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Autore: Kore Flavia    19/03/2017    1 recensioni
[Ironicamente 666 parole] [Spoiler capitolo 527][Larcade!Centic]
È la mia stessa esistenza a farmi male. Sei tu, sono io, è questo mondo corrotto dai vizi. Tutto mi fa male. [...]
Doveva odiarlo. Sarebbe stato giusto, normale, umano, ma, si dovette ricordare il ragazzo mentre la vista li si oscurava e il respiro li si rompeva in gola, lui umano non era mai stato. [...]
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Zeref
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Note d'autore: Dopo secoli ecco che torno in questo fando a seguito dell'ultimo capitolo. Mi scuso per la storia che verrà, ma avevo la necessità fisica di allontanare da me la sua sofferenza (I mean, lo so che non è normale, ma io non lo sono mai stata)
​Non penso di essere andata OOC, ma nel caso fatemelo notare che proverò a modificare la storia.
​NO BETA perché sono un'idiota, perciò se vedete e(o)rrori che mi sono sfuggiti nella rilettura fatemelo sapere.
​Larcade è un personaggio che ho cominciato ad adorare nel momento stesso in cui è morto e, in brevissimo tempo, mi ha strappato il cuore dal petto e l'ha pugnalato una decina di volte. (Per farvi capire: in un giorno ho scritto questa storia su lui e fatto una fanart lol)
​Ora smetto di ammorbarvi con i miei discorsi e vi auguro buona lettura.
(Ogni parere è ben accetto as usual)
​bye


 



"Fa male." 

Non era una  novità. Aveva sempre fatto male, aveva passato la propria esistenza a sentir questo intrinseco dolore. La sofferenza li si avvoltolava attorno alle membra, li stringeva la faringe, la conosceva tanto bene da riconoscerne il freddo pietrificante che preannunciava il suo intensificarsi. La sofferenza era divenuta parte di lui, o, forse, sarebbe stato meglio dire che lui era diventato parte di questa. 
Lui era una contraddizione vivente: era l’angoscia che donava piacere agli altri. Un piacere mortale, certo, ma pur sempre un preferibile modo di morire rispetto al suo.
Era quasi paradossale che solo adesso sentisse la necessità di dar voce al proprio dolore, di urlarlo nella disperata supplica d'essere risparmiato, risparmiato almeno quest'ultima volta. Risparmiato dal mondo e da suo padre.
Che questa fosse la sua fine l'aveva capito nel momento stesso in cui suo padre li si era avventato contro con una rabbia che non li aveva mai visto addosso. Sembrava quasi si fosse abbigliato del suo stesso odio verso il mondo e sì -sì sì sì- verso di lui. Eppure Larcade aveva solo provato ad aiutarlo, ferito al petto era corso fino lì per lui e aveva usato le sue ultime forze per proteggerlo. E aveva sorriso: sentiva ancora i muscoli della mandibola dolergli per lo stentato sorriso che aveva rotto la monotonia delle proprie labbra.
"Papà, papà, fa male." 

È la mia stessa esistenza a farmi male. Sei tu, sono io, è questo mondo corrotto dai vizi. Tutto mi fa male. Eppure non voleva morire. Non così, almeno. Il suo unico -ed ultimo- desiderio era quello di morire in pace, finalmente svuotato da questo dolore opprimente. Nel momento stesso della propria morte aveva deciso di non volerla abbracciare.
Voleva solo potersi alzare un'ultima volta senza portare il peso di tutto quel rancore, sofferenza e disperazione. Voleva essere libero un'ultima volta prima di cadere definitivamente.
La libertà di cui quel ragazzo tanto amato dal padre sembrava godere era quello a cui Larcade aspirava. 
Era il vizio umano sotto cui sarebbe voluto soccombere, ma non li fu concesso. 
Era nato dalla sofferenza, come semplice rimpiazzo di un fratello perduto, ed era destinato a terminare la propria esistenza così. Ucciso dalla persona stessa che l'aveva creato e oppresso. Soppresso dallo stesso sentimento da cui era nato. 
"Mi fa male." 

Esalò. Oramai i singhiozzi li scuotevano il corpo in spasmi e le lacrime gli scivolavano in gola e gli impedivano la vista del proprio padre mentre lo finiva. Fu per lui motivo di sollievo e si aggrappò a questa perdita per rassicurarsi. In tal modo poteva immaginare davanti a sé chiunque volesse, non avrebbe fatto differenza. Decise di fissare nella propria mente l’immagine dell'"originale", l'unica creazione di Zeref ad essere stata amata e l'unica, anche, ad averlo rinnegato prepotentemente. 
"Mi fa male..." 

Sollevò una mano in cerca d'aiuto. Cosa si aspettava? Che qualcuno  gliela afferrasse e lo sollevasse dalla mediocrità e dal proprio sangue? Che sciocco che era stato a solo poter sviluppare un pensiero tanto ridicolo.
Gli Spriggan erano stato sterminati dall’incoscienza di suo padre che li aveva mandati allo sbaraglio per un semplice capriccio e lui, da Spriggan, sarebbe morto per lo stesso motivo.
Grazie, Ti voglio bene, Non potrei vivere senza di te. A Larcade vennero in mente tutte quelle frasi che il padre non li aveva mai rivolto, ma che, guardando fuori dalla finestra del palazzo reale, rivolgeva silenziosamente ad un'altra persona.
Doveva odiarlo. Sarebbe stato giusto, normale, umano, ma, si dovette ricordare il ragazzo mentre la vista li si oscurava e il respiro li si rompeva in gola, lui umano non era mai stato.
Che amara ironia, pensò poco prima di svanire definitivamente, lui aveva amato un padre che l'aveva sempre disprezzato, gli era stato devoto e obbediente sperando che questo lo avrebbe premiato con una singola frase d'affetto, e suo padre aveva amato quel fratello che ora lo stava combattendo con il solo intento d’ammazzarlo.

“Ti prego…” risparmiami, amami, apprezzami, ringraziami, dammi tutto ciò che non ho avuto.
Di lui rimase solo una macchia di sangue vermiglio sul pavimento.
   
 
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