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Autore: Shainareth    29/05/2009    1 recensioni
[Gundam SEED] E quando quest’ultimo inquadrò la figura della figlia di Uzumi, i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa ed il piede su cui lui stava per appoggiare il peso del corpo, scendendo dall’Astray, perse aderenza, finendo col farlo scivolare in terra da un’altezza piuttosto considerevole.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Convenzioni sociali




Era rimasto tutto come allora, come se lui avesse potuto varcare la soglia di quella stanza da un momento all’altro, cosa che invece lei non si sentiva di poter fare. Non ancora. Il suo sguardo vagò sul mobilio, sulle pareti, sul pavimento e sul soffitto, dove infine si soffermò, quasi che vi fosse rimasto impresso il volto dell’uomo che per lunghi anni aveva vissuto fra quelle mura. Nella mente e nel cuore custodiva ancora le ultime parole che lui le aveva rivolto prima di separarsi da lei per sempre: nonostante le sue cocciute prese di posizione da ragazzina viziata, nonostante le numerose delusioni che probabilmente gli aveva procurato, Uzumi Nara Athha, l’uomo che le aveva fatto da padre, era stato felice di averla presa con sé dopo l’incidente avvenuto sulla colonia Mendel, quando i suoi zii erano stati costretti a darla in adozione per non far pagare a lei e a suo fratello Kira gli errori dei loro veri genitori.

   Il cuore avvolto in un’infinita tristezza, la fanciulla avvertì dei passi familiari alle sue spalle e, asciugandosi gli occhi inumiditi dalle lacrime che minacciavano di scivolarle sul viso, comprese subito di chi si trattava, senza che avesse necessità di voltare il capo all’indietro.

   «Oujosama?»

   «Cosa c’è, Myrna?»

   Il tono della donna era piuttosto moderato, come se anche lei avesse avuto il timore di profanare il silenzio di quel luogo. «È ora di prepararsi.»

   Credendo per un attimo che la nostalgia le avesse annebbiato la memoria, la bionda si sforzò di ricordare. Invano. «Per cosa?», si arrese dunque a chiedere.

   «Per la visita dei Seiran di oggi pomeriggio.»

   Quelle parole ebbero l’effetto di spiazzare completamente la ragazza, facendola sbiancare all’istante.

 

«Per oggi abbiamo finito. Grazie mille per la collaborazione, ragazzi.» Erica Simmons chiuse la pratica con un comando vocale; quindi, diede ai due piloti la libertà di scendere dai Mobile Suit che stavano testando.

   La guerra era un doloroso ricordo ancora troppo presente, ma la pace appena stipulata concedeva a tutti quantomeno un senso di sollievo. Gli equipaggi della Kusanagi, dell’Archangel e dell’Eternal si erano rifugiati a Orb e i membri che un tempo avevano fatto parte dell’EAF o di ZAFT erano consci del fatto che di lì a poco avrebbero dovuto assumere una nuova identità in seguito al reato di diserzione di cui si erano resi colpevoli.

   «Athrun!» Il suo nome riecheggiò forte per tutta la sala, e molte teste si volsero in direzione del portello automatico che si apriva, comprese quelle di Kira e del diretto interessato.

   E quando quest’ultimo inquadrò la figura della figlia di Uzumi, i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa ed il piede su cui lui stava per appoggiare il peso del corpo, scendendo  dall’Astray, perse aderenza, finendo col farlo scivolare in terra da un’altezza piuttosto considerevole.

   Terrorizzati che potesse essersi rotto l’osso del collo, in molti accorsero per accertarsi delle sue condizioni di salute. «Sto bene, sto bene…», si ritrovò a balbettare il poveretto, pur massaggiandosi la nuca.

   «Ne sei sicuro?», si preoccupò seriamente Kira. «Vuoi farti vedere da un medico?»

   «Sul serio, sono solo un po’ ammaccato.» Dicendolo, Athrun si raddrizzò adagio sulle gambe, così da rassicurare tutti.

   «Assurdo», esclamò ammirata la sua aspirante assassina, studiandolo attentamente. «Sei fatto di gomma?»

   «No, non direi», sospirò lui, guardandola con altrettanto interesse: era la prima volta che gli capitava di vederla con indosso un abito davvero femminile, e lo stupore era stato tale che gli aveva fatto momentaneamente sconnettere le sinapsi ed intorpidire le membra. Un po’ com’era capitato quando si erano conosciuti, benché in quell’occasione Cagalli si era mostrata in tutt’altre condizioni, riuscendo inconsapevolmente a distruggere quanto lui e Lacus, all’epoca fidanzati, avevano con fatica cercato di costruire in vista di un futuro che li avrebbe voluti insieme.

   «Come diavolo hai fatto a perdere l’equilibrio? Credevo che voi Coordinator non commetteste certi errori», iniziò a ragionare la ragazza, già dimentica del motivo per cui era piombata nei nuovi edifici che ospitavano quel che rimaneva di Morgenroete, distrutto dagli Athha affinché i loro segreti non venissero profanati da chi li avrebbe poi utilizzati per commettere empietà.

   «Hai qualche impegno importante?», domandò Kira, attirato anche lui dall’abbigliamento della bionda.

   Questa impallidì di nuovo, ignorò suo fratello e si avventò invece su Athrun, afferrandolo saldamente per le braccia. «Ho bisogno di parlarti, è urgente», annunciò grave.

   «È successo qualcosa?», chiese lui giusto un attimo prima che Cagalli iniziasse a trascinarlo via con sé, lasciando interdetti tutti gli altri.

   Il solo Kira sorrise. Non gli avevano detto ancora nulla di esplicito, ma ormai era palese a chiunque li aveva accompagnati nello spazio che fra il suo migliore amico e la sua ritrovata sorella fosse nata una simpatia forte al punto da poter prendere ben altro nome. E lui non poteva che esserne contento e, anzi, spesso si diceva che non avrebbe potuto desiderare di meglio per entrambi.

 

Il giovane attendeva che la ragazza parlasse, tuttavia lei si ostinava a rimanere zitta. Lo obbligò a salire in auto, diede ordine allo chauffeur di fare ritorno alla residenza degli Athha, e chiuse velocemente il vetro scuro che li separava da lui per preservare un minimo di privacy per sé e per il suo ospite.

   Athrun la osservava tremendamente incuriosito sia per il suo inusuale mutismo, visto che Cagalli smetteva di parlare soltanto se a turbarla c’era qualcosa di grave, sia, ancora, per l’elegante abito di mussola chiara da lei indossato. Aveva persino raccolto parte dei capelli in vezzosi nastri dello stesso colore del vestito e, non paga, si era ornata il collo, i polsi e i lobi delle orecchie con dei gioielli.

   Se non fosse stato certo di buscarle, l’ex-soldato di ZAFT le avrebbe senza dubbio fatto notare che in quel momento sembrava davvero la principessa che era; ma egli riteneva di essere già stato abbastanza intimamente masochista nell’essersi innamorato dell’unica donna che più di una volta gli aveva puntato contro una pistola minacciandolo di morte per arrischiarsi a fare commenti del genere. Evitò quindi di scendere nei particolari e si contentò di rompere il silenzio con un semplice: «Sei tremendamente carina, vestita così.»

   Cagalli arrossì lievemente, stringendosi le mani in grembo e abbassando lo sguardo. «Grazie… Anche se avrei quasi preferito che non lo dicessi.»

   Stupido, lui provò a tastare nuovamente il terreno. «Non hai risposto alla domanda di Kira, prima… È un’occasione speciale?»

   «Un funerale», fu la repentina replica della fanciulla.

   Il giovane Zala rimase senza parole, anche perché le circostanze da cui stavano cercando di uscire lasciavano ampio spazio all’effettiva possibilità che ci fossero ulteriori commemorazioni da celebrale. Persino l’aria mesta di Cagalli si accordava alla situazione da lei appena descritta. Se così era, non sarebbe stata più logica la presenza di Kira, piuttosto che quella  di un estraneo agli occhi di Orb?

   «Athrun?» La voce di lei interruppe il nuovo filo dei suoi pensieri. Era affranta e la ragazza pareva non avere il coraggio di guardarlo. «Mi dispiace…»

   Sentendo il suo tono incrinarsi per l’approssimarsi del pianto, il figlio dell’appena defunto Presidente di PLANT andò nel panico. «Cagalli? Che succede? Perché mi chiedi scusa?»

   «Sono una disgraziata, ecco perché!», lo lasciò ancora di sasso lei.

   Athrun provò a sdrammatizzare con un sorriso. «Che hai combinato?»

   L’altra si umettò le labbra per concedersi qualche attimo per recuperare il fiato. O forse per prendere coraggio. «Io… ti ho taciuto una cosa importante.»

   Domandandosi di cosa potesse trattarsi, l’ex-pilota del Justice fu lieto di poter scartare a priori l’ipotesi che l’amata potesse in realtà essere un uomo: era, questa, una cosa di cui lui si era potuto accertare sin dall’inizio, vista la piega tragicomica che aveva preso il loro primo incontro.

   «Hai dei trascorsi da spogliarellista?» Cagalli si voltò finalmente a fissarlo, furiosa nonostante le lacrime agli angoli degli occhi: era stupenda quando assumeva quel tipo di espressione. «Allora cos’è?»

   Chinò di nuovo il capo, pur smettendo di evitare il suo sguardo. «Quando eravamo nello spazio… No, anche prima, a dire il vero», si corresse, portandosi le mani alla faccia per l’esasperazione. «È un qualcosa che odio, per questo tendo sempre a dimenticarlo, dannazione!»

   «Cagalli, cerca di calmarti, okay?» Athrun la prese per le spalle, sperando che tanto bastasse. «Sono sicuro che non può essere poi così grave.»

   «Ho un fidanzato», gli tagliò allora le gambe lei. Attraverso le dita che le coprivano il volto, la principessa sbirciò in direzione dell’amato, il cui pallore ed i cui occhi vacui la misero in allarme. «Athrun?»

   Questi lasciò ricadere gli avambracci, sforzandosi di riconnettere il cervello alla realtà. Dopotutto, di che si meravigliava? Cagalli portava il nome della casata più importante di Orb, perciò che lei fosse stata promessa in sposa a qualcuno non era affatto una cosa impensabile. Anzi. Anche lui e Lacus avevano subito la stessa sorte, eppure niente aveva impedito ad entrambi di innamorarsi di altre persone, una delle quali era lì, davanti a lui, piangente e supplicante il suo perdono.

   «Te lo giuro, Athrun! Non volevo prenderti in giro! Non era e non è un gioco, per me!» I singhiozzi le facevano sillabare quelle parole in modo anomalo, quasi buffo. «È solo che quello lì è l’ultimo dei miei pensieri! Neanche lo sopporto! E… e in quella situazione… Rischiavamo tutti di morire, e io non volevo…» Athrun le prese il viso fra le mani, posandole un bacio in fronte e facendole sobbalzare il cuore in petto. «… avere rimpianti…», concluse comunque lei in un sussurro, mentre una delle sue lacrime andava a morire contro la pelle del giovane.

   «Neanch’io volevo morire senza prima averti fatto sapere quello che provo per te», iniziò a tranquillizzarla lui, incoraggiato anche dal fatto che, a differenza sua, quel fantomatico fidanzato fosse molto poco nelle grazie dell’amata.

   «Non… sei arrabbiato?», farfugliò la bionda, chiaramente in uno stato emozionale instabile. Tremava da capo a piedi per la paura di perderlo.

   «Arrabbiarmi con te non servirebbe a niente», rispose l’altro, il capo poggiato contro il suo. «Non è stata una tua decisione. Dico bene?»

   «Certo che no!», assicurò lei, disperata. «Se potessi scegliere, io… io…» E non riuscendo più a continuare, gli gettò le braccia al collo, nascondendosi contro la sua spalla e ricominciando a piangere. «Mi dispiace! Mi dispiace da morire!»

   Significava forse che avrebbe dovuto rinunciare a lei, la sola cosa che gli era rimasta dopo che la guerra aveva distrutto il suo piccolo, rassicurante mondo? Athrun aveva ancora l’importantissima amicizia di Kira, colui al quale voleva bene come ad un fratello, ma non gli bastava, non più. Non dopo aver conosciuto lei, non dopo aver compreso, grazie alle sue parole, che lottare era l’unico modo per riuscire a sopravvivere in quella spietata battaglia che era la vita. E se lui era ancora in grado di muoversi, di pensare, di provare emozioni, lo doveva a Cagalli e a lei soltanto. Era stato il destino a metterla sulla sua strada, e lui mai avrebbe permesso che quello stesso burattinaio che muoveva i fili dell’umanità gliela portasse via. Anche a costo di soffrire, anche a costo di finire all’inferno, aveva deciso di consacrare la propria vita alla donna che gli aveva dato tutte quelle speranze e quelle ragioni di cui lui aveva bisogno per continuare a combattere contro le avversità. Se fosse stata lei ad ucciderlo, Athrun non avrebbe avuto alcun rimpianto. Così come non ne aveva avuti quel giorno, quando le aveva rivelato i propri sentimenti poco prima della fine della guerra.

   Strinse la fanciulla a sé. «Cagalli… Perdonami», affermò, lasciandola sbigottita: lui le chiedeva perdono?! E per quale assurdo motivo?!

   «Athrun…?»

   «Nonostante tutto… non ho alcuna intenzione di rinunciare a te.» La ragazza ammutolì. «Non se mi assicuri di voler restare con me.»

   Alzò di scatto il capo per guardarlo. «Certo che lo voglio!», dichiarò, mettendo da parte ogni imbarazzo. «Se potessi, scioglierei immediatamente quel maledetto accordo e prenderei quell’idiota a calci nel sedere per fargli capire che la sua è una causa persa in partenza! Perché è con te che voglio costruire un futuro, non con…!»

   Athrun non le concesse di terminare la frase, cogliendo di sorpresa le sue labbra con le proprie. Tuttavia, lei non si lasciò pregare e chiuse le palpebre per ricambiare il bacio con trasporto: non  importava che lei avesse uno o mille fidanzati, il suo cuore non avrebbe comunque potuto mentirle.

 

«Cagalli-sama?» L’auto era ferma davanti al palazzo ormai da alcuni minuti, ma non ricevendo segnali di vita dalla principessa, lo chauffeur era infine stato costretto ad usare l’interfono.

   «Sì, lo so», rispose lei, atona. Le dita ancora intrecciate a quelle di colui che ormai era destinato ad assumere il ruolo di amante, rivolse a questi un ultimo, implorante sguardo e mormorò: «Ne sei proprio sicuro?»

   «Sì.»

   Piegò la testa e lasciò andare le sue mani con riluttanza, così che potesse scendere dalla vettura. Myrna le venne incontro, quasi correndo, pronta al rimprovero. «Oujosama! Dove si era cacciata?! I Seiran sono arrivati già da un pezzo!»

   «Mi scuserò con loro, tranquilla», le spiegò la sua datrice di lavoro, mentre dalla villa spuntava un giovane alto che pronunciò il suo nome a gran voce.

   La fanciulla si ritrasse dall’abbraccio in cui lui, una volta raggiunte le signore, era invece intenzionato ad avvolgerla, e da questo Athrun, ancora nascosto alla loro vista, comprese di chi si trattasse. Di aspetto gradevole, e soprattutto dotato di un fascino che l’ex-soldato avrebbe definito viscido anche se si fosse trattato di un perfetto sconosciuto, Yuna Roma Seiran si accontentò allora di salutare la fidanzata con un caloroso sorriso.

   «Sono mesi che non ci vediamo, e ogni volta mi stupisco di quanto tu sia bella.» Lei non ringraziò; farlo avrebbe significato dare corda al suo patetico corteggiamento. L’altro sospirò. «Lo so, la mia piccola Cagalli è ancora sconvolta per quanto è accaduto… La perdita di Uzumi-sama è stata un duro colpo per tutti. Perciò, se hai bisogno di qualcuno a cui appoggiarti…»

   Non riuscendo a resistere oltre, Athrun scese dall’auto, affiancandosi a Cagalli e facendo sì che le parole affettate di quello che, in definitiva, era il suo rivale si spegnessero gradatamente. Ebbe subito l’impressione che anche Yuna lo avesse riconosciuto all’istante come tale, perché la gioia impressa sul suo volto mutò in smarrimento.

   Avvertendo la tensione appena nata, anche Myrna si mise sull’attenti: mai avrebbe permesso che qualcuno, nobile o meno che fosse, potesse turbare la fragile stabilità emotiva in cui ancora si trovava la principessa.

   «Chi è il tuo amico, Cagalli?», domandò l’ultimo arrivato. «Ha un che di familiare.»

   «Potrebbe avermi visto a Morgenroete prima che la Kusanagi partisse per lo spazio aperto», cominciò a rispondere l’interessato, senza che Cagalli avesse nulla in contrario.

   «Oh, sei uno dei tecnici di quei nostri straordinari Mobile Suit?», sembrò quasi deriderlo il maggiore – perché, a occhio e croce, il primogenito dei Seiran doveva avere quattro, forse cinque, anni più di loro.

   «Un pilota», lo corresse il protetto della sua fidanzata.

   «Yuna», prese quindi parola lei. «Ti presento Athrun Zala.» Il solo sentire quel nome fece sobbalzare i presenti. Entrambi se ne accorsero, ma cercarono di non badarvi: mentire a gente potente come i Seiran avrebbe potuto dimostrarsi pericoloso, in futuro, e pertanto i due erano convinti che fosse meglio mettere subito le cose in chiaro.

   Athrun abbozzò un saluto, come conveniva alla buona educazione impartitagli dall’amata madre. L’altro non ricambiò il gesto, ma era bastato anche meno di questa mancanza per far trasparire il suo pensiero negativo riguardo alla presenza del giovane a Orb e, in particolare, al fianco dell’erede degli Athha.

   «Perciò… hai tardato per portare qui un rifugiato politico?», iniziò a dire Yuna, sfoderando un sorrisetto poco sincero. «Con tutto rispetto, Cagalli, non so quanto sia stato prudente», continuò, mentre la ragazza, innervosita, si incamminava finalmente dentro casa.

   «Athrun non è un rifugiato politico», lo smentì quindi subito, procedendo in direzione della sala in cui sapeva che i suoi presunti, futuri suoceri erano rimasti ad aspettarli. I due pretendenti e Myrna la seguivano come fedeli cani da guardia. «È un buon amico di mio fratello, pertanto ti chiedo di trattarlo con il dovuto rispetto.»

   Lui credette di aver capito male. «Fratello? Quale fratello

   «Te lo spiegherò fra poco, anche perché temo di aver fatto attendere sin troppo i tuoi genitori.» La bionda spalancò con ben poca grazia la porta del salotto.

   Fu accolta da salamelecchi e da melliflue parole di circostanza, così simili a quelli a cui anche Athrun era stato abituato fin da piccolissimo. Adesso che era diventato davvero padrone della propria vita, egli si rese conto di odiare quel tipo di menzogne, di odiare l’aria di corte che si respirava in quella stanza; e il fatto che Cagalli non sorridesse gli lasciava, a ragione, intuire che anche lei non le sopportasse. Era già stato in quel palazzo il giorno prima, e quel poco che aveva visto gli aveva dato la certezza che Myrna e le altre persone che si occupavano degli Athha fossero realmente affezionati a loro: quando Cagalli era tornata dopo la lunga assenza, si erano tutti precipitati da lei, salutandola con parole e sorrisi sinceri, piangendo con lei la scomparsa prematura dei genitori. Era per questo che la presenza dei Seiran dava, al ragazzo, l’impressione di stonare pesantemente con l’ambiente circostante.

   Non passò molto prima che la padrona di casa rivelò loro la verità riguardo Kira – cosa che parve non stupire i genitori di Yuna, probabilmente già da tempo al corrente della situazione – e presentò Athrun come suo ospite, lasciando forti dubbi anche in Unato Ema, il padre del suo fidanzato, e in sua moglie circa l’imprudenza di dare protezione al figlio di un criminale che era quasi riuscito nel suo intento di sterminare l’intera popolazione terrestre.

   Sebbene i Seiran non si fossero espressi esattamente con questi termini, chiara era la loro opinione in proposito, e né Cagalli né lo stesso figlio di Patrick Zala poterono condannarli.

   «Athrun ha combattuto al nostro fianco a Jachin Due», volle comunque precisare la fanciulla. «È stato lui a distruggere il Genesis voluto da suo padre, pertanto non credo ci sia ragione di preoccuparsi della sua fedeltà. Anzi, suppongo sia un motivo più che sufficiente per fargli ottenere la cittadinanza di Orb.»

   «Non ho nulla da obiettare in proposito. Se vuole rimanere qui, Orb gli dà il benvenuto», le concesse Unato, mentre il suo erede squadrava Athrun da capo a piedi con fare molesto. E divertito, per di più. «Tuttavia, per maggiore precauzione, sarebbe il caso di procurargli anche una nuova identità: non credo che l’opinione pubblica vorrà sentire pronunciare il nome degli Zala accanto a quello ben più amato degli Athha.»

   Quella stoccata valse molto più dei sorrisi malevoli di Yuna: non aveva alcuna importanza se lei fosse stata sentimentalmente legata ad Athrun Zala – o ad un qualunque altro uomo – perché le convenzioni sociali  avrebbero comunque obbligato Cagalli Yula Athha a sposare l’uomo scelto per lei da suo padre fin dalla più tenera età.

   Potendo ritenersi soddisfatto di aver vinto quella prima, tacita battaglia, Unato Ema Seiran poggiò la tazza di tè sul tavolino che separava la sua famiglia dalla futura nuora e dal di lei innamorato. «Immagino che la nostra principessa abbia bisogno di riposare. Due giorni non bastano di certo per smaltire la stanchezza di una guerra combattuta coraggiosamente in prima persona.» Si levò perciò in piedi, e lo stesso fecero sua moglie ed il suo ragazzo. «Spero di cuore di poter ammirare il suo sorriso la prossima volta, Cagalli-sama.»

   Lei non rispose, limitandosi ad accompagnarli sulla soglia come richiesto dalla sua posizione di padrona di casa. Quindi, dopo un breve, impersonale saluto da ambo le parti, ed un ultimo eloquente sguardo vittorioso che Yuna riservò al rivale piuttosto che preoccuparsi di prestare attenzione alla promessa sposa, quest’ultima sbatté la porta alle loro spalle con manifesta rabbia, incurante che quelli fossero ancora a due passi.

   Myrna si precipitò a riaprirla per assicurare ai Seiran che la causa di quella apparentemente maleducata azione era da attribuirsi invece ad una dispettosa folata di vento, e non appena gli ospiti si furono allontanati a bordo della loro sontuosa automobile, la donna richiuse l’uscio e si volse verso quella disgraziata  che aveva cresciuto quasi con l’amore di una madre.

   «Insomma, Oujosama! Le pare il…»

   Tacque. Perché Cagalli adesso piangeva, inconsolabile, fra le braccia del giovane con cui era tornata a casa e che la stringeva a sé con forza ed evidente passione.

   Myrna chinò lo sguardo, il cuore soffocato in una morsa, e si allontanò dall’atrio della villa in assoluto silenzio, lasciando i due amanti da soli con il loro dolore.













Mi ero ripromessa di postare questa shot non prima di domani. È bellissimo essere coerenti con se stessi, nevvero? *_*
Ed è altrettanto interessante rendersi conto di essere talmente idioti da farsi trascinare da ciò che si scrive, al punto da mettersi a piangere con i personaggi e/o da farsi assalire dall'angoscia. XD Sarà per questo che scrivo prevalentemente fanfiction a lieto fine? Bah, cercherò il numero di qualche bravo psicologo.
Intanto che mi addentro fra le pagine dell'elenco telefonico, ringrazio come sempre i gentili lettori, nonché NicoDevil e Rinoa87heart. Vorrei inoltre tranquillizzare quest'ultima, dicendole che non importa se mi lascia o meno due righe: mi basta solo sapere che la lettura è stata di suo gradimento, e se riesco a fare dono a qualcuno di un sorriso, non posso che esserne felice. ☺
Un bacio e alla prossima,
Shainareth





  
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