OCCHI X SPECCHIO X ANIMA
La sera prima avevo
partecipato ad una festa di Halloween dal tema “Spose cadaveri”. Non fu poi
così male. Ci era stato offerto anche di poter rimanere a dormire, per chi
abitava lontano. Io e la mia migliore amica decidemmo di rimanere a dormire nel
teatro, dove si tenne la festa.
Quando mi risvegliai al
mattino, scesi nel seminterrato per andare in bagno. Entrai in uno dei cubicoli
e poi uscii. Mentre uscivo passai davanti al grande specchio in fondo alla
stanza e vidi qualcosa di strano. Il mio vestito bianco, candido, era sporco di
sangue e tutto ciò che era intorno a me era marcescente. Mi avvicinai allo
specchio e istintivamente lo toccai. Nel momento in cui guardai negli occhi la
mia immagine riflessa, mi ritrovai all’interno dello specchio.
Il mio riflesso mi
guardò ghignando e poi se ne andò con il mio vestito candido, lasciandomi
dentro quella dimensione fetida e con un vestito sudicio. Cominciai a girare
per quella dimensione alla ricerca di un modo per uscirne. La struttura era
uguale a quella reale, con l’unica differenza che sembrava essere stata
abbandonata da secoli. Tutto era sporco e sembrava cadere in pezzi da un
momento all’altro.
Raggiunsi quello che
nella realtà era il palco, dove ci fermammo a dormire io e la mia amica. Lei
non c’era in quella dimensione. Mi avvicinai al palco. Le poltrone erano
intrise di umidità e il pavimento era ricoperto da una sostanza viscida di
colore rossastro. Raggiunto il palco vidi il legno che marciva. Pensavo di salirci
con un salto, ma poi decisi che era meglio prendere le scalette sul lato
destro. Salii sul palco e pensai di oltrepassare le pesanti tende rosse,
imbevute anche quelle della strana sostanza viscida del pavimento. Dietro le
tende scoprii un odore nauseante. Tutta l’attrezzatura era marcia, in pezzi. Mi
misi una mano davanti al naso tentando di filtrare l’aria, almeno quel poco che
riuscivo. Mi voltai verso destra e vidi qualcosa ripiegato su sé stesso che
sembrava stesse banchettando con l’attrezzatura del teatro. Feci rumore facendo
un passo in dietro e quella cosa si voltò verso di me. Sembrava a un orso senza
pelo, con muscoli lacerati che uscivano dalla pelle in putrefazione. La bava
era rossa, chiaramente intrisa di sangue, e la testa…la testa non aveva occhi.
Dopo un secondo di
terrore, tornai sul palco spostando rapidamente la tenda, mentre il mostro la
squarciò per inseguirmi. Evitai le scalette e saltai giù dal palco. Attraversai
di corsa la platea, fino ad uscire nell’atrio principale. Presi la direzione
dei camerini cercando qualcosa che mi permettesse di difendermi. La bestia, pur
correndo con quattro zampe, era troppo grossa per passare rapidamente nei
corridoi, così presi terreno. Senza rendermene conto arrivai alla porta che
usciva nel retro. Era bloccata con un bastone di acciaio. Sfilai il bastone con
disgusto, per la sostanza viscida che lo ricopriva, e lo impugnai cominciando a
voltarmi verso la direzione della bestia. Feci appena in tempo a voltarmi che
la bestia s’infilzò praticamente da sola. Il grosso palo di acciaio le aveva
aperto un buco nel petto, all’altezza dello sterno. Cadde a terra e io ancora
presa dalla paura pensai che fosse il caso di colpirla ancora.
Mentre scagliavo gli
ultimi colpi sul suo corpo ormai morto, notai qualcosa che luccicava
all’interno della ferita nel petto. Mi fermai e cominciai a cercare tra la
carne marcia della creatura. Trovai qualcosa e lo estrassi. Era un pendente
rotondo. Assomigliava molto a quello che portava al collo la mia migliore
amica. Notai che aveva un’apertura sul lato. Lo aprii e dentro ci trovai uno
specchio. Mi ritrovai a fissare il riflesso dei miei occhi e improvvisamente
ero tornata nel mondo reale. La puzza e il sudicio erano scomparsi. Solo due
cose erano rimaste: il pendente che avevo in mano e le mani imbrattate di
sangue. Mi venne un colpo al cuore. Guardai a terra e vidi la mia migliore
amica distesa a terra, con uno squarcio nel petto, in un lago di sangue. Gettai
via il pendente in uno scatto di angoscia.
Tornai ai bagni per lavarmi
le mani. Anche l’abito sarebbe stato da pulire, era tutto sporco di sangue.
Pensai che avrei potuto spacciarlo per sangue finto, residuo dalla festa della
sera prima. Non mi guardai più allo specchio. Di una cosa ero certa: quando mi
fissavo allo specchio, la realtà in qui mi trovavo cambiava. Non so per quale
legge fisica o paranormale, ma io e il mio riflesso ci scambiavamo. Una volta
tolto il sangue dalle mani, presi la giacca che avevo lasciato sul palco e me
ne andai dal teatro.
Cominciai a camminare
in fretta, com’era mio solito. Fuori, il sole, non era ancora alto. Le strade
erano ancora deserte. L’aria era frizzantina, come sempre in questo periodo
dell’anno. Attraversai la strada e cominciai ad allontanarmi dal teatro. Ero
sconvolta per la mia migliore amica. L’avevo uccisa io. Mi sentivo in colpa.
Attraversai una lunga
via di negozi. Casa non era molto lontana. Ad un certo punto, sentii qualcuno
battere contro la vetrina a cui stavo passando davanti. Guardai la vetrina
spaventata e, senza neppure volerlo, mi ritrovai a guardare il mio riflesso
un’altra volta. Il riflesso era con entrambi i pugni appoggiati al vetro e mi
fissava, sempre con quel suo ghigno beffardo. Ci fissammo negli occhi e avvenne
di nuovo lo scambio. Mi ritrovai di nuovo in quel mondo marcio, abitato
soltanto da bestie assetate di sangue. Il mio riflesso appoggiò una mano sulla
vetrina. Feci lo stesso, sperando in un nuovo scambio, e invece venni colpita
da una visione.
Venni catapultata in
dietro nel tempo. Doveva essere circa il 1400. Il teatro era in costruzione, ma
nelle diciture dei lavori c’era scritto che era il nuovo palazzo di giustizia.
Affianco a me comparve il mio riflesso, in abiti quattrocenteschi. Con un movimento
della mano fece scomparire la struttura in costruzione e me la mostrò finita.
La visione cambiò di nuovo e mi ritrovai all’interno del palazzo di giustizia.
Era in corso una sentenza contro una donna, e poi un uomo, e ancora donne. Il
mio riflesso mi portò in quelli che per me erano i bagni del teatro, ma nella
visione erano le segrete del palazzo di giustizia. Erano marce, proprio come il
mondo all’interno dello specchio. Mi mostrò delle guardie che torturavano a
morte i prigionieri. Erano tutti accusati di eresia, o di stregoneria. Ad un
certo punto la visione cambiò di nuovo. Dovevano essere passati parecchi anni.
Vidi il mio riflesso all’interno delle segrete. Stava recitando un incantesimo
davanti allo specchio in fondo al corridoio. Ce l’aveva portato lei. Alla fine
dell’incantesimo venne raggiunta da una guardia che la colpì alle spalle. Lei
cadde a terra, dolorante, e spiegò che ormai era troppo tardi, che la
maledizione era già stata lanciata. Chiunque avesse fissato il riflesso dei
propri occhi nello specchio sarebbe vi entrato e avrebbe vissuto l’inferno che
stava vivendo lei.
La visione scomparve e
io tornai a guardare il mio riflesso nel mondo reale che ghignava. Tutto era
chiaro. Fui stata colpita dalla maledizione che io stessa avevo lanciato. Io
sono la reincarnazione di quella strega. E lo specchio…era solo un tramite, una
scusa, uno strumento.
Gli occhi, sono lo
specchio dell’anima.