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Autore: 23LittleJay23    27/03/2017    1 recensioni
Park Jimin aveva finalmente dichiarato il suo amore, ma niente era andato come lui desiderava.
Min Yoongi non aveva saputo rispondere a quelle parole che tanto aveva desiderato sentire, ed adesso lo stava vedendo nel suo momento più fragile.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Jimin era andato a quella festa per non pensare a ciò che era successo quel pomeriggio, ed adesso, per dimenticare, stava bevendo l’ennesimo bicchiere di Cuba libre. Non era abituato a bere, ma il sapore della Cola, mischiato a quello del Rum, era ciò che gli serviva per dimenticare tutto.

Non poteva ancora credere che dopo mesi, mesi in cui era stato dietro a quel bellissimo ragazzo dai capelli biondi, lui l’aveva rifiutato. O meglio, Yoongi se ne era rimasto impalato a guardarlo dopo che lui, con una forza di volontà unica che gli aveva permesso di vincere la propria timidezza, gli aveva detto ciò che provava. Non sapeva neanche lui come era successo, ma con tutto il tempo trascorso insieme al suo Hyung aveva finito per innamorarsene, e quando finalmente era riuscito ad esprimergli i propri sentimenti Yoongi non aveva battuto ciglio.

Staccò le proprie labbra dal bicchiere, dove ormai era rimasto solamente del ghiaccio, e barcollò fino al bancone dove un barman faceva i cocktail per gli invitati di quella festa non lussuosa ma neanche improvvisata. La testa gli girava ma non era ancora abbastanza, stava ancora ricordando gli avvenimenti accaduti qualche ora prima. Stava cercando di chiedere al barman un altro Cuba libre quando un ragazzo molto più alto di lui, sul metro e novanta circa, si accostò al bancone accanto a lui, guardandolo con un sorriso in volto. Il ragazzo sconosciuto lo scrutò da capo a piedi e poi ordinò due bicchieri di Long island ice tea e ne porse uno a Jimin, il quale, sbalordito, prese il bicchiere bofonchiando un “grazie”.

L’altro fece un piccolo sorso di quella miscela di alcolici, continuando a guardare Jimin, con fare curioso.

“Cosa ci fa un bel ragazzo come te solo soletto?”, lo sguardo di quel ragazzo fece percuotere da un brivido il corpo di Jimin, e per poco la bevanda che stava bevendo non gli andò di traverso.

“N- niente, volevo divertirmi”.

“Se vieni con me ti divertirai”, Jimin guardò il ragazzo dal basso, incapace di comprendere ciò che quest’ultimo aveva appena detto, ed incapace di proferire parola a causa del troppo alcol che aveva ingerito. In un attimo, o almeno quello che a lui parve un attimo, il ragazzo l’afferrò per il braccio e trascinò con sé un Jimin stordito e ubriaco, portandolo su per le scale di quel luogo e chiudendo alle loro spalle la porta di una camera.

°•○●●○•°

Jimin si svegliò turbato, dolorante e con le immagini della sera prima, con quelle sensazioni, ancora appresso. Si rannicchiò su se stesso nel proprio letto, con le lacrime che iniziarono a rigargli il volto. Sentiva le mani di quel ragazzo su di lui; sentiva la sensazione del metallo ai suoi polsi, relativi a quando quella persona l’aveva ammanettato alla testiera del letto; sentiva ancora la sensazione di quello sconosciuto dentro di lui. Jimin sentiva ancora ogni piccolo dolore che la sera prima aveva provato, e le poche lacrime che scorrevano sul suo volto si trasformarono in un pianto.

Della sera precedente ricordava solo quegli interminabili minuti in cui si era sentito impotente, in cui aveva sentito il proprio corpo e la propria intimità esposti. Non ricordava quel che era successo dopo, non ricordava affatto come era riuscito a tornare a casa, non sapeva niente se non che non avrebbe bevuto mai più dell’alcol, per nessuna ragione al mondo.

La porta della sua stanza si aprì, facendo entrare un ragazzo dai capelli biondi, Yoongi.

“Jiminnie, ti sei svegliato”, la voce del maggiore era dolce, ma la dolcezza non riusciva a nascondere quel misto di rabbia e preoccupazione che avvolgeva quel ragazzo che piaceva così tanto a Jimin.

“H- hyung…”, la voce del piccolo era infranta da qualche singhiozzo dovuto al pianto.

Ma la vera domanda che si stava ponendo Jimin era il perché Yoongi fosse a casa sua.

Il biondo si sedette sul letto del minore, al suo fianco, e tentò di asciugargli una lacrima, ma d’istinto il piccolo rosso allontanò il proprio viso.

“Non preoccuparti Jiminnie, non voglio farti del male”, scostò i capelli rossi dagli occhi dell’altro, che questa volta non si ritrasse.

“C- cosa c- ci fai q- qui, Hyung?”, la voce di Jimin pareva quella di un bambino, un bambino spaventato che aveva bisogno di protezione.

Yoongi era lì per quello, per dargli la protezione e l’affetto che aveva sempre voluto dargli, sin da quando si erano conosciuti; per dargli la protezione e l’affetto che il giorno prima non era riuscito a dargli, prima quando l’aveva visto fuggire sull’orlo delle lacrime, poi quando aveva trovato un Jimin ubriaco e sovrastato da una persona sconosciuta.

Quella sera Yoongi aveva provato una rabbia che non aveva mai provato prima, e solo le lacrime del ragazzo che, in cuor suo, amava da mesi, l’avevano fermato dal continuare a massacrare di botte quel farabutto che si era approfittato del SUO Jimin.

Sì, perché ormai il rosso era il suo Jiminnie, avrebbe voluto dirglielo il giorno precedente, quando era andato alla festa, avrebbe voluto baciarlo e dirgli che anche lui l’amava. Ma tutto ciò non era potuto accadere.

“Non ti ricordi quello che è successo ieri sera?”, parlò con la dolcezza che aveva usato prima, continuando a carezzare i capelli del minore, per rassicurarlo.

Un’ondata di pianto più forte, come una pioggia tempestosa, inondò gli occhi del piccolo.

“N- non t- t -tutto…”.

“Cosa ti ricordi?”, non voleva far ricordare a Jimin, ma aveva bisogno di sapere cosa si ricordava, se ciò che Yoongi pensava era la verità.

“Q- quel ragazzo…”

Yoongi gli si avvicinò e strinse Jimin a sé, facendogli poggiare la testa sul proprio petto.

“Non preoccuparti, va tutto bene, va tutto bene. Ci sono io ora con te”.

Jimin scosse la testa, chiudendo gli occhi per quelle lacrime che gli bruciavano, come poteva andare tutto bene dopo ciò che era successo? Niente andava bene, niente. Anche se Yoongi era lì con lui, anche se gli stava accarezzando la testa, non poteva cancellare quelle sensazioni.

“P- perché sei qui, Hyung?”, chiese nuovamente.

“Ti ho riportato a casa io, non volevo lasciarti da solo”.

Il cuore di Jimin perse un battito; perché non voleva lasciarlo da solo? Non capiva il perché di quei gesti dopo la sua reazione.

Insomma, era ovvio che Yoongi non provava niente per lui se non un’amicizia, eppure quelle parole continuavano a fargli avere una speranza, aiutate da quelle carezze e quel contatto che il maggiore non voleva interrompere.

“P- perché?”, il rosso alzò la testa per guardare il maggiore dritto negli occhi per un attimo, prima di riabbassarli; cercava di capire quei suoi gesti, quelle sue parole, il suo tono di voce.

Ma Yoongi non voleva rispondere a quella domanda in quel momento. Non poteva dichiarare i suoi sentimenti ad un Jimin emotivamente instabile, ad un Jiminnie così profondamente ferito. No, decisamente non poteva, così cerco una qualsiasi scusa, pur di evitare la domanda.

“Dovresti mangiare, dove hai qualcosa per fare colazione?”

“N- non ho fame”

“Jiminnie…” Yoongi alzò con due dita il volto del ragazzo, così da poter vedere i suoi occhi lucidi per quelle lacrime che adesso si erano interrotte.

“Nella credenza, ci- ci dovrebbe essere qualcosa”.

Yoongi si alzò, lasciando Jimin rannicchiato tra le coperte che adesso stava tirando fin sopra i suoi occhi ed andò a prendere qualcosa per far mangiare il rosso.

In pochi minuti Yoongi tornò nella stanza, aveva preparato una tazza di tea caldo per Jimin ed una per sé, portando anche qualcosa di solido per accompagnare la bevanda.

Scostò le coperte dal volto del minore e lo incitò a mettersi seduto, poi prese la propria tazza di tea e iniziò a sorseggiarla.

“Hyung…”, Jimin stava guardando quel ragazzo che con lui era tanto premuroso, ma così distante dalla maggior parte delle altre persone.

“Si Jiminnie?”

“Come facevi a sapere dove ero?”.

Yoongi sospirò prendendo una sorsata di quel liquido bollente, prima di rispondere.

“L’ho chiesto a Taehyung”.

Il biondo, il giorno precedente, dopo aver capito veramente cosa Jimin gli aveva detto, era corso a casa del piccolo, trovando però il migliore amico del rosso.

Aveva chiesto dove fosse quest’ultimo, senza badare all’altro che gli chiedeva se fosse successo qualcosa tra lui e Jimin poiché quest’ultimo era rientrato in casa, si era cambiato ed era corso via.

Alla fine, stanco delle domande di Tae, Yoongi gli aveva quasi urlato contro che sì, era successo qualcosa tra loro, e doveva immediatamente trovare il suo Jiminnie. A quel punto Taehyung aveva vuotato il sacco sulla festa a cui Jimin voleva tanto invitarlo e Yoongi non aveva perso tempo ad andare nel luogo ed ad ispezionare ogni stanza di quella villa fino a quando non aveva trovato la porta da cui proveniva il pianto del rosso.

“T- Taehyung?”

“Sì, sono venuto qui a cercarti ma tu non c’eri ed ho trovato lui. Dio… Ero preoccupato Jiminnie”.

Nella testa del rosso non c’era motivazione per cui Yoongi dovesse preoccuparsi per lui, non era nessuno per il biondo, a suo avviso. Proprio non si capacitava del motivo per cui era così preoccupato.

“Hyung… cosa- cosa è successo ieri sera?”

Jimin aveva bisogno di sapere la verità, sapeva cosa era successo al suo corpo, era impossibile dimenticare quel tocco, impossibile dimenticare quella sensazione, ma voleva sapere assolutamente tutto. Voleva sapere cosa aveva visto Yoongi e cosa era accaduto dopo che li aveva trovati.

“Minnie…”

Lo guardò fisso negli occhi, stava percependo che Jimin voleva sapere, anche se lui stesso sapeva benissimo che la verità gli avrebbe fatto male. Yoongi sospirò, incitando il piccolo a prendere la tazza del tea che si stava raffreddando. Lui obbedì e se la portò alle labbra.

“Dopo essere andato via da qui sono corso alla villa dove era la festa. Sono arrivato e ti ho cercato ovunque fino a quando non ti ho sentito piangere. Quando ho aperto la porta ho visto quel… quella persona…”, non sapeva neanche lui come definirla, “ti aveva bloccato i polsi al letto ed era sopra di te… dentro… Quando mi ha visto si è alzato, è venuto verso di me. Le mani mi prudevano, volevo massacrarlo e l’ho fatto. Mi sono fermato solo quando ti ho sentito singhiozzare il mio nome. Ti eri rannicchiato e cercavi di liberare i tuoi polsi dalle manette. Ti ho aiutato e ti ho coperto, portandoti via da quel luogo e venendo qui. Ti sei addormentato in braccio a me.”

Sorrise all’ultima frase e prese un altro sorso della sua bevanda, guardando Jimin. Il rosso era sconvolto, si ricordava benissimo la presenza del ragazzo sconosciuto ma non si ricordava minimamente di Yoongi.

Finirono il tea in silenzio, mangiando qualche biscotto, e poi la fatidica domanda tornò ad uscire dalle labbra del più piccolo.

“Perché?”

Il biondo sapeva benissimo che ormai era ora di rispondere, si era esposto troppo e non poteva rimandare quelle parole ad un momento, un giorno, un luogo ed una situazione migliore.

Doveva dirglielo adesso.

“Perché io ti amo, Park Jimin”.

E le loro bocche si unirono, schiudendosi a far incontrare le loro lingue, dando vita al primo di tanti baci.

°•○●●○•°°•○●●○•°

~LittleJ

Lo so, la mia mente è perversa ed mi sto odiando da sola per ciò che ho fatto a Jimin.

Questa piccola oneshot è nata ieri sera, mentre cercavo di addormentarmi, ed ha trovato stesura quest'oggi mentre una me pigra sta comodamente seduta sul divano.

Spero vi piaccia e per qualsiasi critica sono qua! Mi fa piacere se qualcuno a qualcosa da dire, ma perfavore non siate troppo cattivi con me, sono tornata a scrivere qualche settimana fa dopo un periodo di stop lungo non so quanto. 😢

Spero vi sia piaciuta la lettura e giuro, amo Jiminnie, è il mio Bias. Rifatevela con il mio cervello malato che crea certe cose quando vorrei semplicemente dormire.

   
 
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