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Autore: Machi16    19/01/2017    2 recensioni
Il cuore di Sherlock Holmes iniziò a suonare le note che per troppo tempo erano rimaste chiuse nel cassetto del suo cuore, quasi a voler dire qualcosa, quasi a voler dire niente
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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“ Dovresti risponderle..”

Lungo fu il minuto di silenzio che intervallò tra le parole di John e i sospiri di Sherlock quasi a delinearne i contorni scandendone così il suono preciso e agitato, quasi rabbioso, come se stesse urlando a se stesso e non alla persona che aveva di fronte.

Lo tradiva quell’ espressione quasi stupita che  aveva stampato sul volto nel momento in cui aveva sentito quella strana e imbarazzante suoneria che preannunciava l’ arrivo di un messaggio. Del messaggio.

“… devi farlo fino a che ne hai la possibilità, lei è la fuori, è viva e tu le piaci!”

Sherlock abbassò gli occhi con un impercettibile movimento e congiunse le mani davanti alla bocca proprio come faceva prima di sparare una deduzione talmente ovvia da poter essere tralasciata. Perché avrebbe dovuto rispondere?

Era semplice e persino uno come John poteva arrivare a capire i semplici fattori per i quali lui ignorava quei messaggi: il primo era la suoneria, l’ identificazione perfetta per un qualcosa che andava riconosciuto in maniera semplice ed  escluso categoricamente, quel suono serviva solo ad ignorare la notifica a renderla differente per evitarla ed in seguito cancellarla e, per tale motivo, non portava imbarazzo nell’ udirlo. Il secondo era semplice, addirittura più semplice, per tutte le volte che lo aveva visto con il telefono in mano mai una volta si era preso tanta premura di associare quel digitare meccanico ad una sorta di emozioni, se si scrive con interesse è quasi normale nascondersi o sorridere o essere immersi in quel che si fa ma, lui a differenza di altri, non lo era affatto.

Il terzo era di natura più emotiva: perché avrebbe dovuto risponderle se tutto quello che bramava era di fronte a se sull’ orlo di una crisi di nervi?

“Non le rispondo, John, non l’ ho mai fatto e mi sorprende sentirti affermare ciò.”

Il dottor Watson corrugò la fronte in maniera assai infuriata, respirò a fondo e in maniera sonora per evidenziarlo, portarlo alla luce senza paura: Sherlock era uno stupido.

“Io non avrò mai più questa opportunità, mai più.”​

Il violino dalla corda spezzata se ne stava in un angolo ad ascoltare, Sherlock lo osservò ricordando i sentimenti che ci aveva racchiuso dentro, le melodie cariche di parole che lui stesso non poteva pronunciare ma, ora, era forse giunto il momento di sostituire quella corda con la sua voce e le sue azioni. John oramai a stento tratteneva le lacrime che fluivano veloci dai suoi preziosi e bellissimi occhi, il detective li aveva osservati più volte sognandoli poi nelle notti scure in cui la luce sembrava essere stata rubata da un qualche maledetto meccanismo di esclusione.

Ok, John, ti credo. Risponderò al messaggio.”

Prese così a malincuore il suo telefono, fonte di tante ricerche, fonte delle sue ricerche. Aprì i messaggi di testo e digitò delle semplici parole che per lui avevano il suono della complessità.
 

E invece la hai, io sono qui, sono davanti a te,
forse non è quello che vuoi ma è quello che è.

SH
 

Poggiò il telefono con lo schermo rivolto verso il basso e proprio nello stesso istante un suono invase la stanza, una suoneria più semplice e meno imbarazzante. John prese il telefono cercando di ricacciare indietro le lacrime, lo guardò per un attimo sbalordito e incredulo.

“Ma cosa…?”

“Ora devi rispondere”

Era uno strano gioco di emozioni a cui i due non avevano mai preso parte e, come due estranei, si stavano cimentando a recitare la parte più difficile di quella stana commedia.
 

Cosa è?
 

Una vibrazione breve ed intermittente fece muovere il tavolino su cui era riposto il telefono di Sherlock Holmes, lo guardò leggendo il messaggio e poi sorrise facendo si che i lati della sua bocca formassero due fossette incredibilmente profonde tanto da far risaltare i suoi zigomi, questa volta non digitò più: si limitò ad alzarsi e a cingere con le sue forti braccia l’ amico che aveva di fronte.

Per tutta la vita aveva costruito un muro solido di perfezione che interponeva tra le persona che gli si avvicinavano, era una recinzione solida circondata da deduzioni e pregiudizi che lo portavano a tener lontano chiunque.

Chiunque tranne John Watson.

Quel dottore di guerra aveva buttato giù quella parete che con estrema cura aveva posto certo, ci aveva sbattuto più volte facendosi del male ma aveva continuato a tirare pugni fino a farsi sanguinare le mani.

Sorrise ingenuamente perché si ricordò la potenza che metteva in qui colpi, la rabbia, la frustrazione e allo stesso tempo un enorme senso del dovere e dell’ amicizia o forse era qualcos’ altro?

“Sherlock, Sherlock.. cosa fai?”

John poggiò una mano sul petto dell’ amico per tirarsi indietro, non era bravo in queste cose o almeno non era pronto per esserlo ancora. Nei meandri più nascosti della sua mente sentiva ancora il dolore che il finto suicidio dell’ uomo che aveva di fronte gli aveva provocato, era solo come un cane, abbandonato vicino ad una tomba che visitava ogni giorno pregando per un miracolo, sperando di rivedere ancora i suoi occhi, di sentire ancora quella voce arrogante, bramando il momento che ora stava vivendo.

Il flusso ricorrente di quei pensieri si fermò di colpo quando percepì il cuore di Sherlock battere all’ impazzata, allora era vero, anche lui ne possedeva uno.

“John…credevo che fosse un buon momento, avevo calcolato le probabilità dedotto che  in base a quello che stavi dicendo ci sarebbe stato uno spiraglio in cui inserirsi e ribaltare la situazione a mio favore, sai, sono estremamente metodico quando si tratta di perfezione ma…”

Abbassò lo sguardo quasi fosse mortificato da quello che stava dicendo.

“… non me ne intendo molto di sentimenti e mi sono reso conto a mio discapito che non sarei mai bravo di spiegare esattamente ciò che si prova a voce quindi ti chiedo di rimanere qui e al mio segnale di assecondare la vibrazione del tuo telefono ok?”

John visibilmente sconvolto annuì, non sapeva a quale gioco stesse giocando Sherlock ma gli rubò, per la prima volta un breve sorriso e un brivido indefinito quando lo vide prendere il violino ed iniziare a suonare.

Era buffo in quella vestaglia di flanella azzurra ma, quando iniziò a pizzicare le corde di quello strumento musicale, tutto il resto gli sembrò così banale che scomparve sotto le note di una melodia che non aveva mai udito: la polvere annidata sui mobili del 221B si dileguò librandosi in aria e diventando cieca agli occhi dell’ uomo che l’ aveva sempre odiata, il teschio sopra il camino sembrò sorridere e i libri danzare elegantemente al suo posto, nel frigorifero non vi erano più parti di corpi umani e il tavolo della cucina non era più un laboratorio di cocaina. Tutto sembrava in ordine sotto le note di quel violino suonato da un’ uomo che per la prima volta espose il suo cuore ad un eventuale rottura, forse irreparabile.

Durò abbastanza quella composizione da far scordare al Doctor Watson la tristezza e il dolore che si celano dietro la morte e, solo quando le corde smisero di tremare si accorse della vibrazione del suo telefono seguita da un suono piccolo e preciso.

“Ora puoi prendere il telefono.”

Un messaggio svelò a John quello che per troppo tempo era stato nascosto dietro un cuore puro e ricoperto dalla polvere dell’ apatia, lo lesse con le lacrime agli occhi, lacrime di felicità:

I LOVE YOU

SH

  
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