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Autore: willsolace_leovaldez    09/02/2017    1 recensioni
|WESSA|
Dal testo:
"“Dicono che non si possa dividere il proprio cuore, eppure…” quelle parole continuavano a risuonare nella testa di Will, bramoso di sapere cosa avrebbe voluto dirgli. Eppure cosa?! In cuor suo, il ragazzo sentiva di saperlo, ma non ci avrebbe creduto finché non lo avrebbe sentire dire da lei. Già pregustava il dolce suono che quelle due semplici e al contempo dolorose parole avrebbero avuto dette dalla sua amata, dalla sua Tessa…"
William Herondale non è un ragazzo come gli altri. Lui è uno Shadowhunters, un cacciatore di demoni, e come tale guerre e morte sono all'ordine del giorno. Ma come reagirebbe se la guerra fosse la causa del rapimento della ragazza che ama?
Mi sono divertita ad immaginare una delle scene fondamentali de "la principessa" in un modo del tutto diverso dall'originale, in cui Will è lì con gli altri sin dall'inizio e ci mostra i suoi pensieri, i suoi desideri ed i suoi incubi... se vi ho incuriosito almeno un pochino, entrate e leggete ;)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Theresa Gray, Un po' tutti, William Herondale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’intero Istituto si stava dirigendo a passo svelto verso il cortile esterno, pronto ad accogliere la carrozza dei Fratelli Silenti e il loro ospite. La tensione era palpabile, anche se tutti cercavano di non darla a vedere. Tutti tranne Will. A dire il vero, non si leggeva nessuna emozione in particolare sul volto. Se per tutti gli altri riavere Jessamine in casa era motivo di gioia e imbarazzo, per Will stimolava solo altra indifferenza. In effetti, da qualche settimana a quella parte, Will sembrava essere stato svuotato da ogni emozione. Appariva sfranto, stanco, quasi malato. E lui che si era anche illuso di poter essere un uomo migliore, di poter tornare ad essere come il ragazzino che correva felice tra le verdi colline gallesi. E per un attimo c’era riuscito. Per un istante, un istante soltanto, aveva avuto un assaggio di felicità e dell’amore, puro e genuino, senza il peso della maledizione che gli gravava sulle spalle. Poi lei aveva distrutto tutto, mandando la sua fragile illusione in mille pezzi. Certo non poteva prendersela con lei, non sul serio almeno. Lei non aveva altra colpa se non quella di averlo fatto innamorare e di averlo respinto… ma non poteva biasimarla per aver scelto di amare un altro uomo, Jem, il suo parabatai. In fondo Jem meritava il suo amore. Il suo amico era dolce, gentile e buono. Jem era tutto quello che Will non era. Tutto quello che Will avrebbe voluto essere. Si disse che avrebbe dovuto dimenticarsi di quella ragazza, che lei non lo amava e che non lo avrebbe mai amato. Anche se, solo qualche attimo prima di uscire all’esterno, sulle scale, quando lui le aveva donato nuovamente il suo cuore, lei era stata sul punto di dire qualcosa. Qualcosa di diverso da “non ti amo”. Purtroppo si era interrotta prima di poter terminare, causa le esortazioni di Charlotte a raggiungerli. “Dicono che non si possa dividere il proprio cuore, eppure…” quelle parole continuavano a risuonare nella testa di Will, bramoso di sapere cosa avrebbe voluto dirgli. Eppure cosa?! In cuor suo, il ragazzo sentiva di saperlo, ma non ci avrebbe creduto finché non lo avrebbe sentire dire da lei. Già pregustava il dolce suono che quelle due semplici e al contempo dolorose parole avrebbero avuto dette dalla sua amata, dalla sua Tessa… venne riscosso dai propri pensieri dalla voce di Charlotte (era già la seconda volta nell’arco di venti minuti che lei lo interrompeva. Diamine, quella donna aveva proprio un tempismo pessimo)
-Will, cosa aspetti? Coraggio, unisciti a noi, la carrozza sarà qui a momenti, e potrebbe servirci aiuto nel caso i Fratelli Silenti decidessero di trattenersi all’Istituto- disse, una nota di stanchezza ed ansia nella voce, per poi voltarsi nuovamente verso la strada con aria impaziente, prendendo la mano del marito, al suo fianco come sempre, ed intrecciando le proprie dita a quelle di lui. Will si riscosse del tutto con una leggera fitta di gelosia (Charlotte poteva stare liberamente con chi amava, e lui no) e si guardò attorno leggermente spaesato. Non si era nemmeno accorto di essere rimasto sulla soglia dell’Istituto, mentre il resto del gruppo era già uscito in cortile. Il giovane prese un bel respiro e raggiunse i suoi amici. Jem e Tessa lo guardavano incuriositi e lievemente preoccupati allo stesso tempo, vicini, con le spalle che si sfioravano. Tessa era bellissima. Talmente bella da procurargli delle dolorose fitte al cuore. Indossava un elegante abito turchese, dalla gonna ampia e dal corpetto finemente decorato, che metteva in risalto la sua carnagione chiara e il colore un po’ insolito degli occhi. Aveva raccolto i lunghi ricci castani in uno chignon morbido sulla nuca, dal quale sfuggivano un paio di ciocche ribelli che le ricadevano sul volto, incorniciandone i tratti delicati. Si stava torturando le mani piccole e pallide, le braccia leggermente piegate in modo che le mani fossero sollevate davanti al ventre piatto, quasi a volerlo proteggere (Will si sentì improvvisamente e terribilmente in colpa ripensando a quando le aveva detto che non avrebbe mai potuto sposarla, che lei non gli avrebbe mai potuto dare dei figli) e gli occhi grigi lo scrutavano timidamente, come se il discorso che avevano avuto poco prima la mettesse in imbarazzo. Si accostò a Jem, tentando di non guardarla troppo e con troppo desiderio. Stava cercando in tutti i modi di apparire rilassato e gioioso per la notizia del loro matrimonio, ma dentro di se era disperato. Perché ormai era una certezza che Tessa non sarebbe mai stata sua. Lei apparteneva a Jem.
-A cosa stavi pensando?- gli chiese quest’ultimo. Non appariva sospettoso né arrabbiato o geloso. Era il solito Jem. Il suo parabatai. Suo fratello. Will lanciò uno sguardo fugace a Tessa. Lei non sembrava interessata a prendere parte al discorso o a proferire qualsivoglia parola. Guardava dritto di fronte a se, gli occhi distanti e turbolenti. Il Cacciatore distolse lo sguardo
-A niente. Non pensavo a niente di importante.- disse. Ogni parola era come una pugnalata al cuore. Perché Tessa era importante. Lo sarebbe sempre stata. L’amico stava per ribattere qualcosa, ma la voce di Charlotte coprì le sue parole (per una volta Will la ringraziò per la sua parlantina)
-Perché due carrozze?- chiese la donna. Will seguì il suo sguardo e vide che effettivamente una seconda carrozza seguiva quella della Città Silente. Nera, spoglia e silenziosa.
-Una scorta- suggerì Gabriel Lightwood –forse hanno paura che lei tenti di scappare- Charlotte scosse il capo, confusa
-No, lei non lo farebbe…- entrambe le carrozze si fermarono. Mentre il Fratello Silente alla guida della prima scendeva, Will notò che i cavalli della seconda avevano qualcosa di strano. Rilucevano, come se fossero di metallo, così come la mano del secondo cocchiere, quando si alzò per tirare giù il cappuccio della tunica. E Will capì. Ma ancora prima che potesse aprire bocca una freccia si conficcò nel petto del Fratello Silente, uccidendolo all’istante.
-È UNA TRAPPOLA!- urlò il Nephilim, sfilando dalla cintura una spada angelica e un pugnale, subito imitato dagli altri. Charlotte impugnava la fidata frusta, Jem il suo bastone-spada e Cecily, la sua sorellina, un paio di coltelli. Persino Tessa impugnava saldamente uno spadone, anche se non aveva idea di dove l’avesse preso. Henry corse verso la carrozza del Conclave e prese Jessamine tra le braccia nell’esatto momento in cui gli automi si riversavano dalla seconda carrozza. A quel punto Will focalizzò la sua attenzione su nient’altro che non fosse la battaglia. L’adrenalina gli scorreva nelle vene al posto del sangue. Si ritrovò a combattere schiena contro schiena con Jem, e per un attimo gli sembrò di essere tornato ai vecchi tempi. Prima di Tessa e di tutta quell’assurda situazione. La battaglia durò a lungo. Uccisero la maggior parte degli automi, altri si erano dileguati durante lo scontro, anche se nessuno sapeva dove fossero andati. Will si guardò intorno, sentendo lentamente defluire l’adrenalina dal proprio corpo. Tessa aveva lasciato cadere a terra la spada, aveva i capelli attaccati al collo e alla fronte dal sudore e qualche livido qua e là sulle braccia e sul viso, ma nel complesso sembrava essere quasi illesa, stessa cosa per sua sorella e gli altri, tranne Gideon Lightwood che aveva la gamba completamente sporca di sangue, con un laccio che serviva a fermare l’emorragia. Lasciò vagare lo sguardo ancora un po’, per poi fermarsi su di lei, su Jessamine, sulla loro unica perdita. La ragazza era sdraiata a terra, la veste bianca lacera e zuppa del suo sangue. Will se la ricordò a quattordici anni, insopportabile e altezzosa. Chiuse forte gli occhi per scacciare le lacrime. Jessamine Lovelance era morta, eppure sembrava serena.
-Ave atque vale, Jessamine Lovelance.- disse. Ti saluto e addio, Jessamine Lovelance. Gli altri lo imitarono. Sophie e Bridget, le cameriere, iniziarono sistemarla per essere trasportata in infermeria e per prepararla all’ultimo saluto, i fratelli  Lightwood si abbracciarono ed Henry si accertò della salute di Charlotte, tenendola saldamente tra le braccia. All’improvviso, nel silenzio, si udì un colpo di tosse. Poi un altro. Poi una altro ancora. Will si voltò allarmato verso Jem, mentre quest’ultimo cadeva sulle ginocchia, vittima della tosse che lo piegava, della malattia che lo divorava. Will si precipitò da lui appena in tempo per sorreggerlo mentre Jem si accasciava inerme, tra le sue braccia, il mento macchiato da sangue fresco. Dal suo sangue.
-Oh Jemmy!- singhiozzò Charlotte, nascondendo il viso tra le mani. Jem era come un figlio per lei.
-James!- urlò Tessa, sollevandosi le gonne per non inciampare e precipitandosi dal proprio fidanzato. Gli si inginocchiò accanto e gli carezzò i capelli, con le lacrime agli occhi
-Jem…- sussurrò. Il cuore di Will si strinse in una morsa dolorosa, ma si fece coraggio e le prese una mano
-Tessa, vai dentro e cerca il mio stilo, o un po’ di yin fen. È la cosa migliore che puoi fare per lui.- disse, ben sapendo che cercare la medicina era del tutto inutile, non ce ne era più. Tuttavia, Tessa annuì decisa e si alzò, avviandosi verso l’ingresso dell’Istituto… che non raggiunse mai. Fu fermata a metà strada da delle mani meccaniche, che le stringevano i polsi immobilizzandola. Will adagiò il capo di Jem sull’erba e si alzò, portando già le mani alle armi, così come tutti gli altri. Tessa si dimenava e scalciava furiosamente, cercando di sfuggire alla presa d’acciaio dell’automa. Un’altra figura si avvicinò alla creatura e a Tessa, una figura completamente nera. La signora Black pensò Will la perfida aguzzina di Tessa, ma non era morta?
-Suvvia, signorina Gray, io non mi agiterei così se fossi in voi. Se opporrete resistenza le cose si metteranno molto, molto male.- disse, con un ghigno malefico. A quelle parole i Nephilim sguainarono le armi, facendo scudo ai feriti e a Jessamine, Will davanti a tutti, lo sguardo furente, gli occhi chiari come un mare in tempesta. Come per reazione a quel gesto, l’automa le pose un braccio, dal quale spuntava un coltello con la lama affilata che mandava bagliori inquietanti ai deboli raggi del sole londiniano.
-Lasciatela andare. Subito!- ordinò in un ringhiò il giovane Herondale. La signora Black lo guardò come se si fosse accorta di lui solo in quel momento
-Abbassate le armi, e non le accadrà nulla. Infondo a cosa potrebbe giovarmi ferire la signorina Gray? Il Magister la vuole illesa… o quasi. Perlomeno viva. Dunque, se voi non me ne darete motivo, giovane Cacciatore, non le nuocerò in alcun modo.- Will strinse i denti, chiaramente combattuto sul da farsi. Guardava Tessa dritta negli occhi, la quale gli stava lanciando con lo sguardo, che nonostante la situazione critica era fiero e determinato e solo in piccola parte spaventato,  un tacito monito “Non lo fare. Non mi ferirà. Fai tutto ciò che è in tuo potere per salvarmi, ma non abbassare le armi. Non mi fare questo Will.” Si sentì un verme.
-Abbassate le armi- disse, senza tuttavia allentare la presa sulla spada e senza staccare gli occhi da Tessa, che lo guardava delusa e sorpresa. Charlotte, alle sue spalle, sgranò gli occhi
-Herondale, non sei neanche abbastanza grande da partecipare alle riunioni del Consiglio. Come pensi di poter osare dare ordini? Non sei a capo dell’Istituto…- iniziò Gabriel, ma venne interrotto da Charlotte
-William, no. So che sei preoccupato, lo siamo tutti, ma non possiamo farlo. Non le faranno del male. Mortmain non ne sarebbe compiaciuto.- disse, lanciando un’occhiata di puro disprezzo alla signora Black. Will non rispose e serrò ancora di più la presa sulla spada, tanto da far sbiancare le nocche, cercando di reprimere l’impulso di correre verso Tessa e strapparla alle braccia dell’automa. Sapeva che ogni suo passo falso si sarebbe ripercosso sulla giovane, o con una punizione o, peggio, con la morte. “Ci sono cose peggiori della morte” avrebbe detto Jem. Non era mai stato particolarmente d’accordo con quella sua visione della vita. La signora Black fece un verso di scherno
-Allora è così che stanno le cose, eh? Stupidi ed insulsi Nephilim… non sapete contro chi vi siete schierati. Il Magister vi distruggerà tutti.- detto ciò fece un cenno con il capo alla creatura, che affondo di poco la lama nelle carni della giovane, facendone uscire un rivoletto di sangue scarlatto che le scivolò giù per il collo, andando a macchiare l’orlo del corpetto. Tessa trattenne il fiato e spalancò gli occhi grigi, mordendosi il labbro inferiore per reprimere un gemito di dolore.
-ABBASSATE LE ARMI!- questa volta Will aveva urlato, fuori di sé, lasciando andare la spada che cadde con un tonfo sordo nell’erba. Gli altri lo imitarono, con più riluttanza. Il primo fu Gabriel, il quale abbassò l’arco, l’unica vera minaccia, seguito a ruota da Cecily e Henry, il quale  si era poi messo accanto alla moglie, esortandola a fare lo stesso. Quando tutti gli Shadowhunters- e non- ebbero abbassato le armi, l’automa tolse il coltello da sotto la gola di Tessa, che fu afferrata  con forza per entrambe le braccia e portata di peso verso la carrozza, nonostante lei si dimenasse come una forsennata.
-Will!- fu l’ultima cosa che disse-o meglio, urlò- prima di essere gettata senza tanti complimenti nella carrozza e condotta via per le vie di Londra.
-Tessa!- Will si precipitò verso il cancello dell’Istituto, guardando la carrozza di Mortmain sfrecciare via, trainata dai cavalli meccanici. Non sarebbe mai riuscito a raggiungerla in tempo. Tessa era spacciata, a meno che lui non fosse riuscito a trovarla prima che fosse troppo tardi, cosa improbabile. Guardava la carrozza allontanarsi sempre di più, e si sentiva svuotare sempre di più. Cadde in ginocchio, il fallimento e la rabbia che gli bruciavano nel petto. Una promessa non detta sembrava aleggiare sopra l’Istituto: Ti ritroverò.
Ci sono cose peggiori della morte. Mai frase più vera era stata pronunziata.
 
Will si svegliò tirandosi su di scatto. Si passò una mano fra i capelli corvini, scompigliati dal sonno. Era stato solo un incubo pensò. Gli capitava più spesso di quanto avrebbe voluto. Sognava il momento della “morte” di Jem, il rapimento di Tessa, tutti gli orrori della guerra contro Mortmain. Si alzò dal letto ed uscì dalla propria stanza. Percorse il corridoio con passo felpato, senza essere udito grazie alla runa del Silenzio che si era disegnato prima di uscire dalla stanza. Arrivato a destinazione si fermò e rimase qualche istante immobile, senza fare alcunché. Guardava la porta che aveva davanti, indeciso se bussare o se tornare sui propri passi. Decise di bussare. Un attimo dopo Tessa, tutta trafelata e con gli occhi velati dal sonno, gli aprì, le gote leggermente arrossate ed il segno del cuscino sul volto, come se ve lo avesse premuto sopra con forza. Non appena vide Will assunse un’aria tremendamente seria. Nonostante lo spirito ribelle del ragazzo, Will era un gentiluomo dalle maniere impeccabili, quando voleva, e non era mai andato alla sua porta nel cuore della notte, se non per questioni più che urgenti
-Cosa è accaduto? Stanno tutti bene?- Will sorrise appena
-Va tutto bene… avevo solo voglia di vederti.- confessò lo Shadowhunter. Tessa fece un sorriso esasperato. Il suo Will. Testardo e impulsivo. Eppure incredibilmente dolce ed amorevole
-Will…- disse con calma –domani ci sposeremo. Non appena la cerimonia sarà conclusa, saremo legati, per sempre. E tu potrai, e dovrai, vedermi a tutte le ore del giorno e della notte, per il resto della tua vita. Non ti pare abbastanza?- Will le regalò uno dei suoi sorrisi più belli. Uno di quelli in cui Will riversava tutti i suoi sentimenti e tutti i suoi pensieri. Uno di quelli che avevano fatto innamorare Tessa.
-Quando sto con te, niente è mai abbastanza- disse, scostandole una ciocca di capelli dal volto. Un gesto talmente delicato che fece addolcire l’espressione della ragazza, la quale sospirò e si scostò per farlo entrare nella piccola camera dell’Istituto. Nonostante tutti lì sapessero cosa era accaduto a Cadair Idris, lei rimaneva pur sempre una giovane per bene, e sarebbe stato sconveniente ed imbarazzante se qualcuno l’avesse vista conversare in veste da notte, ad un’ora così tarda e davanti la propria camera con un ragazzo. Anche se quel ragazzo era il suo promesso. Non appena Will fu entrato e lei ebbe richiuso cautamente la porta, il ragazzo si appoggiò con entrambe le mani sulla sedia di fronte allo scrittoio. Aveva le spalle basse, come se un peso vi gravasse sopra e gli occhi stanchi. Era chiaro che non stava bene.
-Will, cosa ti affligge? Sai che a me puoi dire tutto.- dichiarò Tessa, seppur rimanendo al proprio posto, non avvicinandosi al fidanzato e lasciandogli i suoi spazi. Sapeva bene che in certe circostanze le uniche cose che servivano a Will erano un po’ di spazio e qualcuno che lo ascoltasse, rispettando il suo spazio personale.
-Ho fatto di nuovo quei sogni.- sussurrò. Tessa guardò in basso. Ovviamente era a conoscenza dei sogni a cui si riferiva. Lui glieli aveva confidati e lei aveva compreso. Perché anche a Tessa capitava di fare incubi del genere.
-Cadair Idris?- disse timidamente. Lui scosse piano il capo
-L’attacco all’Istituto.- Tessa si limitò a guardarlo, capendo di cosa parlava e aspettando che fosse lui a confidarsi. Stettero in silenzio per un po’. Lui con le mani strette sulla sedia e lo sguardo puntato a terra, lei poggiata alla parete, in placida attesa.
-Mi manca Jem- esordì ad un tratto lui, con un singhiozzo. Tessa aprì di poco la bocca e si scostò dalla parete, spiazzata. Non parlavano quasi mai di Jem, era ancora una ferita aperta per entrambi. Si avvicinò lentamente al proprio fidanzato, che sembrò non accorgersi nemmeno di lei, e gli posò delicatamente una mano sulla spalla
-Will… manca anche a me. Ma non dobbiamo darlo per spacciato, perché anche se non è più qui con noi, è vivo. Ed è questo quello che conta. Un giorno lo rivedremo, ed il cuore ci si spezzerà per la tristezza. Ma al contempo saremo pieni di gioia perché è vivo.- disse, cercando di mantenere la voce ferma. Will volse il volto verso di lei, con un triste sorriso sulle labbra.
-Oh mia Tessa- disse per poi abbracciarla, affondando il volto nell’incavo del collo di lei, gli occhi umidi di un pianto che stentava a trattenere. Tessa lo strinse a sé. Stettero così per un po’, finché Tessa, a malincuore, non si costrinse ad interrompere quel momento
-Will, credo che ora sia meglio che tu vada. Pensa se qualcuno dovesse entrare- consigliò la giovane, tentando di scostarsi dall’abbraccio, ma Will la teneva così forte, come se lei fosse la sua ancora, che fu tutto inutile. Il ragazzo emise una sorta di lamento
-E chi mai dovrebbe entrare a quest’ora nelle tue stanze, me escluso? Ti prego, amore mio, dim ond ail arall. Solo un altro secondo.- implorò
-E tra un secondo che farai?- chiese la giovane, con un accenno di risata nella voce
-Te ne chiederò un altro, e poi un altro ed un altro ancora… til tragwyddoldeb.- fino all’eternità. Tessa sorrise, anche se lui non poteva vederla, e gli diede un leggero bacio leggero sulla spalla, coperta dalla stoffa della camicia
-Puoi avere tutti i secondi che vuoi- disse, per poi abbracciarlo nuovamente, posandogli la testa sulla spalla. Potevano avere tutti i secondi che volevano.
 
 
 
Dedico questa storia ai miei amici di sempre,
quelli che 
ogni giorno mi sono accanto 
e che sopportano sempre i miei scleri da fangirl sia 
su Shadowhunters e sulla Wessa sia su altri argomenti, 
senza mai lamentarsi. Vi voglio bene ragazzi, grazie ti tutto.
_Alex.
 
*ANGOLO AUTRICE*
Salve a tutti! Sono Willie e beh, questa è la mia primissima storia in assoluto riguardo Shadowhunters, e come potevo inaugurare il mio ingresso in questo fandom se non con una bella Wessa? Ah, quanto li amo i miei piccolini *^*
Comunque, sto divagando. Questa storia è ambientata in un punto imprecisato de la principessa, dopo la sconfitta di Mortmain, ma prima del matrimonio di Will e Tessa. Più precisamente, il giorno prima. Ho voluto descrivere la scena del rapimento di Tessa in una maniera tutta nuova, completamente immaginata da me. Non so perché, ma non appena finii di leggere quella parte, mi sono venuti in mente altri mille modi in cui sarebbe potuta andare ed ho quindi deciso di trascriverne alcuni. Però, quando scrissi questa storia, non mi piaceva che si fermasse al rapimento e punto. Volevo evidenziare un po’ di più il rapporto di Will e Tessa, ed ho pensato che il modo migliore fosse aggiungere una parte che ne facesse risaltare il legame che li unisce, che secondo me è molto profondo e forte. E niente, mi è venuta questa idea dell’incubo e l’ho messa per iscritto, spero vi sia piaciuta:)
Ah, prima che mi dimentichi, nell’ultima parte ho scritto un paio di frasi in gallese, per riprendere il fatto che ogni tanto Will si fa scappare qualche parolina in gallese, ma non conoscendo questa lingua mi sono dovuta affidare ad internet, quindi, se c’è qualcuno che parla gallese, vi prego di scusarmi se ho commesso degli errori ahaha. Beh, che altro dire se non grazie per aver letto la mia storia e che spero di non aver reso i personaggi OOC, non era mia intenzione. Vi mando un bacio ed un abbraccio enormi,
Willie
   
 
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