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Autore: DreamerGiada_emip    27/02/2017    3 recensioni
Attenzione: questo libro è il sequel di Dark Angel, presente anch'esso sul mio profilo, se non si conosce la storia precedentemente nominata sconsiglio vivamente la lettura di questo sequel.
La bella Lilith viene costretta a una vita che non avrebbe mai nemmeno immaginato. Il suo nome, i suoi sogni, le sue perdite di controllo, il suo sangue la legano indissolubilmente a questo nuovo e oscuro regno. La ragazza non sa come uscire da questa situazione che non ha mai desiderato, vorrebbe ritornare in quella che considera la sua vera famiglia, ma un'ombra oscura la tiene incatenata.
Nella villa Sakamaki, i sei fratelli non sanno cosa fare, la loro preda è scomparsa tra le fiamme sotto i loro occhi. Soprattutto il giovane Subaru è alla disperata ricerca di quella che ormai considera la sua unica ragione di vita. È deciso a ritrovarla e riportarla a casa, per tenerla con sé al sicuro per sempre.
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Angel, Demon or Human?'
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Subaru’s P.O.V.
 
«Possibile che sia sparita nel nulla? È inconcepibile!» siamo tutti insieme nello studio di Reiji, lui è concentrato su uno di quei suoi vecchi e polverosi libri che io ho sempre considerato inutili, ora ne ho la conferma.
 
«Stiamo facendo il possibile, Subaru, vedi di calmarti» mi rimprovera severamente Shu. Gli rivolgo subito un’occhiata di fuoco. Stringo i denti.
 
«Non stiamo facendo abbastanza! Dovremmo essere là fuori a cercarla e non qui a leggere stupidi libri, non ci daranno nessuna risposta» d’istinto il mio pugno serrato va ad abbattersi con rabbia contro la parete dietro di me creando un profondo solco.
 
«Credi di essere l’unico a cui manca la sgualdrina?» Raito parla da appoggiato al muro con gli occhi coperti dal cappello, ha perso il suo sorriso malizioso. Aggrotto la fronte, irritato dal soprannome con cui si ostina a chiamarla. Non è una sgualdrina, è una ragazza, una splendida ragazza dagli occhi di ghiaccio e dalle labbra morbide. Chiudo gli occhi per scacciare le scene di poco fa, in camera sua, che si riaffacciano ostinate alla mia mente.
 
«Una preda non dovrebbe poter andare dove le pare…» si lamenta Kanato abbracciando il suo orsetto. Gli scocco solo un’occhiata veloce, senza il minimo interesse per le sue parole. Sono concentrato sul lavoro di Reiji.
 
«Non se n’è andata di sua iniziativa, non avrebbe nemmeno potuto fare una cosa simile, qualcun altro ha agito per trasportarla dove voleva… adesso il problema è scovare il colpevole, capire quanto è disposto a rischiare per tenersela e come affrontarlo» controbatte leggendo velocemente le pagine consumate del suo tomo. Chiunque l’abbia portata via è nei guai fino al collo!
 
«Lo ucciderò per aver portato via la preda del Grande Me, la mia preda» ringhia Ayato pronto per uno scontro. Il mio corpo scatta istantaneamente andando ad afferrare la camicia di Ayato con entrambe le mani. Lo spingo indietro con una velocità che solo un vampiro può avere, finché la sua schiena non sbatte violentemente contro il muro.
 
«Lei non è tua» quelle parole piene di gelosia scivolarono fuori dalla mia bocca prima che io possa trattenerle. Ayato stringe i miei polsi finché non lo lascio andare e mi guarda interrogativo.
 
«Che ti prende, Subaru? Sei più irritato del solito» dice il vampiro di fronte a me scrutandomi attentamente. Indietreggio di un passo, ho gli sguardi di tutti puntati addosso.
 
«Voglio solo riaverla qua, dove deve stare, come tutti voi» controbatto in maniera sbrigativa senza incrociare lo sguardo di nessuno. Esco dallo studio sbattendomi la porta alle spalle e subito mi trasporto nel giardino di rose. Quel profumo mi ricorda tantissimo lei. In un impeto di rabbia e frustrazione, infilo le mani tra quei fiori graffiandomi con le spine e ne strappo via una manciata. I petali mi volano intorno, alcuni macchiati dal mio sangue, uscito dai sottili e brucianti graffi sulle mie braccia, che si confonde con il rosso scarlatto delle rose. Vorrei estirparle tutte, ma a lei dispiacerebbe, le piacciono queste rose, lo vedevo da come ci girava in mezzo guardandole con un sorriso accennato. Se ora le distruggessi, quando lei tornerà, mi rimprovererebbe con quello sguardo accusatore e corrucciato. E dico “quando” perché sono certo che lei tornerà, io riuscirò a riportarla a casa, non importa come. Schiudo i pugni che ho tenuto serrati fino ad adesso e rivolgo lo sguardo al cielo.
 
«Dove sei? Torna indietro, piccola indisciplinata Lilith…» sussurro al vento, nella folle speranza che possa portare quelle parole a lei. Mi chino sulle ginocchia per raccogliere una manciata di quei petali profumati, li osservo sul palmo della mia mano. Una folata di vento li porta via e in un attimo, nell’osservare come quei fiori volteggiano nell’aria, mi ritorna in mente quando l’ho tenuta sulle mie spalle per regalarle la sensazione del volo. Non so nemmeno oggi cosa mi sia preso in quel momento, cosa mi sia passato per la testa, ma lo volevo fare e non ne capisco il motivo. Quel sorriso che mi ha fatto subito dopo accompagnato da quel casto bacio. È stato solo un attimo, ma mi sono sentito sereno come non accadeva da centinaia di anni. Non avevo mai fatto una cosa simile per le precedenti spose sacrificali, le ho sempre trattate con sufficienza e odio, come delle semplici prede, inutili contenitori di sangue. Ho pensato fosse per il suo sangue dolce che provo quest’attrazione, ma ultimamente non ne sono più tanto sicuro. Apro le braccia ripensando a lei mettendomi controvento e chiudendo gli occhi, per qualche secondo resto così.
 
«Ma che diavolo sto facendo?» chiedo a me stesso scuotendo vigorosamente la testa nel riportare le braccia lungo i fianchi. Vado nella sua stanza per sentire di nuovo il suo odore di cui sono totalmente assuefatto, è ovunque, il suo profumo è sparso dappertutto. Sento la gola bruciare, stringo i denti per cercare di annullare la sete che mi attanaglia. La rivoglio qui. Voglio poter di nuovo assaporare il suo dolce sangue, come fosse un nettare raro e prezioso. Voglio poter di nuovo entrare nella sua stanza quando dorme e restare a guardarla. Voglio poterla tornare a stuzzicare. Voglio poter di nuovo ricevere le sue frecciatine e i suoi sorrisetti. Voglio poter di nuovo sentire il calore della sua pelle, quella sensazione di tepore che lei riesce a regalarmi. Voglio poterla di nuovo guardare da lontano senza che lei se ne accorga. Rivoglio lei, la cui presenza ha riportato vita in questa villa rimasta nella freddezza dell’immortalità per secoli. Raggiungo la sala degli strumenti annusando l’aria attentamente. Si sente ancora la puzza di legno bruciato che le fiamme hanno lasciato al loro passaggio, insieme a un cerchio nero sul pavimento in legno intorno al pianoforte.
 
«La melodia che stava suonando è cambiata drasticamente ad un certo punto, quasi nello stesso momento si è tracciato il cerchio» sollevo lo sguardo verso lo strumento cercando di ricordare le note di quella sinfonia così tormentata e straziante da lei suonata. Forse non avrà senso, ma vorrei provare a riprodurre la stessa musica, chissà che non succeda qualcosa. Roteo gli occhi quasi completamente convinto che non accadrà niente, ma in ogni caso mi siedo sullo sgabello in pelle e appoggio le dita sui tasti. Da quanto tempo non suono il pianoforte? Da quando ho ucciso mia madre. Lei adorava questo strumento, insieme al flauto traverso. Mi era capitato di produrre musica tramite quei tasti bianchi e neri, ma non credo sarei all’altezza di Lilith. Ricordo all’improvviso le parole di mia madre, quando stava di fianco a me nel guardarmi suonare. Quando cercavo di non fare errori per farle piacere.
 
“Tu pensa a un pianoforte. I tasti iniziano, i tasti finiscono. Tu lo sai che sono 88 e su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Sei tu che sei infinito, e dentro quegli 88 tasti la musica che puoi fare è infinita. Questo a me piace, in questo posso vivere.”
 
Ricordo quelle parole come fosse ancora qui a dirmele accarezzando lo strumento con dolcezza. Lei esprimeva emozioni tramite la sua musica, stessa cosa che fa la giovane Lilith. Mia madre faceva in modo di far scivolar via tutta la tristezza che provava, Lilith fa lo stesso con le sue emozioni. Provo qualche nota in libertà, tanto per provare a ricordare qualcosa. La sinfonia che lei ha suonato è impossibile da dimenticare, lascia un segno indelebile a chiunque l’ascolti. Provo a riprodurla chiudendo gli occhi, ma non riesco a trovare le note esatte. Quando penso di essere sulla strada giusta sento una nota stonata. Stringo i denti e sbatto entrambe le mani violentemente sui tasti facendo vibrare nell’aria un forte rumore.
 
«Perché la ami?» mi volto di scatto trovando alle mie spalle Shu che mi osserva con gli occhi socchiusi. Mi alzo in piedi velocemente dallo sgabello e lo allontano da me, lo strisciare sul pavimento produce un fastidioso rumore.
 
«Come scusa? Credo di non aver capito bene» ringhio innervosito con il mio sguardo ardente su di lui. Invece ho capito benissimo, voglio solo vedere se ha il coraggio di ripetersi.
 
«Hai sentito benissimo, Subaru, non fare l’idiota» controbatte mio fratello con un tono annoiato. Mi volto completamente verso di lui e lo raggiungo con lunghe falcate, fino a ritrovarmi faccia a faccia con quegli occhi blu. La sua aria indifferente mi fa innervosire ancora di più.
 
«Non dire stronzate, Shu… in me non troverai mai amore, ma solo odio e rabbia! E se mai proverò un sentimento verso quella mocciosa sarà la possessione e la fame» sputo fuori con rabbia. Sento le mani formicolare, avrei voglia di togliergli quell’espressione atona dalla faccia. Vorrei colpirlo.
 
«Ti illudi, sei più legato a quella ragazza di quanto non vuoi ammette» si stacca dal muro grazie a una lieve spinta, così da essere leggermente più alto di me. Sto per controbattere, ma lui mi precede. «Hai solo paura, non è vero? Paura di perdere anche lei e ora questa paura è aumentata non avendola più al tuo fianco» mette in mostra un sorrisetto sfacciato. In un attimo scaglio un pugno che si va ad abbattere contro il muro alle sue spalle a un soffio dalla sua testa. Vedo la crepa espandersi sotto il miei occhi. Shu non si è spostato di un millimetro osservandomi impassibile.
 
«Ciò che dici non ha senso» ringhio sommessamente allontanando il pugno ancora chiuso dal muro. Le nocche sono scorticate, ma non ci bado, è un dolore quasi inesistente per me. Mi volto a osservare il pianoforte per un attimo, per poi fare qualche passo indietro mettendo distanza tra di noi. Non è vero, io non amo nessuno. Non provo paura o timore. Solo rabbia e odio verso tutto e tutti, il mio cuore formo da tempo ne è ricolmo. Cammino deciso verso la porta. Non voglio più ascoltare nemmeno una parola su questo stupido argomento.
 
«Non potrai nasconderti per sempre» mi fermo a pochi passi dall’uscita della sala. «Non serve rifugiarsi nei ricordi e dimenticarsi di vivere» questa ultima frase mi lascia interdetto, ma non lo do a vedere.
 
«I vampiri non possono amare, il loro cuore è atrofizzato e l’animo è nero come una notte senza stelle, nessuno potrà cambiare questa realtà» esco dalla stanza chiudendo la porta alle mie spalle. I vampiri non possono amare e nessuno potrà mai amare un vampiro.

Spazio autrice:
Ok, questo capitolo è un po' corto, ma volevo mettere in luce ciò che prova Subaru.
Ci vediamo prestissimo con il Point Of View di Lilith!
Un abbraccio, Giada

   
 
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