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Autore: Lucius Etruscus    24/02/2017    0 recensioni
Stringere alleanza con il diavolo ha sempre dei costi, ma il maggiore Dunja è disposta ad accettarli. Sull’Avamposto di ricerca scientifica Adullam sbarcano Dunja e Boyka per stringere alleanza con il dottor Lichtner, uno scienziato specializzato nella costruzione... delle armi più inaspettate dell’universo. È solo questione di tempo prima che la situazione esploda...
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di 20th Century Fox (Aliens) e Nu Image / Millennium Films (Boyka). Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
In fondo al testo riporto tutte le fonti che ho utilizzato per la stesura.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gennaio 2231
Astronave USS Verloc

Il silenzio del deposito era inframmezzato da rumori secchi improvvisi ed esplosivi. Mentre Dunja procedeva lentamente, sorseggiando il suo tè, si divertiva a sentire quel suono inedito per la nave. «Inizi così tutte le mattine?»

La domanda non ebbe risposta ma non ne aspettava una. La donna si sedette su una cassa da imballaggio e continuò a sorseggiare il suo tè, mentre fissava il corpo muscoloso e madido di sudore di Boyka che prendeva a pugni un sacco legato ad una sbarra: c’era da chiedersi se il contenuto di quel sacco, probabilmente trovato in giro nel magazzino, avrebbe sopportato quel trattamento.

Il lottatore sferrava tecniche di varia complessità calibrando la respirazione e il ritmo, era un mix di combinazioni che aveva perfezionato durante i lunghi anni in cui era vissuto nel carcere di Gorgon: ogni briciolo di energia andava calcolato e mai sprecato, ma bisognava allenarsi ogni giorno per non perdere smalto. Il trucco era trovare il giusto equilibrio per allenare muscoli e fiato con il minor dispendio di energie.

«Abbiamo una palestra specializzata», continuò Dunja nel tentativo di attirare su di sé l’attenzione dell’uomo. «Poi te la mostro, così potrai allenarti con una strumentazione più complessa di un sacco sospeso.»

Boyka non diede segno di aver ascoltato e continuò le sue combinazioni. Pugni e gambe in tecniche incrociate, alternando esplosività a potenza per addestrare principalmente il fiato: non conta quanto forte colpisci, conta quanto tempo impieghi a riprender fiato e colpire di nuovo.

Dunja si mise l’anima in pace e non cercò più di parlare all’uomo, ma rimase a fissarlo per tutta la durata dell’allenamento. Un calcio circolare che mandò il sacco dall’altra parte del magazzino fu il chiaro segnale che la sessione mattutina era finita. Boyka finalmente guardò la donna, ansimando per il fiatone. «Non hai nulla da fare, la mattina?»

Dunja sorrise. «Certo, ma guardarti picchiare degli oggetti è molto più divertente.» Rise mentre l’uomo riprendeva fiato. «Hai un fiatone che non mi aspettavo, da un atleta come te: sei fuori forma?»

Boyka rimaneva immobile, con le mani ai fianchi, recuperando energie. «Negli allenamenti porto il mio fiato al limite, così so sempre quanto posso resistere in un incontro vero. Hai altre domande?»

Dunja si alzò, sempre sorridendo. «Ho capito, sei uno dei quegli uomini che la mattina sono intrattabili. Per tua fortuna io invece sono sempre amabile, così non bado alla tua insubordinazione: sai che potrei metterti agli arresti?»

Finalmente Boyka la guardò abbozzando un sorriso. «Ti ringrazio, l’immagine dei tuoi soldatini che cercano di obbligarmi a fare qualcosa è così ridicola che mi ha ridato il buonumore.»

L’uomo afferrò uno straccio e se lo passò sul torace per detergere un po’ di sudore. «Ti stai davvero pulendo con quella schifezza?», chiese Dunja allibita. «Sei il preferito della comandante della nave e ti comporti come un barbone.» Boyka la fissò, cercando di capire quanto stesse scherzando. Dunja scoppiò a ridere e continuò. «In tutta la mia carriera militare sono stata su navi i cui capitani si portavano a letto le donne di grado inferiore: ora che finalmente ho una mia nave, voglio la mia fetta di torta.»

«Tu non hai una nave», specificò ghignando Boyka, continuando a pulirsi con lo straccio. «Tu hai rubato una nave, e io non sono di grado inferiore semplicemente perché non ho alcun grado.»

«Nessun grado è meno di un grado: io ho un grado, quindi sono superiore a te che non ne hai, dico bene?» Dunja si avvicinò a Boyka e gli prese dolcemente lo straccio dalle mani. «Posso?» mormorò mentre lentamente girò intorno all’uomo e iniziò ad asciugargli la schiena. «Immagino che in carcere nessuno ti aiutasse ad asciugarti la schiena.»

«Al contrario», rispose seccamente il lottatore. «Lo facevano le mie puttane.»

Un silenzio gelido cadde all’improvviso tra i due. Dunja si era immobilizzata e lasciò cadere lo straccio in terra. Passarono degli eterni secondi. «Tra 25 minuti c’è una riunione in plancia, a cui sei tenuto a partecipare con un abbigliamento consono.» Iniziò a muoversi, sorpassandolo senza incrociare i suoi occhi. «Nella tua stanza troverai una divisa pulita: deve avercela messa qualche puttana.»

Dunja attraversò il magazzino con passo militare e in poche falcate ne uscì.

~

«Quel tizio è un pazzo, non possiamo fidarci di lui.» La voce di Dimitri risuonava nella sala riunioni e dalle teste che annuivano era chiaro che fosse condivisa. Aver deciso di non uccidere Dunja ed anzi averla aiutata a spodestare il generale Rykov gli aveva fatto guadagnare i favori della nuova comandante della Verloc: da soldato semplice ora tutti chiamavano Dimitri sergente, anche se era più un titolo onorifico che un reale grado militare.

«Lo so, la fama del dottor Lichtner parla chiaro», rispose Dunja, seduta composta a capo della grande tavola che riuniva i graduati dell’equipaggio, «ma è la nostra opzione migliore. Le sue armi sono spettacolari e ambite: non tutti possono permettersele e noi abbiamo una carta vincente da giocare. Io dico di approfittarne.»

Quando Boyka entrò nella sala tutti si voltarono di scatto a fissarlo, stupiti. Più che la sorpresa di veder partecipare un civile – per di più un avanzo di galera – fu vederlo indossare la divisa che faceva una strana impressione. L’uomo era visibilmente infastidito dall’indossare quel capo di fattura militare e camminava scompostamente. Quando si rese conto che non c’era una sedia libera rimase fermo a guardare Dunja.

«Quando dico che una riunione è tra 25 minuti, non sparo cifre a caso», disse la donna senza guardarlo. «Per questa volta chiudo un occhio perché sei un civile e non sei abituato a queste usanze, ma la puntualità è un concetto su cui non transigo.» Indicò una parte della stanza. «Lì dovrebbero esserci delle sedie.»

«Vieni, ti aiuto», disse Dimitri alzandosi.

«Si sieda, sergente!» tuonò Dunja. «Boyka ha affrontato da solo un esercito di alieni e ha cavalcato una Regina: è perfettamente in grado di prendersi da solo una sedia.»

Più di uno dei presenti rabbrividì: che il maggiore fosse più feroce del generale Rykov?

Senza far trapelare alcuna emozione, anzi con sul volto un’espressione di indifferenza, Boyka scelse una sedia a caso e si sedette in un punto qualsiasi: era ridicolo vederlo in abiti sformati e seduto come un bambino in punizione, ma bastava paragonare quella situazione al carcere duro in cui era vissuto fino a qualche tempo prima per capire quanto poco gli importasse il tutto.

«So che fare affari con il dottor Lichtner non è sicuro», riprese Dunja, «ma ricordate che in tutto l’universo esiste solamente un suo nemico che non è riuscito a distruggere: Rykov, che ora riposa nel sonno criogenico in cui l’abbiamo costretto. Presentandoci a Lichtner con Rykov in un pacchetto regalo diventeremmo i suoi migliori amici. In questo ambiente conta la potenza di fuoco, e noi siamo troppo pochi per poter rimanere sul mercato: con le armi di Lichtner diventeremmo invece i re dei mercenari.»

Nessuno interveniva, erano tutti occupati a cercar di digerire l’idea di fare affari con un noto folle. D’un tratto si sentì una voce: «Qual è l’alternativa?» Tutti si voltarono di scatto a fissare Boyka, che aveva posto la domanda. «Lo so, lo so, sono un civile, non devo intervenire e bla bla bla. Però sono stato invitato e quindi ho una domanda da fare: qual è l’alternativa a stringere alleanza con il pazzo di cui state parlando?»

Di getto tutti si voltarono verso Dunja, in attesa che il maggiore redarguisse l’ospite... invece la donna allargò le braccia. «Mi sembra una domanda sensata: qual è l’alternativa? Tornare dalla Weyland-Yutani e chiedere scusa per aver spodestato un suo generale? Lo sapevano tutti che Rykov era una scheggia impazzita e nessuno ci ha mai chiesto di rispettare i doveri militari: abbiamo fatto il nostro porco comodo perché Rykov era intoccabile. Ora che gli abbiamo sottratto il potere la Compagnia potrebbe benissimo schiacciarci, sparpagliandoci tutti in chissà quali plotoni sparsi nell’universo. Ve la sentite di rischiare?»

Tutti si guardavano perplessi, e Boyka prese di nuovo la parola. «Io non conosco la vita militare, né so chi sia questo dottore di cui parlate, ma sono cresciuto in galera, e lì se hai qualcosa di valore non lo vai a condividere con uno bravo, ma con il più infame di tutti: il bravo lo puoi gestire in ogni caso, l’infame no.»

Dunja si schiarì la voce. «Grazie per la tua filosofia da galera, forse l’esempio non è calzante perché la Compagnia non è certo il “bravo” della situazione, ma capisco il concetto: il dottor Lichtner è sicuramente più pericoloso, quindi è meglio farsi amico lui. Comunque qui non si parla di amicizia, non dobbiamo andare a trovarlo la domenica per un tè: dobbiamo solamente garantirci la sua fornitura di armi che ci permetterebbe di essere i migliori in questo ambiente. La Weyland-Yutani rispetta la forza e può solamente sognare ciò che Lictner crea: ripeto, non dobbiamo sprecare l’opportunità di giocare questa carta.»

Teste che annuirono fu il segnale che la riunione era finita, non rimaneva da sbrigare alcune incombenze tecniche che annoiarono a morte Boyka. Era questo il suo futuro?, si chiedeva l’uomo. Fare il pupazzo malvestito di una soldatessa ebbra di potere? Domande inutili: non aveva alcun controllo sugli eventi quindi non serviva a nulla fare piani o bilanci. Era tutto più rilassante che vivere nel carcere di Gorgon, quindi non rimaneva che godersela.

Quando tutti si alzarono e tornarono alle proprie mansioni, Dimitri si avvicinò a Boyka. «Divertenti le riunioni, eh?»

Il lottatore rispose al suo sorriso. «Io non ho niente da fare, che mi importa? Un soldato come te invece mi stupisce che accetti di fare lo scalda-sedia.»

Dimitri scosse le spalle. «Non si può sempre sparare. Anche tu, non è che combatti sempre.»

In quel momento passò Dunja con passo deciso, marziale, e occhi fissi verso la porta da cui sarebbe uscita di lì a qualche istante. «Possiamo parlare?» chiese Boyka alzandosi in fretta ma reso goffo dal vestito.

Con un distratto «No» pronunciato velocemente, ed uscendo altrettanto velocemente, Dunja mostrò tutto il suo freddo disappunto.

Boyka si voltò verso Dimitri. «A me sembra invece che c’è sempre da combattere: ma con le parole non ho la minima speranza di vincere.»

Dimitri lo prese per le spalle. «Vieni, ti porto in magazzino dove abbiamo altre divise: magari ne troviamo una della tua taglia.» Dopo aver iniziato a camminare, il soldato continuò. «Non so cosa sia successo fra te e il maggiore ma la tensione si tagliava con l’accetta, e questo mi ricorda una frase che mi diceva mia madre: “Non esiste furia all’inferno come una donna umiliata”.»

Boyka continuava a seguire l’uomo senza guardarlo negli occhi. «Per tanto tempo sono stato io la furia all’inferno», rispose senza tono. «Se ora vuole farla lei... si accomodi pure.»

~

La navetta lasciò l’astronave per raggiungere l’orbita del pianeta del dottor Lichtner. Boyka sedeva in fondo ad una fila di soldati, vestito in modo più dignitoso ma intento a far nulla se non guardare fisso davanti a sé. Era stato chiamato all’ultimo secondo e non aveva assistito alle operazioni di carico: non sapeva che la enorme cassa accanto a lui conteneva il corpo di un uomo in sonno criogenico. Il corpo di Rykov pronto ad essere ceduto al suo peggior nemico.

Nella cabina di comando Dimitri fece segno a Dunja. «Posso parlare liberamente, maggiore?»

«Sai che puoi», rispose sorridendo la donna.

«Perché portarci appresso Boyka? Non è un soldato e sappiamo tutti che la diplomazia non è il suo forte: perché lo ha voluto con noi, maggiore?»

La vera domanda era nell’aria, non c’era bisogno di esprimerla. «Non posso separarmene... che già mi manca», disse Duja abbassando gli occhi.

Dimitri avvampò di vergogna e cominciò a balbettare. «Maggiore, io... io non volevo... cioè...»

Dunja rialzò la testa scoppiando in una risata. «Io... io...» finse di balbettare per prendere in giro il sergente. «Dovresti vedere la tua faccia, Dimitri», e rise ancora. «Boyka sprigiona violenza da ogni poro e Lichtner rispetta la violenza. Diremo che è la mia guardia del corpo personale e ovviamente il dottore non ci crederà, ma è proprio quello che voglio: deve sospettare che siamo più forti di quello che sembriamo, così ci rispetterà di più. E poi...»

«E poi?», chiese flebilmente Dimitri.

«E se poi Lichtner ci chiede un sacrificio umano... parrebbe brutto presentarsi a mani vuote!»

Risero entrambi.

   
 
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