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Autore: Kokky    01/06/2009    8 recensioni
[KyoHaru - per Letizia e i suoi 19 ♥]
Haruhi si vide costretta a dire: «Scusa. Mi stavano inseguendo, ho visto la porta di questa stanza… c’era scritto “Non disturbare, pena la morte. Kyoya”, e ho pensato che non si sarebbero mai azzardati ad entrare…», sbottò, senza alcuna remora.
«E tu non hai paura di me?», sibilò Kyoya
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Haruhi Fujioka, Kyoya Ohtori
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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A Letizia per i suoi 19 anni. Nee-san dolce e pucciosa,

adorabilmente delirante, deliziosamente amorevole;

nee-san saggiamente Hyuugacest, nee-san di cui

condivido le coppie <3, nee-san foglioso amabile

pokemon Lettuce. Insomma, nee-san con i fiocchi

e i kokky! *ò*

 Auguriauguriauguri

 

 


she had the sightless eyes, telling me no lies

{KyoyaHaruhi}

 

 

Kyoya sedeva su un divanetto comodo, di velluto rosa – si intonava all’intero Host Club e ai gusti romantici delle clienti. Era il suo momento di relax, con le gambe accavallate, gli occhi chiusi dietro le lenti da vista e le braccia distese.

La stanza in cui si trovava, una delle tante dell’Host Club (sbucavano come funghi dopo la pioggia d’autunno, quelle camere color rosa antico), era abbastanza spoglia: c’era un altro divano, un tavolino e delle finestre alte e larghe da cui filtrava il sole placido di maggio.

Kyoya non volle sentire gli urletti eccitati che, da qualche parte vicino a lui, si levavano in aria. Era meglio far finta di nulla, almeno per un po’. Quel giorno aveva stabilito i prezzi di tutte le merci utilizzate dai membri degli Host Club, una faticaccia che però avrebbe fruttato bene, grazie alle solite clienti esagitate.

Magari la prossima volta avrebbe fatto un’asta…

La porta si spalancò e si richiuse in un istante fatto di rapida disperazione. Kyoya avvertì la presenza soffice di qualcuno dietro di lui, ma non aprì gli occhi. Il qualcuno, pertanto, cercò un nascondiglio che non c’era, fece qualche passo e poi si accovacciò dietro il divanetto, accanto a Kyoya e al tavolino.

Il re malefico spalancò gli occhi, finalmente, e non si sorprese più di tanto di trovare Haruhi Fujioka seduta sul pavimento, con lo sguardo castano che scorreva veloce su tutta la stanza, incappando e fermandosi ogni tanto sul corpo di Kyoya.

Haruhi si vide costretta a dire: «Scusa. Mi stavano inseguendo, ho visto la porta di questa stanza… c’era scritto “Non disturbare, pena la morte. Kyoya”, e ho pensato che non si sarebbero mai azzardati ad entrare…», sbottò, senza alcuna remora.

«E tu non hai paura di me?», sibilò Kyoya, pulendo gli occhiali con un panno.

 «Beh… ecco, volevano farmi provare dei costumi da bagno», rispose Haruhi seccamente, ignorando la figura del ragazzo con lo sguardo.

Kyoya si piegò leggermente verso di lei e Haruhi sollevò il viso verso di lui. «Costumi da bagno», ripeté l’oscuro signore – si potrebbe continuare all’infinito sulla regalità oscura del suddetto, si sa; ma no, non è Lord Voldermort.

«Sì. Ed è ancora orario di lavoro, ci sono le clienti… anche loro si sono eccitate, urlando: “Haruuuu, staresti molto bene in costume, dai prova!”. Non avevano visto i bikini», sbuffò esasperata Haruhi, scuotendo la testa.

Kyoya si rialzò, sedendosi meglio sul divanetto. «Sono degli idioti. Ti avrebbero potuto scoprire», sospirò lui, poggiando poi una mano sul posto accanto a sé e facendo cenno ad Haruhi di sedersi. Lei lo fece, non senza esitazione.

«G-grazie. Non immaginavo che t-», cercò di dire lei, bloccata da Kyoya repentinamente.

«Se ti scoprono non potrai ripagare il debito all’Host Club», la precedette.

Haruhi ne fu un po’ delusa, ma era nell’essenza di Kyoya e andava bene così. Effettivamente, a lei non sarebbe cambiato nulla – donna, uomini, tutti uguali insomma! – però non aveva voglia di essere inseguita da Kyoya e di ritrovarsi con il veleno (non l’acqua, eh) alla gola. Il re malefico l’avrebbe raggiunta anche in capo al mondo.

«Giusto», sillabò quindi, muovendosi sul divanetto rosa.

Un “Haruhiiiii dove sei?” urlato troppo forte giunse fino alle loro orecchie.

Kyoya si voltò verso di lei e la squadrò da dietro le lenti, con gli occhi scuri che la studiavano. Haruhi rimase in silenzio, seguendo il suo sguardo.

«È meglio stare qui per un po’», sentenziò Kyoya.

Lei annuì.

Il tempo si dilatò, allungandosi: Haruhi sentiva la presenza fredda di lui accanto a lei, riusciva a immergersi nella sua intimità – che era fatta di silenzio calcolatore, di ore passate a ragionare – fin troppo bene, sguazzando nella sua essenza.

Haruhi ebbe voglia di spezzare quella sensazione. «È strano», disse, volgendosi verso il bel viso di Kyoya, che aveva gli occhi chiusi ma l’ascoltava. «Molto strano che tu mi permetta di parlarti. O che mi fai perdere tempo facendomi scervellare su di te. Pensi solo ai profitti, e questa è una perdita per l’Host Club, no?».

Kyoya non si mosse.

«Allora ho pensato che, come ho intuito quella volta al centro commerciale, non per forza i tuoi profitti sono materiali e ricollegati al denaro. Ma… io non sono Tamaki, che ti da l’amicizia e tutto se stesso, così come fai tu – anche se non vuoi darlo a vedere», ragionò ancora Haruhi. «E allora, che senso ha tutto questo? Che profitto trai da me?».

Solo allora lui spalancò gli occhi scuri e ghignò. Alzò una mano e le carezzò la gota. «Secondo te?», sussurrò. Dentro di sé il tumulto delle emozioni vorticava, e lo stupore urlava la verità.

Lei arrossì leggermente a quel tocco, ma le dita di Kyoya non si smossero. «Io… io credo… non so, forse perché sono un membro dell’Host Club, così come fai con i gemelli, anche quando si comportano come diavoli e tu…», tentennò. Haruhi non aveva immaginato quella mano, quando aveva posto la domanda: cercava un diversivo e probabilmente una verità.

Lui sogghignò ancora di più, piegando le labbra in un sorriso crudele. Eppure lei vedeva che dietro di esso c’era Kyoya, e Kyoya era soddisfatto di lei e deluso da se stesso – Haruhi vedeva ancora una volta lui, e non la patina protettrice che gli si appiccicava alla pelle.

«È una cosa illogica, non trovi?», sibilò Kyoya, allungandosi su di lei. Le sfiorò le labbra con le proprie e Haruhi rimase immobile.

Lui sorrise con lo sguardo. «Eppure ogni cosa ha un suo perché, e ti ripeto che fra uomini e donne c’è una sostanziale differenza», disse, carezzandole il collo bianco. Premette la bocca sulla sua e si scansò.

«E anche tu lo sai, pur non volendo ammetterlo».

 

Haruhi poi, dopo che Kyoya si alzò dal divanetto, comprese quel labile filo che divideva i due sessi. Comprese che l’amore poteva manifestarsi in molte forme e che il profitto che Kyoya avrebbe avuto da lei, se Haruhi si fosse lasciata andare e con lei lui, non sarebbe mai stato paragonabile a quello che riceveva da tutto l’Host Club – da Tamaki, da Tamaki.

Comprese che anche lei, pur vestendo da uomo, era una donna, aveva i lineamenti sottili e l’animo differente; comprese lo sguardo che Tamaki non conosceva ma che le lanciava.

Comprese che Kyoya le aveva solo fatto un favore, quella volta nella villa di Nekozawa e qualche istante prima: adesso sapeva cosa le batteva al posto del cuore – l’amore che squarciava dolcemente il petto e il flebile interessamento, che alla fine non era nulla, che provava per Kyoya.

«Grazie», mormorò allora al suo orecchio, dopo essersi alzata repentinamente.

Lui si voltò a guardarla, con gli occhi socchiusi e le lenti spente. Haruhi si sollevò e gli diede un bacio soffice e leggero.

«Addio», gli bisbigliò infine.

Kyoya la osservò svanire dietro la porta e non disse nulla, mentre piegava le labbra in una smorfia.

 

L’animo competitivo che animava Kyoya si acquietò: non avrebbe mai avuto Haruhi, era vero, e non avrebbe mai lottato per possederla, ma… lui l’aveva baciata per primo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N/A:

Semplicemente, il titolo – che c’entra e non c’entra, ma amo – viene dalla song “You shock me all night long” dei AC/DC. E basta.

Tanti auguri di nuovo nee-san Leti, ti voglio tanto bene! >w<

 

E *^*, .

   
 
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