10/03/2017
3 recensioniNina
Nina non sapeva chi fosse Sailor Moon, non aveva idea di chi si celasse sotto quel completo alla marinara, non conosceva l’identità di chi, notte dopo notte, si aggirava per la città in cerca dei cattivi che minacciavano la sua incolumità e quella di ogni terrestre.
A Nina non importava nulla se la guerriera della luna avesse o meno successo, se tutte le bambine della città, in occasione delle feste in maschera, volessero essere lei.
No, a Nina non importava niente di Sailor Moon, o meglio, non le era importato nulla finchè non si era frapposta fra lei Nevius, il bel generale del Regno delle Tenebre che le aveva rubato il cuore.
Quell’insulsa ragazzina, che si professava paladina della legge e della giustizia, prima aveva cercato di ucciderlo, scagliandogli contro la sua Tiara e poi non aveva fatto nulla per salvarlo dalle ferite che lui aveva riportato per proteggerla.
Già, a proteggere lei, quella sera, c’era lui.
Nessuna Sailor si era frapposta tra lei e le radici velenose delle Youma, nessuna guerriera le aveva fatto scudo con il suo corpo per proteggerla dalla pioggia esplosiva.
Nessuno era morto per lei, solo Lui.
Lui che prima di morire le aveva sorriso, un sorriso sincero e complice.
Lui che prima di morire le aveva accarezzato il viso e detto con gli occhi cose che nessun altro umano avrebbe mai potuto dire.
Lui che l’aveva a suo modo amata tanto da sacrificare la propria vita per la sua.
Lui, di cui lei era follemente innamorata e di cui non le rimaneva niente se non un pezzo di stoffa intriso di sangue.
E ora, nel placido tepore della sua stanza, stretta a quella reliquia, per lei quasi sacra, piangeva.
Piangeva in silenzio mentre urla devastanti avevano preso possesso della sua mente e del suo cuore.
Amava Nina, amava il ricordo di quell’amore così splendido e vero da non aver avuto nemmeno l’occasione di fiorire, un bocciolo reciso prima della primavera.
Odiava Nina, odiava Sailor Moon e quella sua aria da salvatrice del mondo, lei, proprio lei che davanti al suo Nevius morente non aveva fatto altro che piangere, come se ne avesse il diritto, come se a lei importasse qualcosa.
Come si era permessa di affiancare il suo dolore?
Nina se lo chiedeva ogni giorno mentre sentiva montarle dentro una rabbia sorda e cieca alla vista di Bunny, la sua migliore amica che, ignara del suo strazio, continuava a ridere e vivere.