò anche a percepire i canini dell’altro e la lingua che continuava ad inoltrarsi sempre di più nella propria cavità orale.

«Io sono la tua famiglia, ora.»

Simon non ebbe il coraggio, o forse la forza, di rispondere a quell’affermazione tanto strana e tanto ridicola in una situazione del genere. Rimase solo immobile a fissare il vampiro davanti a sé. Qualche secondo prima aveva smesso di respirare per non staccarsi, ma adesso ansimava. «Non hai bisogno di ansimare, niño» lo rimproverò Raphael, come se gli avesse letto nel pensiero.

Simon si sentì più stupido del previsto e poi gli andò incontro nello stesso momento in cui lo fece anche l’altro.

Senza rendersene contro, entrambi cominciarono a camminare verso la rimessa delle barche dove Simon dormiva ormai ogni giorno, e presto furono dentro. Il giubbotto di Raphael finì a terra, così anche la felpa del nerd.

Nessuno dei due parlava; non ce n’era bisogno. Il contatto fisico bastava in quelle situazioni.

Simon si ritrovò di nuovo al muro, questa volta contro un muro solido e fatto di piastrelle, con Raphael che non sembrava voler lasciare la presa sui suoi capelli.

Era difficile contenere l’eccitazione e ben presto spuntarono anche i canini del novellino, facendoli scontrare con il proprio labbro inferiore e la bocca del vampiro davanti a sé. Questo si lasciò sfuggire una piccola risata di presa in giro per Simon, mentre si accingeva a sfiorargli entrambi i canini con la lingua, come se si divertisse.

Ed era sicuro che si divertisse.

Uno strappo irruppe nell’aria: la maglietta di Simon cadde a terra a brandelli. «Ehi, quella era la mia—»

«Parli sempre a vanvera?»

Simon tacque, osservando lo sguardo dell’altro. Capì le sue intenzioni solo quando gli tirò i capelli di lato e gli sfiorò la pelle del collo con la bocca. Non capiva perché ci fosse stato bisogno di rompergli la maglietta per questo, ma—ma Raphael affondò i canini nel suo collo, e Simon perse la lucidità.

Le mani, che fino a quel momento erano rimaste con le braccia parallele al proprio corpo, avanzarono sulle spalle del vampiro, affondando le unghie contro la maglia. Chiuse gli occhi, poi, abbandonandosi a quella sensazione di piacere che gli invase ogni fibra nervosa.

«Raphael…» La voce gli uscì spezzata ed ansimata, anche se non avrebbe dovuto. Non gli importava: voleva conservare in sé una parte umana e non poteva e non riusciva ad ignorarla. Poi cominciò a rendersi conto che ciò che stava facendo…

«Perché, perché mi stai mordendo?»

I canini di Raphael uscirono dalla sua carne, passando in un secondo momento a lambirgli i due piccoli fori con la lingua, risalendo poi fino alla sua mascella. «Trova Camille.»

Simon quasi ringhiò, anche se fu un tentativo vano di essere il bullo della situazione. «Mi hai soggiogato? Hai usato l’Encanto? Ora troverò Camille perché mi hai morso?»

«Simon Lewis, ma che stai blaterando?» Una pausa. «Non ti è piaciuto?»

«Non ho dett—» ma ancora fu interrotto da Raphael che riprese a baciarlo e il più piccolo, inesorabilmente, si lasciò trasportare. Non capiva perché, ma c’era qualcosa in quella sensazione che gli impediva di reagire come avrebbe voluto. O forse… non lo voleva abbastanza?

«Trova Camille, Simon.»

Ci fu un ultimo bacio e poi Raphael scomparve.
   
 
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