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Autore: Hikari_Henko    12/03/2017    0 recensioni
Lovino Vargas rivela le doti di un ottimo studente,anche se si dimostra sufficiente verso la lingua spagnola. Per questo gli viene affidato un tutor, Antonio, il quale sarà pure il suo unico amico, l'unico con cui poi rivelerà le atrocità del proprio passato e, creando un forte legame con lui, proverà ad affrontarle.
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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-Besàme.
Lo spagnolo venne colto da un improvviso arrossamento.
-Ma che dici, Lovi?
Sempre di più, l’italiano sogghignava malizioso, colto dall’ubriachezza. Tentava di avvicinare le labbra di Antonio al proprio corpo. L’altro ne aveva quasi paura.
Lo prese in braccio, avvolgendolo in un caldo abbraccio, portandolo nel loro letto. Tinto del loro profumo.
Lovino rimase così calmo, con la testa poggiata sulla sua spalla, mordicchiandogliela. Quando arrivarono, non volle lasciarlo per adagiarsi al materasso.
-Ti mollo solo se mi dai un bacio…- non si capiva se piano piano incominciasse a rianimarsi o ad addormentarsi.
-Perché?
-Perché sì.
-Mettiti sul letto e ti bacio.- e il ragazzo fece. Solo che Antonio lo baciò sulla guancia, e Lovino iniziò a farfugliare e piagnucolare.
-T-tu mi menti! Brutto bastardo!
“Penso sia ancora ubriaco”
Antonio scomparve per qualche minuto, ritornando in camera con l’ennesima bottiglia, che si scolò sulla porta.
-Ormai… a che serve fermarsi?
-Eh?- l’italiano non capiva nulla ormai. Vedeva solo il corpo dello spagnolo che si avvicinava a lui. Sempre di più. Si toglieva la maglia, si avvicinava. Eccolo, di fronte a lui.
Gli bacia la fronte.
-Non oggi. Se proprio devo baciarti, lo faccio quando siamo sani in testa.
Detto questo, si mise pure lui sul letto, accanto al compagno.
Lovino venne attirato da quel tepore. Si avvinghiò. Rimase così, senza obbiettare. Si addormentò poco dopo. A loro si avvolse il caldo e profumato amore, così per tutta la notte.
---
Il mattino successivo, il sole aveva appena incominciato ad albeggiare sui loro volti arrossati.
Lo spagnolo si svegliò per primo, ancora appiccicato a lui ci stava il giovane. Aveva un visino così innocente, dolce. Piegato contro il proprio petto, era una visione paradisiaca. Gli scompigliò appena i capelli, e Lovino assunse una faccia quasi offesa, mentre Antonio se la rideva sotto i baffi.
Gli accarezzò una guancia, e lui addolcì la sua espressione,  mentre con il volto andava alla ricerca del tepore di quella mano.
Tonio allora posò le sue labbra sulla sua fronte, baciandolo timidamente. Rispetto alla sera prima, era nettamente più lucido.
Lovino si svegliò di soprassalto, con lo spagnolo vicinissimo a lui, così tanto da avvertirne i respiri. Sprofondò nell’imbarazzo.
-Buenos di- ma venne interrotto da un violento pugno dell’italiano.
I due ormai erano abituati a risvegli del genere. Solo che l’italiano si svegliava sempre prima, e se non si spostava subito dall’iberico, gli scompigliava appena il volto e poi si allontanava imbarazzato. Quando invece la sera si davano alla pazza gioia, si sapeva che Lovino avrebbe dormito maggiormente.
Solo che la sera prima, era stata, per l’appunto, più imbarazzante.
“Besame”
E non stava sognando, ma forse Lovi lo aveva già scordato.
Non ci pensò nemmeno, se non quando incrociava il suo sguardo con il ragazzo.
Le lezioni proseguirono, si occupavano della casa e l’italiano iniziò a sorridere a scuola. Sia chiaro, solo alle donne. Gli uomini li trattava da schifo.
Pure quei pochi giorni che rimanevano prima delle feste natalizie trascorsero senza problemi.
---
Organizzarono una grande festa nell’istituto, dove si mangiavano piatti tipici, o si cantava, oppure suonava, tanto per stare in compagnia per quell’ultimo giorno.
Lovino prese un drink, fermandosi a parlare con alcune ragazze.
I suoi compagni rimasero invidiosi, non cambiarono, se non iniziando a parlargli poco più di prima, ma nulla di speciale.
Gilbert si avvicinò a Tonio, che fissava imbambolato l’italiano.
-EHY, TONNO, MI SENTI?
-S-SI’ NON SERVE URLARE!
-Alleluja! Cosa c’è, ti sei preso una cotta per quel ragazzino?
-C-che ne sai tu?- era chiaramente imbarazzato.
-Guarda che se hai bisogno di una mano, c’è Francis che libera aule per i piccioncini.
-Non mi servono, grazie.
-Fa come vuoi, torno dalla mia donnicciola isterica…- detto ciò, si allontanò verso l’austriaco che suonava il piano sul palcoscenico per intrattenere.
Lo spagnolo lo osservava, quel ragazzino. Era così uomo di fronte a delle ragazze, ma così poco virile di fronte ai ragazzi.
“Meglio così” pensò lui. Non aveva intenzione di condividerlo su vasta scala. Lovino lo notò, con aria allegra.
Salutò stranamente le belle donne e si avvicinò ad Antonio, che divenne improvvisamente impacciato.
-Ti stai divertendo?- gli chiese il maggiore.
-Stranamente, non è male. Speravo negli alcolici.
-Per quelli dobbiamo aspettare casa,  qui non possono nemmeno darteli visto che sei minorenne.
-Ridi ridi solo perché hai già la maggiore età, ma sotto sotto so che usi tante creme antirughe.
Risero appena, poi Tonio gli fece un sorriso, ma poco rassicurante.
-Cosa c’è?
-Nulla, nulla.
-Sicuro?
-Penso che andrò a vedere l’orto tra poco. L’ho sistemato questi giorni perché possa resistere all’inverno.
-Vengo pure io.
 -Non serve, tranquillo.-
-Voglio venire.  (eh fangirl, speravate fosse in quel senso)
-Come vuoi
Uscirono dall’istituto, dirigendosi nel loro luogo magico.
Era stato tutto coperto di staccionate e teli, lo spagnolo si era davvero impegnato.
Le piantine erano ugualmente rinsecchite, ma alcune si salvavano, Al loro rientro a scuola si sarebbero quasi tutte riprese.
-Mi mancherà questo posto…- sosprirò Lovino.
-Dici? Tanto rimarrà sempre qui, non si sposta.
Il ragazzino guardò Tonio, poi ripose lo sguardo sul cielo.
-Verranno i tuoi, dalla Spagna?
-Non penso… più probabilmente verranno per il mio compleanno a Febbraio.
-Capisco… pensavo foste cattolici fino al midollo, ma mi sbagliavo.
-Io lo sono, almeno, ho sempre rispettato i miei voti durante le festività, e mi concedo le giuste pause per il resto dell’anno… loro un po’ meno, non so perché… anche tu sei cattolico, no?
-Si, però non vado in chiesa da un bel po’…
-Ti porterò a quella di Natale, allora, oppure a quella della Vigilia.
-Domani quindi?
-Si, si potremmo. Di sera, prima di cena.
A Lovino tornarono in mente la sua prima lezione in quell’orto, quelle successive, i primi pomeriggi e il giorno in cui venne trasferito, tutte le sere passate a guardare il tramonto arancione con Antonio. Tutti quei giorni che cambiarono la sua vita. In modo positivo, ovviamente. Il suono del vento che li accoglieva, tra quelle leggere foglie che ondeggiavano, colorate, tinte ormai dell’imminente inverno.
Richiusero tutto, tornarono alla festa.
-----
Era la sera del 24, la Vigilia.
Lovino varcò la grande soglia, quel massiccio portone in legno. Il freddo venne abbandonato fuori. Non si ricordava praticamente nulla di cosa si facesse in una messa, Antonio non ci andava, preferiva pregare da solo, un altro giorno, nonostante fosse molto credente.
L’acqua benedetta era fredda, accarezzata da decine di mani ogni settimana. Fece il segno della Croce.
Si era messo in comunicazione con Dio.
Antonio lo scortò, trovando dei posti liberi. La chiesa era costruita a mo’ di anfiteatro, con l’Altare al centro.
Durante la messa, ogni tanto il ragazzino riconosceva delle parole latine, ma al posto di recitare le preghiere con quella lingua, le diceva in italiano, e Antonio in spagnolo. Erano le stesse parole, con suoni diversi di poco, con lo stesso significato di implorazione e suppliche.
Dio però non rispondeva, non ancora.
Dopo la comunione, ormai stava tutto per concludersi. Non poteva fare a meno di osservare il corpo dell’altro, impacciato come sempre, ma serio, o rilassato. Non l’aveva mai visto così.
-Amen.
-Amen.
Era tutto concluso. Inchino poggiando il ginocchio a terra, verso il Cristo crocifisso. Uscirono.
Una folata di vento li colpì, con forza, appena allontanati dal portone. Non parlarono subito.
-Quanta gente, vero?- disse Antonio.
-Oh… ehm, sì…
-Sono tutti i Cattolici di qui, oppure anche non, solamente per ritrovarsi assieme. Non penso tu abbia notato Gilbert.
-Ma lui… lui non è-
-No, lui è protestante, ma Roderich è cattolico, c’era lui al suo fianco. Saranno venuti per quello.
-Non pensavo fosse… cioè, non mi sembra un tipo da preghiere.
-Ogni tanto ci va, per Pasqua o Natale, non per altro.
Stettero un secondo in silenzio.
-Ma loro… cioè… stanno insieme?
-Sì, da un po’ ormai.
-Pensavo che… no, nulla.
-Cosa?
-Pensavo che la gente… sai com’è, molti non accettano gli omosessuali, specialmente in Chiesa…
-Il mondo deve capire che fede ed amore sono relativamente due mondi distinti. Io credo in Dio, lui non mi vieta di amare chi voglio. Non commetto peccati, e se ne compio, mi confesso. Amare non è peccato, ma un comandamento.
-Giusto…
Ci fu una breve pausa. Ora a Lovino palpitava nella testa quell’ “amare chi voglio”. Non ci aveva riflettuto.
Ad Antonio piaceva qualcuno?
Non ne parlavano mai, ogni tanto discutevano sul sedere o sul balcone di qualche ragazza, ma non di più.
Erano le otto di sera ormai, camminavano verso casa.
-Antonio…
Lo spagnolo si allarmò, non lo chiamava mai per nome.
-S-sì?
-A te piace… qualcuno?
-Oh… sì.
-Capisco…
-A te?
-Sì…
Un minuto di silenzio, si guardarono negli occhi, senza cambiamenti di espressione. Fermi dov’erano.
-…e dimmi, com’è?- chiese Antonio.
-Ha un bel culo… e- divenne rosso un poco- mi piace quando sorride.
-Ohoh! E chi è questa donzella?
-Non… non è una ragazza.
Il silenzio ritornò. Per quando Antonio cercava di rianimare la situazione, si dirigevano in una situazione sempre più imbarazzante.
-Tranquillo… non ho problemi con questo, pure io sono così. Anche a me piace uno.
-D-davvero?
-Si…
-E ora?
-E ora boh, la persona che mi piace non so se dirglielo o meno, anche perché è un momento delicato…
-Scusa, è una domanda odiosa…- abbassò lo sguardo.
-Tranquillo.
-Te la senti di provare a dirglielo?
-Io lo farei, perché mi piace, ma penserebbe che io sia un idiota… in effetti lo sono
-Però… quanto vorresti dirglielo da uno a dieci?
Ripresero a camminare, uno a fianco all’altro. Il freddo aumentava, ma non lo percepivano. Erano in un profondo imbarazzo.
-Penso undici.
-Allora provaci.
-Dici che dovrei?
-Se te la senti sì, se lo desideri, sì. Se lo vuoi, sì.
-Io sì
-E allora dillo.
-Ok.
Antonio prese un forte respiro, con quel poco coraggio che c’aveva.
-Mi piaci, Lovino.
   
 
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