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Autore: Yuki Onna    03/03/2017    3 recensioni
Dopo la sconfitta di Naraku sembra che la pace sia tornata nella Sengoku Jidai. La vita riacquisisce un aspetto apparentemente normale: Sango finalmente ha vendicato la morte di tutti i membri del suo villaggio e Kohaku è ancora una volta vivo; Miroku è libero dal suo Kazaana, la maledizione che lo aveva condannato a una vita di paura; Shippō è occupato con i suoi studi e con il suo desiderio di diventare più forte per proteggere chi ama; Rin continua il suo dividersi tra il villaggio di Inuyasha e la dimore del suo signore Sesshōmaru; persino Inuyahsa è riuscito a trovare una certa armonia restando l’hanyō che è.
L’orizzonte, però, non promette di mantenere quale sottile e fragile pace. Anzi, qualcosa nell’oscurità trama di rovesciare l’ordine, di mettere gli umani contro i demoni, di iniziare una nuova guerra che bagnerà il suolo con il sangue di innocenti.
Riuscirà una giovane miko nel suo intento o dovrà sottomettersi a forze più forti di lei.
Riuscirà a portare la vera pace?
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Kagome/Sesshoumaru
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Declaimer: I don’t own Inuyasha.

 

Attenzione: questa storia è di mia invenzione, non è a scopo di lucro ed è solo per intrattenimento per quei pochi che decidono di leggerla. Nessuno ha il diritto di copiarla e utilizzarla come sua.

 

Salve a tutti!

Comincio col dire che sono anni che non scrivo e non pubblico qualcosa su efp, ma ultimamente ho sentito il bisogno di farlo e la riscoperta di questo anime della mia adolescenza non ha fatto altro che buttar benzina sul fuoco della mia immaginazione.

Non so quanto sia buono in quanto riguarda al qualità dello scritto, c’è poco da dire in verità: ho una certa passione per le virgole, le metto dove non serve in certe casi e sono assenti in altri; mi piace essere un narratore onnisciente, mi da un certo potere…; mi piace usare le parole giapponesi per indicare molte cose, in certi casi non sarebbero proprio necessarie. 

Sono una fan della coppia Kagome/Sesshōmaru… per svariati motivi che ora non sto a raccontare!

Ho preferito mettere questo angolo autrice in cima al capitolo perché mi sentivo in causa a farlo. Per prima cosa, sotto al mio continuo balbettio si trovano le parole giapponesi che ho utilizzato in questo capitolo con traduzione ed eventuale significato; seconda cosa, tutto ciò che userò in questa storia che abbia significato storico o che sia un luogo fisico è solo per rendere la storia più “reale”.

Credo che avrei dovuto aggiungere qualcosa ma ho dimenticato cosa…

Vabbè…

Vi auguro buona lettura!

 

 

 

Traduzione e significato delle parole usate

 

 

  1. Shōnin = tradotto su google traduttore, significa mercante.
  2. Daiyōkai = demone maggiore, sono una categoria di yōkai molto potenti, hanno un forza e resistenza fisica e un’intelligenza che supera di gran lunga quella di un demone “normale”, questo discorso è valido anche per la durata della loro vita.  Sono molto calmi in battaglia e riescono a mantenere una mente sgombra anche in situazioni in cui la loro stessa vita viene minacciata. I Daiyōkai possono presentarsi in diverse forme: alcuni possono assumere una forma umana, come Inu no Taisho e Sesshōmaru, altri hanno un fisico più possente e animalesco, come Ryūkotsuse. In alcuni casi essi possono assumere il controllo di vasti territori, decidere di iniziare una guerra, che sia contro altri yōkai o umani non ha molta importanza.
  3. Hai = tradotto in giapponese per “si”.
  4. Hisashi = nome giapponese maschile, (久志), significa: “che vive a lungo”.
  5. Hoshi = letteralmente la traduzione di bonzo (termiche che accomuna in modo non del tutto i monaci buddisti giapponesi, cinesi, coreani e vietnamiti) in giapponese, uso questo spazio per dire che miko è il nome con cui viene indicata una sacerdotessa scintoista.
  6. Rōnin = è il termine con cui vengono identificati i samurai senza padrone o caduti in disgrazia.
  7. Kami = sono gli dei giapponesi.
  8. Atsuhasu = sono delle frange (credo che posso spiegarlo solo in questo modo) che si trovano a drappeggiare davanti alle zampe anteriore del cavallo. Caricherò sotto un’immagine scaricata da internet che indica cosa sono.
  9. Tazuna = sono delle redini, dalle imagini che ho visto sono leggermente più grosse di quelle normale, credo siano fatte di stoffa, e sono di colore rosso.
  10. Hakui = è il tipico kimono bianco che indossano le miko, un esempio lampante è il kimono bianco che indossa Kikyo insieme agli hakama rossi.
  11. Oni = sono creature del folklore giapponese simili agli orchi occidentali.
  12. Nōka = tradotto con golose traduttore, significa contattino.

 

 

 

Selcouth

 

Chapter 1

 

 

In the city fields,

contemplating cherry trees…

Strangers are like friends.

 

Kobayashi Issa 

 

 

 

 

Sengoku Jidai, 1563

 

 

L’orizzonte era infuocato dagli ultimi raggi del sole, il rosso, che accarezzava la terra come un amante passionale, si mescolava con l’arancio e il giallo per poi sbiadire in un pallido rosa che andava scurendosi nelle profondità dell’indico. I pochi alberi in fiore che costeggiavano la strada di terra battuta erano sfiorati dalla debole brezza primaverile, più in là, tra gli imponenti pini si poteva intravedere il fuoco di un falò. Alcuni carri colmi di merce abbellivano lo sfondo verde scuro, mentre poche donne si tenevano occupate preparando la cena, i giovani della compagnia erano radunati in un angolo a sussurrare segreti e a lanciare occhiate poco innocenti verso gli anziani. 

In mezzo agli uomini, c’era una giovane ragazza, quattordici forse sedici anni ma non di più, il delicato volto pallido dalla forma a cuore era incornicio da ciocche di capelli color arancio scuro, colore acquisito dalle lingue che schioccavano davanti a lei. Occhi dal colore impossibile erano concentrati sulla mano del più anziano tra i presenti, il capo della carovana, mentre quest’ultimo spiegava il tragitto che aveva fatto sin dal primo giorno del suo viaggio, uno dei tanti.

«Siamo partiti da Niigata e ci siamo diretti al castello di Shibata nel tardo mese di gennaio, siamo rimasti fermi lì fino al prossimo quarto di luna crescente. La tempesta non è stata clemente» spiegò il vecchio shōnin1, il dito ossuto e imbrunito dal tempo e puntando l’unghia dura e ingiallita per poi picchiettarla leggermente sul punto nero che indicava la città. «Da lì ci siamo diretti al castello di Yamagata e di seguito ci siamo diretti verso il mare. Ci siamo fermati per una settimana al castello di Sendai e poi abbiamo proseguito fino a Iwaki» durante tutta la spiegazione l’anziano non aveva smesso per un secondo di indicare i vari punti da lui nominati sulla cartina, brevemente aveva alzato gli occhi scuri sul volto della giovane. Per quanto fosse giovane ed esile, il comportamento che aveva assunto nei loro confronti era stato più che educato ma distante, freddo. Non adeguato per una femmina della sua età, ma il fatto che fosse una miko la diceva lunga.

«Al momento ci troviamo a qualche chilometro da Iwaki, ci stiamo dirigendo verso la città di Choshi e poi seguiremo il confine del territorio del Daimyo Satomi, ci inoltreremo nella provincia di Shimōsa fino ad arrivare al confine con la provincia di Musashi, per poi entrare nella provincia di Kōtsuke. La nostra destinazione è Takasaki» concluse il vecchio shōnin picchiettando nuovamente sul punto nero che indicava la città di Takasaki. 

Finalmente il suo sguardo si era fissato sulla donna che aveva di fronte a se, la fronte diafana resa dorata dalle fiamme era increspata da chi sa quali pensieri, mentre le sottili sopracciglia argentee erano inarcate a formare delle piccoli solchi in mezzo agli occhi. Che fosse preoccupazione o che stesse pensando a qualcos’altro, l’anziano non poteva saperlo ma la curiosità era troppa.

«Takasaki non si trova sul confine del Daiyōkai2 dell’ovest?» lo shōnin non ebbe nemmeno il tempo di esporre le sue idee che la giovane l’aveva interrotto sul nascere, la voce bassa e valutata, come seta sulla pelle. 

«Hai3… finché manterremo un atteggiamento tranquillo, il Signore dell’ovest non si preoccuperà di una piccola carovana» la voce rocca dall’età era avvolta dalla paura al solo nominare quel demone, non importava che le sue terre fossero quelle più sicure, restava il fatto che fosse uno yōkai che non apprezzava la compagnia degli umani. 

«Ci sono alcune voci… dicono che il Daiyōkai non sia in buoni rapporti con Takeda» affermò la ragazza con lo stesso tono di voce tranquillo, anche se stesse affrontando un discorso poco consueto per una femmina, anche per una del suo status. 

«Diciamo che il Daimyo non è uno che ama farsi ordina-» il vecchio fu interrotto dalle voce stridula di uno degli uomini introno a lui, le guance rosse e lo sguardo lucido parlava da sé. «Avanti vecchio Hisashi4, sappiamo tutti che Takeda sta giocando col fuoco, la sua terra è sotto il controlla del demone e per quanto il vecchio Takeda fosse stato saggio il figlio non fa altro che stuzzicare l’ovest.»

«Si salva solo perché la provincia di Kai è sotto il controllo dell’est, si nasconde sempre lì quando va oltre il limite concesso dalla calma del Daiyōkai» parlò un altro, più giovane ma abbastanza vecchio da far parte del loro gruppo.

«Dimmi miko-sama, cosa ti porta sulla strada lontana dal tuo tempio» l’anziano shōnin aveva riportato l’attenzione sulla donna i cui occhi ora erano fissi nei suoi, al buio si mescolavano col colore della notte ma ricordava bene che fossero ben diversi, inquietante e affascinanti allo stesso tempo. 

Un sospiro appena udibile, labbra morbide e rosee come i petali di sakura erano dischiuse a mostrare la linea di denti bianchi e perfetti. «Sono stata incaricata dal tempio di dirigermi verso Edo e cercare un hōshi5 e consegnarli un messaggio» fu la spiegazione breve e il meno dettaglia possibile sul perché una ragazza della sua età si trovasse in balia degli eventi, sola e senza alcuna protezione.

«Hmm… data l’urgenza, suppongo che tu intenda seguire questa strada» disse il vecchio dopo una lunga pausa, gli occhi bassi sulla mappa davanti a se mentre la mano ossuta si muoveva lenta sulla pergamena, con l’unghia gialla indicava la strada più veloce per Edo. Tagliava la provincia di Hitachi e Shimōsa in una linea quasi dritta, quasi, perché avvicinando al confine con la provincia di Musashi la strada procedeva verso il basso in quello che ricordava, doveva portare verso un dei tre ponti sul confine.

«Hai.»

La giovane sapeva perfettamente che la strada che doveva ancora percorrere era piena di pericoli, non solo per i gruppi di banditi e rōnin6 che le ultime guerre tra Daimyo avevano procurato, ma anche per i demoni di basso rango che infestavano i boschi che avrebbe dovuto attraversare.

«Prego i Kami7 che non ti succeda nulla, miko-sama» fu una delle poche cose che il vecchio shōnin le rivolse prima di ritirarsi intorno al fuoco e concentrarsi sul cibo che gli venne offerto, non invitò la miko a unirsi a lui e nemmeno lei non si avvicinò al falò, preferendo appoggiarsi contro la corteccia un vecchi abete in compagnia del suo cavallo.

 

 

 

 

Proseguendo lungo il tratto di terra battuta che s’inoltrava nel bosco, la vista iniziava a bearsi dei primi segni della primavera. Il suo tocco fertile aveva dato la vita a piccolo fiori azzurri e rosa con il loro sottile stelo di un verde accesso, vivo. Un cielo limpido si riusciva a intravedere tra le fronde dei sempre verdi, mentre la tenue carezza del sole le solleticava il volto e la sommità della sua testa. 

La giovane alzò lo sguardo al suono fastidioso di corvi, non c’era bisogno che indagasse per capire il motivo della loro presenza in un luogo di così pura bellezza; il fetore di sangue e morte galleggiava nella brezza leggera che giocava con i sui capelli. Insieme al nauseabondo odore c’era quello prodotto dalla pietra che batte contro pietra, così simile alle scintille che illuminava la notte, così metallico, che le accarezzava i sensi avvolgendola in un’abbraccio freddo. L’arrivo di una tempesta che prometteva uno spettacolo terribile, potente. ‘Devo sbrigarmi.’ Fu l’unico pensiero prima di toccare il collo possente del suo fedele destriero, carezzando delicatamente le rosse frange dell’atsuhusa8 che drappeggiava davanti alle sue zampe. Saltando in sella afferrò il tazuna9 dello stesso colore dell’atsuhusa, l’unica differenza erano le sottili linee bianche che lo decoravano in ghirigori astratti e tirandolo per portare l’attenzione del cavallo sul sentiero, diede un calcio ben assestato nell’addome dell’animale partendo a galoppo.

Ignorando l’orribile sensazione della stoffa dei suoi vestiti che sfregava senza pietà sulla pelle sudata e accaldata dal lungo viaggio, la stanchezza stava già prendendo possesso dei suoi arti mentre continuava camminava lentamente in quella che si rivelò essere una radura arricchita da fiori selvatici. Il verde lussureggiante della foresta circostante e la temperatura più mite rispetto a quella a cui solitamente era abituata le confermavano ancora una volta che ne aveva fatta di strada. 

Lo sguardo perso verso il nord, la mente intenta a ricordare il calore dell’abbraccio di sua madre mentre guardavano i sakura danzare al passo lento di un vento frizzante. Scosse la testa per liberarla dai ricordi, anche se sua madre le mancava moltissimo si rasserenò al pensiero che l’avrebbe rivista nei giorni del solstizio, solo allora si sarebbe concessa di sussurrale quanto le fosse mancata, quanta paura stesse provando senza la sua protezione. Sorrise a se stessa, quella donna era fiera di lei e il compito che le aveva affidato era importante, ciò significava che lei aveva fiducia nelle sue capacità, quindi doveva averla anche lei. 

Avvicinandosi ai primi alberi, tra il canto musicale degli uccelli, udì l’appena distinguibile suono di un ruscello e sentendo l’urgente bisogno di rinfrescarsi decise di seguire il richiamo sensuale dell’acqua. Il fiumiciattolo era limpido, il letto roccioso brillava nella carezza del sole primaverile accecandola temporaneamente, l’acqua era fresca, quasi ghiacciata contro la pelle calda delle mani. Dopo aver condotto Sakura e lasciata ad abbeverarsi, la giovane si era dedicata alla ricerca del cilindro di bambù che utilizzava come contenitore dell’acqua e una volta riempito si era inginocchiata e con le mani a coppa si dissetò. 

Con la pancia piena la ragazza si guardò intorno, mentre con la manica del suo hakui10 si asciugò il volto bagnato, posando lentamente gli occhi sui pochi e imponenti sempre verde che si presentavano oltre al ruscello la miko cercava di comprendere quanta strada le mancasse prima di raggiungere Edo. Il vecchio aveva detto che seguendo la costa ci sarebbero voluti tre giorni a piedi, seguendo il sentiero nel bosco il tempo si sarebbe dimezzato. Assorta nei suoi pensieri non si accorse quando il cavallo le si avvicinò e con il muso vellutato e umido le aveva toccato il collo snello.

«Sakura!» un grido tra il divertito e lo spazientito si levò nell’aria riportato alla realtà la fedele compagna di viaggio. «Secondo te ci vorrà ancora molto a raggiungere il confine?» chiese con voce tenue accarezzando il collo dell’animale, qualche volta pettinando con le dita la folta e setosa criniera liberandola da eventuali nodi. L’unica risposta di Sakura fu un nitrito di approvazione e l’appoggiare della sua testa sulla spalla della miko, chiudendo gli occhi e lasciandosi trasportare lontano da quel tocco gentile. Rimasero così ancora per qualche minuto prima di ricominciare il loro viaggio, seguite dallo sguardo attento di un sole pallido di metà pomeriggio.

Il grosso ponte che separava la provincia di Shimōsa da Musashi era a pochi metri dal limitare della foresta quando sentì la presenza di tre demoni. Ora che Sakura aveva rallentato poteva percepire meglio l’odore di sangue misto a quello sgradevole di sudore e putrefazione che era la firma degli Oni11. Gli yōkai dal comportamento folle non avevano fatto altro che annoiarla con la loro sola presenza e adesso che si erano decisi ad averla come loro spuntino serale; bloccandole la strada per Edo avevano solo aggiungo un motivo in più per attaccare. 

La miko gli aveva osservati per un momento: la pelle rosso scuro sembrava nera contro gli ultimi raggi di un sole ormai tramontato; i denti presumibilmente gialli mostravano solo quanto fossero simili a quelli di un cinghiale, piccoli incisivi e dei grossi e leggermente ricurvi canini; se avesse scelto di abbassare lo sguardo avrebbe notato che a coprire l’inguine c’era un pezzo di pelliccia scura e striminzita. Bastò poco per comprendere il vero significato  della luce strana che avevano assunto i loro occhi di un giallo marcio e la zaffata vomitevole che l’aveva colpita pochi secondi dopo non aveva fatto altro che farle salire la bile alla gola. Che schifo… essere frutto dei perversi pensieri di un Oni. Non aspettò a concludere quel pensiero che aveva già scoccato una freccia centrando uno dei demoni più deboli dritto al cuore, lasciando che la sua reiki lo purificasse mentre si preparava a scoccare una seconda. Solo dopo che il secondo Oni fu purificato, il terzo si decise di uscire dalla trance in qui si era immerso per attaccare la giovane miko, per quanto il suo profumo dolce gli avesse intorpidito i sensi, poteva ancora vedere dove si trovasse e con una forte manata l’aveva scaraventata contro un grosso albero.

La forza con cui aveva ricevuto il colpo non era nulla in confronto allo schianto contro la corteccia, che le aveva svuotato i polmoni di tutta l’aria che aveva in corpo e fatto girare la testa talmente tanto che per poco non perse i sensi. Pochi secondi dopo aveva sentito il contatto con il suolo, il sangue che velocemente le aveva riempito la bocca misto al dolore provocato dalle pietre che si erano conficcate nella pelle sensibile dei piccoli seni, quella sensazione le aveva fatto dimenticare di essere ancora sotto attacco, però, non ci volle molto a ritornare in sé. Una mano grande, ruvida e i cui artigli sporchi si conficcavano nella tenera carne del suo collo, mentre della bava le bagnava i vestiti, ma quello che più le fecce ribrezzo fu la sensazione che provò quando il bollente membro del demone non aveva cominciato a strusciarsi contro la sua coscia sinistra. In quel preciso istante qualcosa dentro di lei si era rotto liberando una rabbia che raramente l’aveva dominata, senza battere ciglio aveva piantato gli artigli della sua mano destra nel polso del demone mentre l’altra rapidamente raggiungeva il suo cuore. 

Istanti che sembrarono ore la separò dall’udire l’assordante grido di dolore dello yōkai, mentre dalle sue ferite cominciava a gocciolare un liquido dal colore di un verde talmente brillante da far invidia alle piante più rigogliose. Lo sfrigolio della pelle introno ai suoi artigli l’aveva riportata alla realtà mentre il mostro con un altro grido si schiantò a terra per poco schiacciandola con il suo enorme corpo. Lentamene si rialzò su gambe tremolanti e se non fosse stato per l’intervento di Sakura sarebbe nuovamente rovinata a terra; sospirando si pulì le mani sui suoi hakama e con non poca fatica salì nuovamente in sella ignorando la carcassa dell’Oni, non notando che il liquido verde che le aveva salvato la vita stava corrodendo il suo corpo non lasciando nulla come traccia. 

Con mente stanca aveva fatto l’inventario delle ferite che aveva riportato in quello scontro, delusa da se stessa per non essere stata più veloce nell’agire a quest’ora forse non sarebbe in condizioni così pietose. Una costola incrinata che avrebbe avuto bisogno di medicazione il prima possibile, i piccoli graffi sulle addome e sulla schiena stavano già guarendo da sé ma il dolore non era dimenticato e ora alla lista si era aggiunta la sua mano sinistra, dopo aver perforato il torace dello yōkai e nell’estrarla si era graffiata profondamente contro le costole spezzate. Sicuramente dentro ci sarà qualche scheggia, dovrò aspettare a farla guarire. La giovane sospirò a quel doloroso pensiero, se realmente ci fossero delle schegge conficcate nella sua mano avrebbe dovuto sbrigarsi a estrarle per impedire una qualche tipo di infezione.

Quella pausa al confine le aveva costato l’ultima ora di luce ma la miko non si fermò, orami aveva attraversato e superato i primi villaggi della provincia di Musashi quando sentì una pesante e fredda goccia bagnarle la guancia.

«Questo è proprio ciò che mi mancava…» un sospiro appena udibile fu la risposta alle lacrime del cielo, continuando il tragitto a piedi per dar un pò di pace a Sakura ignorò l’infittirsi della pioggia. Ci mise due ore a raggiungere un altro villaggio e decidere di mettere la parola fine a quella giornata conclusa un pò troppo male per i suoi gusti; con i vestiti sudici e bagnati che le si attaccavano al corpo come una seconda pelle aveva raggiunto uno dei contadini che faceva la guardia.

«Nōka-san12 ve ne prego, potete chiedere al capo villaggio se per questa notte posso umilmente alloggiare nel suo villaggio» la sua non fu né una domanda né un ordine, ma una richiesta fatta da una giovane miko che agli occhi dell’uomo non apparve altro che spaventata e stremata, per non parlare delle macchie di sangue sui suoi vestiti accompagnate da strappi qua e là, ma ciò che gli fecce acconsentire furono i lividi sul volto e sul collo pallido.

 

 

 
   
 
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