Swim
Tra
cielo e terra
Da tempo
aspettavo questo momento.
La superficie
dell’acqua è liscia e lucida, appena appena
increspata dall’impercettibile
brezza, grazie alla quale si riesce ancora a sopravvivere in questa
troppo
calda primavera. Non voglio nemmeno pensare cosa succederà
tra qualche mese.
Fortunatamente,
abbiamo avuto la brillante idea di venire qui molto presto,
così da viaggiare
con le strade vuote, il fresco e il silenzio, e da trovare la struttura
vuota
una volta arrivati. Non so perché abbiamo escluso il mare,
però, quando mi è
stato proposto di venirci, non mi sono tirata indietro. Non nuoto da
mesi, perché
rinunciare ad una giornata in piscina?
« Credo
che
andrò a fondo... » faccio io, ridacchiando, mentre
mi avvicino al bordo.
« Non
sperare
che venga a salvarti! » mi risponde, sorridendo e con un
espressione che dice
“Sai che scherzo... (oppure no?)”.
Sorrido, gli
do una spintarella; finge che gli abbia fatto male e, barcollando, si
tuffa.
« Mi
spiace:
ti ho tolto l’entrata in acqua trionfale! »
esclamo, alzando un po’ il tono,
affinchè, tra uno spruzzo d’acqua e
l’altro, mi senta.
« Oh,
quella
la lascio a te, coraggio! » mi incita, invitandomi anche con
la mano.
Esito. Temo
davvero di andare a fondo: non nuoto da un sacco, a metà
vasca non ho già più
fiato, non so tuffarmi. Preferisco sedermi pian piano sul bordo,
immergendo le
gambe in acqua. Mi si avvicina e fa:
« Prendi
il
sole? »
« Non so
più
nuotare... » accenno io, guardando prima il cielo, poi verso
il mio
interlocutore.
« Non
cominciare » mi rimprovera gentilmente, tirandomi appena una
gamba. Sa che non
deve assolutamente trascinarmi dentro con la forza, se no
m’incazzo; e,
infatti, non sospetto che abbia la minima intenzione di farlo.
« Prometti
che mi ripeschi se vado a fondo? » chiedo io, senza
distogliere lo sguardo.
« Certo
» fa,
dolce, sorridendomi.
Mi rialzo,
indietreggia appena. Cerco di ricordarmi come ci si tuffa. Una voce
arriva in
mio soccorso:
« Piedi
uniti, ginocchia flesse, culo in su e spinta! » rido,
abbandonando la posizione
errata che avevo assunto pochi istanti prima. Mi ricompongo. Serro i
piedi,
piego le ginocchia, alzo il culo. È un attimo, il tempo di
calibrare la spinta
e tutto il resto. Salto.
Volo.
Il mio volo
prosegue mentre sento l’acqua toccarmi il viso, le braccia,
la pancia, le
gambe. Ormai totalmente immensa, mentre lenta vado verso il fondo
vasca,
assaporo quel lento attimo a contatto col mio mondo: è come
ritornare a casa.
Allargo le
braccia, apro le gambe, cerco di rimanere sott’acqua ancora
un po’. La luce
filtra tra le pieghe delle increspature in superficie; bolle grandi e
piccole
corrono intorno a me, tra i miei arti, tra le mie dita, mi solleticano
la
schiena; silenzio e rumore si fondono in un suono tremendamente
armonioso, che
mi riempie completamente. Chiudo gli occhi, mi volto, guardo il cielo:
è di un
azzurro più bello del solito, macchiato da qualche nuvoletta
bianca. Resterei
così per ore.
Ma il mio
eterno attimo termina subito, assieme alla scorta di ossigeno dentro di
me.
Riemergo, pian piano. Resto sospesa a pelo d’acqua, galleggio
un po’.
Il suo viso
si sovrappone al mio, la sua voce riempie il silenzio di cui ancora ho
le
orecchie imbevute:
« Non male
»
sorride.
Reimmergo le
gambe e il resto del corpo, lascio fuori la testa.
« Il mio
personale stile » faccio io, con finta aria di sufficienza.
«
M’insegnerai...
Allora? Vasche? »
« Ehi,
piano.
Sto ancora ricordando come si galleggia! » rido. Ride a sua
volta.
« Sta
zitta »
fa dolce, prendendomi per la mano e portandomi sul bordo opposto, dove
cade il
cono d’ombra. Il sole si sta alzando pian piano, la
temperatura si riscalda, il
vento cala. Qualche altra forma di vita umana comincia ad arrivare.
M’invita a
sbrigarsi a fare qualche vasca decente, prima che tolgano le corsie,
cosa che
avverrà tra un’ora. Invogliata, mi affretto a
seguirlo verso il lato più corto
del rettangolo che delimita la conca.
« Te lo
ricordi lo stile? »
« Sai che
non
riesco a respirare »
« Allora
andiamo ogni due »
E andiamo
ogni due. È stancante, ma così bello.
Sento
l’acqua
che mi scivola addosso, sto volando di nuovo. Mi sento un pinguino.
Seguitiamo
con lo stile per un’ora, poi la piscina si popola. Le corsie
vengono rimosse,
ci diamo un po’ alla rana. Sta cercando –in vano-
di far sì che io avanzi
mentre muovo braccia e gambe:
«
E’ che non
lo fai contemporaneamente! » fa con voce isterica, tentando
di coordinare i
miei movimenti.
« Mollami
la
gamba, o affogo » faccio io, ridendo. Ride a sua volta, ma mi
rendo conto che
non sono la migliore delle allieve.
L’impresa
non
gli riesce, facciamo qualche altra vasca in stile libero, poi io esco e
resto
ad guardare: si esibisce in ogni genere di stile, alcuni se li inventa
anche.
Ho i piedi ammollo, guardo il cielo.
Penso che, in
fondo, la differenza tra lassù e qui sia sottile. Almeno,
per me è così. Almeno
oggi, almeno qui. Almeno con lui.
« Ti sei
divertita? »
« Quando
torniamo? »
« Presto,
il
tempo che recuperi un po’ di resistenza »
« Tanto ci
sei sempre tu »
« Sempre
»
« Ti
voglio
bene »