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Autore: g21    23/01/2017    3 recensioni
Ispirata alla 4x03
Sherlock e Mycroft, due fratelli spesso in conflitto, ma che si vogliono un bene dell'anima
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mio fratello
 
 


“Not in the face, please. I promised my brain to the Royal Society.”
“Where would you suggest?”
“Well, I supposed there is a heart somewhere inside me.

 I don't imagine it's much of a target, but why don't we try for that.”

Eccomi qua. A scherzare sulla mia morte. Non avrei mai pensato di morire in questo modo. Certo, ho sempre sospettato che sarebbe stato mio fratello ad uccidermi, ma non lo pensavo in modo così letterale. Sorrido mentre guardo Sherlock, che sorride a sua volta, puntandomi contro la pistola.

Sentimenti. Li ho spesso rifiutati. No, li ho sempre rifiutati. Alterano la percezione del mondo intorno a noi, non fanno pensare lucidamente. Da che ho memoria sono sempre stato l’uomo di ghiaccio. Un cuore, però, l’ho sempre avuto. Ora che ci penso, ho sempre provato sentimenti. Sì, magari appena percepibili, ma sono sempre stati presenti. Ero io a relegarli in un angolo per far sì che non mi ostacolassero.

Mi torna alla mente una delle mie frasi ricorrenti. “L’interesse non è un vantaggio”. Lo ripetevo spesso a Sherlock, molto più emotivo di me. Mio fratello, che ora è pronto ad uccidermi. Da ragazzo non lo sopportavo. Il secondo, colui al quale andavano tutte le attenzioni. L’ultimo arrivato, il più fragile. Lo odiavo. E non solo per quello che era, ma anche per come si comportava. Un egocentrico viziato. D’accordo, forse ero anch’io così, ma lui era peggio. Lui, con la sua mente brillante, un bambino diverso dagli altri, ma con gli stessi sogni improbabili di tutti i suoi coetanei. Come il desiderio di diventare un pirata. Girava sempre con quello stupido cappello e quell’inutile spada giocattolo, come se fosse servita veramente a qualcosa. Era felice, ed io, pur con i miei tanti dubbi, non l’ho mai contraddetto sul serio.

Qualche anno dopo sono iniziati i problemi. Spariva per giorni, non diceva mai niente, si stava autodistruggendo. Essendo il maggiore toccava a me tenerlo d’occhio. Provai, per un po’, a nascondere quello che Sherlock faceva quando non tornava a casa, non mi sembrava il caso di far preoccupare i nostri genitori. Ripensandoci, lo facevo più per me che per loro, mi avrebbero dato la colpa, non sapevo controllare mio fratello. C’era dell’altro, però. Non volevo che lo mandassero in un centro di recupero, nel quale sarebbe stato peggio. Lo conoscevo più di tutti, sapevo che avrebbe rifiutato qualsiasi aiuto esterno. Mi ricordo che è stato, probabilmente, il periodo in cui le discussioni erano più frequenti tra di noi. Diceva sempre che sapeva i suoi limiti, ma non li ha mai rispettati. Così toccava a me riportarlo a casa, provare a spiegargli a cosa tutto quello l’avrebbe portato, e nascondere ai nostri genitori quello che realmente era. Non tutto, però, si può tralasciare.

Lo scoprirono. Allora io, come sempre, mi sono assunto tutte le responsabilità, da buon fratello maggiore. Tutte le volte in cui faceva qualcosa di sbagliato mi assumevo la colpa, perché, strano a dirsi, non volevo che soffrisse ancora, dopo tutto ciò che aveva passato. Ci tenevo a Sherlock, se l’avessi perso non sarei più stato lo stesso. Mi ritrovo a sorridere, ancora, mentre mio fratello parla di come Euros ci abbia ridotti. Colpa mia, anche questa volta. Provo ad imprimermi nella mente la sua voce, ogni suo dettaglio. Alla fine, un cuore ce l’ho anch’io. E per tutto questo tempo non ha fatto altro che battere per Sherlock, una delle persone per me più importanti. Mio fratello.
 
 


“Five minutes.
It took her just five minutes,
to do all of this to us.
Well, not on my watch.”

Cinque minuti, solo questo. In un attimo mia sorella, nostra sorella, ci ha messi l’uno contro l’altro. Trecento secondi. Così sembra più tempo, ma è solo un modo diverso con cui dirlo. Cerco di fermare il tremito che dalla mia mano scende a tutto il corpo. Impossibile. Guardo davanti a me, colui contro il quale sto puntando questa pistola.
Mycroft. Mio fratello. Lo vedo sorridere, perchè non dovrebbe. Sta morendo da eroe, forse lo sospettava. Sorrido a mia volta. L’uomo di ghiaccio non è così freddo. Era solo una facciata. E io ho costruito la mia, di maschera. Fin da bambino.

Volevo diventare un pirata. Mycroft mi prendeva in giro spesso per questo desiderio. Ma io lo sapevo. I pirati sono forti, non hanno paura di niente. Era così che volevo essere conosciuto. Un uomo, allora ancora piccolo, che non conosceva il timore e che avesse affrontato tutto, senza nascondersi. Mi prendevano in giro, quelli che non ho mai ritenuto amici. Ridevano di ciò che ero, della mia intelligenza, dei miei comportamenti.

Prima di sognare andavo da mio fratello, perchè ha sempre avuto una risposta per tutto. Era lui il più grande, il più intelligente. E io lo sapevo. L’ho sempre saputo. Poi ho provato a farcela da solo, senza farmi aiutare. Per un po’ ha funzionato, fino a quando mi sono ritrovato a dover affrontare qualcosa più grande di me. Gli scherzi e le parole più pesanti dei miei compagni di college. Così ho scelto un’altra maschera, la droga.

A casa non dicevo niente, dovevo cavarmela da solo. Restavo da solo per giorni, fino a quando non decidevo cosa fare. E scappavo. Mi nascondevo dalla vita, dalle responsabilità, da tutto, solo per non dover affrontare ancora quello che non mi piaceva. Era Mycroft a riportarmi sulla strada giusta, che io, puntualmente, abbandonavo. Mio fratello doveva sorbirsi tutto quello che facevo. Ed io lo odiavo per questo. Mi nascondeva dai nostri genitori. Mi aiutava. Forse, quello è stato il periodo più brutto in tutta la mia vita. Lo ripetevo continuamente, non avevo bisogno di alcuna mano. Ne sarei uscito da solo dai miei guai.

Quanto mi sbagliavo. Mio fratello mi conosceva meglio di chiunque altro. Sapeva che mentivo. Non sarei mai riuscito a farcela senza di lui. Mi ricordo ancora quando i nostri genitori lo scoprirono. Il suo sguardo mortificato, non riuscì a nasconderlo. E la dichiarazione che più mi fece capire com’era Mycroft. Si assunse lui la colpa e tutto quello che ne seguì. L’ho ritenuto subito uno stupido, poteva evitare la ramanzina, semplicemente ammettendo la verità. Solo dopo ho capito il perchè di quel gesto. Voleva semplicemente proteggermi. Solo allora ho capito quanto in realtà fosse importante per me avere un fratello come Mycroft.

Lo guardo mentre dice di non volere i fiori al suo funerale e sorrido senza accorgermene. Davvero è convinto che io possa ucciderlo. Abbasso gli occhi per non doverlo guardare. Infine abbasso la pistola. Non finirà così, non lo permetto. Se qualcuno dovrà morire oggi, quello sarò io. Vedo la confusione nei suoi occhi così simili, ma allo stesso tempo diversi dai miei mentre porto l’arma a sfiorare il mento. Non riuscirei mai ad ucciderlo. Non mio fratello.
 





Note della qui presente autrice
Allora. Dopo aver visto per la terza volta la 4x03 ho sentito il bisogno di scrivere qualcosa inerente alla (probabilmente) mia scena preferita. Adoro il rapporto tra i due Holmes e ho voluto provare a parlarne. Ho voluto approfondire questo momento, per me il più difficile da sopportare (anche più della scena con Molly, che mi ha fatto meno effetto). Ho fatto più fatica a scrivere la parte riguardante Sherlock, ma mi preoccupa di più Mycroft (che ho amato particolarmente in questa stagione). Spero che i due non siano troppo OOC, in caso avvertitemi che lo aggiungo negli avvertimenti. Se volete fatemi sapere quello che pensate, intanto inizio a ringraziarvi per l’attenzione che avete dedicato alla mia storia.
Giulia
 
  
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