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Autore: Kim WinterNight    11/03/2017    5 recensioni
«Cosa succederebbe se John Dolmayan fosse costretto a lasciare momentaneamente la band nel bel mezzo del tour di promozione dell'ultimo album dei SOAD?
Siamo nel 2018, il gruppo è nuovamente sulla cresta dell'onda, ma qualcosa va irrimediabilmente storto.»
Questa OS nasce da un'ispirazione improvvisa, capitata dopo aver letto la sfida che Hanna McHonnor, nella sua pagina fb Down Hanna's Ally, ha lanciato!
Date un'occhiata qui per saperne di più sulla "Challange Eroina Time":
https://www.facebook.com/events/171472836693456/
Dovevo stravolgere un fandom, far sì che ci fosse un personaggio femminile fondamentale per la storia o che sostituisse uno dei personaggi già esistenti nel fandom stesso; il tutto è stato creato da Hanna in onore della Festa della Donna.
E, nel mio caso, quest'eroina si chiama Soul.
Buona lettura ♥
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Daron Malakian, Nuovo personaggio, Serj Tankian, Shavo Odadjian
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sounds Good! ♫




«Senza di lui siamo persi.»

Era quella la frase che Shavo continuava a ripetere, mentre camminava avanti e indietro per la sala prove; era nervoso, incazzato, deluso e disperato, il tutto farcito da una buona dose di ansia che lo mandava in tilt più del normale.

«Dai, non fare così. Vedrai che stavolta è quella giusta» si decise a tranquillizzarlo Daron, anche se con il suo solito tono canzonatorio e ironico fallì miseramente quell'impresa.

«Dici sempre così, tu» borbottò infatti il bassista, prendendosi la testa tra le mani e arrestando di botto la sua marcia.

«Manteniamo la calma.» Serj intervenne per la prima volta, serafico e in tono estremamente pacato. «Aspettiamo che questa persona arrivi, solo allora potremo capire come andranno le cose.»

«Ma Serj, dimmi una cosa... sei sicuro che questa tizia sia consapevole di ciò che dovrà fare qui con noi?» lo interrogò Shavo con fare dubbioso.

«Sì, lo è. Mi fido di Frank, se la manda da noi, potete stare certi che qualcosa di buono esiste in lei» affermò il cantante con sicurezza.

I componenti dei System Of A Down erano arrivati a un bivio nella loro carriera musicale; nonostante tutto, in tutti quegli anni erano riusciti a rimanere uniti e a far uscire un album strepitoso nel 2017, attirando l'attenzione di vecchi e nuovi sostenitori. Ma ora, dopo un anno dall'uscita del loro ultimo disco, nel bel mezzo del tour di promozione, John Dolmayan aveva dovuto lasciare la band. Diceva che sarebbe tornato, che senza di loro non sarebbe sopravvissuto, ma ora la sua famiglia era più importante. La sua compagna stava molto male e aveva bisogno di lui per superare quel periodo buio, per lottare contro una malattia cattiva e impietosa come la leucemia. John non sapeva come sarebbe andata a finire, nessuno lo sapeva, ma era certo di voler stare accanto alla persona che amava, anche se ciò significava sacrificare tutto ciò che aveva costruito con i ragazzi del gruppo.

«Povero John» si ritrovò a sussurrare Daron, con gli occhi tristi e le mani abbandonate in grembo. Mentre i suoi colleghi discutevano della persona che sarebbe presto arrivata in sala, lui si era perso in cupi pensieri riguardanti il suo amico e batterista.

Shavo e Serj si scambiarono un'occhiata colma di malinconia. Tra Daron e John c'era sempre stato un legame particolare, rafforzato dall'esperienza che avevano condiviso durante il progetto Scars On Broadway; erano rimasti uniti nonostante tutto, sia nella vita privata che in campo musicale, e ora il chitarrista soffriva per la mancanza del batterista, si sentiva perso come se anche lui stesse vivendo quella terribile situazione.

In ogni caso, i ragazzi erano consapevoli di non poter annullare tutte le tappe del tour per questo motivo, anche perché John aveva insistito affinché andassero avanti e non mollassero proprio ora che il nuovo album era ancora sulla cresta dell'onda.

Così i tre avevano cercato qualcuno che potesse sostituirlo, e qualche tappa era andata decentemente, anche se l'energia non era mai stata la stessa di sempre.

Pochi giorni prima Serj aveva annunciato che un suo caro amico gli aveva proposto di mettere alla prova una ragazza che suonava la batteria da diversi anni ed era parecchio brava. Ciò che faceva dubitare Shavo e Daron, tuttavia, era il fatto che John non fosse soltanto talentuoso, ma avesse un modo tutto suo di suonare, un modo particolare che non erano mai riusciti a trovare in nessun altro, un modo che calzava alla perfezione con lo stile dei System Of A Down.

E ora aspettavano quella ragazza, anche se non erano tanto certi di voler ricevere l'ennesima batosta.


Lei, intanto, se ne stava di fronte alla porta chiusa. Prese a espirare ed espirare profondamente per la terza volta, poi si decise a bussare. Non poteva più tergiversare, ormai era in gioco, tanto valeva rischiare fino in fondo.

Shavo, che aveva ripreso a camminare avanti e indietro, corse alla porta non appena udì quel leggero picchiettio. La spalancò con forza e si ritrovò a fronteggiare la nuova ospite.

La ragazza era alta all'incirca un metro e settanta, portava i capelli scuri e lunghi sciolti sulle spalle e indossava un paio di occhiali da vista dalla montatura nera. Sembrava molto agitata, e questo non fece una grandissima impressione sul bassista.

«È permesso?» domandò titubante lei.

Shavo si fece da parte e la lasciò entrare, poi richiuse la porta e rispose: «Certo, accomodati».

«Ciao! Tu devi essere Soul, non è vero?» esordì Serj, accostandosi subito alla ragazza e tendendole con gentilezza la mano.

«Esatto. Ciao, Serj, piacere di conoscerti» ribatté lei, ostentando una calma che non sentiva di possedere. In realtà si sentiva in subbuglio perché non era assolutamente certa di essere all'altezza di quell'incontro, né tanto meno del provino che avrebbe sostenuto di lì a poco. Da quando Frank, un amico di suo fratello, l'aveva costretta a presentarsi a quell'incontro, non aveva chiuso occhio e aveva suonato giorno e notte l'intera discografia della band, sentendosi sempre e comunque inadeguata. Lei non era e non sarebbe mai stata brava quanto John Dolmayan.

«Frank mi ha parlato molto bene di te» proseguì Serj con un sorriso gentile.

«Frank esagera sempre» si sminuì Soul con un'alzata di spalle.

«Però sa riconoscere il vero talento» le fece notare il cantante. Poi si rivolse agli altri due e li rimbrottò: «Siete davvero maleducati, perché non salutate e vi presentate?».

Daron si alzò controvoglia e si piazzò di fronte a Soul, scrutandola attentamente prima di esordire: «Sì, lo sai, io sono Daron Malakian, bla bla bla... quanti anni hai?».

Soul scoppiò a ridere, non poteva credere che quel ragazzo fosse davvero così cretino come lo aveva sempre immaginato. «Ho ventisette anni» disse.

«Piccoli batteristi crescono, eh?»

Lei annuì leggermente. «Almeno così si spera...»

«Scusa per l'accoglienza poco carina da parte nostra» intervenne anche Shavo. «Siamo molto tesi per la situazione della band.»

«Capisco benissimo, infatti io a Frank ho detto che forse non era il caso di...» cominciò a giustificarsi Soul.

Serj la interruppe: «Non preoccuparti, facciamo solo una prova, non c'è niente di male in questo».

«Già» convenne Daron. «Diamoci da fare.»

Soul, seguendo l'invito di Shavo, si avvicinò alla batteria: si trattava di una Tama simile a quella che John utilizzava dal vivo, e per lei si rivelò una grande emozione accarezzare per la prima volta le pelli di uno strumento così bello. Lei aveva cambiato diverse volte la sua batteria, ma non si era mai potuta permettere di comprarsi chissà quale prezioso set di qualità eccellente; aveva sempre preferito investire i suoi soldi nello studio pratico dello strumento, e ormai si era praticamente trasferita a casa del suo insegnante.

Si sedette sullo sgabello tondo, incastrandosi perfettamente tra timpano e rullante; poggiò il piede sinistro sul pedale dell'hi-hat e con un colpo secco fece combaciare i due piatti che lo componevano.

«Qualcuno lo chiama charleston» osservò con aria assorta la ragazza, prendendo tra le dita un paio di bacchette che qualcuno aveva abbandonato sul timpano.

«John lo chiama charlie» sghignazzò Daron. Si sentì un po' meglio in quel momento, quella nuova ospite aveva qualcosa che gli piaceva, anche se non riusciva a capire di cosa si trattasse.

«Allora facciamo lavorare charlie, proprio come piace a lui» affermò Soul, sollevando il viso e guardando i tre ragazzi uno per uno, con calma.

Era come se avesse riacquistato di colpo fiducia in sé stessa, e lei sapeva che quell'effetto era dovuto unicamente alla consapevolezza di dover suonare. La batteria le dava conforto, era in grado di rilassarla.

I tre componenti della band si scambiarono qualche occhiata perplessa, poi si adoperarono per sistemare i loro strumenti. Serj si accostò a una tastiera e cominciò a suonare qualche nota, mentre parlava al microfono nel tentativo di regolarne il volume e l'intensità.

«Cosa facciamo?» chiese Shavo ai suoi colleghi, pizzicando le corde del basso. Si frugò in tasca ed estrasse un plettro, poi si chinò sul mixer e armeggiò con alcune manopole colorate, finché non si risollevò soddisfatto dal suono.

«Ne proviamo una datata, una che lei conosce di sicuro?» propose Daron, con gli occhi fissi sul suo strumento.

Soul evitò di raccontare ai ragazzi che aveva studiato tutto il loro operato da cima a fondo in vista di quell'incontro, si limitò soltanto ad annuire e controllare che tutti i pezzi della batteria fossero nella posizione più adatta a lei. Strinse un po' la cordiera del rullante per ottenere un suono più funky, quel suono che in John rivedeva molto, nonostante il genere della band fosse più tendente al metal.

«Andiamo con Toxicity?» li interrogò Serj, guardando Soul per carpire una qualche reazione da parte sua.

Lei assentì con un cenno del capo e fissò i tamburi e i piatti della batteria che aveva di fronte, pronta a usarli nel modo che conosceva e che amava, sperando solo che i ragazzi l'apprezzassero e non rimanessero delusi da lei. Se qualcuno, appena un mese prima, le avesse detto che sarebbe finita a suonare con i System Of A Down, gli avrebbe riso in faccia e lo avrebbe accusato di essersi drogato pesantemente. Ma ora era lì e questo le risultava incredibile, si sentiva come se stesse sognando e non riuscisse più a svegliarsi.

«E Toxicity sia!» concluse Shavo.

Daron, dopo aver saggiato il suono della sua chitarra, attaccò con i primi accordi e tutti si prepararono a esplodere nel crescendo e nel diminuendo di quel brano dalla struttura perfetta e dall'energia unica.

Soul cominciò a suonare senza neanche rendersene conto, muovendo con disinvoltura le braccia e le gambe, ritrovando in quello strumento magico la forza che conosceva alla perfezione, ma alla quale non era ancora riuscita ad abituarsi: era sempre come farlo per la prima volta, una sensazione inspiegabile. Mentre si destreggiava con bacchette e pedali, aveva dipinta in viso un'espressione seria, segno dell'estrema concentrazione che stava prestando all'esecuzione del pezzo.

Così come il brano aveva avuto inizio, presto finì, troppo presto, e la ragazza fece roteare una bacchetta per aria, sorrise in preda a una soddisfazione incontrollabile, e la riprese al volo senza scomporsi troppo.

Si ritrovò presto addosso tre paia di occhi colmi di emozioni contrastanti e miscelate tra loro: Shavo pareva basito ed estasiato, Daron mostrava un sorrisetto enigmatico con cui cercava invano di mascherare la profonda ammirazione che stava provando, mentre Serj sorrideva come un bambino che avesse appena ricevuto in dono il suo giocattolo preferito.

«Perché mi fissate così? Ho sbagliato a un certo punto, vero?» si ritrovò a chiedere Soul, provando una certa soggezione nell'essere al centro dell'attenzione in quel modo.

I tre si scambiarono un'occhiata complice, poi annuirono quasi contemporaneamente.

«Suona... bene» disse Daron con cautela.

«Oh, ehm... grazie, ma...»

«Bene?!» sbottò Shavo, che avrebbe voluto spaccare il suo basso in testa al chitarrista. «Fenomenale! Di' un po', non è che sei una qualche sorella illegittima di John? No perché...»

«Non esageriamo!» si schernì sempre più confusa e perplessa Soul, fissandosi le mani che ancora impugnavano le bacchette.

«Chi esagera? Nessuno!» ribadì Shavo, sollevando il pollice verso l'alto per dare enfasi alle sue parole.

«Ha ragione» concordò Serj. «Secondo me, dovremmo investire su di te» scherzò, per stemperare un po' l'atmosfera.

«Siete troppo gentili» replicò la ragazza, aggrottando le sopracciglia.

«Sei dei nostri?» tagliò corto Daron, ponendole quella domanda a bruciapelo. Era rimasto davvero colpito dal suo modo di suonare, c'era in lei qualcosa che rimandava molto allo stile di John, doveva aver appreso molto dal batterista.

Soul sgranò un attimo gli occhi e lasciò andare di colpo le bacchette, che rotolarono sul pavimento e si arrestarono scomposte ai suoi piedi. «Cosa?» farfugliò.

«Hai capito.» Daron fece spallucce e le strizzò l'occhio.

«Io...» Soul deglutì prima di riuscire a proseguire. «Penso... penso proprio di essere dei vostri.»


Da quando Soul, in preda all'agitazione e all'insicurezza, aveva messo piede nella sala dei System Of A Down per la prima volta, erano trascorsi alcuni mesi; mesi intensi, durante i quali il tour aveva completamente assorbito tutti e quattro.

Inizialmente il pubblico aveva reagito con stupore e disappunto alla presenza di una ragazza sconosciuta dietro la batteria: molti si aspettavano che a sostituire John Dolmayan sarebbe stato un batterista altrettanto conosciuto nel panorama rock o metal, come capitava spesso in caso di infortuni o impossibilità da parte di un membro di qualche band affermata. La maggior parte di essi, però, si ritrovò a cambiare idea non appena Soul cominciava a suonare con maestria ed estrema naturalezza il suo strumento, eseguendo con precisione i pezzi composti da John, ma mettendoci sempre del suo in ogni singolo colpo. Era una magia inspiegabile, una magia che fu in grado di far salire il successo della band alle stelle. I ragazzi, increduli, si ritrovarono a vivere una nuova e inaspettata ondata di successo, ritrovandosi ad attirare nuovi ascoltatori e attirando ulteriore pubblico femminile. Le fan si sentivano fiere di essere tali soprattutto perché una rappresentante del loro stesso sesso rendeva loro giustizia, sostituendo in maniera più che degna il talentuoso batterista del gruppo che amavano.

La band aveva ripreso quota in una maniera che nessuno si sarebbe aspettato, e Soul si ritrovò presto catapultata in un mondo in cui doveva nascondersi per non essere pedinata da numerosissimi ammiratori.

E questo lei non riusciva ad accettarlo, si sentiva a disagio ed era sempre più convinta che la fama non facesse per lei.

Una sera, dopo l'ennesimo live, Soul e i ragazzi erano riuniti nel backstage, stanchi ma felici dell'evolversi positivo del concerto.

«Ragazzi, io non voglio diventare così famosa: tutto questo mi spaventa» ammise la ragazza, per poi tracannare mezzo litro d'acqua tutto d'un fiato. Era sudata fradicia dopo l'esibizione e aveva la gola secca.

«Non starai pensando di mollarci, spero!» saltò su Shavo, sporgendosi verso di lei con espressione preoccupata.

I quattro erano stravaccati su alcune poltrone e stavano cercando di recuperare le forze necessarie per tornare in albergo.

«Non ci penso proprio, non ora almeno» rispose Soul con calma.

«Non ora? Che significa?» le chiese Daron con voce stridula, visibilmente sfasato dopo aver suonato e cantato per quasi due ore di fila.

«Quando John se la sentirà, tornerà da voi. Questo lo sapete, vero?»

Nessuno aprì bocca, rimasero tutti e tre a fissarla con espressione malinconica, incapaci di darle torto, ma non propensi a concordare del tutto con la sua affermazione.

«Sono una turnista. E questa fama esagerata non mi piace. Cercate di capirmi, io non potrei mai abituarmi a tutto questo. Però, se vi dovessi tornare utile, contate su di me. Suonare con voi è un onore» spiegò la ragazza con semplicità, sorridendo a ognuno di loro con il cuore colmo di gratitudine per l'esperienza che stava vivendo.

«Sarà triste» mormorò Daron.

Soul scosse leggermente il capo. «Ricordi quanto eri triste all'idea di sostituire John? Lo eri molto di più, Daron» lo contraddisse con dolcezza, arrotolandosi una ciocca di capelli attorno all'indice della mano destra.

«La vita è così: ogni fine rappresenta sempre un nuovo inizio» commentò Serj con lo sguardo perso nel vuoto. Si sentiva piuttosto turbato, la consapevolezza era dura da accettare, anche per un uomo razionale come lui.

«Esatto» concluse Soul.

Shavo e Daron si scambiarono un'occhiata interrogativa, poi presero a sghignazzare, contagiando presto anche gli altri due.

«Questa massima filosofica da dove l'hai pescata, vocalist?» sbottò Daron, ridendo più forte.

«Non lo so» disse Serj, fingendo di rifletterci su. «Però suona bene



♫ ♪ ♫ ♪ ♫ ♪ ♫ ♪ ♫


Salve a chiunque sia arrivato a leggere fin qui ^^

Sono molto contenta di star riuscendo a dare un minimo di contributo per ripopolare la sezione efpiana dedicata ai SOAD, e per questa OS devo ringraziare prima di tutto Hanna McHonnor che, grazie alla sfida che ha lanciato sulla sua pagina fb Down Hanna's Ally, mi ha regalato un'ondata di ispirazione pazzesca e non ho più potuto smettere di scrivere questa breve storia! Grazie cara ♥

Qualcuno di voi avrà notato che il personaggio femminile si chiama Soul, e questo per un motivo ben preciso; dedico infatti questa shot alla mia adorata Soul_Shine che stima tanto il caro John Dolmayan e che sicuramente vorrebbe vivere un'esperienza come quella da me descritta :3

Per il resto, spero non ve la siate presa se ho fatto capitare una piccola tragedia al mitico batterista, e stati tranquilli che mi sono inventata tutto soltanto perché era funzionale alla mia trama ^^

Mi sono divertita anche ad ambientare questo scritto nel futuro, immaginando che l'album che dovrebbe uscire quest'anno sia già uscito... sarà che lo attendo con ansia e trepidazione, ma ecco, non ho potuto farne a meno :D

Grazie a chiunque abbia letto e leggerà, spero lasciate un commento a questa storia, di qualsiasi tipo esso sia!

Alla prossima ♥

  
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