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Autore: crimsontriforce    01/06/2009    0 recensioni
Tutto quello che ho da dire è che / Questa storia è meglio rifinita / Per sue opere e saggezza che per mie.
Sir Zandi, o il cavaliere della vecchia carretta.
Aspetti dell'amore nella spirale.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '4. Dalle rovine della città profonda'
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To Jeff Zandi, should you ever come by this page: this is a piece of fanfiction concerning your Uru persona, whom I dearly admire. To make a short story shorter, it's an amused rejection of courtly love as a nobilitating force when compared to Yeesha's Call.
The story is based solely on the Uru character but, should you find it distasteful for any reason, please drop me a line at laughingpineapple at googlemail dot com and I'll get it off the internet in no time. :)

[/OOC]





E LA DIGNITÀ SE NE VA AFFFANBIGLIAAA...

Prima classificata (O_o), Courtly Love @ True Colors. Sìsì. Ciao Jeff, eh. Ciao Yeesha.
O personaggi che non esistono proprio o che esistono troppo, io. Vie di mezzo? Quali vie di mezzo? Le vie di mezzo sono per perdenti.
Aaaaaaaaaaaaandiamo avanti. Le note in fondo, assieme al mio amor proprio.


Disclaimer: Gli avvenimenti narrati sono frutto di fantasia. Non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere delle persone descritte né offenderle in alcun modo. Se possibile, anzi, il tutto è da intendersi come tributo di affettuosa stima. Ha. Ha. Ha.





L'uomo che fermava i mulini a vento


And we can only say yes now
(Suzanne Vega)

The kingdom of D'ni si not made of rock and stone,
but heart and mind
(Words, 2:34)








| | |. Periferia di Carlsbad, Eddy County, NM.



Jeff Zandi, figlio di un intraprendente archeologo e a sua volta esploratore esperto, si era perso.

In quell'angolo di mondo dimenticato da Dio e da Barnes & Nobles, una libreria ben fornita era un rifugio prezioso, uno cui Jeff non avrebbe mai rinunciato per futili ripicche personali.
Poteva ancora perdonare l'assenza di chiare demarcazioni sugli scaffali, o il dover sempre aspettare per mesi i titoli Miller Press (era pur sempre in un angolo di mondo dimenticato da Dio e da Barnes & Nobles, e quella una casa editrice dimenticata dallo stesso e da DHL e se ne rendeva perfettamente conto), o che il reparto 'scienza' sfumasse sempre fra 'religione e spiritualità' e/o 'fantasy e fantascienza', il che inframmezzava le sue ricerche con scoppi d'ilarità. Ma si era fatto l'idea che i due anziani proprietari avessero come modo preferito di scacciare la noia dei giorni di chiusura quello di rivoluzionare ogni volta l'ordine dei volumi, quasi s'illudessero di uscirne con una libreria nuova, clienti nuovi, uno squarcio su una vita nuova e, quello sì, una forma fisica invidiabile per la loro età. Anche per la sua, a ben vedere.

Così quel giorno, mentre credeva di puntare a colpo sicuro verso L'universo elegante – superstringhe, dimensioni nascoste e la ricerca della teoria definitiva, si trovò d'un tratto assediato da una schiera di volti miniati di re e cavalieri che lo osservavano con sguardo vacuo. L'edizione integrale dell'opera magna di Sir Thomas Malory, La morte di Artù, sembrava particolarmente minacciosa.
Indietreggiò cauto di qualche passo. Imboccò un corridoio a caso, sperando in maggior fortuna.

Studiò pigramente i volumi su cui cadeva il suo sguardo, ma il pensiero vagava altrove. Girava attorno al Jeff tredicenne che aveva ricevuto in dono dal padre una copia del Re Artù per ragazzi ridotto da quella stessa opera, ultima espressione dei suoi tentativi di far sorgere nel pargolo un qualsivoglia interesse per la Storia.
Le avventure gli piacquero, com'era da aspettarsi. Ma non finì mai il libro. Non riusciva a perdonare Lancillotto. Non accettava che quell'amore dall'elevazione tanto decantata (e che non gli sembrava invece condurre a nulla) finisse per spezzare la Tavola Rotonda che per qualche mese era diventata il suo ideale di vita.
C'è anche da dire che, per la generazione di Jeff, a tredici anni era ancora cosa nota che le bambine avessero le pulci e Ginevra rientrava appieno nella categoria.

C'era voluta, qualche anno dopo, tutta l'umanità modernissima di un professore di Oxford per far tornare quel particolare americano alla corte di un re, ma da lì i suoi interessi avevano preso ben altra piega e, in tutte le loro successive diramazioni, alla fine alla Storia vera non erano più tornati.
Povero, povero Elias.

L'universo elegante attendeva il suo nuovo proprietario al margine estremo del suo scaffale, nascosto, quasi si vergognasse dei vicini: accanto, un grosso espositore in cartone pubblicizzava i dvd di King Arthur, con un'ammiccante Ginevra in bikini a sottolineare l'accuratezza della ricostruzione storica.

Il professor Jeff Zandi inarcò un sopracciglio. Cedette alla coincidenza come gli era stato insegnato, ma non al cattivo gusto – non a quel cattivo gusto. Con la preda stabilita ben salda sotto braccio, ripercorse i suoi passi fino ai poemi originali per aggiungere al bottino il Lancillotto che a una prima occhiata gli sembrò tradotto con più arte. E, ad ogni buon conto, L'allegoria dell'amore: uno studio sulla tradizione medievale.

Penguin Classics. Di certo Watson avrebbe avuto da ridire. E quando mai?


***



Una settimana e tre confusi esploratori dopo, voltata l'ultima pagina, Jeff Zandi aveva ritrovato una certezza: a inseguire dame simili, il massimo che si poteva ricavare era di appagare l'occhio. O altri sensi. Poco cambiava.
In una cosa, però, doveva dar torto al ragazzino disgustato di un tempo.
Se preso alla larga, il concetto in sé non era poi così sballato.







|) |. Cripta di Kadish, Kadish Tolesa (?).



Quell'elmo gli stava veramente male.

Jeff Zandi era seduto su uno dei gradini d'ingresso della cripta di Kadish, immobile come la statua di un pensatore greco sovrappeso.
Nella stanza mancava qualcosa.
Nella fattispecie, la salma di Kadish.
Se n'era andata, non c'era mai stata, portando con sé i suoi tesori. In quel luogo, la morte era stata sopraffatta.

*

La cripta di Kadish, quella vera, aveva sempre suscitato pietà in Jeff. Era il degno completamento del resto dell'Era: una testimonianza tronfia e maestosa della follia insita nella materia e di conseguenza nell'uomo, sopra e sotto la superficie o in qualunque altro mondo. Era possibile sedersi in un punto qualunque del sentiero e conversare a lungo di moralità con le sue rovine senza vita.

Da giovane le avrebbe apprezzate. Poteva immaginarsi intento a invidiarne la grandiosità senza saper leggere fra le loro righe, senza pensare al prima, al dopo e al perché.
Kadish Tolesa era una tentazione umana.
Negli ultimi dieci anni, però, Jeff Zandi aveva accettato che la sua vita potesse essere altro. Aveva chinato il capo di fronte alle parole di una maestra e, in suo nome, aveva provato a crescere.

Per meglio dire, ci provava ancora. La via era lunga (e prosegue senza fine, lungi dall'uscio dal quale parte, recitava a volte per farsi forza). Ma aveva camminato abbastanza da potersi voltare indietro e provare solo distaccato disgusto di fronte a quel nocciolo marcio sospeso in un baratro di foschia viola.

*

Il vuoto che lo circondava in quel momento, al contrario, di umano non aveva nulla. Era la cripta di Kadish, ma non poteva esserlo, perché conduceva lì un libro che si trovava già nella cripta di Kadish.
E poi era vuota. Niente tesori, niente Kadish. Solo farfalle rosse a reclamare la vita nell'Era e un biglietto, scritto con mano poco più che bambina, a testimonianza del passato.
Il vuoto di quella cripta non era umano perché lì perfino la morte era stata sovrastata da un potere che di umano aveva ben poco. Il vuoto di quella cripta ti prendeva al cuore e alla gola, ti riecheggiava nella testa come la peggiore emicrania e la testa non aveva altra scelta che lasciarlo fare, perché doveva arrendersi all'assurda consapevolezza di non poter più pensare.

Come D'ni.

Come gli spazi morti di D'ni, era un vuoto così intenso da attecchire anche nelle zucche dure come la sua. Così vasto da colpire anche sotto le difese di tutte quelle scimmie istruite la cui unica preoccupazione era analizzare la tecnica che aveva reso possibile un prodigio del genere.
Ci aveva provato anche lui, beninteso. Era il primo fra le scimmie istruite, se lo diceva sempre. Ma almeno aveva avuto la decenza di darsi del cretino dopo dieci minuti e smetterla.
Cerca la conoscenza e troverai il male, aveva scritto l'Osservatore cinquemila anni prima.
Cerca la saggezza e troverai la conoscenza.
Cerca la verità e troverai la saggezza.
Cerca l'amore e troverai la verità.

Jeff Zandi aveva cercato l'amore, a modo suo, e una delle verità che aveva trovato era che il peso che gravava sul cuore di D'ni era fonte di trasformazione, mentre in quel luogo vedeva solo orrore.
Un orrore privato. L'idea di violare la sua privacy lo metteva a disagio: anche per quello era fermo da un'ora sui gradini. E non lo consolava la consapevolezza che fosse stata proprio Yeesha a lasciare lì quel libro, così che gli scemi come lui vedessero e apprendessero dalla sua mancanza.
Jeff Zandi aveva visto molti libri e da essi aveva appreso un poco, ma per quello non era ancora pronto. Non era pronto a toccare con mano l'ombra più lunga che lei aveva lasciato e non era pronto a vedere la sua sofferenza e a non poter fare nulla per alleviarla.

Per quello si era messo in testa quel ridicolo elmo: avrebbe voluto – e nel pensarlo si passò una mano sulla fronte, da tanto si sentiva ridicolo – avrebbe voluto essere il suo paladino. E... basta. Si impedì di proseguire.

Peraltro, quell'affare gli stava veramente male.
Lo ripose sul sacco in cui l'aveva trovato e si Collegò verso il sole di casa.







|< |. Proprietà privata di Elias Zandi, Eddy County, NM.



Andato. Non il più sveglio del circondario, ma un altro col cuore al posto giusto.

*

Non rivedeva mai i più brillanti. Quelli scavalcavano la staccionata, intuivano dov'erano finiti, a stento si presentavano e schizzavano via a cercar simboli come se non avessero mai fatto altro in vita loro. I nerd – e Jeff Zandi aveva un buon occhio per riconoscerli: questione di affinità – probabilmente non avevano fatto altro in vita loro dal '93 in poi.
I cocciuti invece lo evitavano di proposito. Poteva vederli all'orizzonte mentre si arrovellavano, si smarrivano, perdevano il conto delle pezze che avevano già trovato. Ma non tornavano da lui a cercare conforto. Dovevano farcela da soli, questione di principio. O di nerd. Alla fine, sempre lì si andava a finire.
Così gli restavano gli allocchi, che spesso erano quelli che erano stati sordi alla Chiamata fino a tre giorni prima e non avevano quindi avuto modo di allenare la mente prima della prova dello spirito che li attendeva. Loro sì, loro tornavano. Anche troppo spesso. E Jeff spiegava tutto a ognuno con pazienza biblica, perché erano Riuniti come tutti gli altri, frammenti della nuova D'ni che arrancavano verso l'origine, importanti come tutti gli altri. Jeff li aiutava e in cambio osservava di sottecchi il loro cambiamento prima e dopo averla vista.

“Ti ha lasciato un messaggio nella Fenditura”, diceva solo. “Ascoltalo bene.” “Seguila.”
Non aveva mai amato gli spoiler: preferiva che la forza delle sue parole giungesse intatta ai nuovi arrivati. E poi li vedeva cambiare. Vedeva chi capiva, chi no, chi non ancora, chi rifiutava, chi si arrendeva all'evidenza.
Con i soli allocchi a disposizione, non ne risultava una gran statistica. Ma Jeff Zandi non era un matematico, era solo un uomo fedele al suo ideale.

Il suo era un ideale schivo, antico e con due occhi azzurri che riflettevano i cieli di tutte le Ere mai scritte.
Un ideale che aveva la sua devozione, in un modo che certi avrebbero chiamato amore.
Che gli aveva chiesto di condividerla col mondo.
Lui l'aveva fatto, dapprima diffidando di quello che le masse avrebbero potuto fare di un messaggio difficile, ma il Viaggio è anche imparare a dare ciò che si è ricevuto e con quel pensiero si era fatto forza.
Aveva ricevuto in cambio centinaia di esistenze, riflesse nell'unica svolta che le accomunava. L'ultima era quella del ragazzo appena partito, un californiano timido timido dagli occhi dolci. La registrazione olografica l'aveva scosso fino alle lacrime – fatto commovente a sua volta considerato che era uno nuovo, non un galletto so-tutto-io che la mattina non usciva di casa senza maglietta di Myst e bloc notes alla cintura. Il ragazzo aveva già detto di sì. Qualunque fosse stata la sua vita, era pronto a cambiarla. Per qualsiasi cosa fosse un 'Uru'. Per le Ere. Per lei.
La sua gioia intima, che già iniziava ad affiorare come un rigagnolo nel deserto, era gioia anche per Jeff e valeva mille volte il dovergli ripetere, ancora, che non aveva controllato bene dietro il cancello. Sì, l'unico cancello nel raggio di due miglia. Non è difficile, suvvia.

*

Dopo due anni dacché aveva aperto una paginetta su internet per guidare i primi arrivati, la sua posizione era meno speciale. Non era più l'eroe tragico che, lancia in resta, si scontrava a più riprese con una manica di buzzurri inciampati per caso in un buco in terra. C'erano nuovi esploratori di D'ni, quelli che aveva fatto entrare quatti quatti dalla porta di servizio, quelli di Yeesha e anche un po' suoi. Quegli esploratori avevano visto, sentito, compreso. Comunicavano fra loro. Tracciavano Viaggi. Gettavano nuove radici.
Fedele giardiniere in seconda, osservava soddisfatto il suo germoglio di persone che finalmente cominciava a crescere e diventava una barriera compatta con cui il DRC era costretto a fare i conti.

Jeff Zandi non lottava più contro i mulini a vento.

Giusto a proposito di mulini a vento, si disse a malincuore. Se il californiano simpatico era partito, biglietto per Relto di sola andata arrivederci e grazie, era tempo che anche lui abbandonasse la frescura della sdraio per dedicarsi a quello che amava definire 'il suo lavoro'. Un nobile mestiere, cortese eredità di Elias.

Si calò nella Fenditura, scale e ponti che scricchiolavano a ogni passo. Dedicò un minuto di silenzio a lei di fronte al proiettore olografico. Risistemò i pulsanti, ma non lo attivò. La sua memoria bastava per far echeggiare all'infinito le parole di Yeesha fra quelle pareti e a rivedere ogni suo gesto: questi erano teneri, quelle intrise del Tutto.
Giunto a “Considerala una ricerca – no, una richiesta”, con le mani unite in preghiera, si accorse di avere gli occhi umidi e si affrettò verso l'altra stanza per rimettere la sicura che, su in superficie, bloccava il mulino.

Un altro duro giorno di lavoro era andato. Avanti il prossimo.

Quella del mulino era una difficoltà in più che imponeva a ogni visitatore. Molti l'avrebbero definita inutile e l'avrebbero perfino avversata, se solo l'avessero saputo, ma Jeff Zandi non voleva avere nessuno sulla coscienza: se doveva scaricare gente su una Relto senz'acqua né cibo e sperare che se la cavassero in un paio di giorni, riteneva necessario che prima sperimentassero almeno un assaggio di quello che era loro richiesto.

Aveva anche bisogno di una buona scusa per vincere la pigrizia, tornare nella Fenditura di tanto in tanto e potersi commuovere come un bambino. Ma questa, come si dice, è un'altra storia.







| ,-|. Baron City Office, Ae'gura, D'ni.



Certi giorni gli faceva fatica perfino Collegarsi.
L'umanità passa i decenni a sognare il trasporto istantaneo e quando lo ottiene (seppur per vie traverse), ecco, anche quello è troppo impegnativo.
Poteva essere il pensiero di dover passare da un altro mondo per raggiungere una destinazione che stava proprio sotto i suoi piedi, che era sì una legge fondamentale dell'Arte ma, riformulata così, sapeva un po' di fregatura e un po' di scalo aereo. Poteva essere inerzia, che è un modo più fine per dire sempre pigrizia. Di fatto, per Jeff, che di giri su e giù per gli universi ne aveva già fatti a sufficienza, il programma migliore per la giornata sarebbe stato quello di restare a letto a riflettere per i fatti suoi.
Eppure, pochi minuti dopo, la sua sagoma si stava ricomponendo tre miglia sotto la superficie, col caratteristico boato seguito da un ben più umano sbuffare.

L'ufficio di Douglas “Barone Shroom” Sharper conteneva, a modesto parere di Jeff Zandi, circa centoventi metri cubi della boria più concentrata che la millenaria storia di D'ni avesse mai prodotto, distribuiti su due piccole stanze contigue e una nicchia che dava sul lago. Le pareti rotonde in pietra nuda scavata, i fregi floreali e la luce calda e soffusa avrebbero dato al luogo un'atmosfera più accogliente di buona parte di D'ni, ma dalla boria non c'era scampo. Jeff era circondato.

Si avvicinò alla scrivania e scosse la testa al trovarla nel consueto disordine. Non fosse stato per il fatto che i suoi indizi scomparivano da una visita all'altra, avrebbe quasi sospettato che il sedicente barone non li avesse nemmeno visti, lì in mezzo alla confusione. Ma il problema aveva radici più profonde: cestinati o ignorati che fossero quei bigliettini, Jeff Zandi portava in fondo al cuore la dura consapevolezza che non sarebbero mai serviti a nulla, perché il DRC era composto da un morto e una decina di teste vuote, di recente peraltro ridottesi a una sola, quella di Sharper. Che era sempre stato un buffone senza speranza. Gli altri si erano volatilizzati al seguito della scomparsa di Watson senza nemmeno provare a cercare con un criterio il loro grande capo. Henderson... ricordarlo faceva male.
Con simili premesse, se Jeff insisteva con quella storia era unicamente per gli esploratori. Persone senza nome, ma con l'umiltà necessaria a ricercare. E, non fosse stato per l'annosa questione della ricalibrazione del Great Zero, svrebbe mandato a quel paese da tempo il Barone e si sarebbe scritto le coordinate con la vernice spray sul retro della roulotte. Color verde fluo, appena a destra della pezza del Viaggio: chi voleva capire capisse e gli altri a casa, perché essere pazienti non significa necessariamente aver voglia di gettare perle ai porci.

Invece si sedette alla scrivania, con un altro sonoro sbuffo, prese in prestito una matita e tracciò su un fogliaccio i numeri che ormai conosceva a memoria: 2175.58.-81. Quattro cifre, due, due negative. Angolo, distanza, altitudine. Che razza d'asino non avrebbe capito di cosa si trattava? Una razza con un cappellaccio a tesa larga e un paio di grossi baffi, evidentemente. Ma a Jeff Zandi era stato assegnato un compito e l'avrebbe svolto, che gli piacesse o meno, che il destinatario lo apprezzasse o meno, che qualcuno prima o poi risolvesse quel grosso pasticcio o meno.
Che il suo cauto ottimismo sulla Restaurazione scemasse nel nulla o meno.

La sedia era comoda e D'ni, per definizione, fresca.
Terminata l'incombenza giornaliera, rilassò schiena e spalle e si appoggiò allo schienale imbottito, immergendosi nel silenzio assoluto che avvolgeva Ae'gura in quei mesi d'attesa.

*

Il risveglio giunse con un rumore di Collegamento all'interno dell'ufficio.
Portò una mano alla sua Relto, pronto a cambiare Era a sua volta, mentre socchiudeva le palpebre cercando d'intuire chi si stesse materializzando qualche metro davanti a lui, nell'unico punto di Collegamento dell'ufficio.
Ma quel luogo rimaneva vuoto.

In quel momento gli sembrò che il tempo si rivoltasse su se stesso, come al passaggio di una barca che fendendo il mare si getta attorno due scie di spuma increspata.
In mezzo a tutto, rumore di sandali alla sua sinistra, moltiplicato e rifratto nel tempo scomposto. Poi silenzio.
Muscolo dopo muscolo, Jeff Zandi si voltò.

Yeesha lo osservava dalla penombra dell'arco di pietra, distinta dal mondo che la circondava quanto una mano dalla pagina piatta che sfiora. Era seria e stanca.
Aggrottò le sopracciglia. Nell'oscurità, i suoi tatuaggi sembrarono muoversi fluidi sul viso, creando nuovi simboli che lasciava da interpretare a lui soltanto.
“Grazie”, gli disse. Annuì piano e scomparve.

Passò qualche minuto di vuoto prima che Jeff tornasse ad accorgersi di respirare.
Sotto il suo fiato, all'unisono, sentì il battito profondo della Città.

“Piacere mio, milady”, sussurrò. “Piacere mio.”







|–|. Proprietà privata di Elias Zandi, Eddy County, NM.



“Ciao ma'.

Sì, sto bene. Solite cose. Pasti più regolari dei tuoi gatti, di sicuro.

Oh, smettila. Tu hai sposato papà in fretta e furia e sappiamo tutti com'è finita.

No.
Non ho detto niente, ma', tranne quello che hai sentito beniss– no, stammi a sentire tu.
Io ho già trovato la donna della mia vita.
E no, non dico per farti tacere: so sbattere in faccia una cornetta, all'occorrenza.

E cosa vuoi che ti racconti? Che è una principessa più bella di ogni dama? Viva e dolce come il vento d'aprile? Che vale il suo peso in oro e gemme?
Spiritosa. L'ho letto in un libro.

Certo che lo sa, ma', per chi prendi tuo figlio? E poi lei sa tutto. Proprio, tipo, per definizione.
In effetti, me l'ha chiesto lei per prima.

Ma cosa sei, il gran capo delle comari? Sì, le ho risposto sì, contenta?

Non potevo risponderle altro che sì.

No. Mai avuto scelta.
Mai avuto scelta...

Ora ho ospiti, ma', devo salutarti.

Sì, 'ospiti', proprio. Eh, non immagini la vita sociale da queste parti.
Ti piacerebbe.
Forse.

Ciao, sì. Salutami Rod e gli altri.
Ti voglio bene anch'io.”


Obblighi familiari temporaneamente soddisfatti, cellulare infine spento. Brezza ideale. Sonnellino in vista.
Sono in tutto il suo servitore / quel che vuole ch'io faccia farò / e non è adulazione la mia...”, recitò divertito, adattando i versi di Chrétien de Troyes a una canzonetta qualunque.
Gli sorse il dubbio di non essersi spiegato proprio benissimo, prima.
D'altronde, l'unica Chiamata che sua madre potesse aver mai sentito era quella del citofono e in fondo andava bene anche così.

Se preso alla larga, il concetto in sé non era poi così sballato.





















La dignità scrive via KI che sta facendo casino fra la biglia gialla e la viola, ma che comunque crede di aver capito le coordinate e manda tanti cari saluti a casa. Nerdaggine & credits:

@ titoli: Uno due tre e quattro, questo va ordinato direttamente da Miller Press. :') Dal primo vengono anche versi dell'intro, quelli citati alla madre e quelli canticchiati in fondo. Tradotti a casaccio by yours truly, dato che non son riuscita a reperire l'edizione italiana.

@ Watson e pinguini, Watson VS pinguini, Watson pinguino: tru fax! GIYF.

@ quell'elmo: quest'elmo.

@ Alternate Kadish Vault: *precisazione inutile, spero* vorrei essermela inventata, ma c'è davvero.

@ La via prosegue senza fine, lungi dall'uscio dal quale parte: LotR, canzone di strada di Bilbo. Traduzione italiana ufficiale.

@ pezzi di dialoghi citati: traduzione mia, dato che non ho accesso alla versione italiana e quel che ho visto fa ribrezzo.

@ paginetta su internet: preafter.com. Che uomo, che uomo! <3

@ razze d'asino: sono sicura che fra tutti potremmo metter su un bell'allevamento. Io, nella fattispecie, le avevo identificate in fretta come 'coordinate' ma, anche a KI calibrato, mica riuscivo a trovare il posto...

@ cauto ottimismo: this.

@ principessa più bella d'ogni dama ecc ecc: dall'incipit del Lancillotto, parafrasi mia.

@ Rod: Rod Miller.

@ canzonetta: sarà pure 'qualunque', ma con l'aria che tira mi sa che è un 'qualunque' firmato Peter Gabriel... *cogita*

   
 
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