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Autore: Meissa    05/06/2009    3 recensioni
Era una notte di luna piena e Giulia era a letto, sotto le coperte; dormiva, i capelli sciolti sul cuscino e le braccia lungo i fianchi. Dalla finestra lasciata socchiusa per cambiare aria, un alito di vento muoveva le tende e la luce flebile della luna giocava a nascondersi nella stanza.
Giulia iniziò a girarsi nel letto, agitata, e aprì gli occhi di scatto: aveva voglia di datteri.

[Questa storia ha partecipato al contest Pulizie di Primavera - Original Version, classificandosi terza ex aequo]
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Edit: Questa storia si è classificata terza al contest Pulizie di Primavera - Original Version inetto da Pretty_Fairy, a parimerito con Il richiamo di cassiana. Trovate il banner nel mio profilo e il giudizio della giudice nel link sopra.

A Giulai, perché è una gran donna,
un’amica cara come poche,
compagna di risate e deliri.
Donna, dobbiamo andare al parco
a fare le bolle di sapone.

Giulia voleva i datteri in una notte di luna piena


Era una notte di luna piena e Giulia era a letto, sotto le coperte; dormiva, i capelli sciolti sul cuscino e le braccia lungo i fianchi. Dalla finestra lasciata socchiusa per cambiare aria, un alito di vento muoveva le tende e la luce flebile della luna giocava a nascondersi nella stanza.
Giulia iniziò a girarsi nel letto, agitata, e aprì gli occhi di scatto: aveva voglia di datteri.
Si mise a sedere, infilò le pantofole ai piedi e si alzò. Si tolse la camicia da notte, indossò un paio di pantaloni, una maglietta e una felpa e scelse un paio di scarpe comode dalla scarpiera a muro.
Andò in soggiorno, prese una borsa, i documenti, i soldi, e le carte di credito, poi infilò il cappotto ed uscì di casa; per prudenza chiuse a chiave, si sa mai che qualcuno decida di entrare, pensò accorta.

Scese le scale e uscì dal palazzo, proseguì dritta lungo la strada principale, al secondo semaforo svoltò a destra e una decina di metri più avanti entrò al supermarket degli indiani, l’unico aperto alle due di notte in quella zona della città.
“Salve,” salutò educatamente un giovane alla cassa. “Posso aiutarla?”
“Sì,” rispose Giulia, grata che ci fosse qualcuno a cui chiedere: avrebbe fatto prima! “Vorrei dei datteri.”
Il giovane la guardò alzando un sopracciglio. “Mi spiace signorina, non abbiamo datteri, non è stagione,” spiegò.
“Oh,” disse semplicemente Giulia, delusa. “La ringrazio,” sospirò uscendo.
Giulia uscì dalla stradina secondaria per tornare alla principale, aveva ancora voglia di datteri.

Giulia camminò e camminò, stretta nel suo giubbino per il freddo, fino all’altro capo della città. Si era fatta mattina e aveva chiesto a tutti i negozi aperti, ma nessuno aveva i datteri. Sospirò e si sedette su una panchina al parco, mordendosi il labbro. Avrebbe aspettato fino alle nove e mezza, orario di apertura mattutina per cercare i datteri. Fece il giro di tutti i negozi della città, ma nessuno li vendeva. Non è stagione, dicevano tutti, guardandola sinceramente dispiaciuti di fronte al suo sconforto.
Giulia mormorava fa niente, scrollava le spalle e se ne andava con un sospiro.

Era seduta a un tavolino del bar, dopo aver subito quella cocente delusione. Aveva ordinato un bicchiere d’acqua, e pensosa se lo rigirava tra le mani, mezzo pieno. Io voglio i datteri, pensò Giulia, la fronte aggrottata per lo sforzo di trovare una soluzione. Ho proprio voglia di datteri, non starò bene fin quando non avrò i datteri, realizzò.
Allora si alzò dal tavolino, finì di bere l’acqua rimasta e pagò il conto con il sorriso tra le labbra. I camerieri la guardarono stupiti, chissà perché quella giovane era così felice per un bicchiere d’acqua.
Giulia aveva preso una decisione: avrebbe avuto i suoi datteri.

“No, mademoiselle,” scosse la testa un uomo sulla quarantina. Disse qualcos’altro in francese, che però non capì, ma intuì che le stava illustrando la bontà degli altri prodotti. Giulia scosse la testa piano, emise un sospiro e se ne andò.
Nulla nemmeno lì. Ritentò per tutta la Francia, ma dopo mesi, ancora niente. Giulia andò in un Café, ordinò un panino, un’aranciata e si sedette fuori, nonostante il freddo -a Parigi aprile era freddo quanto febbraio a Milano. Aveva il cappotto pesante, e poi faceva molto francese. Ormai erano passati mesi e ancora non era riuscita nel suo intento.
Mangiò il suo panino, bevve la sua aranciata e si alzò per pagare, una nuova determinazione nello sguardo. Se davvero voglio i datteri, pensò, devo cercare da un’altra parte.

Così attraversò la Spagna, era giunta fino ai confini con il Portogallo, e ancora nulla.
Giulia sedeva fuori da un bar, il vento che le scompigliava i capelli, il sole che riscaldava piacevolmente la pelle. Aveva un paio di pantaloncini corti e una canottiera, e sorseggiava una limonata; i mesi erano passati, e il tempo era mutato. Aveva fatto a meno del giubbotto un paio di mesi prima, in cambio di una giacca leggera, e il mese successivo aveva rinunciato anche a quella: la Spagna è più calda della Francia. Ora sedeva, in tenuta estiva, ma sempre senza alcun risultato. Señorita, qui in Spagna non crescono, li portiamo dal Nord Africa, ma non è un gran periodo, vanno sotto Natale, le avevano detto tutti. Strinse le labbra in una smorfia stizzita: nemmeno quello era posto adatto ai datteri.

Finì la limonata, pagò e lasciò la mancia ai camerieri, e si diresse a un negozio di frutta che aveva visto il giorno prima, chiuso. Chiese quando sarebbero arrivati i datteri, quando sarebbe iniziata la loro stagione. Un uomo si caricò una cassa di mele in spalle e poi le rispose che non c’è stagione per i datteri.
Come non c’è stagione per i datteri!, pensò Giulia. “Mi scusi,” tentò. “Mi han detto tutti che arrivano sotto Natale… non sarà quella la loro stagione?”
L’uomo scoppiò in una risata baritonale, ma compresa la serietà del suo stupore, smise di ridere e smozzicò che non c’è stagione per i datteri perché i datteri crescono sempre, in Medio Oriente, Israele, Africa del Nord, nelle Oasi e in alcune regioni dell’Asia. La richiesta maggiore per i paesi occidentali è sotto Natale, ma non è la loro stagione.
Giulia si illuminò di rinnovata speranza.
“Quindi andando in Africa io potrei avere i datteri? Subito?” domandò impaziente.
“Certo,” rispose quello con una scrollata di spalle. Non fece in tempo a girarsi che Giulia era già sparita.

Faceva un caldo indicibile, ma era impensabile stare in pantaloncini e canottiera, si sarebbe ustionata. Giulia camminava per la strada sterrata, incredibilmente vivace avvolta nel turbante blu e in una tunica ampia, dello stesso colore. All’inizio non ci credeva nemmeno lei, ma teneva un fresco, di giorno!
Percorse le strade della città sino al mercato, quando era arrivata glielo avevano consigliato per i prezzi più convenienti. Non le interessava il prezzo, davvero, voleva solo i datteri e se c’era la certezza di averli sarebbe andata lì.

Una volta giunta rimase paralizzata dalle dimensione di quel mercato all’aperto, era gigantesco. Si guardò un attimo intorno, per lo stupore e la meraviglia, ed eccoli, proprio lì, una bancarella vicina, in più cassette, sembravano straripare da quanti erano: datteri.
Si sentì invadere da una gioia immensa, stava per chiamare il venditore e comprarne quanti più poteva, quando guardò le cassette nuovamente: sentì una delusione morderle lo stomaco, che inizialmente non comprese, poi chiuse gli occhi ed emise un profondo sospiro. Si allontanò, salutando con una mano i mercanti che la osservavano straniti, nuovamente in marcia, l’ombra dello sconforto in corpo.
Giulia aveva voglia di fragole.





E direi che non c’è molto da dire, a parte che stavolta il nome della protagonista è in onore dell’amica cui è dedicata.
Ringrazio Ego me stesso ed io ed _Eleuthera_ perché i loro commenti sono stati meravigliosi, perché mi hanno stupito e perché mi han fatto bene, soprattutto perché dopo più di un anno e mezzo ho di nuovo lo stimolo e la voglia di scrivere qualcosa di mio e solo mio e sentirsi dire certe cose è una spinta in più; anche se è da dire che come prendo il via, basta, è finita, non mi fermo più, nella mia mente le storie arrivano a grappoli, ne penso una e bum, eccone altre quattro. Come sempre, nei momenti migliori. Però non so, sono felice lo stesso, perché mi fa davvero bene ed era una vita che non scrivevo così tanto e con così tanta voglia e non voglio fermarmi.
   
 
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