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Autore: Arya010wind    01/06/2009    1 recensioni
Elizaveta era sempre stata tentata di uccidere chiunque le dicesse che un giorno non le sarebbe cresciuto un p**e così come ad un uomo pienamente cresciuto. Era talmente priva di dubbi che non aveva mai domandato nulla, nemmeno quando Gilbert le aveva chiesto se avesse un p**e, no. Ma il credere non può trasformare una ragazza in un uomo quando giunge “quel” momento, e per Elizaveta non vi furono eccezioni. [PrussiaxUngheria]
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Ho trovato questa storia su Live Journal e ho deciso di tradurla. è un tributo ad una coppia che adoro...


Tengo innanzitutto a precisare che questa storia NON è stata scritta da me, bensì da un'utente di Live Journal chiamata shinybaka, una ragazza

canadese Taliandese


che mi ha gentilmente concesso il permesso di tradurre e postare su questo sito la sua storia.


--


.::English Version 4 Shinybaka::.


This story was NOT written by me, but by a Live Journal's user called shinybaka, a

canadian Thai

girl who kindly gave me the possibility to translate and post her story on this site.


--

Inserisco qui il link della sua pagina di LJ ---> Shinybaka's profile


E qui il link della storia Originale ---> Original


Nota: questa è in assoluto la prima FanFiction da me tradotta e postata online. Ho cercato di mantenere il più possibile lo stile dell'autrice e di tradurre nel modo più letterale. Se tuttavia qualcuno trovasse degli errori o delle traduzioni imperfette, può (anzi, deve XD) dirmelo, in modo che io possa rimediare.


Detto questo... Buona lettura! ^^

-.-.-.- Her First Time -.-.-.-


Elizaveta era sempre stata tentata di uccidere chiunque le dicesse che un giorno non le sarebbe cresciuto un pene così come ad un uomo pienamente cresciuto. Era talmente priva di dubbi che non aveva mai domandato nulla, nemmeno quando Gilbert le aveva chiesto se avesse un pene, no. Ma il credere non può trasformare una ragazza in un uomo quando giunge “quel” momento, e per Elizaveta non vi furono eccezioni.


-Non entrare!- un grido provenne attraverso la porta di legno; la cameriera esitò poiché non aveva idea di cosa fosse successo alla persona all'interno della stanza.


-ma...- cercò di replicare, ma rispose un'altra serie di alte e acute grida.


-non ho idea di quali peccaminose azioni abbia commesso, ma sto morendo, so che sto morendo, MORENDO!!! Dev'essere così!! Dio mi sta punendo!! Altrimenti perchè starei perdendo sangue in mezzo alla gambe!!- la cameriera restò sbigottita. Nel mentre si era avvicinata un'altra donna, pronta a darle aiuto.


-e così è il momento- disse, più alla porta che alla ragazza.


-Signorina Hedervary, è tempo che conosca qualcosa riguardo lei stessa-


Gilbert non aveva intenzione di fare nulla in particolare. Gironzolava, cercando di trovare qualcosa da fare che fosse migliore che annoiarsi con quel testardo di Toris, quello strano brunetto che assomigliava ad una ragazza più di quanto qualcuno fosse “realmente” una ragazza. Dopo essersi perso in pensieri inutili, Gilbert si ritrovò nel luogo in cui abitava Elizaveta. I suoi pensieri andarono a lei.

Non era forse il momento che la ragazza conoscesse come era fatta?


Guardando lui stesso, che era diventato un giovane uomo, Elizaveta sarebbe dovuta essere una bella ragazza, sempre che il suo viso non si fosse abbruttito.


Tuttavia, ripensandoci, arrivò a credere che, anche se ciò fosse accaduto, sarebbe rimasta ancora bellissima.


E così decise di dare un'occhiata.


-La signorina Hedervary non desidera incontrare nessuno, sir- gli disse il servo che aveva risposto alla porta. Gilbert non rimase molto stupito e nemmeno prese nota del modo con cui Elizaveta era stata chiamata.


-Signorina, eh? Allora è una ragazza alla fine.- disse, ancora cercando di superare il servo.


-Sì, è ha bisogno di passare un po' di tempo da sola, per favore, non la disturbi ora-


-è così? O, lei vorrà incontrarmi, sai chi sono? Io sono...-


-tu sei Gilbert Weillshmidt, giusto?- un altro servo lo interruppe, avvicinandosi ai due dall'interno


-sì, e allora?- Gilbert sollevò le sopracciglia, aspettandosi una risposta


-la signorina Hedervary ha menzionato il tuo nome specificandoti come un individuo che lei non ha assolutamente voglia di vedere- e qui lo guardò in faccia. Allora il bellissimo Gilbert capì che era cosa migliore irrompere e accedere di nascosto. Così indietreggiò.


-bene allora- era ovvio per quelli che lo conoscevano, e fra quelli i servi non erano inclusi, che lui non si era affatto arreso. Gilbert si allontanò dalla porta d'ingresso. Sentendola chiudersi, si diresse nella direzione che pensava potesse portare alla stanza di Elizaveta.


-Eliz!- chiamando il suo nome abbreviato sotto la finestra della sua stanza, nessuno rispose. Al suo posto, un suono sospettoso fu udito provenire dall'interno.


-che cosa?! Dov'è!!?-


-come è potuto...?! Quando hai lasciato la stanza? Che sia nella sua vecchia stanza?-


Gli sembrò che la servitù fosse abbastanza occupata nella ricerca della principessa scomparsa. Elizaveta doveva aver sfruttato il momento in cui essi erano occupati alla porta con lui per fuggire. Certo, questa era una libera supposizione, ma lui era sicuro di ciò esattamente come era sicuro di qualunque cosa avesse mai detto.


E così compì una vera e propria ritirata da quel luogo per cercare la sua amica da qualche altra parte. Per qualche ragione, fu capace di intuire dove lei sarebbe potuta essere. Avevano lottato molto, ma erano stati buoni amici. Lui non l'avrebbe mai ammesso a voce alta, e lei avrebbe probabilmente preferito morire che confessarlo, ma lo sapevano.


Nella foresta, dove erano soliti incontrarsi, dove a volte lei si rifugiava, dove qualche volta lui si imbatteva in lei senza preavviso.


La trovò là, nascosta fra i cespugli, raggomitolata su sé stessa con entrambe le mani attorno al suo stomaco, e all'apparenza sofferente. Appena lei lo vide, il suo mantello fu portato a coprirle il volto.


-Eliz?- chiamò Gilbert, avanzando lentamente verso la ragazza.


-Il mio nome è Elizaveta!- gli gridò in risposta lei, nonostante fosse ancora accoccolata, il viso sepolto nella stoffa del suo mantello.


-tempo fa mi avevi detto che era Eliz- sostenne lui, senza arretrare. Elizaveta esitò e fremette, dopodiché rispose.


-quello è stato... un errore... un grosso... grosso errore...- la sua voce stridula fece quasi perdere a Gilbert la sua cara maestosità. Avrebbe voluto ridere e essere totalmente bastardo come lui stesso era e essere pestato da lei. Sfortunatamente, trovarsi dinanzi ad una vera ragazza piangente era completamente diverso. Aveva appena capito che ciò che si aspettava non sarebbe accaduto, nemmeno se avesse riso e fosse stato maestoso come avrebbe voluto.


-E...Eliz, sai che con me puoi parlare... vero?- odiava il tono insicuro della sua voce quanto quello stridulo di lei, ma parlò comunque.


-non ti hanno detto la verità, vero? Io stavo...- cercando di dirtelo. Represse le sue parole, pensando che quelle avrebbero solo reso la ragazza ancor più depressa.


-Stavi cercando di dirmelo, lo so- Elizaveta continuò al suo posto, sorprendendolo completamente sollevandosi e guardandolo dritto negli occhi

Le lacrime che scorrevano lungo la sua guancia lo costrinsero a guardare altrove.


-asciugati un po' la faccia. Riderò di te se ti vedrò ancora in questo stato- Disse freddamente. Di certo non sarebbe stato in grado di ridere. Fortunatamente lei gli diede ascolto, così lui potè guardarla senza sentirsi troppo a disagio.


Elizaveta era davvero diventata una bellissima donna. Gilbert rimase folgorato e fece lo sforzo di ricomporsi.


-Così... così hai finalmente capito di cosa sei fatta?- disse


-già... loro... mi hanno ingannata per molto tempo. Avrei dovuto capire...-


-come l'hai scoperto?- non sembrava che Gilbert stesse ascoltando, ma questa era una cosa positiva, in quanto lei non gli aveva dato la possibilità di dire alcuna stupida parola.


-Io... Il-Il seno è apparso per primo...- disse, arrossendo, senza guardarlo, dandogli il modo di rubare qualche occhiata su di lei. Come aveva detto, c'erano dei piccoli seni, abbastanza per capire che si stava trasformando in una lady.

Poco più in basso, qualcosa stava colorando i pantaloni che ancora lei sceglieva di vestire al posto della gonna.


-vorrei in qualche modo fare finta di non notarlo, ma invece... invece...- scosse la testa. I suoi lunghi capelli, non raccolti, volarono tutt'attorno.


-Questa cosa sta diventando davvero strana... ma Io-Io ho davvero bisogno di dirla a qualcuno- Era arrossita ancor di più, entrambe le sue guance erano di un rosso vivido. E non avevano fatto altro che attrarre ancor di più lo sguardo di Gilbert.


-ho... iniziato a sanguinare... in mezzo... in mezzo alle gambe- con questo, Gilbert girò il capo alla velocità della luce nella direzione opposta.


-non stai ridendo, vero? Avevi detto che avrei potuto parlare. Urgh...-


Egli stava per rispondere, ma sentendo il gemito tornò indietro e trovò Elizaveta a terra che si stringeva ancora lo stomaco.


-ehi! Tutto bene?- si precipitò su di lei, la sollevò, ma fu incapace di allontanarsi. Una delle mani della ragazza lo stava stringendo con forza.


-Sto... sto bene... no... in questo momento non sto affatto... non...- le sue parole si dissolsero in un altro gemito di dolore e Gilbert iniziò davvero a preoccuparsi.


-t-torniamo indietro, così... potresti stenderti un po'...- suggerì


-non voglio!!- si girò per morderlo, e in quel momento lui iniziò a dubitare sulla sanità mentale della giovane.


-mi dispiace... mi riposerò un po' qui... va tutto bene...- allontanandosi, si scusò con dolcezza. Gilbert non sapeva davvero che cosa fare, ma quando Elizaveta si sedette a terra, lui portò la sua testa sulle sue ginocchia.


-q-qui va bene... puoi riposare la testa qui per un po', solo per un po', ok?- le disse, arrossendo.


-...grazie- Elizaveta rispose dopo un breve istante di confusione. Una mano stava, seppur con minor intensità, ancora strofinando, massaggiando, stringendo il suo stomaco, ma Gilbert non ebbe il coraggio di guardare o di pensarci ulteriormente. Così concentrò la sua attenzione sull'altra mano, che stava stringendo la sua. Probabilmente non se ne stava nemmeno rendendo conto.


-ti fa male?- la domanda suonava stupida, ma lui la pose comunque.


-sì... davvero. Mi fa... mi fa davvero male la pancia.- rispose lei, cercando di respirare profondamente, come se ciò potesse essere d'aiuto.


-pensavo che tu fossi abituata al dolore, cioè, combatti molto, noi siamo sempre stati ricoperti da ferite- il giovane le diede la sua opinione in base alle sue conoscenze. Entrambi erano passati attraverso guerre e innumerevoli battaglie e dolore. Sembrava assurdo vederla in quelle condizioni.

Ripensandoci però, si ricordò ciò di cui lei si era lamentata tempo prima, quando per la prima volta aveva provato dolore al petto.


-lo so, ma questo fa male... è così orribile. Grazie a dio che mi hanno detto che è normale.- mentre parlava si asciugò la fronte, con la mano di lui ancora stretta nella sua. Agli angoli degli occhi iniziarono a formarsi nuovamente delle lacrime. 'normale'. Sentendo la parola echeggiare nella sua mente Gilbert dissentì.


-se non l'avessi saputo... prima di sapere che cosa fosse... I-Io ho pensato... onestamente ho pensato di stare per morire. Ho pensato che Dio mi stava punendo per qualcosa che avevo fatto e stesse facendo fuoriuscire le mie viscere in modo che non sarei mai diventata un uomo come avevo supposto- lei aveva iniziato a piangere e lui non sapeva ingenuamente che cosa fare.


-ma tu stai bene, ora- le disse


-io... spero di sì- rispose Elizaveta con la voce incrinata dal pianto. -ma ora... non potrò più essere come ero prima...-


-Tu sarai ancora Eliz, e continuerai a malmenarmi, questo è sicuro- la interruppe Gilbert. La giovane non credette a ciò che aveva appena sentito.


-Io? Perchè?-


-perchè te lo permetterò, esattamente come ti ho sempre permesso di malmenarmi, perchè ho sempre saputo che eri una ragazza-


Elizaveta squadrò Gilbert dall'alto al basso e notò che nel parlare era arrossito.


-bugiardo, sei un asino- sghignazzò.

  
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