The
beginning
Dick girovagava senza meta per i corridoi della grande casa.
Era nervoso.
Aveva voglia di uscire, ma il suo tutore glielo aveva vietato.
Sbuffò.
Avrebbe potuto benissimo scappare…
L’idea “c’era tutta”…
Ma c’era un problema: Alfred.
Il maggiordomo.
Si sedette su una poltrona.
Si lamentò nuovamente.
Sicuro che Bruce lo sarebbe venuto a sapere…
E sicuri erano altri giorni di punizioni…
Gli sarebbe stato con il fiato sul collo.
L’ultima cosa che avrebbe voluto.
-Serata noiosa?-
Sobbalzò.
Non si era accorto che il maggiordomo gli si era avvicinato.
Gli rifilò un’occhiataccia, riservata tutta per lui.
-Scherza poco!-
-Nervosetti direi…-
Ridacchiò.
-Vedi un po’ te! Sono 2 mesi che non esco da qui! Videogiochi, computer, cellulare…Tutto requisito! Uffa!-
Si agitò sulla poltrona.
-Che dovrei fare? Mi annoio! Nemmeno la sera posso “essere Robin”!-
-Studia. In fondo il tuo motivo “della segregazione”, come dici, è l’essere stato nuovamente bocciato.-
-Grazie per averlo ricordato! Ma quest’anno sono in secondo finalmente. Sono stato promosso e non fare più errori.-
-Vero… la verità è che sei un irresponsabile e io mi ricordavo i motivi della precedente “segregazione”-
Si rimediò l’ennesimo “sguardo assassino” da parte del ragazzo.
-E di preciso cosa avrei fatto stavolta?-
-Non lo so, dimmelo tu.-
-Sai sempre tutto. Non ci sarebbe gusto a raccontarti qualcosa.-
Dichiarò lascivo.
-Non mi sembra comunque che il telefono di casa sia occupato, oppure vietato.-
Fu l’ultimo commento del maggiordomo prima di uscire dalla stanza.
Stavolta lo sguardo del ragazzo fu stupito.
Non ci aveva pensato.
Si alzò.
Si diresse il più veloce possibile…
Quasi fulmineo, al telefono quando…
Lasciò perdere.
“Va che quando vede la bolletta, se guarda i numeri si accorge che ho chiamato.”
Amareggiato si buttò nuovamente sul divano.
Al massimo gli era concessa la tv…
Ma il telecomando, come al solito, era sparito.
Provò a cercarlo svogliato.
Ci mise un bel po’, trovandolo poi tra i cuscini.
Alzò gli occhi al cielo.
L’ultima volta che lo aveva trovato li, era da molto piccolo e, quando ancora non aveva il computer a casa, simbolo della sua ‘vita’, dato che la viveva li sopra ogni giorno.
Accese un canale qualunque…
Il notiziario…
No si disse, troppo frustrato per subirlo.
Cambiò canale.
Un film romantico.
Non era decisamente il suo genere.
Altri canali…
Reality show, li detestava.
Canale culinario…
Di offerte vendite…
Altro notiziario.
Canali musicali…
Alla fine eccoli.
Aveva trovato un canale con i suoi ‘amati’ anime Giapponesi.
Da quando era senza computer, si era ridotto a vedere solo quelli che già possedeva in dvd, oppure a leggere i manga vecchi.
Aveva gli arretrati di due mesi che ancor alo attendevano per le compere, la punizione appunto, comprendeva il niente uscite, era controllato sia prima e dopo la scuola, quindi non era riuscito a passare in una delle sue fumetterie.
Sistemò qualche cuscino basso sul bracciolo morbido.
Si sdraiò.
Comodo com’era, si lasciò andare sbragandosi letteralmente sul divano.
Sbadigliò.
Erano solo le 21.30, ma la noia lo portava alla stanchezza e anche se non sembrava, a poco sonno.
***°***
La porta che collegava alla camera da pranzo scattò.
Un uomo castano dall’immagine curata ne uscì.
La tv era ancora accesa nonostante l’ora, ma a illuminare la stanza buia, c’era una luce soffusa dal lato opposto.
Questi si avvicinò al divano, vedendo poco a poco il ragazzo dormiente.
Sbuffò scuotendo la testa.
Prese il telecomando che teneva tra le mani e spense.
Si chinò su di lui richiamandolo.
Il ragazzo mugugnò contrariato.
Scacciò via la mano insistente.
L’uomo stava per strillargli in testa nonostante l’ora tarda, ma fu fermato.
-Signore, lo lasci dormire.-
-Sul divano?-
Chiese scettico.
-Si.-
-Fino a che ora ha guardato la tv?-
-Credo le undici signore.-
-E come mai se ava sonno non è andato a dormire?-
-La noia lo ha fatto assopire.-
-Alfred, non mentire come al solito per salvarlo.-
-Dico la verità signore. Il signorino è quasi depresso. Gira tutto il giorno per casa senza fare nulla…-
-Studiasse, ne ha bisogno.-
-Non crede, che ne risenta invece di una sua mancanza?-
-Cosa cerchi di dirmi?-
-Solo, che se lei si preoccupasse di fare qualcosa con lui, forse non starebbe così giù.-
-Lui è giù perché non si isola con gli amici.-
Il maggiordomo chiuse gli occhi.
-Il ragazzo non mi ha detto il motivo della sua segregazione.-
-Credevo lo avesse fatto.-
-Dice di non esserne al corrente.-
-Lo dovrebbe sapere: è un incosciente che si butta a capofitto la natte, senza curarsi di se stesso.-
-Si spieghi.-
-Due mesi fa, per recuperare un rubino che avremmo tranquillamente potuto recuperare poi con calma, per poco non si fa ammazzare.-
-Allora, ciò si collega veramente a ciò che le ho detto prima.-
-Ovvero?-
Inarcò un sopracciglio.
-Il signorino vuole attirare l’attenzione per essere considerato da lei.-
-Ti ha detto lui di dirmi questo per riavere la “libertà”?-
-No, l’ho intuito. Lei sa bene quanto sia orgoglioso. Non lo ammetterebbe mai, ma la situazione è quella che le ho detto.-
-E cosa dovrei fare scusa? Non ha più 6 -7 anni.-
-Si, ma non è nemmeno così grande, come ogni ragazzo alla sua età pensa di essere.-
Il maggiordomo, pensò bene di lasciare solo il padrone.
Lo conosceva abbastanza bene.
Bruce si sedette accanto al diciassettenne.
Con una mano andò a carezzargli i capelli, come un padre fa con il figlio.
Era diventato ormai un gesto naturale per lui.
Anche se dovette ammettere, che ultimamente erano radi verso di lui.
Usciva sempre più spesso con qualche fidanzata la sera.
Oppure assisteva a cene di lavoro.
A molte di queste, aveva cercato di portarci anche Dick…
Ben sapendo quanto quello le odiasse.
Eppure, a ben rifletterci non si era mai rifiutato, nonostante passasse l’intera serata in religioso silenzio, tra grandi potenti signori.
Veniva tagliato fuori dai discorsi delle signore.
Ed era meglio così, cosa avrebbe potuto dire?
Lui nemmeno ce l’aveva una madre…
E veniva tagliato fuori, dai discorsi di quei potenti signori, impegnati solo nel discorrere di soldi e bella vita.
Mentre Dick, ragazzino di solo diciassette anni, si trovava seduto accanto al padre adottivo, attendendo in religioso silenzio la conclusione della serata, senza che nessuno gli rivolgesse una parola.
Scosse la testa a quei pensieri.
Comprese quello che cercava di dirgli Alfred.
Era un continuo portarlo a feste cerimonie importanti, a cui nemmeno i figli di altri partecipavano.
E nonostante ciò, truce si maledì, dimenticandosene la presenza sofferente.
Di lui ricordava solo il mutismo e i ritorni in macchina dormienti.
Si maledì mentalmente.
Si alzò, cercando poi, di tirare su l’altro.
Nonostante l’altezza e i fisico, era pesante pensò.
Salì le scale, posandolo ne letto.
Lo scoprì, per poi ricoprircelo.
Nel vederlo rannicchiare, gli tornarono alla mente i ricordi di quando era solo un bambino cresciuto troppo in fretta, a cui era stato tolto tutto.
Quel giorno, nel vederlo solo si era intenerito, gli aveva teso al mano e portato via con se donandogli una vita.
***°***
Faceva freddo
quel giorno.
Bruce girava
per le strade vuote di Central, cercando un buon negozio in cui comprare un bel
regalo alla sua ragazza.
Natalie.
Di lei aveva
capito, che i vestiti la rendevano felice.
Era una ragazza
a cui piacevano i tessuti e i colori.
Si strinse nel
cappotto appena in tempo.
Un’ondata di
vento gelido lo aveva investito in pieno.
Chiuse gli
occhi.
Migliaia di
piccoli cristalli ti ghiaccio, trasportati assieme alla neve, gli ferivano gli
occhi.
Si voltò di
poco, vedendo tra le fessure della frangia movimentata, una piccola
figurina…
Come un gatto,
cercare di proteggersi.
Ma era troppo
rosea e poco pelose pensò tra se.
Ma non ebbe
cuore di lasciarlo li.
Gattino o meno
pensò, poteva benissimo portare via quel cuccioletto da li e lasciarlo alle cure
del primo veterinario che avrebbe incontrato.
Ma man mano che
si avvicinava, prendeva sempre più consapevolezza.
Quello non era
un animale…
Era un
bambino.
Un bambino
piccolo piccolo, che cercava calore tra le tubature gelide di fuori e cade
all’interno, di un condizionatore dei un ristorante.
Gli si avvicinò
aprendo il giaccone.
Voleva
evitargli di prendere altra aria inutilmente.
Lo guardò per
bene.
Indossava una
camicia corta, così come i pantaloncini.
Le scarpe non
le indossava.
Era livido di
freddo sia in faccia che su tutto il corpo.
La bocca
screpolata, così come le mani, e gli occhi contornati da
occhiaie.
Era magrolino e
smunto.
Aveva paura che
potesse essere spazzato
via.
Lo guadò
cercando di sorridergli, il più sincero possibile.
-Ciao
piccolino. Hai freddo vero?-
Lo vide
annuire.
-Come ti
chiami?-
Non gli
rispose.
-Mi
senti?-
Fece cenno di
si con la testa.
-Non mi vuoi
dire il tuo nome?-
Negò.
Continuò a
sorridergli.
-Vuoi venire
con me, in un posto caldo?-
I profondi
occhi verdi lo guardarono intensamente.
Allungarono una
mano verso l’interno del cappotto.
Alla nuova
sensazione di calore, prese a sorridere.
E non curante a
toccarlo.
-Vuoi venire in
un posto caldo così.-
Rapito com’era,
si destò poco dopo.
Annuì.
E così Bruce
avvolse quel piccoletto al suo petto, lo prese tra le braccia
riscaldandolo.
Tremava.
Tossiva.
Tornò in dietro
alla macchina.
Distese quel piccoletto sui sedili di dietro, avvolto nel
caldo giaccone.
Gli aveva
sussurrato dolci parole, facendolo addormentare.
Una volta
tornato alla sua villa, era stato ben attento a non
svegliarlo.
Preso in
braccio, si era diretto dentro casa e accolto subito dal
maggiordomo.
-Ben tornato
Sign…-
-Prepara una
camera Al.-
Si era
affrettato a ordinare.
-Avremo un
nuovo ospite per i prossimi giorni, e chiama anche un
medico.-
-Non la
capisco.-
Il castano
rivelò la figurina mora accoccolata a se.
-Buon
Dio…-
-Muoviti. Sta
molto male.-
In capo a
mezz’ora, il bambino si era ritrovato tra morbide e calde coperte, con una pezza
fresca in testa.
-Mi raccomando,
assoluto riposo e si attenga meticolosamente alle cure, io verrò a trovarla
domani, per controllare. Qualunque cosa, chiami a qualsiasi
ora.-
-La ringrazio
mille dottore.-
Una volta
sparito alla vista, il trentenne ritornò nella camera.
Si era
avvicinato al piccolo che sembrava ricercare qualcuno.
Gli aveva teso
una mano…
E lui si era
rasserenato, facendolo sorridere.
Un sorriso
dolce, tutto per quella creaturina, che era già riuscita a conquistargli il
cuore, arrivando oltre la lastra di ghiaccio, quasi impenetrabile da molte
donne.
Due…
Tre…
Quattro…
Al quinto
giorno riprese un po’ di colorito aprendo gli occhi.
Erano rossi e
lacrimavano.
Era
confuso.
Ma la figura
dell’uomo che credeva di essersi sognato, come il suo salvatore, era rimasto
veramente a vegliarlo per tutto il tempo.
Gli stringeva
ancora la mano.
Con difficoltà,
dopo un violento attacco di tosse, era riuscito a risvegliare
l’uomo.
E quello lo
guardò sorridente.
Lo aveva visto
di nuovo aprire gli occhi.
E il piccolo
sorrise, anche se debole.
Ma era da tanto
che nessuno gli donava felicità.
O forse non gli
era mai stato dato tutto ciò.
Non lo
sapeva.
E non lo
ricordava.
-Ben
svegliato.-
Gli era sto
detto con voce morbida.
Bassa.
Calma e sicura
al contempo.
E si era
sentito protetto.
Aveva cercato
di alzarsi.
Ma quelle
grandi mani lo avevano trattenuto gentilmente.
-Resta fermo,
hai ancora la febbre alta.-
Ma quegli occhi
o guardarono confusi.
Come se non
capissero.
-Mi chiamo
Bruce.-
Gli aveva detto
l’uomo sicuro.
E lui
boccheggiò, facendo uscire finalmente un suono.
-‘Ick…-
-Rick?-
Domandò
benevolo.
E scosse la
testa.
-‘Ick…-
-Nick?-
Ancora una
volta no.
-‘Ick…-
-Dick?-
E
annuì.
-È un bel
nome.-
-Anche il
tuo…-
Articolò con
difficoltà.
Passarono varie
settimane e finalmente il bambino si era ripreso.
Si era capito
che avesse solo due, se non tre anni.
E che gli
bastava veramente poco per essere felice.
Nessun
gioco.
Nessun
dolce.
Solo la
presenza di quell’uomo che gli sorrideva.
E a lui bastava
quello per essere felice.
Si trovava
sempre tra le sue braccia.
Sempre
attaccato a lui.
Lo seguiva
ovunque.
Persino negli
uffici…
Bastava
metterlo in un angolo, seduto, e lui stava buono li.
Senza
fiatare.
Guardava l’uomo
e sorrideva.
Ma questo,
metteva tristezze in quel’uomo.
Voleva veder giocare il
ambino.
Voleva vederlo
sorridere per conto suo.
Non voleva
diventare un ostacolo per lui.
Si era rivolto
alla polizia.
Era
ricco…
Nel giro di
ventiquattrore, era venuto a sapere tutto su di lui.
Sull’abbandono.
E sulla vera
origine dei genitori, morti in seguito poco dopo.
E se ne era
stupito.
Era riuscito a
sopravvivere per diversi mesi da solo, fino a quando lui non lo aveva
trovato.
Provarono a
portarlo via.
Strillò
richiamando l’uomo.
Non lo
vide.
Smise di
mangiare.
Bruce anche si
intristì.
Quella figurina
appiccicosa gli colmava il cuore.
Voleva riaverlo
in dietro…
Voleva poterlo
adottare…
E gli fu
concesso, per il bene del piccolo.
Era ritornato a
sorridergli gioviale.
Ma ben presto
dovette mandarlo in un asilo, tra gli altri bambini.
All’inizio era
molto riluttante.
Li vedeva
giocare senza capire…
Non era
abituato a giocare…
E si comportava
in modo ‘diverso’, isolandosi.
Ma nessuno di
loro era intenzionato a giocare con lui.
Ogni giorno
capiva sempre meno e tornava a casa con il sorriso.
Aveva capito
che non doveva far preoccupare il suo ‘nuovo papà’.
Ma quando lo
veniva a portare via, lui non dormiva come tutti gli
altri.
Restava sveglio
ad attendere l’uomo e sentiva la maestra dirgli che si comportava diversamente
dagli atri.
Ma lui non
riusciva ad aprirsi.
Così come
quando crebbe.
Man mano
nessuno lo evitava ormai.
Sentiva le loro
voce che parlavano prendendolo in giro.
E lui si
chiudeva sempre più.
A casa Bruce
restava sempre meno.
Ma le domeniche
lo portava a giocare al parco giochi…
Oppure a
pallone solo loro due.
E gli stava
bene così…
Ma agli undici
anni, smise definitivamente persino di portarlo in
ufficio.
Smise di
prenderlo a scuola…
E anche il
maggiordomo aveva sempre più impegni.
E Dick iniziò a
sentirsi solo in casa.
Proprio quando
aveva iniziato a trovare degli amici.
Gli pareva un
triste scherzo del destino.
Sola da una
parte, e poi dall’altra.
Cercando
quindi, conforto tra i suoi amici.
Fu in quel
periodo che riscoprì la vera identità di Bruce Wayne…
E ne volle far
parte.
Fineeeee!!
Umm
diciamo che per ora fine primo capitolo XDDD
Non so bene come diavolo
continuerà o finirà (come ogni mia storia v.v)
Non aggiornerò in fretta
sappia telo ma aggiornerò prima o poi v.v io concludo sempre tutto
v.v!!
Dona l’8%
alla causa pro recensioni
Farai
felici milioni di scrittori
E me
XD!!
*Perché
recensire non fa male alle ditina XD*