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Autore: heartbreakerz    03/02/2017    3 recensioni
[ High school!AU, 18yo!Derek/15yo!Stiles ]
Dal testo: “Stiles cominciò: «Ci mangiamo dop—...», e si fermò, e ricominciò: «... Vediamo. Non mangiamo», e mentre le sopracciglia di Derek si sollevavano in una curva stupita, Stiles aggiunse: «Non ci mangiamo. Non mi mangiare, per favore!»
E poi scappò via.
In tutto quello, Derek non aveva ancora aperto bocca.
Passò qualche istante di profondo silenzio. Anche Erica, stranamente, si ritrovava zitta. Derek stesso era stupito di quanto potesse essere impacciato quel ragazzino.
«Che sfigato» sentenziò Erica, infine.
E Derek alzò gli occhi al cielo. «Lo so» avrebbe voluto dire. Ma non riusciva a forzare quel pensiero. Perché ogni volta che guardava Stiles o sentiva il suo profumo o coglieva la sua risata, il suo cuore perdeva un battito. Anche in quel momento. Sentiva ancora la scia delle sue mani sul proprio petto; il piccolo graffio al braccio bruciare, non per il dolore, ma per lo sfioramento di pelle contro pelle. E una piccola parte di lui, non poi così piccola, gioiva di averlo appena incontrato.
Forse era lui lo sfigato.”
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Erica Reyes, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: Tutti i personaggi e le ambientazioni contenuti all’interno di questa storia non mi appartengono. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e non intende infrangere il copyright dell’autore originale.


 

Dieci

SCENA I

Quella mattina le lezioni erano passate con la solita lentezza, intervallate da brevi trilli della campanella, dai rumori degli armadietti che sbattevano e rimbombavano per il corridoio. Ora l’ultima campanella aveva suonato. Il rumore si era prolungato a lungo, per poi venire sostituito dal vociare ininterrotto del corridoio. Il solito rumore del termine delle lezioni.

Al suo fianco, Derek aveva Erica. Lei parlava, accontentandosi di essere ascoltata, di non ricevere risposta. Di tanto in tanto, Derek faceva un cenno del capo, e così lei continuava senza farci caso. I commenti di lei erano gossip inutili, voci di corridoio che si spargevano senza motivi precisi e che Derek ascoltava semplicemente per restare informato. E nonostante sembrasse distratto e distaccato, le sue orecchie erano ben attente. Tanto attente da avvertire, alle proprie spalle, una voce fin troppo familiare, fin troppo giovane, fin troppo alta: un urlo indistinto che spazzò via i discorsi di Erica in un batter d’occhio.

Derek fece per girarsi.

Successe tutto troppo in fretta.

Un pezzo di legno gli sbatté all’altezza della caviglia. Due mani calde e sudate si schiaffarono sul suo petto, e furono seguite, subito dopo, da un corpo snello, minuscolo al suo confronto, che gli si spalmò addosso, tremando, borbottando; delle dita scivolose si aggrapparono ai muscoli di Derek, stropicciandogli la maglia, graffiando, involontariamente, un lungo lembo di pelle, e lasciandosi dietro una scia rossa, e quell’odore inconfondibile che Derek poteva ricollegare ad una sola persona.

L’urlo si soffocò contro la spalla di Derek.

«Erica» mormorò a bassa voce. Aveva le labbra serrate in una linea dura, il corpo rigido come la pietra. «Ti prego, dimmi che Stilinski non è appena inciampato addosso a me.» Il suo tono era un basso gorgoglio.

«Quanto vorrei potertelo dire!» Erica rideva. Si teneva una mano sullo stomaco, l’altra all’armadietto, e guardava la scena con divertimento.

Derek sospirò. Si portò una mano all’altezza del petto, lì dove Stiles si era aggrappato, e si liberò dalla sua presa. L’azione era partita quasi rabbiosa, ma era poi sfumata in una carezza nascosta. Ci mise un attimo per accorgersene, Derek; e quando finalmente capì cos’aveva fatto, si liberò velocemente dal corpo di Stiles. Questi barcollò indietro. Ancora incastrato al suo skateboard, inciampò, si ribaltò, e cadde all’indietro all’improvviso sotto lo sguardo sgomento di Derek, accompagnato dalle risate di Erica.

La situazione non poteva diventare più imbarazzante.

«Ahi» mormorò Stiles. Voltò il viso verso Erica, ormai con le lacrime agli occhi dalle risa, e le fece una smorfia irritata, per poco mostrandole la lingua come un bambino. Derek fu costretto a sopprimere un sospiro. E mentre si faceva avanti e porgeva una mano a Stiles, i loro occhi si fissarono l’uno sull’altro. Quelli di Derek verdi fiammeggianti; quelli di Stiles luminosi, di un castano caldo, sciolto.

Derek si sbrigò a far rialzare Stiles e a lasciare la sua mano.

«Spero ci sia un motivo che spieghi perché mi sei appena saltato addosso» disse Derek. E mentre parlava, dal suo fianco arrivò la voce di Erica: «E come biasimarlo…», la frase sussurrata a voce troppo bassa perché altri potessero sentire, ma abbastanza alta perché il viso di Stiles cambiasse completamente colore, tingendosi d’un rosso acceso.

Si schiarì la voce.

«Dovevo... Devo consegnarti questo» disse tenendo lo sguardo basso. Passò a Derek un foglio scarabocchiato, ripiegato più volte su sé stesso.

Erica lo guardò con un sopracciglio sollevato.

Notando il suo sguardo, Stiles aggiunse: «L’hai dimenticato in classe!», il tono rapido, confuso, con la mano che cominciava a tremare debolmente.

Derek fece per dire qualcosa. Stiles gli premette il foglio contro il petto. E prima che Derek potesse afferrarlo, Stiles lo lasciò andare, si tirò indietro, salutò con un cenno del capo e si affrettò ad andarsene. Derek afferrò il foglietto prima che questo cadesse a terra.

«Da quando Stilinski ha uno skateboard?» domandò Erica. Anche Derek, abbassando lo sguardo verso la tavola di legno, si fece la stessa domanda. Ma era ancora interdetto dall’arrivo di Stiles, dal biglietto che si trovava tra le mani, dalla sua sparizione improvvisa, e...

«Ho dimenticato questo!»

E presto Stiles fu di nuovo di fronte a lui.

Raccolse lo skateboard da terra e sollevò lo sguardo un’ultima volta. E poi Derek lesse qualcosa nei suoi occhi: il bisogno di dire qualcosa, di sentirsi dire qualcosa, e ancora prima che potesse formulare un discorso, Stiles cominciò: «Ci mangiamo dop—...», e si fermò, e ricominciò: «... Vediamo. Non mangiamo», e mentre le sopracciglia di Derek si sollevavano in una curva stupita, Stiles aggiunse: «Non ci mangiamo. Non mi mangiare, per favore!»

E poi scappò via.

In tutto quello, Derek non aveva ancora aperto bocca.

Passò qualche istante di profondo silenzio. Anche Erica, stranamente, si ritrovava zitta. Derek stesso era stupito di quanto potesse essere impacciato quel ragazzino.

«Che sfigato» sentenziò Erica, infine.

E Derek alzò gli occhi al cielo. «Lo so» avrebbe voluto dire. Ma non riusciva a forzare quel pensiero. Perché ogni volta che guardava Stiles o sentiva il suo profumo o coglieva la sua risata, il suo cuore perdeva un battito. Anche in quel momento. Sentiva ancora la scia delle sue mani sul proprio petto; il piccolo graffio al braccio bruciare, non per il dolore, ma per lo sfioramento di pelle contro pelle. E una piccola parte di lui, non poi così piccola, gioiva di averlo appena incontrato.

Forse era lui lo sfigato.

Allora cambiò discorso. «Oggi pomeriggio da te?» chiese, e guardò le sopracciglia di Erica sollevarsi e il suo sorriso vacillare appena.

Non aspettò risposta.

Sbatté l’armadietto alle proprie spalle e s’avviò verso l’uscita dell’edificio. Finalmente da solo, pensò. E si portò una mano al petto, lì dove Stiles si era aggrappato. Sentiva ancora il suo calore su di sé. Le sue mani sulla pelle.

Imprecò a bassa voce.

Poi lanciò un’occhiata al foglietto che gli aveva dato Stiles. C’erano solo un luogo e un orario scritti sopra, la grafia curata, un leggero sbavo nell’angolo del foglio.

Involontariamente, Derek sorrise.

 

SCENA II

«Puoi mettere via quel cellulare?» La voce di Derek era scontrosa. «Dobbiamo finire il progetto, e sinceramente? Non ho voglia di doverlo riprendere domani.»

«Sì, sì, ora lo metto via…» cominciò Erica, ma le sue dita continuavano a muoversi sullo schermo illuminato del telefono. «Derek, ma tu lo sapevi che Boyd sta…» Erica si bloccò. La sua espressione seria si sgretolò in pochi attimi e si trasformò in una smorfia di scherno. Era un’espressione tipica di Erica – un’espressione tipica di Erica che metteva gli occhi su qualcosa che considerava da perdenti.

«Guarda questi sfigati.» Derek alzò gli occhi al cielo. Erica voltò il telefono. Sullo schermo c’era un’immagine sgranata di un ragazzo coi capelli corti, così corti da sembrare un’ombra leggera, e degli occhiali poggiati sul ponte del naso, così grandi da coprirgli buona parte della faccia. Erano dorati, modellati in uno stile barocco tutt’altro che piacevole alla vista. Sotto di essi, nella guancia destra, c’era un piccolo neo.

Era Stiles.

Nella descrizione della foto aveva scritto: «Qnt sn carino da 1 a 10???», senza vocali, con venti punti di domanda, con un numero infinito di faccine ridicole e pacchiane, tanto quanto i suoi occhiali.

Era una foto che Derek conosceva bene.

S’irrigidì.

Erica cominciò a sfogliare i commenti. Ce n’erano un’infinità: di Scott, di Isaac, di Liam, tutti gli amici più stretti di Stiles, anche loro della sua età, che si sfidavano per chi fosse il più idiota. Derek lo sapeva bene.

Perché li aveva letti tutti.

«Ad ogni modo, cosa fai stasera? Pensavamo di uscire con i ragazzi dell’Università.» Erica continuava a sfogliare i commenti della foto, senza fare troppa attenzione al discorso.

«Non posso. Ho un appuntamento.»

«Un appuntamento?» Erica spalancò gli occhi. «E con chi?»

Sulle labbra di Derek si aprì un sorriso malvagio. «Con lo sfigato.»

E quando Erica abbassò gli occhi, vide tra i vari commenti il nome di Derek.

«10.»

Quella era stata la sua risposta.

 

SCENA III

Casa Stilinski non avrebbe mai smesso di fargli venire la pelle d’oca. Ogni volta che Derek si trovava davanti alla porta in legno il suo respiro si spezzava all’improvviso. Prima di suonare, lunghe scariche elettriche gli attraversavano la spina dorsale e arrivavano ai polpastrelli, facendoli pizzicare. Era allora che prendeva un respiro profondo. Si passava una mano tra i capelli, fingendo tranquillità, e poi suonava.

E aspettava.

Era quasi sempre lo Sceriffo ad aprirgli la porta. Portava sempre la pistola al fianco, spillata dentro la sua custodia. Di tanto in tanto, Derek ci lanciava uno sguardo.

«Come vanno le ripetizioni?» chiedeva lo Sceriffo.

Derek accennava un sorriso soddisfatto. «Molto bene» diceva. Solo allora lo Sceriffo si faceva da parte. Alle sue spalle, poggiato al corrimano della scala, c’era sempre Stiles, agitato e un po’ arruffato, che guardava suo padre come a dirgli: «Oh, andiamo!».

La scena era sempre la stessa, una specie di rituale tutto loro. Ma questa volta Stiles non lo stava aspettando sulla rampa delle scale.

Derek salutò lo Sceriffo Stilinski e si spinse su per le scale, puntando dritto alla camera di Stiles. Bussò piano. Dall’altra parte della porta arrivò un flebile rumore.

Stiles ne aprì un piccolo spiraglio. «Cosa vuoi?» borbottò. Ma non riuscì a mantenere il contatto visivo e presto richiuse di nuovo la porta, lasciando Derek interdetto.

«Me l’hai detto tu di venire» disse Derek. Poggiò una mano sulla maniglia ma non la abbassò. «Nel biglietto che mi ha portato oggi a scuola.»

«Se non me lo fai vedere non puoi entrare» disse allora Stiles.

Derek, di nascosto, sorrise. Si sfilò il foglietto incriminato dalla tasca e si piegò per farlo scivolare sotto alla porta. «Ora posso entrare?»

Stiles non rispose, e Derek lo prese come un sì. Aprì piano la porta e trovò il ragazzo seduto sul letto, la schiena stranamente rigida, lo sguardo basso sulle proprie mani. Se le torceva e rigirava, tirava le pellicine attorno alle dita per poi mangiucchiarle.

Tanto nervosismo Derek non l’aveva mai visto.

«Perché mi hai fatto venire qui?» domandò.

«Volevo solo parlare ma poi… Oggi pomeriggio…» Derek sollevò un sopracciglio.  Allora Stiles esplose: «Scott l’ha scoperto!» disse all’improvviso. I suoi occhi si spalancarono e subito si portò le mani sulle labbra.

Derek lo guardò confuso. «L’ha scoperto?» Corrucciò la fronte. «Cos’è che ha scoperto?»

«Il tuo commento. Sotto la foto. L’ha visto e poi mi ha chiesto perché tu avessi commentato. E allora ho evitato la domanda. Ma poi lui l’ha capito. Non l’ho fatto apposta!» esclamò, i suoi occhi ormai umidi. «Io tecnicamente non l’ho detto. Non ho confermato niente. Ma…»

«Non importa» lo bloccò Derek. Fece qualche passo avanti. Stiles boccheggiava ancora alla ricerca di qualcosa da dire, di un chiarimento, ma Derek lo bloccò passandogli una mano sul capo. I suoi capelli gli pizzicarono delicatamente il palmo.

«Non… sei arrabbiato?» La voce di Stiles era titubante.

«Io l’ho detto ad Erica» disse Derek. Scrollò piano le spalle e s’infilò meglio tra le cosce di Stiles, restando in piedi davanti a lui. E Stiles lo prese come un invito: avvolse le braccia magre attorno ai fianchi di Derek e si appoggiò al suo ventre con la guancia. «Il che vuol dire che domani lo saprà tutta la scuola…» Derek sbuffò. Stiles rise.

Derek gli regalò un’altra carezza tra quei capelli così corti, e vide Stiles poggiarsi alla sua mano come un gatto, cercando maggior contatto; un’altra carezza, un altro sfioramento.

«Quindi ti va bene così?»

Derek annuì. «Mi va bene così.»

In uno slancio di felicità, Stiles fece ricadere Derek sul letto e si arrampicò su di lui, curioso e allegro, e si sporse per baciargli la guancia. Si lasciò dietro una scia umida e calda, l’impronta delle sue labbra incisa a fuoco sulla pelle.

Era la prima volta che si baciavano. E anche Stiles parve accorgersene: il sorriso che si aprì sulle sue labbra per poco non lo accecò.

Valeva la pena aspettare, pensò Derek, se il risultato era tanto dolce.

 


 

La storia è nata grazie ad un prompt della pagina Sterek Prompt su Facebook. A questo link potete trovare il prompt e la foto originale (la stessa che viene citata all’interno di questa fanfiction). La storia è da prendere molto alla leggera. Mi è venuta più fluff di quanto non avessi immaginato, ma va bene così. Spero solo di non essere uscita dai personaggi!

Io mi sono immaginata Dylan della prima stagione come Stiles e Ian Nelson come Derek. Anche per questo motivo Derek è più delicato, perché nelle scene flashback con Paige era troppo un patatino. E voi, come ve li immaginate i personaggi?

Alla prossima,

heartbreakerz

   
 
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