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Autore: Violinlock    24/03/2017    0 recensioni
Just like heaven - Se solo fosse vero!AU
Sherlock Holmes muore sparato sotto il suo cuore. Esce un piccolo fiotto. Mary è seria, se ne va di svelta. Magnussen chiama l'ambulanza, ma nessuno può ormai vederlo.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Per quanto riguarda la statistica, quasi certo lui morirà. Non ha molte possibilità, non ha scampo. Cade all'indietro, sperando che questo possa aiutare. Ma alla fine muore.

Sherlock Holmes muore sparato sotto il suo cuore. Esce un piccolo fiotto. Mary è seria, se ne va di svelta. Magnussen chiama l'ambulanza, ma nessuno può ormai vederlo.

You
Soft and lonely
You
Lost and lonely
Just like heaven
/The Cure/

 

E quindi finisce qui.

In un modo o nell'altro, ecco che il filo della vita sembra spezzarsi. Sembra. Perchè io non mi lascerò guidare da esso, io voglio dirglielo, che lo amo. Non me ne sono reso conto, lo so e basta. Ed adesso io mi libro nell'aria, ma torno. Torno qui. Da lui.

 

Wonder this time where he's gone,

wonder if he's gone to stay

Bill Withers – Ain't No Sunshine

 

John Watson è abbastanza un uomo disperato, lo ammette. Mentre entra in questa casa sperduta nel nulla, sa che comunque il ricordo, il fantasma, di Sherlock farà la sua scelta per lui. Mycroft si è lasciato scappare che tutto quello che vede è casa sua, di Sherlock, dei suoi genitori. Lui è stato preso alla provvista. Stavate parlando di qualcosa di totalmente diverso, pensa un po' John. Tutto ruota intorno a Sherlock, dopotutto.

Vorrebbe andarsene, cercare di trovarsi un'alloggio migliore, in un posto in cui non deve spendere due ore andata e ritorno per andare a lavorare, nel suo studio. Non è più a gestione familiare. Mary non l'ha vista più, quando ha scoperto il fattaccio. Cerca di pensare il meno possibile a tutto quello che è successo, alla sua vita precedente con Mary, alla sua vita vera con Sherlock. Ma, andiamo, tu non ci riesci. Come fai a scordarti dell'aria con cui respiravi? Basta, John. Smetti di pensare.

Sono passati due mesi. Non molto, ancora. Abbastanza normale pensare ancora a Sherlock. Del tutto normale. Ma poi passeranno altri mesi, altri anni, ed allora tu come farai? Perchè non sai se potrai scordarti in modo pacifico della morte di Sherlock, del tuo migliore amico.

“Come la vede?”

John cerca di trattenersi da questo suo piangere senza versare una lacrima. C'è una lacrima ogni volta che sbatte gli occhi, ma diventano solamente lucidi, poi si costringe a riprendere il controllo di chi ha intorno, di cosa sta succedendo intorno a lui – quasi niente. Il ricordo di Sherlock, il ricordo di quel niente che veniva spazzato via da lui, è vivo e John adesso si guarda intorno e pensa a questo, quindi il tutto diventa più... Niente. Sa solo lui di quanto continua a piangere col cuore a pezzi. Più doloroso della prima volta, tutto si accumula. Morte, morte, morte. Perchè, perchè, perchè.

Come la vede? La vede bene. Lo dice.

 

“Lascia che ti dica quanto trovo orribile la tua scelta di affittare la mia vecchia casa.”

“La vostra” gli scappa di dire a John. Il suo sguardo è un po' ovunque, guarda di sfuggita Mycroft e poi mette altri indumenti estivi nella sua vecchia valigia. “E poi l'ho affittata, penso non sia propriamente tua.”

“Ed io non te lo lascerò fare.”

“Sì, invece.” John fissa duramente Mycroft, il viso di Mycroft diventa più cupo guardandolo. “Te lo ripeto, voglio pagare questa casa e voglio starci quanto mi pare. Ci starò. Non voglio che tu dica niente, voglio solo che tu mi lasci in pace.”

“Questa non è vita, John.” Rimarca quel John. Lo fa quasi sempre. Lo dice con un sospiro, guardando le vecchie mura della sua vecchia casa.

John fa spallucce. “Forse questo mi aiuterà.”

Adesso Mycroft chiede in che cosa, John non risponde per una quindicina di secondi, Mycroft li conta per inerzia. “A scordarmi di lui.”

Se prima lo sguardo di Mycroft era puntato su John, per questa sua risposta abbastanza inaspettata, adesso il suo sguardo è puntato da tutt'altra parte. Si gira subito, e John lo nota con i suoi occhi perfettamente chiusi, stretti a forza, qualche piega a condire il tutto.

“Che c'è?”

“Niente.” Li tiene ancora chiusi.

John lo guarda senza dire niente, lui ancora immobile, poi rinuncia e si avvia per un'altra stanza, sperando che prima o poi si muova.

 

In qualche settimana è tutto pronto. Ci ha messo un bel po', ma se si può giustificare ammette di aver lasciato metà degli scatoloni così come sono entrati, prendendo solo lo stretto necessario, e a volte neanche quello. In quella casa c'è un silenzio assurdo, qualche volta accende la musica. Nei valzer balla per bene, balla per bene con l'aria a circondarlo. Dopo chiude gli occhi, trenta secondi e prende il via il suo coinvolgimento non più parziale, e si immagina che il suo migliore amico lo stringa. Ancora, come le prime volte al Baker Street. Sherlock delle volte metteva più forza nelle sue dita per stringerlo, lui si sentiva lo stomaco in subbuglio, ma pensava sempre che fossero solo sue allucinazioni e che Sherlock stesse solamente ballando, non accorgendosi di dettagli così insignificanti. Lui lo faceva altrettanto. Quando Sherlock rallentava la presa, lui d'istinto lo stringeva, cercando di essere discreto.

Va da Lestrade e lui si mette a ridere di gusto. John lo guarda indagatore.

“Scusa, mi fanno male le parti vicino al cuore, mi fa male il cuore. Rido perchè sono nervoso. Sai quanti casi non riusciamo a risolvere?”

“Che stronzo.”

Lestrade e John si guardano, John con uno sguardo duro e le mascelle serrate, Lestrade spaesato, incapace nei primi secondi di prendere parole e unirle in modo concreto.

“Cosa stai pensando? No, John, Sherlock mi manca, non pensare che non mi manchi, mi manca. Lui era una parte essenziale della mia carriera e della mia vita. Vorrei fosse qui.”

John prende la sua gola per sistemarsela, il suo pianto invisibile in azione, il volto di Sherlock in circolazione nella sua mente, le sue parole, i suoi gesti. Non vuole che il tempo consumi i suoi ricordi, così questa sera si è messo a scrivere tutti i particolari e tutti i gesti e tutte le azioni e tutte le parole che si può ricordare. Il suo cervello è fuso in parte, però si accorge che ama ricordarsi di lui, che essere pieno di lui è confortante, che scrivere di lui lo è.

Non dorme, si prende il giorno libero. Alle sette di mattina sente un respiro, ma non ci fa caso. Poi sente un nome, ma distante. Si preoccupa. Prende un candelabro trovato pieno di polvere nella casa e inizia a ispezionarla, quasi del tutto buia, le finestre ad illuminare malamente tutto intorno a lui. Il suo cuore pulsa nella cassa toracica al ritmo di un valzer. Lo sente rimbombare nelle orecchie, adesso, il valzer. Grida, prende un respiro. Grida di nuovo e il candelabro è a terra. Prende da un cassetto in camera sua un pacco di sigarette mai usate e trovate sotto il materasso di Sherlock. Esce fuori, ci sono dei gradini abbastanza alti, li scende, per poi non cadere per miracolo ad ogni gradino possibile, ma non ci fa poi così caso. Apre il pacchetto. Non è stato nemmeno mai usato. Ok, John. Fuma. Potrebbe essere la volta buona.

Ne prende una. Sono corte, ma gustose. Certo, la quinta lo è. Le altre quattro gli fanno quasi del tutto schifo, ma alla quinta sembra andare meglio, anche se tossicchia ancora un po' di qua e di là come un forsennato. Ride di sé, poi si rende conto di star ridendo e ride più forte, questa volta nervoso, chiudendo gli occhi e facendo destra/sinistra/destra/sinistra con la testa. Ed adesso cade a terra. Spera di no, ma quando si alza sente un gran male al sedere. Sente freddo intorno a lui. Poi lo vede. E parla. Oh, mio Dio, le allucinazioni. Pazzo John.

“Voglio sapere chi sono” gli esce spaesato dalla labbra.

 

   
 
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