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Autore: Blablia87    07/02/2017    5 recensioni
“Le gioie violente hanno violenta fine.”
[Adattamento di una delle scene finali della 04x01 - "The six Thatchers"]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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«I'm sorry, Sherlock. He says... John said if you were to come round asking after him, offering to help...»
 
«Yes?»
 
«He said he'd... that he'd rather have anyone but you.»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
A separarli non c’è che un vetro e la pietà di una tenda bianca, pallida come il suo viso segnato. Eppure non gli è mai apparso tanto lontano, Sherlock Holmes, tanto smarrito dietro a quegli occhi attenti, verdi come il punto più profondo del mare in tempesta che gli scuote l’anima.
 
Una parte di lui grida e strappa, chiede di uscire, di raggiungerlo. Implora di trovare ristoro tra la stoffa di una poltrona che gli appartiene - senza un reale motivo, donata - fin dal primo giorno che si sono conosciuti. Esplode in una guerra sanguinosa per la ricerca della pace che sa trovarsi nella voce dell’altro.
 
Ma resta immobile, John Watson. Incatenato dai sensi di colpa alla rabbia più distruttiva, chino su una verità ancestrale che lo costringe in avanti, le mani sulle ginocchia e le lacrime agli occhi, l’eco di una tragedia come un’epifania.
 
 
“Le gioie violente hanno violenta fine.”
 
 
Lo capisce solo in quel momento, specchiandosi nella consapevolezza di un pensiero irrazionale, folle. Realizzando di non poter neanche cercare la liberazione del veleno sulle labbra dell’uomo che, lento, sconfitto, si sta allontanando.
 
Intravede l’amore – stremato, pavido, spaventato - che si nasconde sotto il senso di colpa e, d’istinto, si allontana dalla finestra, atterrito.
 
Molly lo trova così, immobile in mezzo alla stanza, sulle mani tremanti la polvere nera1) del suo stesso essere adesso chiaro, lampante, incandescente.
 
Il fuoco2) è lontano, ormai, e John si scopre improvvisamente inutile, sterile.
 
 
“Le gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro trionfo.”
 
 
La gioia irruenta di una vita condivisa si è spenta nella violenza di una morte quanto nei suoi silenzi, nel frastuono del suo odio cieco, affrettato, devastante. Artefatto.
 
La fine è arrivata, lasciandolo però insopportabilmente vivo nella sua stessa disfatta.
 
 
 
 
 
«È andato via.»  Sussurra Molly, sistemando con cura la piccola che stringe tra le braccia su uno dei cuscini del divano.
 
Lui annuisce appena, ostaggio di una verità che ha interrotto i respiri e bloccato i pensieri, emersa alla coscienza come una condanna.
 
«John…?» Prova a chiamarlo lei con voce dolce, premurosa, stando attenta che l’eco del proprio dolore per quanto appena detto fuori da quelle mura non lo lambisca.
 
«Pensi che sia mai stato veramente felice?» Domanda il medico dopo qualche secondo, immobile, la voce poco più alta di un sussurro. «Sherlock. Pensi che sia mai stato davvero felice, in vita sua?»
 
«Perché… perché lo chiedi?» La voce malferma, Molly gli si avvicina con passo incerto.
 
«Pensi che abbia mai provato una gioia totalizzante, piena, violenta?» Insiste lui, gli occhi persi di fronte a sé. «Perché io l’ho provata, sai? Ogni sera. Per quasi un anno. E non sono stato in grado di capirlo.» Butta fuori, parole veloci e fiato corto.
 
«Vuoi sapere se Sherlock ha mai provato qualcosa che tu hai vissuto con Mary?» Chiede lei, confusa. Triste.
 
«No… No.» John si anima per un attimo di un sorriso amaro che gli increspa le labbra e scurisce gli occhi. «Mary non c’entra. Lei… non c’eravamo ancora conosciuti.»
 
«Non so se abbia mai avuto gioie violente. Ma so che ha avuto grandi dolori.» Molly si porta una mano alle labbra, tesa. «E conosco la costante che li ha determinati.»
 
John aggrotta la fronte e si volta a guardarla, trovando il suo viso più segnato di quanto non lo ricordasse.
 
Sembra esausta, stremata, sul punto di andare in frantumi.
 
«Pensi mai a cosa sarebbe successo, se Mary non si fosse gettata davanti a lui, in quell’acquario?» Mormora lei, una ruga a solcarle il viso pallido e un’incrinatura scura sul vetro del suo sguardo lucido. «Io sì.»
 
Lui scuote la testa, incapace di rievocare i ricordi senza sentirne il freddo farsi opprimente sotto la pelle, una patina livida fatta di gelo e rimorsi che avvolge i nervi, coprendoli di brina.
 
«Io credo che sarebbe morto. E ne sarebbe stato felice.» Sussurra Molly, trovando in una lacrima calda ristoro dalla sofferenza. «Perché…»
 
«Perché gioie violente hanno fine violenta.» Termina lui, sentendo la propria voce mescolarsi a quella della donna.
 
«… perché non credo che abbia mai amato qualcuno, prima di te.»
 
Le parole restano sospese tra loro, aggrappate alla carne, ai nervi. All’anima stessa.
 
Si osservano, in silenzio, negli occhi la desalazione di un dolore che li rende simili e sul viso una pietà che si fa comprensione per la sofferenza dell’altro. 
 
Si vedono.
 
Si capiscono.
 
«Posso badare io a Rosie…» Sorride stancamente Molly, una tristezza morbida, indulgente, in fondo allo sguardo. «Se tu… sei vuoi andare.»
 
John annuisce, grato, e allunga una mano per sfiorarle un braccio. Lei, istintivamente, le porta entrambe al petto, chiudendosi al loro interno.
 
Ferita, stanca, lascia comunque che l’altro si rassicuri nel consolarla.
Per un secondo, non esiste al mondo amore più grande di quello che sente aprirsi nel petto, mentre augura a chi ama di trovare la pace che cerca tra le braccia di qualcun altro.
 
 
 
 
 
“Le gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro trionfo, come il fuoco e la polvere da sparo.”
 
 
Pensa John, un’esplosione di paura e felicità dolente a dilaniargli lo sterno, le mani, le labbra.
 
Si sente andare in frantumi, i pezzi della propria anima che, lentamente, trovano nuova forma nel mescolarsi con quelli di un’altra persona.
 
Sherlock – fermato bruscamente poco prima di raggiungere la strada principale - resta immobile, sorpreso, il fuoco dello stupore ad arrossargli il viso, la bocca, le mani.
 
Quando le fiamme lasceranno spazio alla ragione, il medico spiegherà ogni cosa. Il senso di colpa. La paura. Il dolore.
 
Spiegherà perché lo stia facendo, e perché gli scenda una lacrima – sola, coraggiosa - a sentire l’altro farlo a sua volta.
 
Chiederà scusa, quando attorno a loro non rimarrà che la cenere di quell’incendio.
Risorgerà con lui, per lui, per dimostrare che non sempre è vero.
 
 
Che non tutte le gioie violente hanno violenta fine e muoiono nel loro trionfo, come il fuoco e la polvere da sparo, che si consumano al primo bacio.3)
 
 
 
 
 
 
Note:
 
1) La polvere nera, o polvere pirica, è un tipo di polvere da sparo usata in passato come propellente per le armi da fuoco.
 
2) Come si svela nell’ultima parte, volevo rendere l’idea che John fosse la polvere da sparo e Sherlock il fuoco che l’alimenta. ^_^
 
3) Le gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro trionfo, come il fuoco e la polvere da sparo, che si consumano al primo bacio. […]” (“Romeo e Giulietta” - Frate Lorenzo: atto II, scena VI)
 
 
 
 
Angolo dell’autrice:
 
Avevo iniziato a scrivere questa OS con lo spirito che ha guidato la composizione di “Messages”, “Relay” e “Loppa”: prendere un momento specifico della quarta stagione e analizzarlo, senza stravolgere il resto degli avvenimenti. L’analisi partiva dalla mia ferma convinzione (dovuta ad un gioco di inquadrature) che durante il dialogo tra Molly e Sherlock al termine della prima puntata, John li stesse osservando da dietro le tende tirate della grande finestra alle spalle del detective.
 
La storia doveva interrompersi con la frase “la fine è arrivata, lasciandolo però insopportabilmente vivo nella sua stessa disfatta” e raccontare la sola presa d’atto da parte di John dell’aver provato gioia vera e profonda solo con Sherlock, realizzando tramite quel pensiero di amarlo.
 
Poi, come succede spesso, i personaggi hanno deciso per me.
Molly, in questo caso specifico, che ha avuto poca voce e molto dolore, in questa stagione.
Ha “insistito” affinché aggiungessi quella parte e portassi John da Sherlock.
Scrivo raramente di lei e - quasi sempre, quando lo faccio - si interfaccia con John e Sherlock in veste “la voce della ragione” (così come Lestrade).
Non so se sia riuscita ad esprimere quanta forza e umanità io veda in lei ma, nel caso non ne fossi stata capace, lo dico qui: Molly Hooper è un personaggio splendido, così come lo è il suo modo di amare stoico e umano al tempo stesso. Non riesco a vedere una conclusione serena per lei e per il suo sentimento, ma penso che esistano persone per le quali la felicità di chi amano o hanno vicino viene prima della propria.
 
Ecco, quelle persone raramente sono serene, quasi mai felici. Però amano. Di un amore che a tratti è quanto di più vicino esista al concetto stesso di amore.
 
 
Grazie, come sempre, a chiunque abbia letto fin qui. ^_^
 
A presto,
B.
 
 
 
 
"Baciare qualcuno per la prima volta è sempre una specie di miracolo, un viaggio inebriante lungo le rapide di uno strano fiume."
(Peter Cameron)
 


 
 
   
 
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