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Autore: Jadis96    19/03/2017    0 recensioni
"C'era qualcosa di speciale in loro. Era forse il modo in cui si muovevano, o il modo in cui parlavano... tutto faceva parte di qualcosa di più grande: una sintonia completa".
Elladan ed Elrohir sono i gemelli figli di Elrond, Signore di Imladris. Dall'infanzia trascorsa tra i rigogliosi giardini di Gran Burrone, attraverso la nascita di un legame speciale con i Dùnedain, fino alla scelta finale, che determinerà il loro destino per l'eternità. Questa è la storia dei principi che non erano figli di re, degli elfi che erano anche Uomini, identici e diversi, mortali ed immortali.
[I protagonisti saranno Elladan ed Elrohir, ma saranno presenti anche Elrond, Celebrian, Arwen, Glorfindel, Galadriel, Aragorn ed altri].
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arwen, Elladan, Elrohir, Elrond, Glorfindel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ancora una volta gli eventi della vita reale hanno ritardato l'uscita del capitolo. A causa della sua lunghezza, questo sarà diviso in due parti (la seconda verrà pubblicata entro la prima settimana di aprile). Ringrazio tutti coloro che continuano a seguirmi ed invito tutti i lettori a lasciare un commento, anche di poche righe, per farmi sapere cosa pensano di questa storia.
 
Dal giorno della partenza di Gilraen, Elladan ed Elrohir si resero conto di quanto fosse difficile prendersi cura di Estel a tempo pieno. Non si erano illusi che sarebbe stato facile, ma neanche avevano immaginato di dovervi dedicare la maggior pare della loro giornata. Estel era in possesso di una sensibilità rara per un bambino così piccolo, osservava con attenzione tutto ciò che lo circondava e, quando gli si parlava, ascoltava in silenzio. Eppure, ascoltare non sempre significava obbedire. Estel non perdeva occasione per agire di testa propria, spesso contravvenendo alle raccomandazioni degli elfi. Era determinato e testardo, abbastanza da mettere a dura prova la pazienza di Elrohir ed Elladan. I gemelli arrivarono presto a sentirsi inadeguati di fronte alla loro apparente incapacità di controllare Estel.
Elrond, invece, si rapportava con il piccolo Dùnadan con estrema naturalezza. Sapeva esattamente come comportarsi con Estel: quando assecondarlo, quando imporsi e quando rimproverarlo.
<< Voi non eravate molto diversi, alla sua età >>, aveva detto Elrond ai gemelli, << Devo a voi la mia buona dose di pratica >>.
Elrohir ed Elladan, invece, avevano acquisito la loro esperienza durante l'infanzia di Arwen. O così credevano.
Arwen era sempre stata una bambina riflessiva ed obbediente, un'elfa in tutto e per tutto, mentre i gemelli, a detta dei loro genitori, erano piccoli elfi che si comportavano come umani. Estel, al contrario, era un umano, ma parlava e camminava come un elfo.
 
<< Estel! Scendi subito da quell'albero >>.
Elladan sospirò, mentre cercava di ricordare quante volte avesse già rimproverato Estel per essersi arrampicato su un albero. Aveva perso il conto.
<< Guarda >>, disse Estel, indicando un ramo sotto di sé, << Ieri ero arrivato fino a lì. Oggi sono salito ancora più in alto! >>.
Il bambino era così fiero di sé che per un attimo Elladan ne fu intenerito. Ma al contempo era consapevole che qualsiasi segno di cedimento da parte sua avrebbe significato ritrovarsi in quella stessa situazione anche il giorno successivo.
<< Ho visto, e non voglio più vederti lassù. Ti ho già spiegato che è pericoloso >>, disse Elladan.
<< Ma... >>, Estel fu sul punto di protestare, ma si fermò di colpo.
Elrond stava arrivando. Quando lo vide, Estel scese dall'albero così in fretta che Elladan temette di vederlo cadere. Sperava forse di non essere stato visto, ma inutilmente.
Quando Elrond arrivò, disse soltanto, << Vieni con me >>.
Elladan li guardò allontanarsi, sorridendo alla vista del piccolo Dùnadan che correva per riuscire a stare al passo con l'alto elfo.
 
Estel sapeva di essersi messo nei guai, l'aveva capito dallo sguardo severo di Elrond. Con Elladan ed Elrohir era sempre più facile infrangere le regole: loro si arrabbiavano più spesso, ma poi finivano per essere complici delle sue piccole malefatte.
Elrond, invece, sembrava che non si arrabbiasse mai sul serio. Era sempre calmo e non alzava mai la voce, né con Estel, né non nessun altro, eppure tutti facevano ciò che lui chiedeva loro di fare. Era forse per questo motivo che Estel, mentre seguiva Elrond nel suo studio, era sereno, pur sapendo che avrebbe presto ricevuto un rimprovero. Accanto ad Elrond si sentiva protetto, persino in quella situazione.
Seduto su una sedia troppo grande per lui, Estel sperò soltanto di non ricevere anche una punizione. Ricordava ancora con rammarico l'ultima punizione che aveva ricevuto: non poter mangiare il dolce dopo cena. Sapeva che quella sera avrebbero servito la torta di mele, una delle sue preferite, pertanto pregò silenziosamente che Elrond fosse più bendisposto dell'ultima volta.
<< Adesso hai sei anni >>, disse l'elfo, << Dovresti trovare un modo migliore per impiegare il tuo tempo >>.
Estel non rispose. Non voleva mettere a repentaglio la torta di mele.
<< È ora che impari a leggere e scrivere >>, continuò Elrond.
Quella proposta suonò estremamente bizzarra alle orecchie di Estel. Nella sua breve esperienza leggere e scrivere erano attività che solo i "grandi" potevano svolgere.
<< Posso imparare anche io? >>, chiese, incerto.
<< Certo che puoi, e sarò io ad insegnarti >>.
Estel continuava a dubitare di poter arrivare a decifrare quei misteriosi segni sulla carta, ma l'idea di riuscire a leggere le storie che tanto amava senza dover chiedere a qualcuno di farlo per lui era decisamente allettante, troppo per non decidere di provare.
 
Così Estel iniziò i suoi studi. Elrond gli insegnò a riconoscere le lettere, associando ciascuna di loro ad un suono, poi a riprodurne la forma con un gessetto. Estel era uno studente volenteroso, ma si annoiava facilmente e, quando accadeva, la lezione poteva anche considerarsi terminata. Elrond, dal canto suo, aveva imparato ad essere un insegnante paziente.
 
La prima lettera da Annùminas giunse a distanza di un mese dalla partenza di Gilraen.
Come gli elfi avevano immaginato, le previsioni che la donna aveva fatto in merito ai tempi del suo viaggio erano state troppo ottimistiche. Le notizie che arrivavano dalle terre dei Dùnedain non erano rassicuranti: le pattuglie di orchi venivano avvistate molto più spesso rispetto a soli cinque anni prima. Elrond sospettava che fossero a conoscenza dell'esistenza di Estel.
Sperano di ucciderlo prima che diventi adulto, rifletté.
Anche Gilraen doveva averlo capito, le sue parole non lasciavano spazio a fraintendimenti: "Inizio a pensare che sappiano di Estel. L'ultima volta che ho lasciato Annùminas erano in pochi a conoscere la mia meta, ma i Dùnedain sono un popolo di viaggiatori e le informazioni viaggiano con loro. Per mio ordine, da adesso in poi nessuno tra la mia gente pronuncerà il nome di Aragorn. Se avremo fortuna, si spargerà la voce che Arathorn sia morto senza eredi, mentre Estel sarà soltanto un bambino umano ospite del Signore di Imladris".
Elrond dubitava che un provvedimento così semplice potesse essere la soluzione al loro problema, ma era comunque meglio di attendere senza agire. Una cosa era certa: Estel sarebbe tornato tra la sua gente non prima di aver raggiunto l'età adulta.
 
Nel frattempo, all'ombra della torre di Annùminas, Maedir svolgeva il proprio lavoro giorno dopo giorno. Il ritorno di Gilraen aveva giovato all'umore della popolazione, mentre gli elfi avevano fornito un aiuto prezioso nella protezione dei territori dei Dùnedain.
Glorfindel aveva guidato numerose spedizioni, brevi ma efficaci, allo scopo di rendere sicuri i dintorni di Annùminas e degli accampamenti vicini. Con pochi elfi al suo comando aveva eliminato tre piccoli gruppi di orchi, dei troll e quella che sembrava la base per un allevamento di Mannari. Gli elfi erano precisi, disciplinati, letali. Glorfindel era esattamente come lo descrivevano le leggende: saggio e risoluto, mentre camminava tra le vie della città non c'era persona che non alzasse lo sguardo per ammirarlo. Tutti, adulti e bambini, osservavano con deferenza l'elfo che aveva sconfitto un Balrog e che era riuscito a mettere in fuga il Re stregone di Angmar, Maedir non faceva eccezione. Aveva accolto l'arrivo degli elfi con un misto di felicità ed amarezza: era grato agli elfi per la loro protezione, ma allo stesso tempo vederli gli aveva ricordato quanto sentisse la mancanza di Elladan ed Elrohir. Sua figlia, intanto, non faceva che rinnovare la sua richiesta di visitare Gran Burrone e Gelion, che spesso tendeva ad imitare la sorella maggiore, faceva lo stesso.
<< Oggi ho parlato con Gilraen >>, disse Hanneth una sera, mentre erano a casa, di fronte alla fioca luce di una candela, << Ha detto che presto torneranno ad Imladris >>.
<< Lo immaginavo, hanno fatto fin troppo per aiutarci >>, rispose Maedir.
<< Gilraen ha anche detto che gli elfi torneranno per un'ultima breve visita entro il prossimo inverno, per assicurarsi che i nostri territori siano ancora sicuri >>.
Quelle parole diedero a Maedir l'occasione giusta per dar forma al pensiero che occupava la sua mente già da giorni.
<< Stavo pensando ai nostri figli. Non hanno mai visto nulla al di fuori di Annùminas e Fornost.
<< Stai pensando di andare a Gran Burrone? >>, lo anticipò Hanneth.
<< Potremmo andarci con gli elfi il prossimo anno, se accetteranno di accompagnarci >>.
Hanneth rifletté per qualche istante, poi disse, << Scrivi una lettera ad Elrohir, sono certa che appoggerà la tua idea >>.
<< È probabile >>, rispose Maedir.
<< È sicuro >>, lo corresse Hanneth, con un sorriso, << E credo che, nonostante Melwen non ami viaggiare, questa volta vorrà unirsi a noi >>.
 
Due lune dopo, Gran Burrone era avvolta dal gelo dell'inverno.
Elladan era a cavallo, di pattuglia ai confini, quando li vide. Non più di una sagoma indistinta, ma inconfondibile. Era la compagnia degli elfi, di ritorno da Annùminas.
Alla testa del gruppo, si intravedevano il cavallo bianco di Glorfindel e quello nero di Gilraen. Elladan, in preda all'impazienza, spronò il suo cavallo al galoppo, tornando indietro sui propri passi. Si fermò brevemente in corrispondenza delle guardie per avvertire dell'imminente arrivo degli elfi, poi proseguì verso i giardini di Imladris.
Lì, come aveva immaginato, trovò Estel, che, avvolto in due strati di pellicce, giocava con il sottile strato di ghiaccio che si era formato sull'erba. Il bambino era in trepidante attesa della prima neve dell'anno, ignaro che di lì a poco qualcos'altro avrebbe occupato i suoi pensieri.
<< Salta su, c'è una sorpresa per te >>, disse Elladan.
Estel non se lo fece ripetere due volte. Si avvicinò al cavallo e lasciò che Elladan lo sollevasse per poi metterlo sulla sella, di fronte a sé.
Estel si aggrappò saldamente al mantello di Elladan con entrambe le mani. Aveva un vago timore di andare a cavallo, perché non gli era stato ancora insegnato come stare in sella. Gilraen aveva affidato di buon grado ad Elrond l'educazione di suo figlio, ma aveva detto di voler essere lei ad insegnargli a cavalcare. "Fu mia madre ad insegnarlo a me e sarò io ad insegnarlo a lui. È una tradizione di famiglia".
Quando Elladan ordinò al cavallo di tornare indietro nuovamente, l'animale gli lanciò un breve sguardo confuso, come se si chiedesse il perché di tanta indecisione, poi, rassegnato, obbedì.
<< Dove andiamo? >>, chiese Estel.
<< Al confine >>, rispose Elladan.
<< Perché? >>.
<< Lo vedrai >>.
<< Vedrò cosa? >>.
Elladan attraversò il ponte sul fiume, oltrepassando il confine di Imladris. Ma non intendeva allontanarsi di molto, soltanto il necessario per riuscire a sorprendere Gilraen ed Estel allo stesso tempo. Quando il bambino vide dove erano diretti, Elladan dovette trattenerlo per impedirgli di alzarsi in piedi sulla sella.
<< Gi suilannon, trevaded and? >>, disse Elladan, mentre porgeva Estel alle braccia tese di Gilraen.
<< Gwannas lû and, mellon nin >>, disse Glorfindel.
Elladan poteva leggere nel suo sguardo colmo di orgoglio che la missione si era conclusa con successo. Quando Glorfindel era di ritorno a Gran Burrone, Elladan riusciva spesso ad indovinare qual era stato l'esito della spedizione soltanto guardandolo negli occhi. Se qualcuno perdeva la vita sotto il suo comando, Glorfindel avvertiva su di sé il peso di quella perdita. Il suo era un dolore silenzioso, discreto, nascosto appena sotto la superficie. In questo era simile ad Elrond.
Se mai si fosse trovato in una posizione di comando, Elladan aveva un'idea ben chiara su come avrebbe voluto essere.
Quel pensiero lo riportò alla conversazione che aveva avuto con Teliadir prima che partisse. Aveva ripensato alla freddezza con cui si erano salutati ed aveva sentito il bisogno di essere rassicurato.
<< Spero che la nostra amicizia non sia stata compromessa >>, disse Elladan, appena dopo aver dato il benvenuto a Teliadir.
<< La nostra amicizia è come una quercia secolare: non si farà certo abbattere dal primo colpo di vento >>, rispose l'elfo.
<< Anche il vento, prima o poi, riesce a spezzare i rami di una quercia. Non voglio che accada >>.
<< Non accadrà. So perché hai detto quello che hai detto: vuoi che la tua voce venga ascoltata e vuoi essere l'artefice di qualche piccolo cambiamento >>, disse Teliadir.
<< Adesso che l'hai detto sembra un'impresa impossibile. Noi due abbiamo viaggiato abbastanza da capire che Gran Burrone è immune ai cambiamenti, per quanto piccoli possano essere >>, rispose Elladan.
<< Non esserne così sicuro. Prima di te ed Elrohir non ricordo nessuno che avesse l'appellativo di "principe di Imladris" >>, ribatté Teliadir, divertito.
Elladan abbassò lo sguardo, imbarazzato. << Non siamo stati noi a sceglierlo >>.
<< Troppo tardi, mellon nin, è un fardello che dovrai portare ancora a lungo >>.
Alla fine di quella conversazione, Elladan sentì di essersi liberato di un peso. Gli elfi tornarono a Gran Burrone, Gilraen tornò alle sue abitudini, mentre ad Annùminas Dìrhael faceva le veci di Capitano.
Estel reagì con gioia al ritorno di sua madre, ma fu presto chiaro a Gilraen che durante la sua assenza qualcosa era cambiato. Estel era ormai abituato a dormire da solo e ad aggirarsi per Gran Burrone da solo. Si esercitava a scrivere senza bisogno di qualcuno al suo fianco e, solo una volta finito, andava da Elrond a mostrare il suo lavoro. Gilraen capì che il suo ruolo non aveva più l'importanza di un tempo.
 
Era trascorso mezzo ciclo di luna dall'arrivo degli elfi, quando una mattina giunse un messaggero e, con lui, una lettera da Annùminas.
<< Elrohir sembrava più felice del solito oggi, c'è qualcosa di cui non sono al corrente? >>, chiese Elrond ad Elladan.
<< Ha ricevuto una lettera che portava buone notizie >>, rispose Elladan. L'allegria che proveniva da Elrohir era per Elladan come un filo di vento fresco in una giornata afosa: impossibile non sentirlo, impossibile non trarne beneficio.
<< Dev'essere stato qualcosa di inusuale, dal momento che entrambi state sorridendo da quando, all'alba, è arrivato il messaggero >>, commentò Elrond.
<< Maedir e Melwen verranno a farci visita >>.
Elladan era ben consapevole di essere contagiato dall'entusiasmo di suo fratello, ma più tempo passava, più si chiedeva cosa sarebbe successo una volta che Melwen fosse arrivata ad Imladris. Non sapeva se, riflettendo a mente lucida, avrebbe avuto la stessa reazione gioiosa.
 
Traduzione delle frasi in Sindarin:
Gi suilannon, trevaded and?: Bentornati, è stato un lungo viaggio?
Gwannas lû and, mellon nin: Fin troppo lungo, amico mio
   
 
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