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Autore: chloecantsleep    27/01/2017    0 recensioni
“Stai dicendo che il capo mi vuole morta?”
“Per il momento no.”
Higuchi si tranquillizzò per un attimo alla risposta di Hirotsu, ma dovette ricredersi quando l’uomo proseguì la frase: “Però in futuro, chissà…”
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[Gin/Higuchi] || Scritta in un momento di sclero notturno post rewatch dell'episodio 11
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Gin Akutagawa, Ichiyou Higuchi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Stai dicendo che il capo mi vuole morta?”
“Per il momento no.”
Higuchi si tranquillizzò per un attimo alla risposta di Hirotsu, ma dovette ricredersi quando l’uomo proseguì la frase: “Però in futuro, chissà…”
E aveva indovinato. La sera dopo, Mori aveva convocato Gin per affidarle un incarico particolarmente importante. Nulla di diverso dal solito, doveva solo uccidere qualcuno come faceva ogni giorno, ma questa volta si trattava di una persona particolarmente importante. E lei immaginava già di chi si parlasse, immaginava che, prima o poi, il boss l’avrebbe chiamata per quello.
“Vai, e uccidi la guardia del corpo di tuo fratello. Non deludermi, Gin.”
Così le aveva detto, con quella tipica punta di divertimento nella voce, e lei si era ripetuta più volte che doveva solo fare quello che faceva sempre: avvicinarsi furtivamente e velocemente a qualcuno, e tagliargli la gola. Non era così difficile, no? Avrebbe ucciso Higuchi e tutto sarebbe filato liscio, anche perché se non l’avesse fatto, ci avrebbe pensato Mori, e lei sarebbe stata la prossima.
Si stava dirigendo a passo svelto verso casa della ragazza: l’avrebbe aspettata in un vicolo lì nei paraggi, e quando sarebbe passata, l’avrebbe trascinata lì, uccidendola senza lasciarle scampo. Tuttavia non le sembrava così facile come le altre volte.
Si appoggiò con la schiena contro il muro e, mentre attendeva che la sua prossima vittima si facesse viva, respirò profondamente e tentò di riordinare i pensieri che le affollavano la mente. Le parole di Mori continuavano a rimbombarle nella testa, contava su di lei ed era convinto che ce l’avrebbe fatta, lei stessa sapeva di essere perfettamente in grado di farlo, eppure, questa volta, sentiva di non poterlo fare. Tagliarle la gola era escluso, non voleva restare a guardarla mentre, agonizzante, boccheggiava nel vano tentativo di respirare. Magari poteva semplicemente trovare un modo rapido e indolore per ucciderla… Spararle? Non aveva una pistola con sé, né sapeva come usarne una, nonostante lo avesse visto fare spesso da Tachihara. Avvelenarla? Sarebbe stato veloce, con la scusa di prendere un tè insieme, avrebbe messo del veleno nella tazzina dell’altra, ma se avesse preso quella sbagliata, non solo sarebbe stata smascherata, ma sarebbe morta. In ogni caso, sentiva che se l’avesse uccisa, il senso di colpa l’avrebbe angosciata per il resto dei suoi giorni. Non si era mai fatta troppi problemi ad uccidere qualcuno, quindi…
“…Perché?”
Dei passi, che segnalavano la presenza di qualcuno in avvicinamento, interruppero il filo dei suoi pensieri. Diede una sbirciata oltre il muro dietro al quale era nascosta, e vide Higuchi camminare lungo il viale, ovviamente diretta verso casa. Quando le passò vicino, non perse un momento e, con la sua caratteristica furtività, le afferrò rapidamente il braccio, tenendoglielo saldamente dietro la schiena, e le avvicinò il coltello alla gola. Tutto questo in pochissimi secondi e senza alcun problema, la bionda quasi non se n’era accorta; avrebbe dovuto affinare i suoi sensi e fare più attenzione all’ambiente circostante. Quando lavori per la Mafia non puoi permetterti di abbassare la guardia nemmeno per un momento.
“Gin” la chiamò lei, stupita di vederla lì, il tono di voce basso a causa della lama che non le permetteva di respirare a pieni polmoni.
“Questa volta non sono qui per esercitarmi.”
“Se non fossi qui per quello, mi avresti già uccisa.”
Gin si bloccò totalmente a quelle parole. Higuchi aveva maledettamente ragione, se avesse davvero voluto ucciderla, si sarebbe già trovata in una pozza del suo stesso sangue senza darle nemmeno il tempo di rimanere sorpresa, ma allora perché non l’aveva ancora fatto?
 “È un altro avvertimento? – chiese la vittima – Come l’ultima volta nei bagni?”
“No.”
Higuchi rimase pietrificata.
“Gin, che vuoi fare?” domandò con la voce che le tremava per l’angoscia.
“Gin!” la chiamò ancora, non udendo risposta.
“Morirai” sentenziò l’altra stringendo la presa sul suo braccio.
“Che stai dicendo, Gin?!” gridò lei, ormai in preda al panico.
Strinse convulsamente il coltello, la mano iniziava tremarle, non era più così sicura di poterlo fare – non che lo fosse mai stata davvero –, tanto che scaraventò la lama a terra, e lasciò andare Higuchi, la quale si voltò rapidamente verso di lei, guardandola scioccata, mentre si massaggiava il braccio, proprio dove fino a poco prima l’assassina la stava stringendo saldamente.
“Perché volevi uccidermi?”
Gin se ne stava in silenzio, con lo sguardo basso e i pugni serrati.
“Mi è stato ordinato di farlo” rispose dopo alcuni lunghi istanti di silenzio.
Higuchi sgranò gli occhi, capendo immediatamente a cosa si riferiva.
“Il boss mi vuole morta davvero, eh?” sussurrò malinconica, più a se stessa che alla ragazza davanti a lei, poi alzò di scatto lo sguardo: “Tu non vai mai contro gli ordini – disse – Quindi perché non hai fatto il tuo dovere come ti è stato chiesto?” domandò.
Continuava a chiederselo anche lei, nonostante credesse di aver trovato una risposta a quella domanda già da molto tempo. Era certa fosse quello il motivo, le era solo difficile ammetterlo persino a se stessa. Non poteva accettare che le piacesse una ragazza, la guardia del corpo di suo fratello, per di più.
“Non posso ucciderti.”
Higuchi rimase a guardarla interdetta, non capiva se stesse per piangere, o se fosse arrabbiata, sicuramente era sull’orlo di una crisi di nervi e non riusciva a comprenderne il motivo, probabilmente perché non era abituata a vedere Gin, sempre decisa e fredda, come se non provasse emozioni, in quello stato.
“Perché no?” osò chiedere. Iniziava ad immaginare la risposta, ma voleva delle conferme. Delle conferme che l’altra non era sicura di volerle dare, ma non poteva nemmeno tirarsi indietro proprio ora. In che modo, poi? Scappando? Aveva disobbedito ad un ordine, quando i piani alti ne sarebbero venuti a conoscenza le sarebbero stati col fiato sul collo, avrebbe avuto tempo per scappare, in quel momento tanto valeva dichiarare i suoi sentimenti alla ragazza. Se fosse stata rifiutata, avrebbe solo avuto un motivo in più per farlo.
Chiuse gli occhi, prese un respiro profondo, le si avvicinò e le prese delicatamente una mano: “Io… – iniziò a bassa voce e mantenendo lo sguardo basso sulle loro mani – Credo di amarti” riuscì a dire con un filo di voce.
Higuchi sperò di non avere un’espressione troppo scioccata, stampata in faccia, che avesse potuto scoraggiare la ragazza, ma si tranquillizzò quando la sentì continuare: “Senza credo – disse, questa volta, a voce più alta – Sì, sono convinta di amarti!”
Ora la stava guardando dritta negli occhi e le teneva entrambe le mani, più l’altra se ne stava in silenzio senza darle risposta, più l’ansia cresceva. Gin si sentì sollevata nel vedere un leggero sorriso farsi strada sulle labbra della bionda, che delicatamente le scostò i ciuffi che sfuggivano allo chignon, ricadendole sulla fronte, e, dopo averle tolto la mascherina da davanti la bocca, unì le sue labbra a quelle dell’altra ragazza in un bacio a stampo, estremamente casto e frettoloso, a causa della situazione in cui si trovavano, che le costrinse a separarsi poco dopo.
“Se resto ancora qui mi uccideranno, e poi faranno fuori anche a te” disse Gin con apprensione, riportando entrambe alla dura realtà.
Higuchi sorrise di nuovo, un sorriso indecifrabile le si era stampato sul volto: sembrava così beato, eppure aveva qualcosa di malizioso.
“Non è facile lasciare la Port Mafia, ma non è nemmeno impossibile.”
   
 
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