Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
Ricorda la storia  |      
Autore: De_drums    25/01/2017    3 recensioni
“Non capisco” diceva Namjoon, troppo spesso, quando qualcuno si azzardava a chiedergli se andasse tutto bene – ed era vero, ma non perché non capisse come mai gli venisse rivolta una domanda simile, semplicemente non capiva cosa stesse succedendo tra di loro, come fossero arrivati a quel punto.
La stessa risposta che Seokjin dava ai suoi amici, alla sua famiglia, al manager – non capiva davvero, non riusciva a dare un senso a quella situazione.
Eppure, seppellito sotto all’incomprensione e al risentimento, l’amore c’era ancora.
Se ne era accorto Seokjin, quando si ritrovava a guardare Namjoon di sfuggita sperando in un qualsiasi cenno, e se ne accorgeva Namjoon sentendo Seokjin cantare, le farfalle nel suo stomaco che prendevano il volo proprio come la prima volta.
Era cambiato tutto, non era cambiato niente.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kim Namjoon/ RapMonster, Kim Seokjin/ Jin
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Saranghae”
Seokjin aveva sempre amato il modo in cui quella parola arrivasse dritta al cuore, senza inutili fronzoli o discorsi complessi. E non mancava mai di ripeterla a Namjoon: glielo diceva appena sveglio, prima di addormentarsi, lo scriveva sui post-it che gli lasciava in giro per il dormitorio, nei messaggi che gli mandava quando faceva tardi in studio.
La prima volta gli era tremata la voce, quasi aveva rischiato di non dire nulla - poi l'aveva ripetuto un po' più forte, un po' più sicuro, e vedendo l'emozione sul volto e negli occhi di Namjoon si era ripromesso di dirglielo ogni volta che avesse potuto, ogni volta che ne avesse avuto l'occasione.
Anche Namjoon, dal canto suo, glielo ripeteva spesso - a volte erano semplici "ti amo" mentre erano soli, altre non aveva bisogno di parlare, bastavano sguardi rubati, risate alle sue battute più stupide, mani che si intrecciavano quasi casualmente. C'erano giorni in cui gli dedicava canzoni, ogni tanto un "I love you too" lasciava le sue labbra e Seokjin sorrideva, perché adorava sentirlo parlare in inglese.
Ma saranghae faceva tutto un altro effetto, così semplice eppure pregna di significato; pronunciata in modo leggero quasi a voler ribadire l'ovvio, mormorata a bassa voce credendo di non essere sentiti, oppure guardandosi negli occhi, stringendosi, facendo l’amore, quasi a voler imprimerla nell’anima.
Saranghae era la loro costante, nei momenti felici, dopo le litigate, quando sentivano il bisogno di ricordarsi quanto si amassero l’un l’altro. Bastava quello, a ricordarsi perché fossero diventati una coppia.
 
Inizialmente era stato strano, erano sempre stati diversi, lo sapevano entrambi.
Namjoon era troppo profondo, sempre con il costante desiderio di vedere le persone che amava raggiungere i loro obiettivi, sempre pronto a spronare chiunque. Troppo concentrato, troppo riflessivo, troppo filosofo- la sua mente non smetteva un attimo di rielaborare, di chiedersi il perché di ogni cosa, di farsi domande.
Seokjin, d'altra parte, prendeva tutto con più leggerezza - portava a termine i propri impegni e cercava di dare il meglio, ma sapeva di essere umano e di poter sbagliare, ogni tanto. Non si erano affatto capiti, all'inizio - il modo in cui vedevano la vita era totalmente opposto, come potevano andare d'accordo?
Poi Seokjin gli aveva chiesto di parlare, una notte, ed erano rimasti a condividere i propri pensieri per ore.
Qualcosa era cambiato, da quel momento: oltre al rispetto reciproco che già provavano l'uno per l'altro, era subentrata una maggiore consapevolezza di ciò che erano e di ciò che avrebbero dovuto diventare, per il bene del gruppo. Namjoon era il leader, Seokjin il più grande, in un certo senso sentivano entrambi il senso di responsabilità - avrebbero fatto funzionare le cose, senza smettere di parlarsi e trovare un punto d'incontro. E in tutti quegli anni, potevano dire di essere cresciuti insieme.
Tutti sapevano, nessuno diceva nulla a riguardo – si erano creati legami indissolubili, conseguenza del vivere insieme ed essere costantemente a contatto. Nessuno faceva domande, non c’era bisogno di parlare per capire le relazioni che si erano stabilite all’interno del gruppo.
Si erano amati tanto, Namjoon e Seokjin, sempre insieme sia per scelta che per costrizione, in un mondo pieno di insidie in cui la compagnia e l’amore dell’altro sembravano l’unico appiglio, l’unica certezza.
Avevano condiviso tutto, dai traguardi importanti alle più piccole soddisfazioni, dai giorni felici a quelli bui in cui nemmeno si parlavano, oppressi dalla situazione e senza alcuna voglia di comunicare con un altro essere umano. C’erano stati pianti, risate, dolore, sconfitte, c’era stato il mondo contro di loro e loro contro il mondo – ma erano sempre stati insieme, anche nei momenti di crisi, anche quando si mettevano a letto mormorando scuse sottovoce per essersi comportati da veri stronzi.
Non si erano mai lasciati – o, come facevano notare sempre gli altri, non davvero.
E poi, lentamente ed inesorabilmente, qualcosa aveva iniziato a cambiare.
Nessuno ci aveva fatto caso, erano particolari così insignificanti che né loro stessi né i ragazzi vi avevano dato troppo peso. Un’insofferenza crescente, la compagnia dell’altro che iniziava ad essere fastidiosa e non più qualcosa di piacevole, battibecchi per le cose più stupide.
Si erano allontanati, senza una ragione particolare – non c’erano stati tradimenti, urla o cause scatenanti, semplicemente avevano smesso di parlare.
Namjoon tornava stanco dallo studio, dopo aver passato ore a sistemare le tracce del nuovo album, e si metteva a letto senza nemmeno salutarlo; Seokjin aveva iniziato a passare più tempo con gli altri, si era concentrato per migliorare nel ballo, strimpellava la chitarra.
Non ne avevano mai parlato, forse per paura di rovinare le cose; se avesse detto qualcosa, pensava Seokjin, la situazione sarebbe peggiorata? Se affrontando il discorso Namjoon avesse deciso di chiudere la loro relazione, ne sarebbe stato devastato.
Namjoon lo guardava da lontano, impotente – sentiva che qualcosa non andava, non era stupido, ma non sapeva cosa fare. Il loro rapporto in quel momento era appeso ad un filo, in equilibrio talmente precario che una sola mossa sbagliata avrebbe fatto svanire tutto in un soffio.
E non voleva questo per loro, non voleva che tutto finisse, anche a costo di vivere in una situazione che lo metteva a disagio – era convinto, infatti, che Seokjin non lo amasse più, e accennando ai loro evidenti problemi temeva di rovinare tutto definitivamente.
Si erano rassegnati entrambi, fisicamente costretti alla vicinanza eppure mentalmente lontani, come non lo erano mai stati. Chiusi nel loro mutismo, senza dare sfogo ai pensieri, gravitavano uno attorno all’altro senza mai raggiungersi davvero.
“Non capisco” diceva Namjoon, troppo spesso, quando qualcuno si azzardava a chiedergli se andasse tutto bene – ed era vero, ma non perché non capisse come mai gli venisse rivolta una domanda simile, semplicemente non capiva cosa stesse succedendo tra di loro, come fossero arrivati a quel punto.
La stessa risposta che Seokjin dava ai suoi amici, alla sua famiglia, al manager – non capiva davvero, non riusciva a dare un senso a quella situazione.
Eppure, seppellito sotto all’incomprensione e al risentimento, l’amore c’era ancora.
Se ne era accorto Seokjin, quando si ritrovava a guardare Namjoon di sfuggita sperando in un qualsiasi cenno, e se ne accorgeva Namjoon sentendo Seokjin cantare, le farfalle nel suo stomaco che prendevano il volo proprio come la prima volta.
Era cambiato tutto, non era cambiato niente.
 
Poi, un giorno, Jeongguk aveva invitato tutti loro in un locale – Seokjin gli aveva chiesto aiuto per una cover, affidandogli i cori, e quella sera l’avrebbero cantata per la prima volta, un esperimento per vedere se avrebbe potuto funzionare, prima di pubblicarla ufficialmente.
Tutti avevano annuito entusiasti, nessuno sapeva niente di quella collaborazione ma non vedevano l’ora di assistervi – solo Namjoon aveva rifiutato, dicendo che era troppo stanco e che aveva bisogno di riposare.
La curiosità –e forse un pizzico di gelosia- aveva però avuto la meglio, così si era ritrovato in quella sala fin troppo affollata, seminascosto da una colonna, lo sguardo perso nel bicchiere sul tavolo. Vedeva gli altri seduti poco più avanti, ridevano e auguravano buona fortuna a Seokjin, che fremeva dietro le quinte, e al più giovane, intento a scaldare la voce.
Quando erano saliti sul palco, Seokjin aveva la chitarra tra le mani e Namjoon non aveva potuto fare a meno di sorridere – aveva notato con quanto impegno vi si fosse dedicato, se aveva deciso di esibirsi con essa voleva dire che aveva acquisito una certa padronanza dello strumento.
Lui e Jeongguk si erano seduti entrambi sugli sgabelli posti al centro, le dita di Seokjin pizzicavano le corde e Namjoon aveva chiuso gli occhi, nello stesso istante in cui il ragazzo aveva iniziato a cantare.
La sua voce era dolce e al contempo piena di un sentimento che Namjoon non riusciva a decifrare – incertezza, confusione e al tempo stesso consapevolezza dei propri sentimenti, passione, sconfitta.
Tutto insieme, tutto si mischiava in quelle parole pronunciate con forza, come se quella canzone fosse l’unico modo per esprimere tutto ciò che sentiva, come se avesse solo quella occasione e non volesse sprecarla.
Gli acuti di Jeongguk si fondevano bene con la voce di Seokjin, un connubio perfetto a cui nessuno sembrava poter resistere, ne ebbe la conferma guardando l’espressione rapita della gente in quel bar.
E Namjoon stesso non riusciva a staccare gli occhi dal palco, li aveva riaperti al primo “saranghae” pronunciato con passione da Seokjin e non era più riuscito a distogliere lo sguardo.
“Show me your feelings” diceva la canzone, e Namjoon cominciava a capire perché la scelta di Seokjin fosse ricaduta su quel testo. Dovevano parlarsi e trovare il modo per capirsi, o sarebbero rimasti in quella condizione per sempre, troppo innamorati per lasciarsi andare ma troppo spaventati per abbattere il muro di insicurezza e di parole non dette che si era creato tra di loro.
Quando la canzone era finita, gli applausi scroscianti avevano riportato bruscamente alla realtà entrambi – Seokjin e Jeongguk si erano inchinati, ringraziando il pubblico, i ragazzi che fischiavano ammirati e si facevano riconoscere, come sempre. Li avevano accolti con abbracci e pacche sulle spalle, un po’ offesi di non essere stati resi partecipi di quel duetto molto prima, ma sinceramente felici e pieni di ammirazione.
Namjoon si era fatto spazio tra la folla, raggiungendo il gruppo, e tutti si erano stupiti nel trovarlo lì – si era complimentato con il più piccolo e poi Yoongi, capendo la situazione, aveva fatto sì che si allontanassero, lasciandolo solo con Seokjin.
Si erano guardati senza dire nulla e Seokjin aveva sorriso appena, un po’ imbarazzato; quella canzone era sì per lui, ma sapere che l’aveva ascoltata gli faceva uno strano effetto, non si sentiva pronto ad affrontarlo in quel momento. Così si era limitato a stare lì immobile davanti a lui, respirando piano, augurandosi disperatamente che dicesse o facesse qualcosa, perché lui non ne avrebbe mai avuto il coraggio.
Namjoon però non aveva fiatato, eppure i suoi occhi parlavano da soli – gli stava chiedendo scusa, gli stava chiedendo di ricominciare, di provarci, di lasciarsi tutto alle spalle, di tornare quelli che erano un tempo, di nuovo loro due contro tutto, come all’inizio. Da fuori, sembravano solo due ragazzi fermi al centro di un locale, intenti a fissarsi come in una tacita sfida – eppure Seokjin glielo aveva letto in faccia, non aveva emesso suono ma sapeva che aveva capito.
Dopo minuti interminabili, finalmente Namjoon lo aveva abbracciato, seppure con un po’ di timore.
Please, hold me” aveva mormorato, citando uno degli ultimi versi della canzone - tremava appena, non sapeva come avrebbe reagito, forse era ancora troppo presto, forse aveva frainteso tutto.
Ma Seokjin aveva stretto le braccia sulla sua schiena, il viso affondato nella sua spalla, e semplicemente era rimasto lì, a godersi quel calore di cui per mesi aveva sentito la mancanza.
Saranghae” aveva sussurrato; non importava cosa fosse successo tra di loro, ne avrebbero parlato e l’avrebbero superata -ce l’avrebbero fatta, anche a costo di ripartire da zero e ricostruire ogni cosa.
Namjoon aveva sorriso, stringendolo un po’ di più e posandogli un bacio tra i capelli.“Saranghae, Jinnie
 

 
Smetterò di scrivere sui Namjin? Spoiler: no.
Questa cosa non era programmata, ma stamattina girovagando per Youtube ho trovato la cover di 난너를사랑해 (I Love You) di Mate, fatta da Jin (con la collaborazione di Kookie per i cori) e mi sono letteralmente innamorata. Andate ad ascoltarla – e sentite anche l’originale, merita tanto!
A parte questo, non so come sia uscita questa fan fiction – ho preso ovviamente spunto dalla canzone, ma il mio cervello ha fatto tutto da solo come al solito e l’ha sviluppata in questo modo, boh.
"Saranghae" vuol dire "ti amo", se non si fosse capito lol ~ in realtà ci sono vari modi per dirlo, a quanto ho capito, io ho usato quello della canzone (maledetti coreani, quanto siete complicati)
Fact: che Jin e Nam all’inizio non si capissero è vero, l’hanno detto in un’intervista e Namjoon l’ha ribadito poco tempo fa. Ho voluto metterlo perché si adattava al testo e la trovavo una cosa carina.
Direi che non ho altri appunti da fare, se volete dirmi cosa ne pensate mi trovate sempre qui!
De(b)
 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS) / Vai alla pagina dell'autore: De_drums