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Autore: clairemonchelepausini    09/03/2017    5 recensioni
«La prima regola per scoprire qualcosa è semplicemente osservare».
Saranno gli occhi di Becca Mills, una ragazza semplice e solare, ad incontrare lo sguardo di ghiaccio di Nicholas Howell.
Due personalità completamente diverse.
Due modi di vivere la vita.
E due futuri stranamente stravolti.
Becca e Nico.
Due opposti che s’incontrano.
Mille emozioni.
Un unico amore.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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NOTE
La storia è stata scritta per il contest “A box full of prompts edizione II”, indetto da Principe Dracula sul gruppo face book “EFP famiglia: recensioni, consigli e discussioni”.
Il mio prompt era: “Due ragazzi. Due opposti. Un unico amore. (n°60 di Veronica Ferrante)"


















 
 
La fotografia ha un senso comune per tutti, ma non per me. Per me è passione, è scattare ricordi, fermare in un attimo la vita e rendere quel momento eterno.
C’è un detto:
«Un fotografo è sempre un fotografo, anche quando non ha la macchina fotografica in mano». [1]
È vero. Quando devo fare una foto, inizialmente chiudo gli occhi, respiro profondamente e la inquadro nella mia mente perché è lì che nasce l’idea. Solo dopo apro gli occhi, regolo l’obiettivo, imposto i bilanciamenti, gli effetti e la posizione; ma è quell’attimo prima a renderla perfetta.
Ho fatto delle foto. Ho fotografato invece di parlare. È iniziato tutto così.
Sono Becca Mills.
Una ragazza acqua e sapone, che contagia tutti con la sua risata, che ama stare all’aria aperta e detesta i luoghi troppo affollati. Tutti mi vedono perfetta: capelli biondo scuro perennemente legati in un chignon lasciato lento, magra, occhi di un dolce marrone come il cioccolato, curata e sempre con la mia macchina fotografica in mano.
Ma sono molto di più e non è ciò che racconta chi sono, quanto le foto che scatto: in ogni immagine c’è sempre qualcosa di me che nascondo agli altri. Ho imparato che un’immagine all’apparenza insignificante può diventare piena di significato. È stato questo il primo aspetto ad avermi fatto amare la fotografia. [2]
Mi trovo a Clapham Common Park per scattare alcune foto per il mio portfolio, lo stesso cui lavoro da anni per entrare all’università di Westmister, meglio conosciuta come MAD. Siamo in estate, mi sono diplomata con il massimo dei voti e dovrei godermi i mesi che restano, ma che faccio?
Accetto uno stage in uno studio fotografico e mi dedico tutto il giorno alla fotografia. Vengo spesso qui ad immortalare attimi di vita che, trasferiti su carta, mi dimostrano quanto una foto non abbia bisogno di parole.
Non riesco a distogliere la visuale da una figura alta e muscolosa che mi sta davanti. È un ragazzo con capelli a spazzola (che gli danno un non so che di selvaggio) e tatuaggi sulle braccia che mi dicono di stargli lontana. Ho fotografato spesso tipi come lui e so quanto pericolosi possono essere, ma vederlo in pantaloncini e maglietta nera aderente al suo corpo non aiuta di certo.
 
“Becca riprenditi” ordino a me stessa.
 
Non ero mai stata attratta da un soggetto e continuo a non capire cosa mi succede: c’è qualcosa in lui che mi spinge a guardarlo attraverso una luce diversa. Sono in fissa con i miei pensieri, non mi accorgo in tempo della palla da calcio che mi viene addosso e l’unica cosa che riesco a fare prima di cadere a terra è proteggere la macchina fotografica. Non ci sarebbe nulla di nuovo, non per me, ma farlo davanti a quel bel fusto cui stavi facendo una foto, direi che lo è.
Si avvicina correndo, il che mette ancora di più in mostra la sua forma fisica, fino a quando non me lo ritrovo davanti, persa nei suoi incredibili occhi di ghiaccio. Mi allunga una mano, mi sorride ed io mi sento le gambe cedere se già non mi trovassi a terra e, a quel pensiero, scanso la sua e mi alzo da sola. Lui solleva un sopracciglio: penso di averlo sorpreso ma non mi curo più di lui e controllo che la macchina non abbia subito danni.
«Ehm… Scusaci» afferma lui indicando il gruppo di amici poco lontano da noi che stanno fermi in attesa della palla per ritornare a giocare.
«Come?» chiedo, riportando lo sguardo su di lui.
 
“Grosso, grossissimo sbaglio” penso.
 
«Stavamo giocando a calcio e ci siamo fatti prendere la mano, non siamo riusciti a fermarla in tempo prima che ti colpisse» spiega mortificato, ma io continuo a guardarlo con quell’espressione da ebete che non mi si addice proprio.
 
“Ma che diavolo mi prende?” mi domando ancora.
 
«Sei muta per caso?»
«No, mi chiedo se hai vagamente pensato di chiedere come stavo o, cosa più importante, se la mia macchina fotografica avesse qualcosa» domando con un tono di voce leggermente alto.
«Sul serio? Pensavo che una volta ignorata la mia mano non ci fossero dubbi».
«Sei solo…»
«Cosa, principessa?» dice divertendosi con quel suo sorriso così perfetto.
«Un villano, ecco cosa sei! E… non chiamarmi principessa!» esclamo adirata.
«Sono venuto solo a scusarmi e a chiederti come stavi, ma… mi è passata la voglia di farlo».
«Tu…»
«Ero venuto in buona fede e poi mi ritrovo Barbie principessa che si crede di essere al centro del mondo».
«Primo: non sono né una principessa, né una Barbie. Secondo: sei tu che credi che tutto giri intorno a te.
Terzo: hai rischiato di rompermi la macchina fotografica»  dibatto.
«La gattina ha uscito gli artigli» ride lui con quella faccia da schiaffi.

“Ed io che credevo che fosse… Ma chi? Chi credevi che fosse Becca?” mi rimprovero mentalmente da sola.
 
«Tanto papà te ne comprerà un’atra».
«Tu non mi conosci e… non fare finta di poterlo fare» dico furiosa; continuo a stringere i pugni tanto da farmi venire le nocche bianche.
«Non c’è né bisogno di conoscerti per sapere chi sei. Basta osservarti. Porti vestiti firmati dalla testa ai piedi e hai al collo quella macchina fotografica che costa più di quanto una persona normale guadagni in un mese».
Lo interrompo ancor prima che finisca la frase perché non ho mai alzato la voce, sono sempre stata paziente e calma e non vorrei iniziare adesso, tuttavia lui mi fa perdere completamente il controllo.
«E questo che significa? Non sai niente di me»  sputo fuori quasi gridando, ma abbasso il tono quando noto che la gente intorno a noi ci guarda.
«Giusto per chiarire, non perché dovrebbe interessarti, ma questa…» dico indicando la macchina «me la sono pagata da sola facendo la baby sitter, anche se i miei volevano regalarmela per essermi diplomata con il massimo dei voti. E, forse potrà sconvolgerti, ma non tutte le ragazze sono come le oche che frequenti tu»  dico con un tono pacato ma serio, al punto che lui mi guarda e rimane spaesato.
 
No, non ho ancora finito con lui” penso e rido fra me e me.
 
«E’ precisiamo una cosa: per me fotografare non è un gioco. Frequento uno studio fotografico come stage per imparare nuove tecniche e sto preparando un portfolio per entrare alla Westmister, non ho mai… mai trascorso un giorno senza impegnarmi per meritarmi ciò che ho avuto la fortuna di avere».
Mi fermo un attimo rendendomi conto troppo tardi di aver detto cose di me che…
«Ed io che credevo che le belle ragazze fossero tutte senza cervello!» afferma divertito lui, facendomi saltare nuovamente i nervi.
«Tu ti credi un duro ma non lo sei. I tatuaggi che hai dimostrano solo che ci provi, ma per qualche motivo non riesci ad esserlo. Ti nascondi dietro quell’atteggiamento da stronzo, di chi se ne frega, solo per non essere ferito come lo sei già stato in passato. E gli amici di cui ti circondi ti usano, anzi proprio in questo momento aspettano che tu vada da loro a dirgli che mi hai conquistato, cosa che tu gli confermerai con piacere; tutto ciò perchè non hai mai trovato nessuna che t’importasse davvero per tenertela per te»  dico in un fluido di parole.
Mi fa uno strano effetto, non ho mai avuto tanta voglia di parlare. Mi guarda con occhi furenti di chi vorrebbe spazzarmi via, ma è anche spaventato di tutte le cose che ho visto in lui.
«Tu, ragazzina, non sai niente di me o della mia vita. Niente» urla con il viso in fiamme, puntandomi un dito per impaurirmi.
Siamo andati oltre, lo sa e questo gli fa paura.
«Che credevi? Pensi che tu sia stato l’unico ad avermi guardato?»
Ma non appena finisco la frase mi accorgo di ciò che ho ammesso e a confermarlo c’è lui che si mette a ridere per niente meravigliato della situazione.
«C’è del fuoco dentro di te, principessa. Mi piace».
Allunga di nuovo la mano e stavolta gliela stringo in un gesto involontario senza neanche pensarci.
«Nicholas Howell».
«Becca Mills».
«E comunque sono Nico per gli amici» e nel dirlo mi fa l’occhiolino, senza raggiungere l’effetto sperato.
«Amici? Noi, non lo siamo» ribadisco, ma prima di andarsene mi stringe ancora una volta la mano, lasciandomi un pezzo di carta.
Sono ancora frastornata, non so cosa mi sia successo e ho quella strana voglia di alzare gli occhi e guardare nella sua direzione, ma desisto e m’impongo di non farlo.
Mi rigiro tra le mani quel foglio e non so cosa farci, non voglio il suo numero ma non posso neanche buttarlo e così lo infilo nella tasca posteriore dei jeans.

“Ed io che credevo di averlo fregato, invece è stato lui a fregare me” afflitta devo ammettere e nella mia mente c’è quell’immagine del diavolo tentatore.
 


 

******




«Becca!» urla la mia migliore amica dal corridoio di casa, ma non faccio in tempo ad alzarmi dal letto che ha già aperto la porta ed è entrata.
«Mary Lou» asserisco sorpresa, prima di stringerla tra le braccia e ritrovare la pace che quel pomeriggio avevo perso.
Non mi sembra vero vederla qui, penserei ad un sogno ma tutto mi dice che non lo è.
 
“Sto cominciando a impazzire” dico nella mia mente, “ed è solo colpa di…”
 
«Ma tu, non dovevi essere già partita?» domando alzando gli occhi su di lei, tralasciando ciò a cui stavo pensando.
«Sì. No. Diciamo che ho cambiato idea» farfuglia, sbattendo gli occhi.
«Che cosa hai combinato?» scandisco bene le parole e la osservo attentamente.
Siamo amiche da più di dieci anni, davvero non mi ricordo nemmeno la mia vita prima di lei.
C’è qualcosa che non mi convince, siamo due metà diverse ma che combaciano perfettamente.
«Oh mio Dio!» esclamo, mettendo le mani davanti la bocca, sorpresa per esserci arrivata solo adesso.

“Io sono quella calma e lei è la pazza, sarei dovuta arrivarci da sola” mi dico infastidita per non averlo fatto.
 
La guardo meglio: indossa un vestito corto, ha i capelli lisci e sistemati e porta delle scarpe basse che lei detesta.
«Mi sono innamorata» di colpo annuncia illuminandosi e continuando ad avere quell’espressione persa.
«Chi è questa volta? Da quale telefilm viene?»
«No, no. Non hai capito Bec. Mi sono realmente innamorata».
Mi butto sul letto lasciando le gambe a penzoloni e la fisso sbalordita. Non vorrei prenderla nel verso sbagliato, ma…
«Ho guardato sempre da lontano il tipo di amore che vorrei. Ho sognato ad occhi aperti e mi sono buttata sui film e sulle fiction perché non potevo avere ciò che volevo, ma… è tutto diverso»  parla troppo velocemente per starle dietro, ma ci provo.
Si avvicina a me, si siede accanto e mi stringe le mani: era un gesto che faceva anche da piccola, soprattutto quando doveva comunicarmi qualcosa ed io non le credevo.
«Hai presente il modo innamorato e perso in cui Oliver guarda Felicity, o Chuck guarda Blair, o Magnus guarda Alec, o Derek guarda Meredith?» mi domanda, ma sa bene che non posso risponderle perché non li conosco, così alzo le spalle e lei scoppia a ridere per essersi resa conto della stupidaggine detta.
Così, inizia a farmi un excursus delle loro storie d’amore.
Non so bene quanto ci mette, perché guardando la finestra mi accorgo che è buio e nel suo riflesso noto che Mary Lou non ha mai smesso di sorridere, tanto che alla fine da contagia anche me, per un motivo completamente diverso.
Ecco, è proprio questo il momento che vorrei fermare e immortalare; lei sembra leggermi nel pensiero e si dirige verso la mia scrivania, estrae la macchina fotografica dalla borsa e me la porge.
«Credo che ci siano cose che nessuno riesce a vedere, a parte te. Cattura questo momento racchiudendo tutto ciò che avviene e tralasciando ciò che ci circonda».
La guardo senza parole, riesce sempre a vedere in me quello che provo anche quando a me sfugge.
«Mi sono sempre chiesta come faccia, come capisce cosa fotografare, in che attimo scattare» riflette, accorgendosi solo dopo di averlo fatto ad alta voce così sorride imbarazzata.
«Voglio far rivivere le emozioni attraverso un’immagine e… e ogni volta che premo il pulsante è come se conservassi ciò che sta per sparire» spiego con semplicità, con occhi lucidi e il cuore che scoppia.[3]
Mary Lou osserva ogni mia mossa ed io faccio lo stesso con lei.

“E’ vero, è una pazzia che si sia innamorata, ma poi è davvero una cosa così assurda? “ mi domando e nell’esatto momento in cui lo faccio, ho già la risposta.
 
Mi abbandono ai ricordi, ritorno indietro ed è in un frammento che rivedo il suo viso, gli occhi e il suo sorriso. È bastato così poco per perdermi.
«No, non è così. Io ti credo» le dico schiarendomi la voce e lei mi guarda con lo sguardo di chi mi conosce da anni, so di essere nei guai.
«Tu, Becca Mills, cosa non mi hai detto?» punta un dito verso di me, domandandomi con la voce di chi non ammette repliche.
Inizio a raccontarle del mio pomeriggio, di quell’incontro- scontro e di quel ragazzo ribelle che mi ha colpito sin dal primo momento.
«Non ti ho mai visto così. Lui ti piace?» ammicca lei, ridendo e saltellando per la stanza, ma io la blocco subito, tuttavia non dura molto perché inizia a farmi il solletico.
«Assolutamente NO!» una volta ripreso fiato rispondo, troppo in fretta perché lei mi credesse.
«Oh! Questo discorso l’hanno detto in sostanza tutti e credimi, lo dico io che ho visto così tanti personaggi essere nei tuoi panni. Sai cosa mi hanno insegnato?» mi chiede, senza darmi però il tempo di provare almeno a rispondere.
«Ho imparato che inizia tutto così: più lo neghi e più lui ti viene a cercare. Non puoi far sparire ciò che provi, anche se si tratta solo di semplici sguardi».
Rimango a fissarla, lei parla di “ship” ed io di realtà, a volte mi chiedo come facciamo davvero a unire due mondi così diversi, ma poi mi ricordo tutte le volte che lei c’è stata per me e i pigiama party fatti insieme.
Prima che va via, mi racconta tutto del suo lui; è seria tanto da sconvolgermi dato che non l’avevo mai vista così felice e quindi io non posso non esserlo per lei. Sì, sarà la volta buona che si sistemi, anche se – forse egoisticamente - non voglio che perda quel pizzico di follia che la rende lei, Mary Lou, la mia migliore amica.
E forse è quello di cui anche io ho bisogno: una piccola fiammella di quella sua pazzia in un mare di perfezione e compostezza.
 


 

******




Ho iniziato da una settimana lo stage allo studio “InFocus” e sono già a pezzi.
Mi butto sul letto non appena entro in camera e penso a quel signore di mezza età, Richard Kyle, che mi farà da tutor insegnandomi tecniche e trucchi di un mestiere competitivo.
Sono troppo stanca per fare qualsiasi cosa, ma se ripenso alla giornata appena trascorsa, un sorriso cresce sul mio viso.

“Ci sono cose che non riesco a spiegare se non tramite una foto” dico ad alta voce a me stessa, come per incoraggiarmi del duro lavoro che mi aspetta.

Vengo svegliata dal suono incessante del mio telefono e con gli occhi chiusi, rotolo su un fianco, allungo una mano, lo prendo e rispondo.
«Bec, preparati. Passo a prenderti tra venti minuti» afferma Mary Lou e chiude senza darmi nemmeno il tempo di ribattere.
Mi stiracchio un po’ e mi accorgo che sono le undici passate, mi guardo e noto di essermi addormentata vestita e con le scarpe ai piedi.
Non c’è la faccio proprio e non ho voglia di uscire, ma so bene che non serve a niente discutere con lei, così mi alzo e mi preparo velocemente.  Sì, sono già pronta. Alla fine ho preferito qualcosa di semplice: un paio di jeans neri lucidi, una maglia bianca e i miei adorati stivaletti neri bassi.
Prendo la giacca e la borsa, ma nel farlo qualcosa dalla scrivania cade e, appena mi abbasso per raccoglierlo sorrido d’istinto. Ho riconosciuto il biglietto, me lo rigiro tra le mani, lo guardo e non so ancora cosa farci ma non ho tempo di pensarci perché Mary Lou suona il clacson, segno che è arrivata.  Lo poggio sul portatile, ma non posso fare a meno di guardarlo nuovamente prima di chiudere la porta.
 
“Come avevo fatto a dimenticarlo?” mi domando inconsciamente.
 
Sono così concentrata nei miei pensieri che siamo arrivati al locale dove ci aspettano i nostri amici ed io non me sono neanche accorta. Non ho voglia di compagnia e quindi continuo ad assentarmi.
«Terra chiama Becca» sta dicendo Evelyn tirandomi il braccio.
Vengo scossa così forte che faccio un’espressione irritata, lei sembra accorgersene perché mi lascia subito.
«Scusa, che stavate dicendo?» intervengo nella conversazione, ma in quel preciso momento sento che qualcuno mi sta osservando, mi giro e non vedo nessuno. Lo percepisco e non so come spiegarlo.
Di colpo cala il silenzio ed entra il presentatore sul palco.
«Questa sera è fatta per il divertimento, per stare in compagnia di amici e per ascoltare buona musica. Ora, voi avete le prime due, io vi regalo la terza e il motivo per rimanere» e, a quella battuta, tutti si mettono a ridere.
«E così, senza indugi lascio aprire la serata al nostro gruppo di punta, che sta scalando le vette per arrivare in cima. Ecco a voi… “The Rebels”» urla a gran voce, lasciando lo spazio a questa boy band di cui non avevo mai sentito parlare. Ovvio, non è il mio genere dato che sono più propensa alla musica classica, ahimè!
Non prestavo molta attenzione e mi stavo anche annoiando, almeno fino a quando non sento una meravigliosa voce accompagnata da una chitarra, illuminati dall’occhio di bue. C’è qualcosa di familiare e quando si avvicina al limite del palco lo riconosco. Rimango di ghiaccio, comincio ad agitarmi e mi nascondo, ma c’è qualcosa che mi spinge sempre ad alzare gli occhi verso di lui.
«Non prendo di solito la parola se non per cantare, ma…» e s’interrompe. È allora che i nostri occhi s’incontrano.
«Beveteci su, cantiamo insieme e senza offese, dedico questa serata a tutte le “oche” che mi circondano» dichiara con il microfono ancora in mano, sorridendo e facendomi l’occhiolino.
Noto che quell’affermazione ha fatto impazzire ancora di più le ragazze sotto il palco, le stesse che non smettono di togliergli gli occhi di dosso. Io non voglio essere lì, né tanto meno finire come una di quelle.
 
“Mi sento morire e viva allo stesso tempo, ma come è possibile? È solo un ragazzo mi rassicuro, ma non sembro neanche lontanamente convincente.

Ho bisogno d’aria, così esco e fisso il cielo stellato, sentendo addosso l’ebbrezza fresca che mi conforta.
«Avrei conosciuto il tuo fondoschiena anche al buio» sento dire alle mie spalle con voce divertita, facendomi sussultare.
«Questa sì, che è classe» replico io dura, stringendomi ancora di più nella giacca.
«Non mi hai mai chiamato».
«Ti aspettavi davvero che lo avrei fatto?» ribatto allibita.
«Beh, di solito servono a questo i numeri di telefono» ironizza lui.
«Potevi essere un maniaco, uno stalker. Potevi essere chiunque. Non sono il tipo di ragazza cui sei abituato».
«Questo è sicuro, principessa».
A quell’affermazione mi giro furiosa mentre lui è lì a ridersela con quell’aria da ragazzaccio. Più lo guardo e più non capisco perché mi comporto così con lui. Sembra quasi che… No, non è possibile.
«Come va il tuo stage?» mi chiede sorprendendomi, tanto da lasciarmi a bocca aperta.
«Tu… come…»
«Che c’è, hai dimenticato come si parla?» mi stuzzica, avvicinandosi.
Io sposto il peso da una gamba all’altra nervosamente.
«Perché tutte queste domande? Che vuoi da me?»
«Conoscerti, magari».
«Non hai nessun’altra ragazza con cui provarci, stasera?» dico infastidita.

“Dannazione! Ero uscita solo a prendere un po’ d’aria e stare tranquilla.”
 
«Ho tutte quelle che voglio, ma c’è qualcosa in te che…»
«Non ho nulla di speciale. Io sono io» ribatto dura.
«Ed è proprio questo a renderti interessante» afferma con uno strano luccichio negli occhi.
«Ok. Non volevo essere diretta… Ma non hai ancora capito che non sei il mio tipo?»
«Io sono il tipo di tutte» risponde come se fosse una cosa ovvia.
«Appunto» finisco per constatare alzando un sopracciglio per rendere chiaro ciò che intendevo.
« Mi allontani solo perché hai paura di come ti faccio sentire».
«Tu credi di conoscermi».
«Io conosco le ragazze come te. Fate le preziose, le riservate ma desiderate che qualcuno sconvolga la vostra vita e che vi faccia sentire il fuoco dentro».
«Oh mio Dio!» mi soffermo per un momento sorridendo e continuo subito dopo «tu pensi di essere davvero al centro del mondo. Conosci solo le ragazze che ti circondano, ma io sono lontana anni luce dai tuoi standard» ripeto, ma vedo che lui mi guarda come chi non crede ad una sola parola.
«Adesso sei tu che ti sopravvaluti» esclama e… «ti dimostrerò che ti sbagli» dice con un fil di voce, ma non sono svelta per comprendere il messaggio perché quando si avvicina a me mettendo una mano sul mio fianco e mi attira verso di se, io mi sono già persa.
Improvvisamente le mani cominciano a sudare, sento i battiti del mio cuore pulsare e ogni più piccola parte del mio corpo infiammarsi. Era come se non esistesse più niente se non due cuori ribelli in una notte d’estate. La testa inizia a girarmi, i pensieri si fermarono di colpo e sento sensazioni che non avevo mai provato.
 
“E cos’era quello? Che mi sta succedendo?” mi domando, ma la riflessione è troppo breve per capirlo davvero perché mi perdo di nuovo in lui.
 
La sua mano fredda sfiora la mia guancia arrossata, quel gesto porta ad altre sensazioni, desideri che non avevo confessato a nessuno e che in qualche modo faccio adesso. Involontariamente la mia mano si muove appoggiandosi sul suo fianco, lui mi attira ancora di più verso di sé fino a quando i nostri due corpi non si uniscono alla perfezione. Mi sento inebriata, ma quando sul suo viso compare un sorriso di vittoria mi scosto velocemente e lo spingo via con rabbia.
«Hai ottenuto quello che volevi, sei contento?» urlo, ma ero più arrabbiata con me stessa per averglielo permesso.
Fa un passo venendomi incontro, ma reagisco ancor prima di rendermene conto e così uno schiaffo si leva tra di noi. Ero scioccata, non avevo mai fatto una cosa del genere, né mi era mai venuto in mente, ma con Nico le buone maniere andavano a farsi friggere. Mi guarda sconvolto, forse più di quanto lo sia io e distolgo lo sguardo imbarazzato e provo a tornare dentro.
«Hai solo paura di ammetterlo».
«Ammettere cosa?» dico girandomi di colpo e fulminandolo.
«Che io ti piaccio» ammette lui, avvicinandosi.
«Non c’è bisogno che ti nascondi dietro quel bel tuo viso indifeso da principessina, che fai finta che la colpa sia solo mia, che non volevi e io in qualche modo ti abbia costretto. Sai la novità? Quello che è successo è stato fatto in due. Lo volevi quanto me».
«Sei solo un ragazzo presuntuoso che crede di sapere cosa provino le donne, in realtà sei tu che sei diverso con loro».
«Mi stai psicanalizzando?»
 «No, ma ne avresti bisogno» dico divertita.
«E tu avresti bisogno di farti una bella scopata».
«Stai lontano da me».
«Con molto piacere, principessa. Ho avuto tutto quello che volevo».
A quelle parole mi fermo di colpo, lo guardo con disgusto ma non faccio in tempo a replicare che vengo fermata dai suoi amici.
«Chi è questo bel bocconcino?» domanda a Nico un ragazzo con più piercing e tatuaggi di quanto sia possibile avere.
«Nessuno. È solo una ragazza».
«Le hai detto di venire alla nostra festa? Sai quanto sappiamo farle divertire, vero?» si avvicina ridendo e sento puzza di alcol, ma quando mi prende una ciocca di capelli per annusarla tremo.
«Lei è con me» tuona Nico poco dopo con voce di chi non ammette repliche, insulti o altre frecciatine.
 
“E io che credevo non gli importasse. Perché non ha raccontato niente di me ai suoi amici?” continuo a pormi questa domanda nella mia testa e, solo per un momento, compare un sorriso.
 
Ritorno a respirare, non mi volto a guardarlo per ringraziarlo, vorrei farlo ma so che non riuscirei a sopportare il suo sguardo. Non gli devo nulla, eppure sento il suo sguardo addosso.
Sto per varcare la soglia quando Mary Lou esce e corre verso un ragazzo della band di Nico, non mi sarei sorpresa se non l’avessi vista saltargli addosso e baciarsi come mai prima d’ora. Si staccano dopo un momento che sembra infinito, mi prende a braccetto e andiamo via come se nulla fosse.
Siamo davanti casa e abbiamo passato l’intero tragitto in silenzio, spegne la macchina e mi guarda. Dura poco quell’atmosfera perché inizia a parlarmi di Jack e io ripenso a Nico.
«E’ un classico. Le donne si dividono in due: le squillo e le brave ragazze» dice guardandomi.
Io alzo un sopracciglio come a chiedere spiegazioni quando vengo investita dall’uragano Mary Lou.
«Le suore: sono delle brave ragazze e quindi sono attratte dagli scapestrati. Le squillo sono scapestrate e quindi sono attratte dai bravi ragazzi. In pratica gli opposti si attraggono» conclude il suo monologo, alzando gli occhi verso di me.
«E quindi la suora sarei, io?» domando dandomi della stupida per averlo anche chiesto.
«Metaforicamente parlando. Cioè… in pratica ti piacciono gli scapestrati».
«Ti sbagli. Io sono alla ricerca del bravo ragazzo» ribatto.
Detto ciò scendo dalla macchina, sbatto la portiera e la lascio lì, nel suo mondo di fantasia.




 
******



 
Sono le sei del mattino, la sveglia suona ed io non ho praticamente chiuso occhio. Non faccio che pensare a Nico e al bacio, a Mary Lou e alla sua stramba teoria. Sono un disastro. Erano anni che non bisticciavo con lei, ma detesto quando ha ragione.
 
“Io non sono fatta per lui e soprattutto lui non è fatto per me” ripeto a me stessa, ma in modo poco convincente.
 
Più continuo a pensarci e più faccio male il mio lavoro: infatti, il signor Richard mi ha richiamato più volte, ha cercato anche di catturare la mia attenzione ed io, anche se mi scuso, mi distraggo ugualmente.
«Per un vero fotografo una storia non è un indirizzo a cui recarsi con delle macchine fotografiche sofisticate o filtri giusti. Una storia vuol dire leggere, studiare, prepararsi. Fotografare vuol dire cercare ciò che si è colto oltre l’apparenza» afferma duro e allo stesso tempo con quella voce melodiosa e dolce da grande saggio. [4]
Io lo guardo senza capire: mi succede il più delle volte quando se ne esce con le sue perle, ma stavolta sento di esserci arrivata.
«Becca, prenditi la giornata libera, ordina i tuoi pensieri, libera la mente e ritorna quando l’avrai fatto. Tranquilla, non ti sto licenziando, ma non ci sei con la testa e credo tu abbia bisogno di tempo» mi dice dolcemente, si avvicina e mi abbraccia mettendo una mano sulla spalla.
Gli sorrido imbarazzata, prendo la mia roba e torno a casa con gli occhi bassi e una grande voglia di gridare.
Mi siedo sul divano seguita da Churchill – il mio gatto – che si accoccola sulle mie gambe e mi consola. Faccio un po’ di zapping in tv, ma mi ricordo che devo sviluppare le ultime foto scattate al parco così, anche se abbattuta, mi dirigo nella mia camera oscura. Ho perso la cognizione del tempo perché ritrovo mia madre davanti la porta che mi informa che Mary Lou è qui;  prima di andare qualcosa attira la mia attenzione.
«Oh mio Dio!» esclamo ad alta voce e rimango a fissare quella foto che ho tra le mani.
D’un tratto una mano si poggia sul mio braccio e io la lascio cadere a terra come se mi fossi scottata. Non in tempo quanto credevo perché non appena mi volto vedo la mia migliore amica ridere sotto i baffi.
 
“Dannazione!” enfatizzo a me stessa, con l’espressione di chi voleva nascondere qualcosa.
 
«Lo ammetto» dico e afferro le sue mani, ma lei mi guarda confusa.
«Mi piace Nico. Lo ammetto, va bene?» affermo esasperata.
«Ma… io… non ho detto niente» farfuglia lei ridendo e spintonandomi.
«Cambiati, che ti porto in un posto».
«L’ultima volta mi sono ritrovata in un locale, dove non volevo stare», ma una volta detto lei solleva un sopracciglio e mi sfida a continuare ed io chiudo la bocca.
Mary Lou scende dalla macchina, si sistema allo specchietto e nervosamente suona il campanello.
«Mia dolce stella del mattino» la accoglie Jack baciandola e inchinandosi per farla entrare.
Ora capisco tutto e so dove siamo e soprattutto con chi.
«Nico… è arrivata la tua ragazza» urla lui passandomi la mano e presentandosi.
«Non sono la sua ragazza» ribatto stringendogliela e lui mi guarda sorpreso.
«Hai le palle. Mi piaci» senza mezzi termini dice e mi fa l’occhiolino.
Vedo spuntare poco dopo Nico, alterato e pronto a ribadire, ma appena mi vede si blocca.
«Tranquillo. Ha già chiarito tutto lei» gli comunica, guardandolo in modo strano e ci lascia soli.
Rimaniamo a fissarci per un tempo infinito, mi sembra così diverso a parte il vestirsi sempre di nero a differenza di me che vesto sempre colorata.
«Entra, su. Non sono un maniaco, né uno stalker, né un sociopatico» dichiara lui ridendo e prendendomi in giro.
«Andiamo in garage prima che i miei amici si fanno strane idee».
«Come scusa? Ed io… che non credevo avrei mai sentito queste parole» e lo guardo sorpresa, quasi colpita.
«Che c’è?»
«Perché non hai detto ai tuoi amici di me?»
Quella domanda lo spiazza perché  vedo che passa il peso da una gamba all’altra.
«Non c’è nessuna te».
«Ora fai anche lo stronzo con me, cosa che ti riesce davvero molto bene».
«Credi che con un bacio adesso sei la mia ragazza?»
«No, non arriverai a tanto. Non sono così disperata» riconosco, lo sposto di lato passandogli accanto.
Sembra non aver gradito la mia risposta perchè mi afferra il braccio con forza.
«Toglimi le mani di dosso» tuono con decisione e lo guardo con gli occhi fissi.
«Non sembrava dispiacerti l’altra volta», ma non fa in tempo che gli arriva uno schiaffo.

“Ma chi si crede di essere per darmi della poco di buono?” dico fra me e me con gli occhi fiammeggianti.
 
«Sei più sexy quando ti arrabbi».
«Questa battuta ha mai funzionato?»
«Sì, qualche volta» ammette orgoglioso.
«Non mi vanterei tanto».
«Non possiamo essere tutti precisini come te, principessa. Io sono quello che vedi».
«E infatti non mi piace ciò che vedo», purtroppo non sono stata convincente perchè un attimo dopo averlo detto mi tradisco.
La vicinanza con il suo corpo mi fa tremare, i battiti del mio cuore accelerano, le mani mi formicolano e mi manca il respiro.
«Puoi continuare a ripetertelo finché vuoi, ma sappiamo bene entrambi che accadrà».
«Sei tu che non ha ancora capito come sono fatta io. Potrai anche essere un bad boy attraente, ma io non mi faccio certo incantare da questo» indico tutto il suo perfetto corpo per farmi capire, ma nell’istante in cui pronuncio quelle parole mi ritrovo le sue labbra sulle mie.
Lo spingo via, ma invano perché stringe ancora di più la presa e decido di arrendermi, con il suo corpo addosso e le spalle al muro. Era come vivere in un mondo che non avevo mai conosciuto, riusciva a farmi provare emozioni esplosive.
«Te lo avevo detto» farfuglia tra un bacio e l’altro.
Così, proprio come tutti, mi sono lasciata ingannare dalla sua aria da ragazzaccio.
«Ottengo sempre quello che voglio. E io voglio te».
Lui mi sorride e poi avvicina le sue labbra al mio orecchio per sussurrarmi qualcosa che non comprendo, non chiedo spiegazioni perché non sono sicura di volerlo sapere. Mi bacia ancora e stavolta è diverso, c’è passione e allo stesso tempo dolcezza, delicatezza e quando mi sfiora una guancia un brivido mi percorre la schiena. L’esatto momento in cui mi prende la mano, entriamo nel garage e mi presenta ai suoi amici, io mi sento persa.

“Come è possibile essermi innamorata di un ragazzo così velocemente, soprattutto quando è il mio opposto? Continuo a pormi questa domanda senza una risposta, anche se si sa… in amore vince chi fugge.”



 

******  



 
Riprendo la mia solita routine, ma qualcosa in me è cambiato e non sono la sola ad averlo notato.
«Non fai solo una fotografia con la macchina fotografica, tu metti nella fotografia tutte le immagini che hai visto, i libri che hai letto, la musica che hai ascoltato e le persone che hai amato».[5]
Quelle parole mi rimbombano nella mente ancora, il signor Richard non smetteva di complimentarsi e forse per la prima volta ho dimostrato quanto valevo.
Mentre sono stesa sul letto sorrido, guardo le foto appese alla parete sopra di me e mi rendo conto di non aver mai vissuto davvero come adesso. Vengo distratta dai miei pensieri da un soffice bacio che mi elettrizza al solo tocco.
«Come hai fatto a entrare?» domando stupita, mettendomi subito seduta.
«Dalla finestra» mi fa notare lui sogghignando.
«Non potevi usare la porta d’ingresso come le persone normali?»
«Ma io non sono…» replica Nico divertito.
«Sì, si lo so» e sbuffo.
«E poi… dovevo controllare che fossi sola in camera» afferma serio ed io come risposta gli lancio un cuscino.
«Sei geloso?»
«Certo, perché tu no?» mi sfida.
«Beh, gelosa… No, non direi».
«Principessa, ti devo ricordare quella sera al bar con la mia band, Mary Lou e quella ragazza…»
«E’ chiaro il concetto» lo interrompo, vergognandomi, mentre lui rimane a ridersela.
Abbiamo passato tanto tempo insieme che fatico ancora a credere che lui possa essere davvero mio. Si butta sul letto accanto a me, alza lo sguardo e mi sorride, così io mi perdo in quell’oceano azzurro che sono i suoi occhi. E quando incrocia le braccia dietro la testa la maglia si alza e vengo catturata dall’enorme tatuaggio al confine con i suoi pantaloni.
«E’ una fenice» chiarisce lui, accorgendosi che lo stavo guardando.
«Non mi sembra di avertelo chiesto».
«A me sembra che i tuoi occhi l’abbiano fatto, piccola» ammicca facendomi l’occhiolino.
«Ti sbagli» ribadisco.
Nico mi tira a sé facendomi cadere sul suo petto e mi bacia.
«Non voglio avere segreti con te» mi rivela, poco prima di raccontarmi da dove nasce e perché se lo è fatto.
 
“A stento credo che proprio io stia vivendo tutto questo. Mi pizzico per tornare alla realtà, invece ci sono già. Ci siamo salutati da pochi secondi e mi manca già, è normale mi chiedo?Poi mi guardo in giro e sorrido come non avevo mai fatto, non per un ragazzo almeno”.
 
La serata passa in fretta e siamo di nuovo insieme, a volte credo che non ci stancheremo mai. Esco sul balcone per parlare con mamma e quando rientro, lo trovo a curiosare tra le mie cose.
«Chi ti ha dato il permesso?» lo aggredisco strappandogli il book che teneva tra le mani.
«Ero vicino alla scrivania, la tua borsa è scivolata e ho raccolto tutto».
«Stai facendo una scenata per niente» afferma stordito.
Alza le mani in aria come a pregare che io la finissi con il mio momento di pazzia.
«Non ti permettere, non sono una ragazzina».
«Accetto tutto, ma sai quanto io detesto queste scenate» e indica noi che litighiamo.
L’atmosfera è ancora calda, ma almeno non ci urliamo più addosso, anche se in realtà ero io a farlo. Ci sediamo sul letto, mi poggia una mano sulla spalla e mi accoccolo a lui.
Ma sembra che la pace duri poco perché, mentre Nico si organizza con i ragazzi per la prossima esibizione guardo le foto appese al muro e ne ritrovo una mia: quella ero io.. Ero in intimo.
Sto per andarmene quando lui mi sorride, posa il telefono sul tavolo e si avvicina a me, ma notando la foto che ho tra le mani si ferma.
«E’ solo una foto» obietta semplicemente lui non vedendoci nulla di sbagliato.
«Qui» e indico la stanza allargando le braccia e facendo un giro su me stessa «qui, ci entrano tutti e tu... lasci le mie foto in intimo per casa con tanta tranquillità?» allibita dico, scuotendo la testa in disapprovazione.
«Ed ecco che ci risiamo. Cosa ti fa credere che questa stanza è così popolata?» ribatte lui, ma sollevo un sopracciglio di risposta come di chi la sa lunga.
«Ti ho inquadrato sin dal primo momento. Stupida io che ci sono cascata» esclamo, lasciando che ogni cosa riaffiori.
«Sei sempre pronta a giudicarmi e a riprendermi se commetto qualche errore».
«Perché? Mi sono mai sbagliata?»
«Non è questo il punto. Non è la prima volta che evidenzi cose come questa» adirato riconosce.
«Siamo diversi e allora?»
«Non lo vedi, vero?» dico arrabbiata sul filo dell’esasperazione.
 
“Sapevo che mi stavo aggrappando a qualcosa che forse non c’era, ma come potevo esserne sicura? Come potevo fidarmi di lui ciecamente?” rifletto, fino a quando un pensiero mi sfiora e lo scaccio via.

«Ti risulta che c’è qualcosa da raccontare?» ammicca lui, andando a toccare quel nervo scoperto.
«Ti rode non avermi ancora portato a letto?» e l’attimo in cui l’ho detto me ne pento.
«Ora ti sopravvaluti. Posso avere chi voglio e quando voglio, anche te».
Gli mollo uno schiaffo a finire della frase e vado via. Sono già arrivata al portico di casa, ma lui mi segue poco dopo.
«Io sono sempre stato questo, ma finiamo sempre sugli stessi argomenti. Tu affermi che io sono uno stronzo ed io ti rispondo che sei solo una principessina viziata».
«Così non può andare» affermo con le lacrime agli occhi.
«Vuoi finirla per una cazzo di foto?» domanda stupito lui.
«Non voglio, ma guardaci. Siamo nel bel mezzo del giardino a litigare».
«Noi siamo anche questo».
«Non capisci… io tiro fuori il meglio di te, ma tu… tu fai uscire il peggio di me» sconfitta abbassando le spalle e confesso.
A quell’affermazione lui mi guarda come se fosse la prima volta, il mio mondo si sgretola e anche il suo perché sul suo viso compare un’espressione che non gli ho mai visto.
«Siamo di due mondi opposti. Io sono una sistemata e tu un casinista, amo stare in casa da sola con te ma tu  vuoi uscire per i locali. Io voglio fare una cosa e tu no. E’ vero, continuiamo a venirci incontro, ma sappiamo che non potrà essere così a lungo. Siamo diversi e non vogliamo le stesse cose».
«Sei solo una ragazzina che usa i ragazzi e quando si stanca, li getta via» dichiara, quasi con disgusto.
«Tu… tu sei solo un gran figlio di…» urlo, ma mi fermo appena in tempo.
«Sono troppo per te e non il contrario» alla fine ammette guardandomi.
«Sei così presa da te stessa che non ti accorgi degli altri. Sei insicura su di noi perché sai che può funzionare, perché a dispetto di chi sono stato sono un adulto. Ti spaventa ciò che provi per me e hai paura di quello che abbiamo. Ti nascondi dietro una macchina fotografica perché è più facile guardare qualcuno da quella prospettiva tanto da non doverti avvicinare» si sofferma aspettando che dica qualcosa, ma non lo faccio.
«Si dice che gli opposti si attraggono e questo ti terrorizza. Non dire che non ti conosco, forse poteva essere vero prima, ma non ora. Sei la persona più solare e meravigliosa che io conosca eppure cambi tutti, ma sei la prima a non farlo».
L’ultima parola deve essere la sua, non riesco neanche a entrare nel discorso che lui ne inizia subito un altro.
«Ricordati che sei tu a volere tutto questo» e mi fa notare che siamo sul portico, a litigare in una bellissima sera d’estate quando avremmo potuto fare mille altre cose.
«Potrò essere quello che sono, non essermi diplomato con il massimo dei voti e non avere un piano per il futuro se non suonare, ma so cosa voglio» confessa ad alta voce, guardandomi con gli occhi innamorati di chi vede un futuro oltre ogni altra cosa.
«Io voglio te. La domanda da fare è… tu che cosa vuoi?»
E così, in quel momento dove niente era al suo posto, le urla ci avevano stordito e
l’atmosfera si era accesa,mi ricordai.
 
“La prima regola per scoprire qualcosa è semplicemente osservare.”
 





Mi ripetei più volte quella frase e giunsi alla conclusione. Non era poi così difficile, non quando avevo già tutti i fattori. Dovevo solo metterli insieme. Vivere e raccontare l'amore.
 
 
 
 
 




















 
Spazio d’autrice:
Buonasera a tutti…Ecco che riemergono dal mio angolino con una nuova storia… Presto aggiornerò anche la raccolta sul Natale, anche se ormai è passato da molto. Sì, vabbè siamo qui per parlare di questa storia... che dire? Amo come è venuta fuori, non appena ho letto il prompt mi è subito uscita questa storia e quando l’ho scritta la penna sul foglio andava veloce ancor prima che io riordinassi i pensieri. Spero che vi piaccia, anche qui c’è qualcosa di me, mi spiace solo che c’erano il limite di parole e non si poteva fare più di un capitolo, ma non temete perché se riesco arriverà anche il sequel. Beh, se siete arrivati fino alla fine qualche domanda ve la siete fatti, era un finale aperto anche se non del tutto. Mi spiace, sì perché io sono la prima ad odiare questi finali, ma ad essere sincera c’era un salto di un mese dopo circa, ma non l’ho inserito non solo perché non ci stavano nelle parole assegnate, ma perché mi piaceva di più metterlo come sequel e allungarlo un po’. Ho cercato di essere fedele allo stage, mi sono informata, anche se non ho messo molti dettagli tecnici per non annoiare, il collage è una vera facoltà, c’è bisogno di un book per entrare ed esiste davvero, ma ovviamente qualche altro dettaglio l’ho inserito io.
Ho preso delle citazioni quali:
[1] photo-works.it
[2] Annie Leibovitz
[3] Henri Cartier-Bresson
[4] Tiziano Terzani
[5] Ansel Easton Adams
[6] Non c’è il numero, ma sarebbe il dialogo tra Becca e Mary Lou quando parlano dei due tipi di ragazze, le suore e le squillo. Questa citazione l’ho presa dal dialogo tra Azzurra e Monica in Che dio ci aiuti 3.
Beh, credo di avervi detto tutto… ora passo ai ringraziamenti. Prima di tutto ringrazio chiunque l’abbia letta, recensita e poi chi mi è stato accanto – le mie migliore amiche e mia sorella- e la mia ormai consueta cugina che ha il compito di leggere e darmi consigli.
Grazie a tutti, spero che la storia vi piaccia e che vi abbia anche fatto ridere un po’.
Baci e alla prossima ;)
 
Claire
 
   
 
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