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Autore: Sam__    29/03/2017    7 recensioni
Ambientata dopo una fine quinta stagione, ma senza Regina che riesce a liberarsi della Evil Queen.
Regina va via da Storybrooke perché ha sempre paura che la sua parte oscura possa prendere il sopravvento e fare del male a chi ama.
Manca 236 giorni per poi tornare soltanto una settimana per il matrimonio di Zelena.

/Swan Queen / estabilish relationship/ angst / fluff diabetico perché amo le mie fanfiction come amo il caffè: piene di saccarosio.
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Neal Cassidy, Regina Mills, Zelena
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un grazie infinito alla mia beta, per aver corretto gli errori della capra che sono, per avermi spronato a continuare quando l’ispirazione mi aveva abbandonata, per la pazienza che hai nel sopportare me ed i miei sfoghi!

E ovviamente, grazie per gli infiniti scleri su Emma e Regina.


 

Tornando a noi,

ciao a tutti! Di seguito trovate alcune “regole” fondamentali per non perdere il filo logico durante la fan fiction!

Spero che vi piacerà e che mi farete sapere cosa ne pensate con una recensione!

Buona lettura!

Sam.





 

Storia raccontata in 3 fasi, distinte nel seguente modo:

-Prima dei 236 giorni.

-Dopo 236 giorni, quindi il presente.

-Il diario di Emma, durante i 236 giorni.

I ricordi (quindi prima dei 236 giorni) sono inseriti senza un ordine cronologico, si collegano alle similitudini trovate in quello che accade nel presente.

 

Ci troviamo dopo la fine della quinta stagione ma ci sono delle eccezioni da tenere in conto:

-Neal è vivo;

-Il Neal, figlio di David e Snow, non esiste.

-Regina usa la pozione di Hyde ma non funziona;

Per il resto, è successo tutto quello che è successo (Zelena incinta di Robin, morte di quest’ultimo ecc..)





Emma, Regina, non avrò mai la gioia di vedervi canon ma sarete sempre la mia favola preferita.

 
 

 Continua ad esistere.


 



 

"Perché li stai lasciando a me?" Le chiese, mentre la guardava mettere le ultime valigie in macchina.

"Sei il padre di Henry, chi meglio di te potrebbe prendersi cura di lui?" Sospirò "ed Emma, beh, so che ti prenderai anche cura di lei."

"Sono innamorato di lei, e tu lo sai."

"È per questo che so che te ne prenderai cura." Chiuse il cofano con forza.

E finalmente si girò a guardare il ragazzo.

"Si può sapere dove stai andando?" Le chiese.

 "Lontano."

"Perché? Da cosa stai scappando?"

 "Da qualcosa dal quale non posso tornare indietro."

"Se li abbandoni così, stai certa che non potrai mai più tornare indietro."

"Avrai Emma e tuo figlio tutti per te, qual è il tuo dannato problema?"

"Che loro non saranno mai felici senza di te. Che hanno sofferto abbastanza e non se lo meritano."

"Credimi, questo sarà meno doloroso."

"Invece credo che tu sia un'egoista, Regina."

"Prenditi cura di loro, Neal." Esitò ancora un attimo prima di entrare in macchina “Dille di continuare ad esistere.”

 

Una testolina riemerse da sotto la montagna di cuscini, e con i capelli neri arruffati davanti al viso, intravide finalmente la fonte del rumore che l’aveva svegliata: il cellulare. Qualcuno stava chiamando.

E se squillava, non poteva essere uno dei numeri che aveva bloccato, il che portava solamente ad una persona: Zelena.

Si alzò di scatto, ebbe conferma dal nome sul display e rispose prima che finisse di squillare, ma attese a parlare.

Sapeva che poteva anche essere …

“Regina? Sono io.”

“Zelena.” Si lasciò sfuggire in un sospiro di sollievo.

“Non userei giochetti come darle il mio telefono per rintracciarti, lo sai.”

“Ma so anche quanto può essere fastidiosa ed arrogante.”

“Sono passati mesi, Regina. E tutte le volte che c’era una chiamata da questo numero, ero io. Anche l’arroganza arriva a un punto di rinuncia.”

E non voleva davvero perdersi a pensarci. Non in quel momento, almeno.

Già le bastava pensarci tutto il tempo.

“E non hai chiamato per farmi sapere questo.”

“Come stai?”

Regina rise con ironia “ma davvero?”

“Giusto… è che… è una cosa che si dice.” Zelena cercava di cambiare discorso, finendo ancora una volta nello stesso argomento.

“E tu come stai?”

“Mi sposo.” Disse immediatamente.

“Woah, okay!” rise Regina “potevi dirla come prima cosa, comunque!”

“Lo so, scusami, ma sono così elettrizzata all’idea! E non vedevo l’ora di dirtelo ma non sapevo come l’avresti presa e …”

“Come l’avrei presa? E’ una notizia meravigliosa! Mia sorella si sposa, stai scherzando?”

“Non credi sia troppo presto?”

“Tu credi sia troppo presto?”

“No ma, andiamo, sei tu quella che sa vederla da diversi punti di vista. Io mi lascio prendere troppo dalla gioia.” Ammise, con una punta d’imbarazzo.

“E’ vero ma beh, è sempre lui, no? John.”

“Sempre lui.”

“Allora non credo sia troppo presto, voglio dire, chi decide quando è troppo presto per un matrimonio? Vi sentite pronti per questo passo? Fatelo! Senti che è la persona giusta? D’accordo, falla tua per sempre.”

“Ti ringrazio per il supporto, ma non dirmi cose che potrei ritorcerti contro.”

Regina sbuffò “tu non hai una parte cattiva che pressa continuamente per dominare sulla tua persona.”

“Ma non si è fatta viva in questi mesi, o sbaglio?”

E aveva ragione, non si era mai fatta viva. Ma la sentiva sempre dentro di sé, sotto la sua pelle, pronta a prendere il controllo nel primo momento di debolezza che avesse avuto.

Era la sua parte più forte, e minacciava di uscire fuori ogni volta che Regina sentiva di avere bisogno di aiuto. La sentiva riaffiorare non appena provava un’emozione negativa, e non sapeva se avrebbe sempre potuto tenerla a bada. In fondo, aveva già avuto conferma una volta del contrario.

“Si è fatta viva mesi fa, ricordi? Vivo tipo dall’altra parte del mondo da quel giorno…”

“Regina.” La riprese sua sorella. Odiava sentirla usare dell’ironia su quell’argomento.

“Zelena.” Rispose a tono.

“Devi esserci, comunque.”

“Cosa?” quasi scoppiò a ridere per l’assurdità della richiesta.

“Non vorrai perderti il matrimonio di tua sorella.”

“Io non posso tornare lì, lo sai.”

“Chi te lo impedisce? C’è qualche incantesimo che non ti permette di varcare il confine?”

“Mi odiano tutti, non vorranno vedermi! Forse non verranno nemmeno al tuo matrimonio se ci sono anch’io.”

Zelena rise “Non ci verranno comunque. L’unico motivo per cui mi sopportavano eri tu. Non sanno neanche che mi sposo.”

Regina sospirò.

Ovviamente non voleva perdersi il matrimonio di Zelena.

Ma tornare a Storybrooke dopo tutta la forza che c’era voluta per andarsene?

Dopo aver combattuto ogni giorno contro la voglia di tornare indietro?

E se avesse incontrato Emma ed Henry?

“Mi vedranno. Anche se non al matrimonio, ma mi vedranno.”

“Puoi semplicemente stare chiusa a casa, passerò io per cibo e quant’altro.”

“Scusami, per casa credevo intendessimo la tua.”

“Vuoi stare sotto lo stesso tetto mio, di John e Robin? Con tutto il casino che c’è in giro per il matrimonio quando puoi stare a casa tua?”

 “Dove sono andati?”

“Tornati dai Charmings, a quanto dicono.”

“Oh.”

Già. Oh.

Perché davvero non sapeva come sentirsi al riguardo.

Felice? Finalmente l’avevano dimenticata. Erano andati avanti. Avevano smesso di aspettarla.

Triste? … Come avevano potuto farlo? Lei li pensava ogni giorno.

“Allora, direi che è sistemata. Ci sarai al mio matrimonio.” La richiamò dai suoi pensieri Zelena.

“Fammi sapere l’orario e prenoterò il volo per quel giorno.”

“Cosa? No, devi venire prima.”

“Perché?”

“Devi scegliere il vestito, che ovviamente sarà abbinato al mio colore, e le scarpe, l’acconciatura! In più, gli ultimi giorni sono i peggiori e sarei molto più tranquilla se potessi occuparti di Robin, mentre io impazzirò in mezzo all’ansia e al nervosismo.”

“Quanti giorni prima devo venire?”

“Una settimana?”

“Una settimana?! Ma che cavolo!” esclamò Regina “E dovrei stare chiusa a casa per una settimana?”

“Puoi sempre uscire, se non hai troppa paura …”

Al diavolo.

Avrebbe voluto attaccarle il telefono in faccia.

Ma era sua sorella e si stava sposando. Accadeva una volta nella vita, giusto?

Poteva farcela.

 

Così, sette giorni prima del grande giorno, eccola lì, fuori dal confine di Storybrooke.

Avrebbe varcato quella linea e poi, con il ritorno della magia, si sarebbe materializzata a casa sua.

Si chiedeva se era ancora capace di farlo.

Non aveva potuto praticare la magia e le era mancata davvero tanto: anche la cosa più facile, lo era dieci volte di più grazie alla magia.

Quindi, fuori di lì, tutto era stato dieci volte più complicato.

A volte cercava di utilizzarla domandosi perché mai non funzionasse, ricordandosi poco dopo che non era più a Storybrooke.

E le mancava, in fondo era sempre stata parte di lei.

Prendendo un profondo respiro, si decise finalmente a varcare quel confine.

Ed eccolo lì, quel familiare formicolio alle mani che non sentiva da troppo tempo.

Si concentrò sul suo respiro e chiuse gli occhi, liberando la mente da qualsiasi pensiero che non fosse casa sua, fino a sentirsi leggera per poi avvertire nuovamente qualcosa sotto i piedi.

Aprì gli occhi.

E quasi scoppiò a piangere a ritrovarsi nell’atrio di casa sua.

L’odore familiare la sorprese, non avrebbe mai pensato di risentirlo ancora.

Guardandosi intorno, notò che tutto era come l’aveva lasciato, eccetto per l’enorme silenzio che regnava adesso.

Non c’era più stato silenzio da moltissimo tempo, piuttosto c’era sempre un gran trambusto: Henry che ascoltava la musica a volume troppo alto, Emma che guardava la TV e commentava con se stessa ad alta voce, Henry ed Emma che giocavano ai videogames, le loro risate…

Sarebbe potuta andare avanti ore ed ore ad elencare tutti i motivi per il quale quella casa non era più così silenziosa da molto tempo.

Ma non voleva ripercorrere con la mente tutti quei ricordi, proprio adesso che era praticamente dentro di essi.

Si guardò intorno ancora una volta.

Tutto era buio e… freddo. Era come l’aveva lasciata ma sembrava aver perso tutto.

Non l’aveva mai odiata tanto, quella casa. Capiva perfettamente perché se ne fossero andati.

Avevano fatto la cosa migliore.

Salì al piano superiore, perché in fondo vedere la camera dove aveva fatto centinaia di volte l’amore con Emma non poteva farle provare più dolore di quello che provava già.

Oh, quanto si sbagliava.

Forse non poteva farle provare più dolore, ma ne stava sicuramente aggiungendo dell’altro.

Notò qualcosa sopra il comodino, qualcosa che non era mai stato lì…

Che Emma avesse dimenticato qualcosa?

Si avvicinò, rendendosi conto che si trattava di un quaderno degli Avengers di Henry.

Lo aprì alla prima pagina.



Un giorno senza di te.

Ciao.

Non rispondi al telefono, non hai lasciato un indirizzo. Hai lasciato solo Neal a dirmi che eri andata via e che gli hai raccomandato di prendersi cura di noi. Ho bisogno di parlarti e non so come fare quindi ecco cosa ho fatto : Ho preso uno dei quaderni di Henry, uno di quelli con sopra ritratti gli Avengers, e ci scriverò tutto quello che vorrei tu leggessi.

A partire da ti odio.

Come hai potuto farlo?


Sfogliò velocemente le altre pagine, notando il susseguirsi dei giorni, fino ad arrivare all’ultima pagina che era stata scritta.



162 giorni senza di te.

Caro inutile diario,

stiamo andando via. Torniamo a casa dei miei. Col senno di poi, sarebbe stato meglio non andarsene da lì, tu che dici? Andiamo via perché qui tutto parla di te, ma guarda il numero lì sopra… abbiamo resistito un bel po’. Era questa speranza che da un giorno all’altro saresti tornata, che ci teneva ancora qui. Ma Henry mi ha confessato di non sperarci più l’altra sera, ed è bastato a far crollare anche l’ultimo briciolo di speranza che avevo. Non tornerai e qui tutto parla di te : se i muri potessero, urlerebbero il tuo nome.

Che poi, non so, quale parte di una città che hai creato tu, non dovrebbe ricordarmi di te?

Ma sono sicura che allontanarmi da tutti i ricordi che ci sono qui sia già qualcosa.

Ti lascio qui. Continuare a portarti con me, continuare a scriverti, ostacolerebbe questo mio nuovo tentativo di dimenticarti. Tu ci sei già riuscita, vero? A dimenticarci, dico.

Beh, augurami buona fortuna.


“Emma.” Sospirò Regina, stringendo il diario a sé.

Le aveva scritto per 162 giorni, e avrebbe letto ogni singolo giorno -“Regina, sei qui?” la chiamò una voce dal pian terreno - non appena sua sorella fosse andata via.

 

“Allora, come la trovi?” le chiese Zelena, non appena Regina scese le scale.

Triste. Avrebbe voluto rispondere.

“Uguale a come l’avevo lasciata.” S’avvicinò a sua sorella per prendere Robin in braccio.

La bambina rise, facendo inevitabilmente ridere anche Regina.

“Ma guarda quanto siamo cresciuti!” le disse con la vocina.

“Quindi siamo d’accordo? Ci pensi tu a lei?”

“Per tutto il tempo che serve.” Le sorrise “In fondo che altro ho da fare?”

“Lo sai che puoi uscire di qua.”

“Lo sai che stai mentendo.” L’ammonì “e poi io e la signorina qui, ci divertiremo un sacco insieme.”

“Qui hai tutto quello che potrebbe servirti.” Le porse un borsone per neonati, che Regina mise subito in spalla.

Zelena diede a sua figlia un bacio in testa “la mamma torna presto, tesoro.”

Non appena restarono sole, Regina portò con sé la bambina al piano superiore.

Voleva assolutamente sapere tutto su quei 162 giorni, anche se non era bello leggere del dolore di Emma e di Henry, aveva bisogno di sapere.

Dopo aver adagiato Robin al centro del suo letto, le si sedette accanto con il quaderno sopra le gambe.

Due giorni senza di te.

“Continua ad esistere.” Ci hai lasciato nel cuore della notte, senza un motivo, hai svegliato Neal per farti accompagnare al confine per farmi riferire “dille di continuare ad esistere”?

Come ti permetti? Non puoi dirgli una cosa del genere, e tu lo sai.

Avrei preferito che non gli dicessi proprio nulla.

“Continua ad esistere” …

Ti odio. Hai rovinato tutto. E sapevi fin da quel giorno che lo avresti fatto.


 

"Hai paura di me?" Chiese Regina, mentre era seduta accanto ad Emma su di una panchina di fronte al porto.

La bionda ridacchiò. "Che razza di domanda è?"

"Dico sul serio, hai paura di me, dell'oscurità che ancora vive in me? Hai paura che un giorno possa tornare a galla? Che io possa fare del male a nostro figlio? A te?" Emma sorrise e avvolse Regina tra le sue braccia. “Io non ho paura di te. Mi fido di te, della donna  accanto alla quale mi addormento ogni notte, che ama nostro figlio più di ogni altra cosa al mondo.”

Regina si allontanò dalla presa di Emma “Se quella parte di me prendesse il sopravvento, non sarei io.”

“Regi-“

“No, no! Certo ti fidi di me, di Regina, ma ti fidi della Evil Queen?”

Emma sospirò. La sua ragazza era davvero turbata da tutta quella faccenda e stavolta non sarebbero bastate dolci parole per confortarla.

“Chi sono io?”

“Che?!”

“Chi sono io?” ripeté la bionda.

“Emma.” rispose Regina con un cipiglio confuso.

“E sono?”

La mora era maggiormente confusa “uhm …”

Emma alzò gli occhi al cielo “La Salvatrice.”

“Ah! Ma certo!”

“Quindi, dal momento che sono la Salvatrice, se la tua parte oscura dovesse emergere, ci sarò io. Chi meglio di me può gestirti?”

“Credo che nessuno, neanche tu, mi possa gestire in quel caso.”

“Regina, sei forte, non la lascerai vincere. E se questo dovesse accadere, ci sarò io. Te lo prometto.”

“Se cerco di farti del male o cerco di fare del male ad Henry o a chiunque… uccidimi.”

“Non lo farò. Troverò un modo per farti tornare in te, ma ucciderti? Non è neanche una lontana possibilità.”

Regina le prese le mani tra le sue. “Se dovesse succedere, tu lo farai, perché sarà la cosa giusta. Ed andrai avanti.”

“Avanti dove?” disse a voce alta “io non sono capace nemmeno di continuare ad esistere senza di te.”

“Oh no, Emma. Tu sei molto più di me e te, di questa relazione. E c’è Henry. Continuerai ad esistere.”

“Senti, non arriveremo a tanto, d’accordo? Quindi non pensiamo a cosa dovrò fare nel caso tu non ci fossi più.”

“Okay. Però voglio che tu lo ricordi: qualsiasi cosa dovesse accadermi, continua ad esistere.”

“Tu continueresti ad esistere senza di me?”

Regina rise “Perché, devi andare da qualche parte?” e baciò il sorriso che si era formato sulle labbra di Emma.

 

Robin cominciò a piangere, allontanando Regina dai suoi ricordi.

“Giusto in tempo.” Sorrise alla piccola mentre la prendeva tra le braccia.

Ma non smetteva di urlare.

“Vuoi che ti racconti una storia? Con Henry funzionava sempre.”

Così, mentre la cullava tra le braccia, cominciò a narrarle della foresta incantata e dei suoi relativi abitanti.

Regina parlava ancora mentre camminava avanti e indietro nella stanza, non si era nemmeno resa conto che la bambina si era addormentata da un pezzo.

Il suo piccolo viso le ricordò Henry.

In fondo, era l’unico bambino che fosse mai stato in quella casa.

Ed era l’unico con cui Regina avesse mai avuto a che fare.

Che cosa avrebbe dato per riabbracciare il suo bambino!

E poteva farlo, bastava aprire la porta e correre a casa dei Charmings per abbracciarlo senza dire una parola, senza fare domande, senza dare spiegazioni.

Ma lui non l’avrebbe mai voluta abbracciare, Regina questo lo sapeva bene.

Sicuramente non aveva nemmeno voglia di vederla.

Ed era meglio per tutti, non farsi vedere in giro, non causare altro dolore a loro e a se stessa.

 

Il giorno seguente, non si era nemmeno alzata dal letto.

E non era da Regina. Lei trovava sempre un motivo per alzarsi, anche il solo vestirsi e andare a fare una passeggiata era un buon motivo.

Ma in quel caso? Non poteva neanche uscire di casa.

Così aveva deciso di restare sotto le coperte a leggere il quaderno.

Quattro giorni senza di te.

Henry non mi parla. Da a me la colpa di tutto questo. Del resto, come potrebbe arrendersi all'idea che sua madre lo abbia abbandonato da un giorno all'altro?

Anch’io incolpo me stessa. Non sono stata capace di mantenere la mia promessa. Ma lasciare lui? Diamine! Potevi portarlo con te, potevi dirgli dove andavi, lasciargli un indirizzo, un numero, qualcosa!

L’odio che posso provare perché mi hai lasciata così, non sarà mai paragonabile a quello che provo perché hai lasciato LUI così.

 

Sette giorni senza di te.

Non so neanche perché ti scrivo. Non leggerai queste parole e soprattutto neanche le meriti. Questo diario è la cosa più inutile che abbia mai iniziato. Ecco! Guarda che hai fatto? Non volevo nemmeno chiamarlo diario! E’ tutta colpa tua! L’ho iniziato per colpa tua, per avere un modo per parlarti. La verità è che questo diario rappresenta te, sei tu.

p.s.

ti odio.


Suonarono alla porta, e Regina si allarmò.

Zelena era l’unica persona a sapere che era lì, e Zelena non suonava. Usava la magia per materializzarsi, proprio come Regina.

Per tutti quella casa era disabitata, sapevano che Emma ed Henry erano tornati dai Charmings.

Ma c’era questa sensazione dentro Regina, che la spinse a materializzarsi al piano di sotto, non volendo perdere neanche il tempo di fare le scale, e ad aprire la porta.

“Allora è vero.” si ritrovò suo figlio davanti. “Sei tornata.”

La donna restò immobile, non essendo sicura di quale reazione avrebbe dovuto avere.

Ed ecco che Henry le tolse ogni dubbio, avvolgendo le braccia attorno a lei e stringendola in un abbraccio.

Regina chiuse gli occhi e ricambiò l’abbraccio, stringendo fortissimo suo figlio.

Sentiva che stava per piangere, così aprì di nuovo gli occhi e la vide, in fondo al vialetto, dietro il cancello.

Emma.

Se ne stava a braccia conserte a guardarli. Il suo volto privo di espressione: di certo non era felice di vedere Regina, ma non era neanche triste o arrabbiata.

Era solo… seria.

La mora sciolse l’abbracciò “Devi andare, Henry.” Disse accarezzandogli il viso.

“No!”

“Tua madre non mi sembra molto contenta.”

“Beh dovrebbe! Sei di nuovo qui finalmente.”

“No, no, è temporaneo. Zelena si sposa e mi voleva qui io… non resterò.”

“Che cosa? Per quanto resterai qui?”

“Sei giorni compreso questo. Henry, ti prego-“

“Mamma, che cosa è successo? Perché sei andata via?”

“Non è successo niente, torna a casa ti prego.”

“Io sono a casa.”

Regina scosse il capo. “Dovresti essere arrabbiato, dovresti odiarmi.”

“Sono arrabbiato, ti ho odiata, mi sento ancora ferito ma… sei qui e voglio capire. E non me ne andrò se ho a malapena una settimana per farlo.”

“Tua madre non sarà d’accordo.”

Henry si girò a guardare Emma “Ma', io resto qui.”

La bionda esitò un attimo, prima di annuire e salutare suo figlio con un gesto della mano.

 

Seduti al tavolo della sala da pranzo, Henry con una tazza di cioccolata calda davanti, ascoltava Regina.

“Hai avuto paura, è comprensibile.” Commentò il ragazzo alla fine del racconto. “In questi mesi si è fatta viva?”

“No, ma è sempre qui. La sento dentro di me continuamente.”

“Tu hai sempre avuto l’oscurità dentro di te. Anche lei è ciò che ti rende chi sei.”

“Questa volta è diverso.”

“Tanto diverso da spingerti ad abbandonarci.”

Regina abbassò lo sguardo.

Henry andò a stringerle la mano da sopra il tavolo. “Mamma, lo so che l’hai fatto per proteggerci. Ma solo perché hai saputo che avresti potuto dividerti da lei e non ci sei riuscita, le cose non sono cambiate. Sei ancora la persona che eri, lei è dentro di te così come lo è sempre stata. Perché tutta questa paura?”

La donna deglutì “Ha avuto la meglio una volta.”

“Che cosa? Perché non ne so niente?”

“Io e tua madre non volevamo allarmarti.”

“Ma avete ben pensato che la scelta migliore per te fosse quella di andare via.”

“No, tua madre non c’entra niente. Io ho pensato che la scelta migliore fosse quella. E lo era, lo è ancora. Se mi state lontani non posso farvi del male.”

 

Era notte fonda e il 108 di Mifflin Street era avvolto nel silenzio.

Emma dormiva profondamente, un braccio attorno la vita di Regina.

Quest’ultima spalancò gli occhi all’improvviso e si voltò a guardare Emma.

Un ghigno apparve sul suo viso: la figlia della sua più grande nemica se ne stava pacificamente a dormire, perfettamente innocua ed indifesa.

In un mossa veloce, salì a cavalcioni su di Emma mentre con una mano andava a stringerle la gola.

Emma cominciò a respirare affannosamente, aprendo gli occhi si trovò davanti una Regina che non era Regina, Emma lo sapeva. Lo leggeva nei suoi occhi pieni di vendetta e nel suo sorriso vincitore.

E sapeva anche di doverla fermare.

Le aveva detto che l’avrebbe gestita nel caso l’Evil Queen si fosse fatta viva, ma ecco che non aveva idea di come fare ed era quasi certa che quella sarebbe stata la sua fine.

Emma cercò di divincolarsi dalla presa, sbattendo mani e piedi cercando di colpire Regina per farla ritornare in sé.

Vederla contorcersi sotto di lei dava a Regina una certa emozione che sapeva di vittoria. Ma c’era qualcosa che la stava disturbando.

Proveniva da dentro di lei e urlava di fermarsi, cercando inoltre di prendere il sopravvento sul suo corpo.

Le bastò prestare un po’ più di attenzione a quella cosa per invertire i ruoli.

Regina tornò Regina e si allontanò immediatamente da Emma, per poi correre a chiudersi in bagno.

Emma accolse di nuovo l’aria nei suoi polmoni. Riprese fiato e tossì un paio di volte, sentendo il battito del suo cuore che tornava a una velocità normale.

Poi si alzò e corse verso il bagno, trovandosi però la porta chiusa a chiave.

“Regina, apri.” Sussurrò, in fondo Henry dormiva ancora.

Non ci fu nessuna risposta.

“Regina, ti prego. Va tutto bene, sto bene.”

Pochi secondi dopo la porta si aprì e Regina uscì.

Emma accennò un sorriso.

“Me ne vado.”

“Che cosa? Dove dovresti andare?”

“Emma, stavo per ucciderti.”

“Ma ti sei svegliata. Hai fatto in tempo e non è successo.”

“Quindi cosa? Vuoi vivere nella speranza che io faccia sempre in tempo? Come potresti anche solo riuscire ad addormentarti al mio fianco dopo stanotte?”

“Regina, sapevo che non mi avresti ucciso.”

“No che non lo sapevi! Sentivo che voleva ucciderti. E tu l’hai visto nel mio sguardo quanta determinazione avevo.”

Emma sospirò “Intanto possiamo spostarci da qui? Henry è nella stanza accanto che dorme.”

“Non so quello che devo fare, non so come sistemare questa situazione. L’unica soluzione è anche la peggiore, ma forse è meglio vive che insieme.”

 

“E sei andata via quella notte?” chiese Henry.

“No, è passato un po’ di tempo.”

“Credo di ricordare i giorni seguenti… tu e la mamma eravate così distanti. Non vi sfioravate nemmeno. E non era mai successo. Sapevo che qualcosa non andava.”

Oh, Regina ricordava quei giorni. Emma cercava di mandare la loro vita avanti nel più normale dei modi, e lei metteva sempre una distanza di sicurezza: non si faceva toccare, abbracciare, baciare. A malapena si faceva parlare e dormiva perfino nella stanza degli ospiti.

“Però poi sembrava tornato tutto come prima.” Continuò Henry, richiamando sua madre dai suoi pensieri.

“Ho finto che fosse così, in modo da poter andare via senza che Emma provasse a fermarmi.”

E poi non voleva che l’ultimo ricordo del toccare Emma fosse di quando stava per ucciderla.

“Non ho mai più avuto una notte tranquilla da quel giorno. Ho sempre paura ad addormentarmi, e cerco di restare sempre in un totale dormiveglia, fino a quando il mio bisogno di riposo non prevale.”

“Okay, ma è successo mentre dormivi, giusto? Quando abbassi le difese, non hai più il totale controllo. Si può trovare una soluzione, mamma, non devi di nuovo andare via.”

“Henry, anche con una soluzione, non so che senso avrebbe restare. A nessuno fa piacere che io stia qui, il mio ritorno peggiorerebbe le cose più di quanto non abbia fatto andandomene via.”

“A me fa piacere che tu stia qui. Ed anche alla mamma, aspetta solo che le dica che potresti cambiare idea e restare qui.”

“Non cambierò idea.”

“Ho ancora cinque giorni interi per provare.”

Regina scosse il capo “Neal come sta?” decise di cambiare discorso. “Mary Margaret? David?”

“Tutti bene, e sicuramente meglio di me e la mamma.”

“Siete andati via da qui, pensavo vi avrebbe fatto bene.”

“Ovunque siamo sappiamo che tu non ci sei, e dovevamo andare via per constatare che la tua mancanza si sente sempre e dappertutto.”

“La vostra mancanza si sente anche dall’altra parte del mondo.”

 

Henry restò lì fino a sera. Fino a quando Regina non cercò di convincerlo a tornare da Emma.

“Posso restare, mamma, davvero. La mia stanza c’è ancora.”

“Tesoro, non è questo.” Gli accarezzò il viso. “Hai passato tutto il giorno con me, adesso devi tornare a casa. Saranno preoccupati, verranno qui a prenderti se non torni.”

“Lasciali venire.”

“Henry.” Lo riprese sua madre.

“Non voglio lasciarti qui da sola quando hai paura di addormentarti.”

“Ed io non voglio che tu stia qui quando dormo. Tua madre mi ucciderebbe se ti facessi del male.”

“Non mi farai del male.”

“Non fidarti di me, ti prego. Neanche io mi fido di me.”

Il ragazzo sospirò “Ci vediamo domani.” Il tono in cui lo disse sembrò quasi un ordine.

E Regina capì che non sarebbe andato via se non gli avesse dato la sicurezza che si sarebbero visti l’indomani.

“E’ possibile che troverai Zelena. Sai, deve farmi scegliere un vestito e tutto il resto…”

Henry annuì.

“E’ vero che nessuno di voi andrà al suo matrimonio?” chiese poi.

Herny si grattò il capo e fissò lo sguardo per terra “Ecco, a proposito di questo…”

Regina inarcò un sopraciglio.

“Io non voglio intromettermi, ma credo che la zia ti abbia mentito.”

“Che cosa?”

“Non è vero che si sposa.”

“Beh forse non lo sapete perché non vi ha invitato, dice che la odiate.”

“Mmh” sembrò pensarci su. “Non direi, ha pranzato da noi due giorni fa.”

“Perché mi avrebbe mentito?”

 Henry ridacchiò. “Credo la zia abbia in mente qualcosa, mamma.”

 

“Regina?” rispose allarmata Zelena al telefono, quella stessa sera. “è successo qualcosa?”

“Potresti spiegarmi perché Henry dice che hai pranzato dai Charmings due giorni fa? E come tutti in città sappiano che sono tornata?  O come avresti giustificato il fatto che non ti saresti più sposata?”

“L’intenzione era proprio fartelo scoprire prima di quel giorno.”

“Che cosa hai organizzato, Zelena?”

La sentì sospirare all’altro capo del telefono. “Avevi bisogno di tornare.”

“Che co-“

“E loro avevano bisogno del tuo ritorno.”

“Non ci posso credere, Zelena! Quanto sei caduta in basso? Utilizzare un simile trucchetto per farmi tornare?! Sapevi che sarei andata via dopo il tuo matrimonio, quindi qual è stato il senso di tutto ciò? Farmi incontrare Henry per aggiungere dell’altro dolore?”

“Farti cambiare idea. Questo è il senso di tutto ciò.”

“Vado via adesso.”

“No, Regina no!”

Vide materializzarsi sua sorella di fronte a lei. “Non ti lascerò andare via, dovessi incatenarti a questa casa con un incantesimo.”

“Mi hai mentito, Zelena.”

“Per una giusta causa!”

“Non è vero!”

“Regina, sei già stata via per troppo tempo. La tua vita è qui, insieme a tutti noi.”

“E’ stata Emma a convincerti?”

“No, Emma non ne sa niente. Si è arresa, come ti avevo detto. Ed ora devi ricordarle quanto tu ne valga la pena.”

“Io non ne valgo la pena. Ha fatto la cosa migliore ad arrendersi! Ed io non sarei mai dovuta venire qui.”

“Regina, che ne sarà di Henry? Vuoi andartene una seconda volta facendogli provare tutto il dolore che ha già provato?”

“Sa già che me ne andrò! Sa che sono qui solo per questo finto matrimonio!”

“E proprio quando penserà che, scoprendo la verità, sarai già andata via ma invece ti troverà qui… pensa a quanto sarà felice.”

“Sarà più felice a restare vivo!”

“Smettila di fare così! Hai abbandonato la tua famiglia per una cosa che è successa una dannata volta!”

“Quella volta è stata sufficiente! Cosa credi? Che non sappia che ho abbandonato la mia famiglia? La mia città? Praticamente tutto!”

“Lo so, okay? Lo so perfettamente.” fece un passo avanti, invadendo lo spazio personale di Regina. “E so anche che se qualcuno può farti cambiare idea, quello è Henry. E forse anche Emma.” L’abbracciò, ma sua sorella restò immobile, e sentendo calde lacrime scendere lungo il viso sentì l’incontenibile bisogno di allontanarsi da quella stretta.

“Devi andare via, Zelena.”

“Regina ti prego-“

“Basta così! Ho già ascoltato tutto quello che avevi da dire, va' via adesso!”

La rossa alzò le mani in segno di resa. “D’accordo, vado via. Ma gli hai detto che saresti rimasta per altri cinque giorni, Regina, credo che tu possa concedergli almeno questo.”

Non aveva certo bisogno che sua sorella le ricordasse questo.

Lo sapeva da sé, come sapeva anche che sarebbe rimasta per quei giorni.

E dopo che Zelena fu andata via non c’era comunque modo di dormire, non dopo aver saputo come la sua stessa sorella l’avesse attirata in un tranello per farla tornare lì. E poi c’era sempre la paura di addormentarsi e risvegliarsi con la parte oscura a controllo del suo corpo.

Per questo decise sì, di mettersi a letto, ma di leggere quello che oramai Emma aveva chiamato diario con sopra stampati gli Avengers, invece di dormire.

Nove giorni senza di te.

Ciao inutile diario, vorrei solo sapere se stai bene.

Perché non contatti Neal per farglielo sapere? Non ho nemmeno la certezza che tu sia viva! Mi preoccupo per te e non dovrei... lo odio! E odio te.

Dieci giorni senza di te.

Caro inutile diario, dieci giorni che sopravvivo senza di te. Che sopravviviamo senza di te.

Ce la faccio, va bene? Posso continuare ad esistere senza di te, sei contenta?

Adesso puoi tornare, per favore? Per quanto ancora devi farti odiare?

Undici giorni senza di te.

Senti, non è vero che ti odio, d’accordo? Adesso dico così ma se tu tornassi, io smetterei di odiarti. Certo magari non subito, magari alla tua vista mi incavolerei parecchio e ti urlerei contro. Ma poi mi passerebbe in un attimo, perché sarà così bello riaverti qui.

Ti amo. Ecco qui, l’ho ammesso. Adesso torna però.

Dodici giorni senza di te.

Caro inutile diario, scriverti sta diventando un abitudine, e non mi piace malgrado non mi sorprenda : in fondo è l’unico modo che ho per parlarti.

Parlarti si fa per dire. E’ che qui il tuo nome non si può fare, sai. Tutti evitano di parlare di te, di menzionarti anche per sbaglio, ognuno di noi sceglie con cura le parole per non ritrovarsi la tua persona in mezzo. Ed è estremamente difficile, nonché inutile.

Non parlare di te non ti fa svanire, anzi è peggio. Vorrei potermi sfogare.

Ma ecco che entra in gioco la tua utilità. Scrivere qui è un abitudine che non mi piace, ma sempre meglio di tenermi tutto dentro.

E comunque se torni è meglio.




Si svegliò all’improvviso, in preda ad un incubo in cui l’Evil Queen dentro di lei aveva preso il sopravvento.

Per questo aveva paura di dormire. Se solo avesse potuto, non avrebbe mai più dormito. E in quel modo non sarebbe mai dovuta andare via da Storybrooke.

Vide il quaderno aperto accanto a lei e ricordò di essersi addormentata a causa della stanchezza proprio mentre leggeva.

Decise di continuare da dove era rimasta, ma il campanello suonò esattamente in quell’istante.

Henry.

Perché davvero, chi poteva essere.

Indossò la vestaglia e poi scese le scale per arrivare al piano sotto, dove infine aprì la porta.

“Credevo fossi andata via.” disse Henry.

“Scommetto che hai parlato con Zelena.”

Il ragazzo annuì. “Non era sicura che l’avresti ascoltata.”

“Non l’ho ascoltata, infatti. Avevo già in mente di restare per i giorni che ti avevo detto.”

Sorrise, venendo subito ricambiata da suo figlio.

“Hai già fatto colazione?”

Regina scosse il capo.

“Ottimo. Perché possiamo farla insieme.”

“Andiamo, ti preparo i pancakes.”

“Intendevo da Granny’s.”

La donna fece un passo indietro istintivamente.

“Mamma, non devi avere paura.”

“No, no. Tutti sanno che sono tornata ed aspettano solo che mi faccia vedere. Non mi piacciono tutti quegli occhi puntati addosso.”

“Ti direi che va bene per i tuoi pancakes ma…” scrollò le spalle “senza la mamma? Sarebbe come quando facevamo colazione io ed Emma, senza di te. Mancherebbe sempre qualcosa. Meglio fare qualcosa di diverso.”

E Regina non voleva davvero pensarci a loro tre che facevano colazione insieme ogni mattina, ma suo figlio non aveva tutti i torti.

 

Emma scese in cucina con addosso soltanto una maglietta e i boxer.

Trovò Regina già vestita e alle prese con i fornelli, come ogni mattina.

“Buongiorno” le disse, abbracciandola da dietro.

La mora sorrise, notando poi una coscia nuda di Emma. “Perché devi sempre fare colazione mezza nuda?”

“La colazione esiste per essere fatta mezza nuda.”

“E per farti arrivare tardi a lavoro ogni giorno per questo.”

“Il mio capo è la mia ragazza, quindi.” Strofinò il naso nell’incavo del collo di Regina per poi baciarlo.

“La tua ragazza ti darà una lezione che faticherai a scordare se ti fai trovare nuovamente da vostro figlio in mutande!”

“Se la lezione si fa senza i vestiti ci sto.”

Questo le fece guadagnare uno schiaffo sulla coscia da parte di Regina “Se non ti vai a vestire adesso, stai pur certa che non mi vedrai senza vestiti per molto tempo.”

“Per quanto abbia trovato lo schiaffo estremamente sexy, la minaccia seguente mi ha fatto un po’ paura.” Rispose allontanandosi e correndo via, facendo sorridere Regina.

Sentì mormorare qualcuno e poco dopo Henry entrò in cucina.

“Buongiorno, mamma.”

“Buongiorno, tesoro. Hai incontrato tua madre?”

“No, no.”

Ma Regina conosceva bene suo figlio. Fin troppo bene. L’aveva cresciuto fin da quando era un neonato, ed era per questo che, anche senza averlo visto in faccia, sapeva che stava mentendo.

E sapeva anche che era colpa di Emma.

Proprio mentre appoggiava un piatto con i pancakes sul tavolo, Emma rientrò in cucina.

“Ma buongiorno, ragazzino!” scoccò un bacio in fronte a suo figlio, per poi andarsi a sedere al suo posto.

“Come se non lo avessi visto poco fa.”

Emma guardò Henry, che scrollò le spalle.

“Okay, ma conta che stavo andando a vestirmi, non era previsto incontrarlo.”

“Come conta il fatto che hai chiesto a nostro figlio di mentire per cosa, Emma?”

E si augurò che la ragazza recepisse il messaggio, senza dover dire ad alta voce la parola “sesso”.

La bionda deglutì. “Per non farti arrabbiare.”

“Ma non credi che io sia molto più arrabbiata adesso, perché hai chiesto di mentire a nostro figlio? E che razza di insegnamento gli stai dando, Emma.”

“Andiamo, mamma, sono abbastanza grande da sapere che mentire è sbagliato. Ed anche per capire come mai Emma mi abbia chiesto di farlo. Lasciala mangiare in pace.”

Seguì un attimo di silenzio, dove poi Emma scoppiò a ridere per come Henry avesse zittito Regina.

“Ti ha lasciato senza parole, eh?”

“Smettila immediatamente di ridere.”

Ma Emma continuò. “Oramai mi sono giocata tutto quello che c’era da perdere.”

“E tu Henry-“

“Non dovevo risponderti così, mamma, lo so. Possiamo solo goderci la colazione, per favore?”

Emma continuava a ridere.

“E se finisco in punizione, Ma', me la pagherai cara.”

 

“Tua madre dov’è?” chiese Regina, mentre aspettava che Ruby portasse loro quello che avevano ordinato.

“Le ho detto che saremmo venuti qui. Non si farà vedere, sta tranquilla.”

“E’ che non voglio che la mia presenza le proibisca di fare qualcosa. Non voglio darle fastidio.”

“Il solo fatto che io passi il tempo con te potrebbe darle fastidio.”

“Oh.”

“Non è così, mamma!” precisò subito Henry. “Rispetta la mia decisione. Credo che provi un po’ d’invidia, tutto qua.”

“Invidia? Per me?”

“Per me.” Sorrise Henry. “Anche lei vorrebbe passare il tempo con te, specie se quel tempo è poco. E vorrebbe provare a farti cambiare idea, ne sono sicuro. Ma sai com’è la mamma.”

Regina abbozzò un sorriso. Eccome se lo sapeva.

“Questa volta la sua testardaggine è per il meglio.” Rispose poi.

“Io non credo. Anche se andrai di nuovo via, ed ho ancora tempo per cambiare questa cosa, dovete avere un confronto. Almeno dirvi addio?”

Ma il punto di andare via senza dire addio era stato proprio quello: non voler dire addio. Non saper dire addio.

Come si fa a guardare negli occhi le persone che ami e dire. “Vado via, addio.”

Se solo Regina l’avesse fatto, non sarebbe mai riuscita ad andare via.

“Non abbiamo bisogno di dirci addio. Emma lo sa, io lo so.”

Anche perché, vedersi dopo tutto quel tempo, significava riuscire a fare solo una cosa… e dire addio non era questa.

“Parlami di te, avanti.” Sorrise Regina, cambiando discorso. “Come va con Violet? O c’è qualche altra ragazza? La scuola?”

Ruby si avvicinò al tavolo proprio in quel momento, con le loro ordinazioni.

 

Andarono in giro tutto il giorno, e Regina dovette sopportarsi le occhiatacce di tutti ovunque andasse.

“Non preoccuparti,” le diceva Henry, “è che si è sempre arrabbiati con la persona che se ne va.”

Però loro non avevano alcun diritto di esserlo. Emma ed Henry lo avevano.

Ma Regina apprezzò comunque il tentativo di suo figlio per farla sentire meglio.

Alla fine del giro turistico, si fermarono da Granny’s, esattamente da dove erano partiti.

“Conoscevo già Storybrooke. È la mia città.”

“Infatti, è la tua città. Forse avevi bisogno di ricordartelo.”

Regina sorrise. “Oh no, ti assicuro che lo ricordo molto bene.”

“E allora non dovresti andare via. Questa città ti appartiene, mamma. E tu appartieni a questa città.”

“Scommetto che non ci sarebbe alcun problema con la città se voi non viveste qui.”

“Ma noi siamo tutti qui.” Scrollò le spalle Henry “Ti va una cena da Granny’s?”

Regina guardò all’internò del locale, notando Emma seduta a un tavolo con Neal. “Magari un’altra volta.”

Henry seguì il suo sguardo “Non c’è alcun problema, mamma, te l’ho già detto.”

Ma Granny’s era troppo piccolo per contenere tutto quello che rischiava di esplodere tra lei ed Emma.

“Sei già stato tutto il giorno con me,” gli accarezzò il viso, “vai a cenare con loro.”

“Non trovo molto maturo questo evitarvi, invece di parlare.”

Regina ridacchiò. “C’è un tempo e un luogo per tutto.”

Il ragazzo sospirò. “Ci vediamo domani?”

“Sai dove trovarmi.”

Lo lasciò con un bacio in fronte, per poi tornare a casa.

 

Come nelle sere precedenti, si mise a leggere il diario di Emma, con un’unica differenza. Stavolta se ne stava sul divano, un bicchiere di vino in una mano e il diario nell’altra.

14 giorni senza di te.

Caro inutile diario,

Sai quanto è lunga la parola quattordici? Beh, fin troppo. Ho capito che la cosa andrà per le lunghe, quindi meglio scrivere i numeri.

Questa mattina mi sono accorta che il tuo odore sta svanendo : dalle lenzuola, dal tuo cuscino, da quei pochi vestiti che hai lasciato qui, dalla casa. E ho notato anche che non lo ricordo più. Non è una cosa che mi piace ma non posso evitarla.

Esiste un incantesimo per conservare l’odore di qualcuno? Metterlo dentro una boccetta, magari. Scommetto di sì. Ma chi pensava che avrei avuto bisogno della magia per queste cose? C’era la tua magia per questo tipo di cose.

 

20 giorni senza di te.

Caro inutile diario, scusami. Lo so che è un po’ che non ti scrivo, ma sono stata parecchio arrabbiata.

“Non lo sei tutto il tempo?” Penserai tu.

E’ solo che stavolta non ce l’ho con te ma con Zelena.

Le ho chiesto di darmi il suo telefono, insomma, so per certo che vi sentite. Al suo numero avresti risposto. Non so bene cosa ti avrei detto dopo, ma intanto avrei sentito la tua voce.

Che mi manca moltissimo, per la cronaca.

Ma Zelena ha detto che non ti avrebbe tradito così, che tu ti fidavi di lei e ha fatto fare “poof” al telefono, dicendomi che l’avrei anche potuta uccidere ma non l’avrei mai trovato.

Lo sai, però, mi conosci : io sono brava a trovare le cose. Io sono brava a trovare le persone.

Quindi che ci vorrebbe a trovarti? Ma poi ho capito. Tu lo sapevi e tu non vuoi farti trovare. Non hai lasciato un indirizzo, un numero, niente, proprio perché tu non vuoi che io ti cerchi.

E d’accordo, non lo farò. Anche se io meritavo più di tre parole dette da Neal, io meritavo un confronto, io meritavo la possibilità di farti cambiare idea. Così come la meritava Henry.

A proposito, dovrei comunicargli questa mia deduzione, non credi?

 

22 giorni senza di te.

Non ce l’ho fatta. Lui è lì che spera di vederti tornare, di trovare un modo per capire dove ti trovi e raggiungerti ed io non posso togliergli questo.

Con il tempo lo capirà da solo, ne sono certa. Ma per adesso sembra l’unica cosa capace di dargli un po’ di pace, sapere che la speranza di rivederti è ancora aperta.

“Non è arrabbiato?” ti chiederai. Lo è stato. Con te, con me, con Neal, con i miei genitori. Con chiunque.

Ma lo sai quanto determinato può essere quando si mette in testa qualcosa, e la sua nuova missione è farti tornare qui. Non so se ci sia un nome per questa nuova operazione, e comunque non voglio saperlo.

Aspetterò che si stanchi, che lo capisca e che trovi la serenità in qualcos’altro. Nel mentre continuerò a scriverti, che corrisponde un po’ alla mia di serenità. 

 

23 giorni senza di te.

Caro inutile diario, oggi voglio raccontarti della mattina in cui mi sono svegliata e tu non c'eri. Di quella mattina di 23 giorni fa. Immagina questo : mi sveglio e ancor prima di aprire gli occhi sorrido, perché sento il tuo odore. E già riesco a vederti anche da sotto le palpebre addormentata accanto a me. Non sento la tua solita gamba attorcigliata alla mia ma non importa, sarà che hai dormito in modo diverso stanotte.

So che quando aprirò gli occhi sarai lì. Così, mi giro ancora a occhi chiusi verso la tua direzione, e poi finalmente li apro.

Tranne che tu non ci sei.

Va bene, ti sarai alzata presto per preparare la colazione. Così esco dalla camera e c'è un silenzio insolito a riempire la casa. Come sempre, starai facendo il minimo indispensabile rumore per farci dormire un altro po'. Scendo le scale, e più mi avvicino alla cucina, più silenzio c'è. Ma non importa, so che stai sorseggiando il tuo caffè mentre tieni d'occhio i pancakes. So che quando girerò l'angolo tu sarai lì.

Così entro finalmente in cucina, tutto messo al proprio posto secondo il tuo solito ordine.

Tranne che tu non ci sei.

E vorrei poterti raccontare il resto ma fa ancora male pensarci, credo che piangerei e non voglio piangere, ho pianto abbastanza.

Quello che ne è seguito, comunque, è tanta paura che ti fosse successo qualcosa, le parole di Neal, la consapevolezza che nessuno ti aveva portata via ma che ERI ANDATA via.

Beh, il seguito lo sai più o meno : ho iniziato questo inutile diario.


 

Regina sentì qualcuno bussare alla sua porta.

Chi poteva essere a quell’ora? Zelena si materializzava dentro casa…

Henry? Che gli fosse successo qualcosa?

Si alzò immediatamente, precipitandosi ad aprire.

Non bastava una sola parola per descrivere tutto quello che provò aprendo quella porta.

Perché erano tutte le emozioni del mondo in un solo istante.

Era stupore, rabbia, amore, paura, gioia, tristezza… tutto mescolato dentro di lei.

Forse c’era una parola che raggruppasse tutto questo, un nome in realtà:

Emma.

“Henry dice che hai paura di addormentarti.” Le disse.

Notò Regina fare un passo indietro e abbassare lo sguardo, le braccia attorno al corpo.

Le si avvicinò, limitando lo spazio tra loro che sapeva l’altra stava tentando di creare.

“Hai troppa paura di dormire stanotte?”

“Non essere ridicola.”

Emma le si avvicinò di più, prendendole le braccia e alzandole, creando una sorta di cerchio nel quale entrò per ritrovarsi in un abbraccio, stringendo a sua volta le braccia attorno a Regina.

Quest’ultima non capì.

Perché tra tutte quelle che aveva immaginato, quella era la reazione che mai si sarebbe aspettata da Emma nel rivederla.

Ma non poté negare quanto quell’abbraccio la fece sentire nuovamente completa e al proprio posto dopo così tanto tempo.

Fu per questo che portò la mano dietro la testa di Emma, a stringere i suoi capelli.

“Perché sei qui?”

L’altra sciolse l’abbraccio. “Dal momento che anche io fatico a dormire mi sono detta, perché non andare da Regina a non dormire insieme?”

Sorrise, spostandosi per farla entrare in casa.

“Adesso ti fai i fatti i miei?” le chiese, vedendo il suo quaderno sul tavolo.

“Sei tu ad averlo lasciato qui. E mi pare di aver capito che contiene tutto quello che avresti voluto dirmi.”

Emma annuì. “Ma non rende.” Scrollò le spalle. “Manca la mia voce a urlare tutte quelle cose.”

“Puoi urlarle adesso.”

“Non sono qui per questo.” Si voltò a guardarla.

“E perché sei qui?”

Le si avvicinò una seconda volta, e mettendole le mani ai fianchi la spinse contro il muro “Per convincerti a restare.”

Per quanto fosse fin troppo invitante l’idea di poter nuovamente baciare e toccare Emma, Regina sapeva che c’era qualcosa che non andava. Che quella non era la soluzione, che Emma avrebbe dovuto davvero urlarle contro, e non essere sul punto di baciarla.

“E vorresti convincermi con il sesso?”

“Beh perché no? Da quanto non fai sesso?” le avvicinò le labbra all’orecchio. “Da quanto non vieni toccata nel modo in cui ti tocco io? Da quanto non vieni baciata nei punti giusti?”

Regina stava per cedere.

“Scommetto che nessuno con cui hai fatto sesso è come me.” Ma Emma disse quelle parole.

La spinse via. “Non ho fatto sesso con nessuno, per tua informazione.”

“Ah si?” sogghignò l’altra.

“E’ strano per te, vero? Chissà quante volte l’hai già fatto con Neal o con quel pirata, forse con la signorina Lucas?”

“Non ti azzardare a parlare di cose che non sai!”

“Perché sono sicura che tu abbia avuto un ottima scusa per farlo. Il bisogno umano e stronzate simili.”

Emma le si schiantò nuovamente contro, facendola sbattere al muro con maggiore violenza rispetto a prima.

“Nessuno mi tocca da duecentotrentotto giorni, perché si avrò pure lasciato il diario qui ma ho continuato a contare quei maledetti giorni e guai se qualcuno che non fossi tu provava anche solo a sfiorarmi in un certo modo.”

Le braccia di Regina erano ancorate al muro, sopra la sua testa, da quelle di Emma.

“Quindi hai aspettato il mio ritorno per fare sesso. E non importa tutta la rabbia e l’odio che provi nei miei confronti. Basta che sia io la persona con cui fai sesso.” Sentì la presa di Emma allentarsi. “Puoi scoparmi se ti fa piacere, ma non ti toccherò neanche con un dito, Emma. Quindi se questo è tutto ciò per il quale sei venuta qui, puoi andartene.”

La lasciò andare, allontanandosi da lei e voltandosi. “Non so cosa fare per farti decidere di restare.”

“Davvero non hai un’idea migliore del sesso?”

“Se non vuoi restare per Henry, perché dovresti restare per me? Ho pensato che il tuo bisogno umano fosse l’unico modo che avevo per convincerti.”

“Quindi sapevi che non ho fatto sesso con nessuno.”

“Ma è stato bello ricevere una conferma.” Si voltò a guardarla. “L’idea di altre mani a toccare il tuo corpo mi mandava fuori di testa.”

“Pensa se puoi anche dare un volto a quelle mani.” Regina puntò lo sguardo al pavimento.

“Quale volto? Il tuo? Perché riuscivo solo ad immaginare che fossi tu a toccarmi quando mi toccavo da sola.”

La mora alzò gli occhi al cielo. “io immaginavo te.”

Emma sorrise e si avvicinò a Regina ancora una volta, ma con una dolcezza che prima non c’era stata.

Le prese il viso tra le mani. “Senti, lo so che non è l’idea migliore ma entrambe ne abbiamo bisogno e non so, possiamo chiamarlo il sesso dell’addio? Visto che l’ultima volta non sapevo che sarebbe stata l’ultima.”

E Regina sapeva di cosa parlava: La notte in cui andò via.

Un attimo prima era sdraiata nuda accanto ad Emma, e un attimo dopo stava facendo una valigia.

“No, grandissima idiota!” Regina le mise le mani all’altezza delle spalle e cominciò a colpirla.

“Perché mi picchi?”

“Come hai potuto pensare che il sesso fosse l’unico modo per convincermi?” continuò a darle piccoli colpetti. “Tu vali molto di più! Come hai potuto screditarti così?”

“Regina, smettila di colpirmi!” lasciò la presa sul suo viso solo per bloccarle le mani. “Ehi, va bene che io mi screditi di fronte a te, perché tu mi ricordi sempre quanto valgo!”

“E la tua persona vale molto più del sesso, hai capito?”

“Ho capito” le sorrise. “Davvero, ho capito.”

“Non devi mai più mettere in dubbio questa cosa.”

“Io metterò sempre in dubbio questa cosa. Perché non capirò mai come qualcuno come te abbia potuto amare qualcuno come me.”

“Non osare utilizzare il verbo passato!”

Emma lasciò la presa e alzò le mani in segno di resa. “Possa amare.” Sorrise.

“Così va meglio.” Regina si staccò finalmente dal muro. “Ti va un bicchiere di vino?”

“Anche due.”

Emma si andò a sedere sul divano, aspettando che Regina tornasse dalla cucina con un altro bicchiere.

Si guardò intorno. Era così familiare essere di nuovo lì con Regina.

Quest’ultima tornò e si sedette accanto ad Emma.

“A che giorno sei arrivata?” le chiese facendo un cenno verso il quaderno.

“Ventitré.” Rispose, porgendo il bicchiere con il vino ad Emma.

“Grazie. Brutto quel giorno, dopo averti scritto non ho fatto altro che ripercorrere i momenti nella mia testa. Non la smettevo più di piangere.”

Mi dispiace. Avrebbe voluto dirle.

Ma quanto sarebbe stato insignificante?

Le dispiaceva per cosa? Per tutto quanto.

E un mi dispiace non sarebbe bastato. Ne avrebbe dovuti dire tanti quante le cose che le dispiacevano.

Preferì voltarsi a guardarla e spostarle i capelli dietro l’orecchio con una mano.

Quanto le era mancato farlo. E quanto Emma aveva sentito la mancanza di quel gesto.

La ragazza chiuse gli occhi a quel contatto e non li riaprì fino a quando Regina non ritirò la mano.

“Ci stiamo facendo solo del male in questo modo.” Le disse.

“Credimi, niente può essere più doloroso di quello che abbiamo passato stando lontane.”

Regina sospirò. “E' solo che non ha senso, Emma. Perché così dovremo affrontarlo un’altra volta.”

“No, no. Perché tu non te ne andrai.”

“Emma-“

“Ho ancora quattro giorni per farti cambiare idea.”

“Henry ha convinto anche te con questa storia.”

“No, Henry ha ragione.”

La mora si portò una mano alla testa. “Ora dovresti davvero andare. Che tu ci creda o no, tutte quelle emozioni mi hanno stancato.”

“Ho deciso che il mio nuovo piano consisterà nel restare qui, vivere insieme come abbiamo sempre fatto fino a farti sentire così tanto la mancanza della nostra vita, da decidere di rimanere.”

“Devo per forza farmi dormire nella stanza degli ospiti, vero?”

“Ci dormo io.” Le sorrise. “Anche se dovremmo dormire insieme per ricreare la nostra vita di mesi fa. E comunque Henry verrà qui domani.”

Certo, come se avessero potuto dormire insieme senza finire per strapparsi i vestiti di dosso.

Come se Regina potesse rischiare di addormentarsi accanto ad Emma con l’Evil Queen che minacciava di uscire fuori da un momento all’altro.

“Se è questa la tua decisione.” Scrollò le spalle. “Buonanotte, Emma.”

 

L’indomani mattina, Regina non sapeva se preparare la colazione ad Emma.

“Vivere insieme come abbiamo sempre fatto.” Le aveva detto, e quindi farle trovare la colazione pronta come aveva sempre fatto era incluso.

Però non c’era Henry.

E come aveva detto lui stesso il giorno prima, qualcosa sarebbe mancato se non fossero stati tutti e tre insieme per la colazione.

Decise di prepararsi soltanto il caffè.

Se ne stava a fissare la tazza sopra il tavolo, con lo sguardo perso nel vuoto, quando Emma fece il suo ingresso in cucina.

“Buongiorno.” le disse, raggiungendola e stampandole un bacio in guancia.

Regina trasalì. “Che cosa fai?”

“Ti ho detto che sarebbe stato vivere insieme come abbiamo sempre fatto.”

“E quindi questo include i baci?”

“Se ti lasci baciare.” E fece per avvicinarsi al suo viso ma Regina le mise un dito sulle labbra. “Non possiamo baciarci. Adesso un bacio non potrebbe esistere tra noi. Vorremmo di più e non possiamo.”

Si allontanò di malavoglia da quel dito. “E chi dice che non possiamo?”

La mora inarcò un sopracciglio. “Ci farà solo del male, Emma, e tu lo sai.”

“Io so che abbiamo deciso di vivere come abbiamo sempre fatto, e questo include i baci e tutto ciò che ne segue.”

Alzò gli occhi al cielo. “Lo hai deciso tu, veramente.”

Emma scelse di sedersi, dal momento che intuì che la conversazione non sarebbe finita lì. “E che mi dici del nostro primo bacio? La tensione sessuale era alle stelle ma siamo comunque riuscite a non strapparci i vestiti di dosso.”

Quel ricordo strappò a Regina un sorriso.

"Non lo stai facendo davvero." sussurrò Regina, mentre le labbra di Emma le stavano a un centimetro di distanza.

La bionda si tirò immediatamente indietro. "Scusami, credevo lo volessi anche tu, non volevo."

Regina sorrise a quella reazione. "Non ci daremo il nostro primo bacio nel bel mezzo della mia cucina, con l'odore di lasagne ancora nell'aria, i piatti sporchi nel lavello e Henry che dorme al piano di sopra.

Emma sorrise a sua volta. "Invece credo proprio di sì."

"Tieni gli ormoni al loro posto!" La spinse indietro.

"Non c'è momento migliore di questo per il nostro primo bacio: la nostra quotidianità. Io che vengo per cena, tu che casualmente prepari le lasagne che adoro, Henry che dorme felice di sapere che le sue mamme vanno finalmente d'amore e d'accordo."

"Vorrei poterti dire che mi hai quasi convinta."

"Quando mi chiederanno del nostro primo bacio vuoi davvero io risponda che l'hai volutamente rimandato ad un'atmosfera più romantica? Stai rovinando tutto." Mise il broncio Emma.

"Se avevi programmato di baciarmi perché non mi hai portata fuori a cena?"

"Regina, se avessi programmato di baciarti l'avrei fatto anni fa."

"Beh, comunque è importante il primo bacio!”

Emma le si avvicinò nuovamente. "Sai, non è importante il primo bacio, malgrado quello che la gente pensi. Ma sono importanti tutti i baci dopo di quello."

"E perché?"

"Perché il primo bacio può essere anche l'ultimo, non è detto che ti piaccia. Gli altri, invece, quelli sono una garanzia che ci sarà dell'altro."

 "Che cosa stupida, qualsiasi bacio può essere l'ultimo bacio."

"Allora qualsiasi bacio può essere il primo." E, senza dire altro, fecero quell'ultimo passo verso l'altra. Finalmente! Avrebbe voluto dire Emma. Ma era troppo impegnata ad assaporare le labbra di Regina anche solo per pensarlo. Quest'ultima interruppe il contatto. "Ma poi mi porti fuori a cena, vero?" Chiese, facendo scoppiare a ridere Emma.

“Non è la stessa cosa.” Rispose Regina. “Allora non parlavamo con una tale tranquillità della nostra intimità.”

“D’accordo, ma è che muoio dalla voglia di baciarti.”

“E sei anche un adulta in grado di resistere a certi impulsi.”

“Mettiamo caso che lo sia, ma mettiamo anche caso che ora mi alzi, ti prenda il viso con entrambe le mani e ti baci. Senza preavviso, senza dirti niente, ti bacio. E con le mie mani sul tuo viso ti attiro verso di me, sempre di più, come a farti entrare dentro di me. E ti bacio come fossi affamata, come non mi bastassi mai… tu che faresti?”

Le pupille di Regina si erano dilatate durante il racconto di Emma.

E per fortuna era seduta, così che non si sarebbero notate le sue gambe tremanti in cerca di un sostegno.

Emma sapeva cosa avrebbe fatto Regina.

E Regina conosceva Emma, conosceva i suoi giochi per farle perdere la testa, ma a Regina piaceva giocare con Emma.

“Tu provaci e lo scoprirai.”

“E’ un invito a baciarti?”

“A tuo rischio e pericolo.”

Il campanello suonò in quell’istante.

Emma si morse il labbro. “Non avrei detto a nostro figlio di raggiungerci per la colazione se avessi saputo di che tipo si trattava.”

Si alzò, andando ad aprire.

Regina rilasciò un sospiro di sollievo: per fortuna Emma aveva detto ad Henry di raggiungerle per la colazione.

“Buongiorno Ma!”

“Ciao ragazzino.”

“Come mai non sento odore di pancake?” entrò in cucina. “Buongiorno mamma.”

“Buongiorno tesoro, tua madre non mi ha detto che saresti venuto a quest’ora. Ti avrei fatto trovare la colazione pronta.”

“Non c’è problema.”

“Lo credo bene! Quando si tratta di fare tardi a scuola!”

Henry abbozzò un sorriso. “Allora, avete fatto pace? Resterai?” cambiò discorso.

“Non esattamente.” rispose Regina.

E il ragazzo si voltò a guardare l’altra donna.

“Ci sto lavorando.” disse in tono più basso, ma comunque udibile da Regina, Emma. Facendo l’occhiolino a suo figlio.

“Dopo la colazione andrai a scuola, Henry.” Lo avvertì Regina, mentre preparava l’impasto dei pancakes.

“Ma dobbiamo goderci tutto il tempo che abbiamo a disposizione.”

“Hai già saltato la scuola ieri.”

“Mamma, dille qualcosa!” chiese ad Emma.

Quest’ultima alzò le mani. “E' vero, hai già saltato la scuola ieri, oggi devi andarci.”

E poi, ad Emma conveniva restare sola con Regina.

Non che non le piacesse avere intorno anche Henry, ma aveva questa… questione in sospeso con Regina, ecco.

E prima l'avessero risolta, prima l’aria tra loro avrebbe smesso di essere piena di tensione sessuale.

“Ho perso la scuola per mesi quando c’era qualche maledizione o cattivo di mezzo.”

“E adesso cerchiamo di vivere il più normalmente possibile, questo implica l’andare a scuola.”

“Non c’è niente di normale se andrai via, quindi non vedo perché vivere la normalità.”

Emma afferrò il ragazzo per le spalle, facendolo voltare verso di lei. “Il nuovo piano è comportarci come se nulla fosse successo, vivendo la vita che avevamo un tempo, in modo da far sentire a tua madre così tanta mancanza da decidere di restare.”

Henry ci pensò un attimo. “Potrebbe funzionare!”

“E’ per questo che tu devi andare a scuola.” Ammiccò.

“Tu vuoi solo restare da sola con la mamma.” Fece una smorfia.

“Nah, non è così,” sorrise, “dopo la scuola vai a prendere quello che ti serve da casa dei nonni. Dovrai tornare a vivere qui.”

“Forza, voi due.” li chiamò Regina. “Sedetevi a fare colazione.”

 

Dopo che Henry fu uscito per andare a scuola, Regina si mise a lavare le stoviglie ed Emma si appoggiò al bancone accanto a lei. “Dov'eravamo rimaste?”

“Non so di cosa tu stia parlando.”

“Ah-ah.” Si leccò le labbra.

Voleva baciare Regina, aveva intenzione di baciare Regina ed avrebbe baciato Regina.

“Sembra che pensi solo ad una cosa.” Le disse.

“Sono tante cose.”

La mora le lanciò un’occhiataccia. “Ma fanno tutte parte di un solo argomento.”

“E’ possibile. Ti va di scoprirlo?”

Regina lasciò perdere i piatti e si voltò a guardare Emma, le braccia incrociate al petto. “Perché ho l’impressione che tu sappia che me ne andrò, e che quindi sia qui per ottenere una sola cosa prima di quel giorno?”

“La cosa è non farti andare via.”

“No, Emma. La cosa è portarmi a letto.”

La bionda sorrise. “Si scherza, Regina. La tensione sessuale è visibile; se lo facciamo, sparirà.”

“Certo. E quindi questo è il tuo grande metodo di corteggiamento ad una donna.”

“Lo sai bene come corteggio una donna.”

“Perché non mi rinfreschi la memoria? Al momento mi fai sentire solo come un oggetto sessuale. Sembra che ti importi di riavermi qui solo per fare sesso.”

Alzò gli occhi al cielo. “Sai benissimo che non è così.”

“Però sembra questo da ieri sera, o sbaglio?”

“E’ che così è più facile.” Scrollò le spalle Emma.

“Ovviamente. Preferisci far finta di risolvere le cose - perché lo sappiamo entrambe che non si risolve un bel niente con il sesso - che parlare, urlare e magari lanciarci i piatti contro.”

“Vuoi lanciarmi un piatto?”

“No, Emma, vorrei che lo lanciassi tu a me! Sei arrabbiata, e la prima cosa che hai fatto quando mi hai visto è stata abbracciarmi? Ti ho abbandonato, per la miseria! Ho fatto l’amore con te e poi sono scappata! Non ti ho lasciato neanche un dannato biglietto, non una parola, ho abbandonato anche Henry! Non mi senti da mesi e la prima cosa che fai quando mi vedi è abbracciarmi? Avrei preferito che tu mi prendessi a schiaffi! Quello sarebbe stato normale!”

Vide quegli occhi verdi riempirsi di lacrime.

“Tu non decidi che cosa è normale! Tu non decidi come io dovrei reagire al tuo ritorno!”

“Non piangere.”

“Non sto piangendo!” quasi urlò. “Mi conosci! E questo è quello che succede quando mi arrabbio! Sei contenta? Sono così tanto arrabbiata da arrivare alle lacrime. È quello che volevi, no?”

“Io volevo solo la tua reale reazione.”

“Quella era la mia reale reazione! Non ti convincerò a restare odiandoti, allontanandoti e facendoti sentire non voluta. Ti ho già odiata, ho avuto duecentotrentasei maledettissimi giorni per farlo! E dall’odio sono arrivata alla disperazione e poi c’è stata l’accettazione e adesso sei qui e non me frega più niente di odiarti, perché sei qui! E se andrai via ancora una volta, almeno saprò di aver fatto tutto il possibile per evitarlo.”

Regina chiuse la distanza tra loro, appoggiò le mani sul viso di Emma e carezzò via le lacrime. “Io non resterò, e tu lo sai. Perché ti ho quasi uccisa e non posso rischiare che una cosa del genere capiti un’altra volta.”

Emma abbassò lo sguardo.

“Puoi fare quello che vuoi, Emma, ma non troverai una soluzione a questo problema. E se non c’è una soluzione, io non posso restare.”

Le baciò la fronte, per poi lasciare la presa e allontanarsi da lei.

Emma restò ferma lì ad assimilare quello che Regina le aveva detto, a calmarsi e ritornare ad avere un battito cardiaco normale.

Sicuramente in un abbraccio di Regina sarebbe stata meglio già da un po’…

Poi, senza dire nulla, senza neanche vedere dove fosse Regina, andò via.

 

Quando Henry tornò a casa, si sorprese di non trovarvi Emma.

“E’ tutto okay?” chiese quindi a Regina, che se ne stava nel divano davanti la tv, a fare zapping con il telecomando, in fondo non stava neanche prestando attenzione.

La sua attenzione era da tutt’altra parte. A chiedersi se avrebbe mai più rivisto Emma prima di partire, più precisamente.

Forse avrebbe davvero dovuto andare a letto con lei e finirla lì.

Levarsi lo sfizio.

“Mamma?” le si piazzò davanti, notando lo sguardo assente.

Regina si risvegliò dal suo subconscio a vedere Henry. “Tesoro, sei già tornato.”

Notò la borsa a tracolla, nel quale Henry aveva sicuramente portato il necessario per restare lì.

“Dov’è la mamma? Avete litigato?”

“No, no. Litigato non direi…”

La porta di casa si aprì in quel momento.

“Mamma!” esclamò Henry alla vista di Emma. “Dove sei stata?”

“Anch’io dovevo prendere le mie cose. E poi mi sono fermata da Granny’s.” raggiunse suo figlio, rimasto in salotto di fronte a Regina che ora si sentiva una completa idiota.

Emma era andata via ed aveva subito dato per scontato che non sarebbe mai più tornata.

“Cioccolata calda con cannella.” La porse ad Henry, al quale si illuminarono subito gli occhi.

“Sei fantastica, mamma.”

Emma sorrise. “Porti la mia borsa al piano di sopra, per favore?”

“E sei anche pigra.” sbuffò il ragazzo.

“Ripagami la cioccolata.”

“Certo, certo, e dove la devo mettere?”

Emma guardò Regina, ancora immobile a fissare la televisione.

“Nella nostra stanza… ?” e non vedendo nessuna risposta dalla mora “nella nostra stanza.”

Henry andò al piano di sopra, una borsa per ogni spalla.

Emma si sedette accanto a Regina. “Tutto bene?” chiese perplessa.

“Sei tornata.”

Abbozzò un sorriso. “Quando me ne sarei andata?”

“Stamattina. E senza dire niente tra l’altro.”

“Scusami se non ti ho comunicato che uscivo dopo che mi avevi abbandonato in lacrime nel bel mezzo della cucina.”

Regina si alzò. “Ho avuto paura che tu non tornassi, e non doveva succedere.” Si diresse in cucina, seguita a ruota da Emma.

“Che cosa vorrebbe dire?”

Si appoggiò nel bancone che si ritrovò di fronte. “Non mi sarebbe dovuto importare che tu tornassi. Perché che differenza avrebbe fatto? Tra tre giorni dovrò comunque andare via.” sospirò. “E invece ho avuto paura. Come se fossi dovuta rimanere qui ad aspettare il tuo ritorno.”

“Non è bello, eh?”

“No, non lo è. E non capisco come tu abbia potuto sopportarlo.”

“Non c’era molto altro che potessi fare.” Scrollò le spalle la ragazza.

Ma Regina non sembrò sollevata da quella risposta.

Emma si era dovuta adattare a quella condizione, abituarsi a quel dolore perché non c’era un’alternativa.

O meglio, un’alternativa c’era ma non era stata nemmeno presa in considerazione.

Regina si voltò a guardare Emma. “Ti avevo detto di andare avanti.”

“E l’ho fatto, ho continuato ad esistere.”

“Ma andare avanti significava trovare di nuovo la felicità, altrove.”

Gli occhi di Emma si infiammarono a quelle parole.

“Quindi avresti preferito vedermi felice con Neal, con Hook o letteralmente chiunque piuttosto che trovarmi ancora qui ad aspettarti?”

“Sì, sinceramente, sì!”

“Beh, mi dispiace, ma quello che vuoi lo puoi fare con la tua, di vita, non con la mia. Ed io non me ne faccio nulla di una felicità che non è neanche paragonabile a quella che avevo con te.”

“Smettila di dire queste cose!”

“E’ la verità, Regina, per la miseria! Perché dovrei mentirti?”

“Perché sarebbe più facile! Se tu mi lasciassi credere che mi odi, che non mi vuoi più qui, sarebbe più facile andare via!” si passò le mani tra i capelli. “E invece no, siete qua a dimostrarmi l’esatto contrario facendomi sentire una stronza.”

“Beh, lo sei.” ammise. “Se te ne vai ancora una volta, lo sei definitivamente.”

Regina annuì. “Chiama Henry. Andate via di qua, per favore.”

“Cosa? No!”

“Me ne vado. Stasera stessa. È inutile restare ancora. Non c’è nessun matrimonio e non c’è nessuna soluzione al problema.”

“Senti, no. Troveremo una soluzione! Metteremo un incantesimo di protezione su di Henry, su di me … un incantesimo che non le permetterà di lasciare la casa.”

“Lei è me, come pensi che l’incantesimo possa capirne la differenza?”

“Lei è stata te, ed ora è una parte di te. Come è sempre stato. Che cosa è cambiato? Perché adesso è così impossibile da gestire?”

“Perché più c’è del buono in me, più debole divento. E se sono debole, la mia parte oscura ha automaticamente l’istinto di prevalere su di me.”

“Sii cattiva così potrai tornare a gestirla.”

“Ma che cosa stai dicendo?”

Emma sospirò. “Regina, non importa nemmeno se c’è la possibilità di morire se significa farti rimanere. Perché comunque che senso avrebbe una vita senza di te? Quindi meglio correre il rischio.”

Restò sconvolta da quelle parole. Faceva sul serio?

“Ma tu ti ascolti quando parli?”

“Io so solo che sono disperata e farò qualsiasi cosa, qualsiasi, per farti rimanere.”

“Tu stai perdendo la ragione, Emma. Come pensi che mi sentirei a scoprire che ti ho uccisa? Perché sembra che tu sia solo un’egoista che pensa solo ai propri sentimenti e bisogni.”

“Io conosco i tuoi sentimenti e conosco i tuoi bisogni, ed hanno tutti a che fare con me.”

“Con te viva, magari.”

“Sono viva.”

“E continuerai ad esserlo se mi stai alla larga.”

“Ma io non posso starti alla larga, Regina.” Le sorrise, avvicinandosi a lei.

“Che cosa credi di fare?”

“Lo sai.” Le mise le mani ai fianchi.

“Emma, no.”

“Puoi sempre spostarti.”

“Emma.”

“Perché non ti sposti?” e prima che Regina prendesse davvero in considerazione le sue parole, la baciò.

Un bacio delicato, innocente, un semplice scontro di labbra. Ma fu capace di risvegliare quel desiderio e quel bisogno che entrambe avevano faticato tanto a mettere da parte.

Regina si allontanò e la guardò negli occhi.

“Emma.”

Quest’ultima poteva già sentirlo: il rifiuto.

“Fallo ancora.”

Ed Emma la baciò nuovamente, portando le mani al viso di Regina.

Mentre quest’ultima le metteva attorno al collo della ragazza, facendole scomparire sotto i suoi capelli.

Il bacio era carico di passione questa volta, così tanta da portare entrambe a spingere il proprio corpo l’una verso l’altra, sempre di più, come a volersi fondere fino a diventare una cosa sola.

Fu uno scontro di denti, e poi una lotta tra le lingue per chi doveva avere il predominio.

“E poi sarei io l’adolescente?”

La voce alle spalle di Emma, fece sobbalzare la donna, che si allontanò immediatamente da Regina.

Quest’ultima aveva un espressione di puro imbarazzo in volto.

Emma si voltò verso suo figlio. “Tempismo perfetto, ragazzino.”

“Nessuno mi aveva detto che non vi si può lasciare un attimo da sole che vi saltate addosso! E sapevate benissimo che ero al piano di sopra.”

“Esatto, sopra. Questo è sotto, che ci fai qui?” sorrise Emma.

Regina la fulminò con lo sguardo. “Sapevamo che eri in casa, tesoro.” si rivolse a suo figlio. “Sei solo arrivato un attimo prima che il momento finisse.”

“Certo, il momento.” Rispose Henry.

“Quindi perché hai rovinato il momento?” gli chiese Emma.

“Per sapere cosa avremmo mangiato a cena… ma forse preferite restare sole a cena.”

“No, Henry no!” rispose subito Regina, guadagnandosi uno sguardo confuso da Emma.

“Dobbiamo essere tutti insieme sennò… non è la stessa cosa, giusto?”

Il ragazzino annuì. “Giusto.” Fece per uscire dalla cucina, facendo poi due passi indietro. “Preferisco restare che ritrovarvi in qualche altra situazione.”

Emma scoppiò a ridere, per poi scompigliare  i capelli a Henry. “Dovresti essere contento!”

“Mamma!” si lamentò il ragazzo, sistemandosi i capelli immediatamente.

“Non tutti hanno l’occasione di vedere i propri genitori andare d’amore e d’accordo.”

“E scommetto anche che non tutti hanno mai visto pomiciare i loro genitori!”

“Scambiarsi affetto!”

“Ma se-“

“Okay, basta!” s’intromise Regina. “Era un semplice bacio, d’accordo? E non voglio sentirne mai più parlare.”

Henry ed Emma si zittirono, non cercando nemmeno di ribattere.

“Andate ora, vi chiamo quando la cena sarà pronta.” Concluse.

“Hai portato l’Xbox?” chiese Emma a suo figlio che alzò le spalle in risposta “L’ho lasciato a casa dei nonni.”

“Ottimo, come dovremmo passare il tempo?”

“Ci dovrebbero ancora essere i giochi da tavolo.”

“Vada per i giochi da tavolo.” Sbuffò Emma, per poi seguire Henry fuori dalla cucina.

Regina sospirò, voltandosi nuovamente verso il bancone e stringendo con forza il marmo sotto le sue mani.

Quel bacio aveva smosso qualcosa dentro di lei, qualcosa che Regina aveva lavorato molto duramente per far scomparire.

E un semplice bacio di Emma aveva  risvegliato tutto. E a Regina toccava rifare tutto il lavoro da capo per accantonarlo.

Non era stata una buona idea restare sola con Emma, ed avrebbe fatto in modo che non ricapitasse più.

Perché quella ragazza aveva tutte le possibilità per farle cambiare idea, e Regina non poteva rischiare che ciò succedesse davvero.

Un mucchio di capelli biondi rientrò in cucina veloce come il vento, andando ad abbracciare Regina da dietro. “Ti avevo detto che un bacio non ci avrebbe ridotto a strapparci i vestiti.” Le sussurrò, per poi stamparle un bacio sul collo e andare via così veloce come era arrivata.

Regina, rimasta immobile in tutto quello, sorrise.

In realtà era tutto merito di Henry che le aveva sorprese, o ne sarebbe volati, di vestiti.

 

Dopo cena, decisero di guardare un film.

Perché l’alternativa sarebbe stata giocare a Monopoly ed Emma ne aveva già avuto abbastanza di quel gioco nella partita tra lei ed Henry, prima di cena.

Così, in assenza dell’abbonamento ad internet che Emma aveva annullato da quando nessuno abitava più lì, le scelte si limitavano ai DVD.

Ed Henry aveva tutti i film con i supereroi in DVD, e tutti gli piacevano.

Perciò lasciò la scelta alle sue mamme.

Regina non si era mai appassionata a quei film, Emma invece propose Spiderman.

“The Amazing Spiderman?” chiese Henry.

La bionda lo guardò come se gli avesse fatto un torto. “Certo che no! Spiderman e basta!”

“Quello del 2002?”

“Il vero Spiderman!”

“Anche The Amazing Spiderman è un vero Spiderman! Ma che hai contro quel film?”

“Per favore, Henry, non c’è neanche da paragonare le due saghe! Una è la brutta copia dell’altra, una rivisitazione fatta tanto per far soldi!”

“Sono entrambe belle, mamma!” rispose sulla difensiva.

“Io voglio comunque vedere il vero Spiderman!”

“Non chiamarlo vero Spiderman!”

“Okay, basta.” li interruppe Regina, che già per la seconda volta in un giorno li fermava dal litigare. “Hai chiesto ad Emma di scegliere il film, Henry. E adesso non puoi contestare la sua scelta.”

La bionda sorrise vittoriosa verso suo figlio.

“E tu, Emma, smettila di fare la bambina.”

Incrociando le braccia al petto si lasciò cadere accanto alla mora emettendo un sonoro sbuffo.

Henry fece partire il film, spense le luci del salotto, poi anche lui andò a sedersi vicino a Regina.

La donna si rese conto solo in quel momento che non erano mai stati così nelle serate film: Henry stava sempre al centro.

Questa volta, invece, c’era lei.

E aveva capito che questo era dovuto al fatto che tra Emma ed Henry c’era stato un segreto accordo, dettato dal loro subconscio nel sapere quanto a entrambi era mancata Regina, così da disporsi entrambi accanto a lei, riempiendo quel vuoto che la sua mancanza aveva lasciato.

Sorrise a quella realizzazione.

Era ormai metà film quando Emma mise il suo braccio sopra lo schienale del divano, dietro la testa di Regina, e cominciò ad accarezzarle i capelli.

Mente Henry era ormai disteso, occupando il resto del divano, e con il capo posato sulle gambe di Regina.

Nessuno stava prestando davvero attenzione al film, a quel punto.

Henry era sul punto di addormentarsi, vista l’ora in cui si era alzato quella mattina.

Ed Emma era impegnata a trovare un modo per convincere Regina a voltarsi verso di lei e rubarle un bacio.

Ma Regina era immobile nonostante le carezze e lo sguardo fisso di Emma.

Non poteva baciarla un’altra volta o tutto quello che era riuscita ad allontanare in quei mesi sarebbe tornato ancora una volta, per restare.

Tuttavia, Emma non si arrendeva mai. In particolar modo se si trattava di qualcosa che voleva. E soprattutto se aveva a che fare con Regina.

Così, dal momento che la mora non sembrava volerla calcolare, si sporse e le baciò l’angolo della bocca.

E mentre tutto dentro Regina aveva voglia di esplodere, si premurò di restare impassibile all’esterno.

In quel momento lo specchio, appeso sul muro in salotto, esplose facendo schizzare piccoli frammenti ovunque.

Tutti sobbalzarono a quel botto.

“Mi dispiace.” Disse Regina, sapendo che tutto ciò era avvenuto perché se non poteva esprimere le sue emozioni, loro dovevano necessariamente trovare un modo per uscire.

Henry ed Emma la guardarono preoccupati.

“E’ stata la Ev-?” chiese il ragazzo.

“No, no, sono sta io.” Lo rassicurò Regina.

“Che è successo?”

“Un sovraccarico di emozioni.” Ammise, con un velo di imbarazzo.

Emma sorrise, sapendo a cosa era stato dovuto quel sovraccarico, e non passò inosservata ad Henry.

“Che cosa le hai fatto?” le chiese quindi.

Emma alzò le spalle. “Nulla.”

“Un sovraccarico di emozioni per Spiderman? Ne dubito fortemente! E hai sorriso, perché?”

“Le ho dato un bacio.” Rispose, non trovandoci nulla di male nel suo gesto.

Henry scoppiò a ridere. “Sei proprio un'adolescente, mamma.”

“Non è affatto vero.”

“I tuoi ormoni sono definitivamente quelli di una adolescente.” Concordò Regina.

“Okay, è abbastanza imbarazzante parlare dei vostri ormoni.” si alzò dal divano. “Io vado a chiudermi in camera ad ascoltare musica ad alto volume con le cuffie.”

“Stai attento al volume della musica, può provocarti dei seri danni all’udito.”

“Lascialo in pace, Regina.” Ridacchiò Emma.

“Cosa? Vuoi che tuo figlio si ritrovi sordo a vent’anni?”

“La metterò al volume che serve per non riuscire a sentirvi.”

Emma rise ancora, alla vista della faccia di Regina che era diventata rossa dall’imbarazzo.

“Buonanotte.” Concluse Henry, correndo al piano di sopra.

“Buonanotte, ragazzino.” Rispose Emma, mentre Regina era ancora troppo in preda alla vergogna.

“Ti rendi conto che nostro figlio ci ha lasciato sole per farci fare sesso?”

“Ha diciassette anni, Regina. Non gli abbiamo aperto il mondo del sesso. Sa come vanno certe cose.”

“E perché dovrebbe saperlo?”

“Avrà visto il suo corpo cambiare, quello che succede quando Violet gli è vicino, esiste internet e-“

“Ti prego, basta!” chiuse gli occhi per scacciare via i pensieri che le parole di Emma avevano evocato.

La ragazza rise e l’abbracciò. “Non è più un bambino.”

“Lui sarà sempre il mio bambino.” Disse con un tono che non ammetteva repliche.

“Certamente, ma questo non fa di lui un bambino.”

Regina sospirò.

Emma strinse l’abbraccio. “Non fare così! Crescere è parte della vita.”

“Non rifilarmi il discorso di quello stupido film sul grande cerchio della vita.”

“Il Re Leone non è uno stupido film!”

“Se lo dici tu.”

“Ti sto abbracciando da tipo dieci minuti e non ti degni a ricambiare, tra l’altro.”

“Non sono costretta a farlo.” Rispose stizzita.

Emma mollò la presa e la guardò. “Stai cercando di mettere una distanza.” Decretò. “Perché?”

“Ti dice qualcosa il fatto che tra tre giorni andrò via?”

“Ma prima ci siamo baciate.”

“Mi sono lasciata baciare, che è diverso.”

“Puntualizzò quella che chiese di farlo ancora.”

Regina assottigliò gli occhi a due fessure. “Sono stata presa dal momento.”

“Certo,” alzò gli occhi al cielo, “il momento.”

“Scusa se mi è difficile respingere la persona che amo dopo mesi che non la vedo.”

“Nessuno ti ha detto di respingermi.”

“Ma non credi che io sia stata presa dal momento.”

“Io credo solo che tu abbia bisogno di rilassarti, e goderti questi momenti. Invece di avere da ridere su tutto.”

“Mmh. E quando me ne andrò? Che ne farai di questi altri ricordi? Altro dolore.”

Emma ridacchiò. “Non sarà doloroso come la prima volta, comunque. Ci sarò già abituata.” Le accarezzò il viso con due dita. “Non devi proteggermi.”

“Eppure non ne posso fare a meno.”

“A che scopo? Non mi hai protetto quando si è trattato di abbandonarmi qui, quindi perché preoccuparti adesso?”

“Okay, non voglio che ogni nostra conversazione finisca con un litigio.”

“Meglio baciarci, che dici?”

Regina sorrise. “Meglio litigare.”

Restarono in silenzio a guardarsi per alcuni momenti.

E per quanto ad entrambe sembrasse una cosa da poter continuare a fare per tutta la sera, Emma ebbe un’idea.

“Trovato!” esclamò.

“Cosa?”

“Quello che potremmo fare.”

“Ovvero?”

Emma sorrise. “Una delle nostre serate vino e conversazione.”

“Stavamo già conversando.”

“Beh ma stavolta dobbiamo fare tutto come i vecchi tempi, quindi non si finisce a parlare di quello che è successo, di quello che sarà e non si litiga!”

“E il ricorso ai vecchi tempi c’entra, per caso, qualcosa con come finivano quelle serate?”

Cercò di mascherare un sorriso. “Perché, come finivano?”

 

“Fa' silenzio, sveglierai Henry!” le disse Regina, tentando di darsi un contegno, mentre Emma non cercava affatto di trattenersi e continuava a ridere fin troppo forte.

“Piuttosto aiutami ad alzarmi!”

Nel tentativo di alzarsi dal divano per andare a riporre la bottiglia di vino ed i bicchieri, Regina non aveva fatto i conti con l’aver bevuto cinque calici pieni, e per questo finì rovinosamente a terra.

Emma era rimasta seduta sul divano a ridere fin da quando Regina era caduta, senza ancora riuscire a fermarsi.

“Emma, per l’amor del cielo!” la richiamò la mora, che non accennava ad alzarsi poiché sapeva che per quanto le girava la testa, si sarebbe ritrovata di nuovo per terra.

La bionda allungò una mano verso Regina e finalmente la tirò su, facendola finire sopra di lei.

“Ciao.” Le disse la bionda sorridendo.

“Emma, aiutami ad alzarmi.” Piagnucolò.

“Ti ho aiutata.”

“A finire sopra di te.”

“Nemmeno io posso alzarmi, ho bevuto tanto quanto te, forse anche di più. Vuoi rischiare di cadere e rimanere per terra?”

“Chiamiamo Henry.”

“Vuoi svegliarlo per farti vedere in questo stato?”

Regina si morse il labbro. “Effettivamente...”

Si sistemò meglio sopra la ragazza, facendo uscire dalla labbra di Emma un piccolo gemito, per un ginocchio che non sarebbe dovuto essere tra le sue gambe.

La mora sorrise a quella reazione e vi mise maggior pressione. “Ci sono tante cose belle da poter fare qui.”

“Vuoi elencarmene qualcuna?”

“E se te le mostrassi?”

 

“E tua madre aveva fatto quegli orrendi maglioni per tutti noi…” disse disgustata Regina, facendo scoppiare a ridere Emma.

“E’ stato un gesto carino.”

“Un gesto carino non implica quegli orrendi maglioni.”

Erano sedute a terra, l’una accanto all’altra: Regina appoggiata con un gomito sul divano, la mano a sostenerle la testa.

Emma, braccia incrociate sul divano e la testa sopra di esse.

Sul tavolino c'erano una bottiglia di vino rosso e due bicchieri ancora pieni.

Perché entrambe sentivano che non c’era nient’altro che volevano fare, eccetto stare lì a parlare.

Il vino avrebbe soltanto sviato i discorsi verso le risate, rendendo tutto una farsa nessuna delle due ne aveva alcuna voglia.

“Quel Natale fu il migliore della mia vita.” Ammise Emma.

E Regina capì subito a cosa si riferisse: quello era stato il loro primo –e a quanto pare ultimo- Natale insieme.

Ma non le andava di soffermarcisi sopra, e voleva che neanche la bionda lo facesse.

“Rumple con uno di quei maglioni?” scoppiò a ridere Regina, facendo inevitabilmente ridere anche Emma.

Era esattamente quello che voleva: distrarla, farla ridere.

“Okay, ammetto che mia madre esagerò con la storia dei maglioni.”

“Decisamente! Era assurdo che tutti dovessimo indossarne uno.”

“Era per avere tutta la famiglia a tema natalizio.”

“Era comunque assurdo.”

Seguì un attimo di silenzio dove entrambe si persero nei ricordi.

“Ti è mancato? Stare anche con loro, intendo. Il casino che si crea quando siamo tutti insieme.”

“Avevi detto che non si sarebbe parlato di quello che è successo.”

“Non ne stiamo parlando, infatti. La mia domanda è posta al futuro di quello che è successo, quando eri chissà dove tutta sola.” Spiegò Emma, piegando maggiormente la testa verso Regina, per vedere quale emozione sarebbe trapelata dal suo viso.

La mora sospirò per poi incrociare lo sguardo dell’altra. “Ma certo che mi è mancato, Emma.” Rispose in un tono che significava non c’era neanche da chiederlo.

La bionda sorrise. “Ti va di uscire di qua?”

“Cosa? Adesso?”

“No, non adesso. Domani mattina. Ti va di rivederli?”

“Perché questo mi suona come un tuo ennesimo piano per convincermi a rimanere?” storse il naso.

Emma scrollò le spalle. “Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere salutarli come si deve, questa volta. Domani è-“

“Il quinto giorno.” L’interruppe. “Lo so.”

Emma continuò a guardarla, mentre Regina pensava a cosa sarebbe stato più giusto fare.

“I tuoi genitori non mi odiano?”

Emma ridacchiò. “Se non ti odio io.”

“Potremmo incontrarli, allora.”

“Ti va un pranzo a casa dei miei, tutti attorno quel minuscolo tavolo, come i vecchi tempi?”

Regina annuì. “Mi piacerebbe tanto.”

Allungò una mano sul tavolino, prese il suo bicchiere e se lo portò alle labbra, bevendo un sorso di vino.

E dopo aver posato il bicchiere, decise di cambiare posizione, sistemandosi meglio vicino ad Emma.

Appoggiò la schiena nel divano e stese completamente le gambe.

Emma non perse un attimo e colse subito l’occasione di stendersi a pancia in su per terra, poggiando la testa sopra le gambe di Regina.

La mora l’avrebbe ripresa per quel suo gesto così intimo, se l’unica cosa che desiderava in quel momento non fosse stata proprio l’intimità di quelle sere che adesso sembravano lontanissime.

“Mi racconti cosa hai fatto in questi mesi?”

La mora sospirò, rassegnata all’idea che anche se avesse ripreso Emma, ricordandole che non si sarebbe dovuto parlare di quello che era successo, la ragazza avrebbe comunque insistito.

“Che cosa vuoi sapere?” quindi tanto valeva parlarne.

“Hai letto il mio diario, qualche pagina almeno. Ti sarai fatta un’idea di come abbiamo vissuto quei giorni… mi dici come li hai vissuti tu?”

Regina le accarezzò i capelli ed Emma chiuse istintivamente gli occhi a quel dolce contatto.

“E’ stato come… non vivere. Mi alzavo ogni mattina, andavo a lavoro, tornavo a casa e poi uscivo. Mi nascondevo nei posti affollati in modo che il pensiero di voi non mi venisse a cercare, anche se mi ritrovavo sempre al punto di partenza, quando arrivava la notte e c’era da starsene a letto avvolta dal silenzio.”

Emma aprì gli occhi incontrando quelli dell’altra.

E in essi Regina vi lesse un invito a continuare.

“Sono sopravvissuta, ecco tutto. Non c’è altro da raccontare. Tutto era sempre uguale, vuoto e… triste.” Concluse con disprezzo.

“Tu non vuoi tornare laggiù.”

Ed era vero, non lo voleva affatto.

Non che avesse molte altre possibilità.

“Come se avessi una scelta.”

“C’è sempre una scelta.”

Regina annuì. “Lo so, me l’hai detto un milione di volte.”

“Ed avrò ragione, anche stavolta. Troverò una soluzione.”

Sorrise per la determinazione che aveva quella ragazza. “Andiamo a dormire?”

Emma si mise seduta e la guardò sbalordita. “I-intendi… insieme?”

“No, potrebbe essere pericoloso.”

E la bionda chinò il capo.

“Ma è quello che desideri.” Continuò Regina, vedendo un sorriso luminoso farsi strada sul volto dell’altra.

“Non farti strane idee,” la riprese, “per dormire intendo dormire.”

“Sì, certo.” La canzonò.

 

Ma purtroppo per Emma, Regina intendeva davvero dormire, o meglio… lo intendeva per Emma.

“Io starò qui fino a quando non ti addormenterai.” Le spiegò, rilassandosi nella sua parte del letto.

“E cosa intendi fare mentre aspetti?”

“Leggerò il tuo diario.” Lo prese dal comodino e lo sventolò verso Emma, rimasta in pigiama nell’uscio della porta.

 “Mi mancano ancora un bel po’ di giorni, ed io voglio sapere tutto quello che è successo in mia assenza.”

“Non c’è niente da sapere, sai.” Scrollò le spalle. “È tutto molto pieno di dolore e bipolarità…”

Regina inarcò un sopracciglio.

“Passaggi continui da ti prego torna mi manchi a ti odio guai a te se torni.” Spiegò. “E non ne capisco il senso, comunque. Perché sapere di quei giorni quando ce li farai rivivere?” E non c’era rimprovero nel suo tono, era una semplice -e reale- osservazione.

“Forse per sapere, una volta lontana da qui, come li starete vivendo. Per avere la certezza che vi manco.”

“Hai davvero pensato che non ci mancassi?”

Regina abbozzò un sorriso imbarazzato. “Non sai in quanti modi la mia mente vi immaginava ad andare avanti.”

Emma spense la luce della stanza e andò a stendersi accanto a Regina.

La mora, appoggiata alla testata del letto e con il quaderno sulle gambe, accese la lampada del comodino.

Nell’aria si cominciò a percepire imbarazzo.

Era assurdo come una cosa che avevano fatto così tante volte da essere quotidiana, si stesse rivelando imbarazzante.

E si parlava solo di dormire e leggere, l’una accanto all’altra!

Emma sospirò, prima di prendere coraggio ed avvicinarsi a Regina tanto da avvolgere le mani attorno ai suoi fianchi.

Affondò mezzo viso in quello che rimaneva del cuscino che Regina aveva dietro la schiena. “Mi sei mancata.”

E l’imbarazzo sparì in un attimo, lasciando spazio a quella intimità –anche nelle piccole cose- che le aveva sempre caratterizzate.

“Anche tu.” Rispose Regina, andando a stringere il braccio di Emma.

“Mi spaventerò molto quando non sarai qui al mio risveglio.”

“Stavolta però, saprai dove trovarmi.”

“Vorrei sempre sapere dove trovarti.”

Regina strinse maggiormente la presa sul braccio di Emma, per poi lasciarlo.

“Troverò davvero una soluzione, sono pur sempre la Salvatrice.”

“Ed io la Regina Cattiva,” sbuffò, “e sai cosa si dice dei cattivi… infatti, guarda com’è andata.”

“Sono sicura che le regole per ottenere un lieto fine cambiano, se c’è di mezzo l’amore tra le due parti estreme. Gli eroi sconfiggono i cattivi, invece io mi sono innamorata di te. Questo cambia le cose.”

Regina sospirò. “Dormi adesso.”

“Non mi va che tu debba andare nella stanza degli ospiti. È casa tua, questa.”

“E’ anche casa tua. E sono stata io a suggerire l’idea di farti addormentare accanto a me quindi chiudi gli occhi, e dormi.”

Emma sbuffò e strinse maggiormente la presa nei fianchi di Regina. “Buonanotte.”

Regina cominciò ad accarezzarle i capelli con una mano, mentre con l’altra andava ad aprire il quaderno. “Buonanotte.” Sussurrò.

 

25 giorni senza di te.

Ciao inutile diario,

A quanto pare non avevo pianto abbastanza…

E questo mi ha fatto riflettere perché, pensi che sarà mai abbastanza?

Le lacrime, il tempo, il dolore quando diventeranno abbastanza? Quanto ci vorrà? Ma soprattutto, credi che ci sarà un momento in cui le lacrime saranno state così tante da smettere di piangere, quando sarà passato tanto tempo da poter tornare a stare bene, mentre il dolore sarà così familiare da farci l’abitudine?

Per le esperienze che ho vissuto dico di sì, prima o poi tutto questo sarà abbastanza.

Dovrò solo abituarmi, come ho fatto tante volte.

Ma la sai la cosa brutta questa volta? Che non mi va per niente di abituarmi a una vita senza te, a Storybrooke senza te, a questa casa senza te, alla mia famiglia senza te.

Non credo di esserne capace. So per certo che sentirei sempre che qualcosa manca.



26 giorni senza di te.

Tu non hai idea della pazienza che ci vuole a stare con persone piene di speranza che non fanno altro che spargerla in giro!

I miei genitori ed Henry sono super concentrati a mantenersi speranzosi nel tuo ritorno.

Ma indovina un po’? La fottuta speranza ha saltato una generazione!

(Adesso mi manca anche che tu non sia qui a riprendermi per la parolaccia appena scritta, deduci fino a che punto si stia spingendo la mia disperazione…)

Questa vicenda da un taboo è diventata una prova di vedere quanto è forte la speranza.

Ma so che lo fanno solo per Henry, per alleviare il suo dolore e non dargli un’ennesima delusione.

Sanno che non tornerai, non sono così stupidi come hai sempre pensato, ma sai come si dice: “un po’ di speranza tutti la regalano” e chi meglio di loro?

Malgrado io non ne voglia nemmeno una singola goccia. Che diavolo dovrei farmene? Se rimango attaccata alla speranza di vederti tornare, non avrò mai la possibilità di voltare pagina.

Anche se, ad ogni pagina che volto, mi ritrovo qui a scriverti.

Ironico, non trovi?



29 giorni senza di te.

Caro inutile diario,

ho riflettuto molto in questi giorni e sono arrivata a una deduzione, che non mi piace granché :

sto impazzendo.

Dovevo prendermi la speranza di vederti tornare, adesso l’ho capito.

Con quella, Henry si mantiene mentalmente stabile, non fa brutti pensieri e non pensa a come mandare avanti la sua vita senza di te.

Io, invece, sto perdendo la testa a furia di fare tutto il contrario.

Penso con chi costruire un’altra vita, dove andare a vivere, cosa farne di casa tua e di tutte le tue cose.

Penso che non amerò mai chi verrà dopo tanto quanto amo te e allora è inutile anche solo cercare qualcuno. Mi conosco, cercherei qualcuno che ti somiglia e poi cercherei di cambiare il suo carattere e le sue abitudini per farle somigliare ai tuoi e allora che senso avrebbe una tua brutta copia?

E tutto questo mi porta ad altri pensieri, tipo : tu che farai? Hai già trovato qualcuno? Avete comprato una bella casa con lo steccato bianco e il prato sempre verde in uno dei quartieri migliori? Avrai già mandato avanti la tua vita? Hai dimenticato di avere un figlio e hai già programmato di averne un altro?

Mi scoppia la testa.

E so che tutto questo è impossibile, che domani sarà un mese senza di te, quattro settimane e le persone non s’innamorano e decidono di fare una famiglia in quattro settimane.

Ma soprattutto, conosco te. Che ti sei portata la vendetta dentro per anni senza dimenticare mai.

Non hai dimenticato e forse non ci riuscirai mai.

Ed altri mille dubbi : perché non torni se è così? Perché non mi dai il tempo di trovare una soluzione? Perché non ci lavoriamo insieme? Perché non vuoi farti aiutare? Perché hai pensato che fosse meglio scappare?

Perché?



30 giorni senza di te.

Caro inutile diario, buon anniversario.

Sono ben 30 i giorni che ho contato da quando sei andata via.

Sto festeggiando con un amico, il suo nome è Bourbon e proviene dalla vetrina nel tuo studio!

Credo mi farò molti amici, dopo di lui. Mi danno quella sensazione di dimenticare i miei problemi per un po’.



31 giorni senza di te.

Il Bourbon e i suoi amici mi hanno solo fatto girare la testa e vomitare.

Hanno aggiunto altri tipi di dolore, invece di alleviarlo.

Ho pensato di chiedere a Gold di strapparmi via il cuore, dal momento che io non lo so fare.

In questo modo non sentirei più niente e sarebbe… fantastico!

Sarebbe come strapparsi il dolore di dosso, visto che è l’unica cosa che provo.

E’ un’ottima soluzione.



33 giorni senza di te.

Ciao inutile diario!

Volevo dirti che forse non ti scriverò più spesso, forse non ti scriverò affatto.

Ora va tutto un po’ meglio, sai.

E’ bello non sentire più quell’intenso dolore.




Regina sgranò gli occhi a quelle parole.

Sfogliò velocemente le pagine seguenti che erano state scritte, certo con meno frequenza, ma pur sempre scritte.

In nessuna di esse sembrava essere più presente la parola “cuore” e Regina fu presa dal panico.

Lanciò il quaderno di lato e scivolò all’altezza di Emma, addormentata accanto a lei.

L’abbracciò, affondando il viso nel suo collo.

“Mi dispiace.” Cominciò a dire mentre singhiozzava.

Emma si svegliò, confusa e impaurita. “Regina?” la chiamò. “Che sta succedendo?”

“E’ colpa mia, è tutta colpa mia.”

Pensò che forse la Evil Queen si era impadronita di lei. “Va tutto bene, sto bene.” cercò di tranquillizzarla, accarezzandole la schiena.

“Non hai il cuore.” Singhiozzò l’altra.

“Cosa?”

Regina alzò il capo per guardare Emma. “L'ho letto nel diario. Ti sei fatta strappare il cuore da Gold.”

La bionda sorrise, prese la mano di Regina e la strinse attorno al suo polso. “Ci sarebbe un battito se così fosse?”

Regina si assicurò di sentire il lieve pulsare della pelle di Emma sotto le dita un po’ di volte, prima di lasciarla andare. “idiota! Perché non l’hai scritto nel diario?”

“Sei tu che non l’hai letto attentamente.”

“Scusa se mi sono fatta prendere dal panico.” Rispose sarcastica.

Emma sorrise. “Ti sei preoccupata tanto da arrivare a piangere!” avvolse di nuovo le braccia attorno a Regina e la strinse di più a sé.

“Piangevo per la tua stupidità nel fare una cosa del genere!”

Emma continuò a sorridere.

“Non voglio che tu provi un dolore tale da arrivare a pensare che quella di togliersi il cuore sia una soluzione. Non voglio che una cosa del genere accada ancora.”

Tracciò la clavicola di Emma con un dito. “Voglio essere qui per evitarlo.”

“Troverò un soluzione.” Rispose, avvicinando il viso a quello di Regina.

E nel bacio che le diede dopo, c’era il sapore di chi avrebbe fatto di tutto per mantenere quella promessa.

Fu più intenso di quello che si erano scambiate in cucina. C’era anche più passione ma nessuna fretta.

Perché sapevano che quella non sarebbe stata l’ultima volta.

Regina si allontanò appena solo per sorridere e sussurrarle sulle labbra. “Devi davvero trovare una soluzione.”

Perché non era pronta a rinunciare un’altra volta ai baci di Emma, agli abbracci di Emma, al sorriso di Emma, al calore di Emma, ad Emma e alla sensazione che le dava averla vicina.

E non avrebbe rinunciato nuovamente a suo figlio, non si sarebbe persa nemmeno un altro solo giorno della sua crescita.

E la sua determinazione nel non rinunciare mai più andava a consolidarsi maggiormente con ogni scontro che le sue labbra avevano con quelle di Emma.

La bionda scese a baciarle il collo, tracciando ogni centimetro di pelle che andava dalla mandibola di Regina alle sue clavicole.

“E-essere d’accordo a-“ provò a dire la mora, venendo però distratta da tutte le sensazioni e le emozioni che Emma le stava provocando.

Prese tutta la forza di cui disponeva per prendere il viso di Emma tra le mani, fermando la ragazza.

“Essere d’accordo a trovare una soluzione non vuol dire che io non sia più pericolosa.”

Emma sospirò. “Resta.”

Ma Regina sapeva che non si riferiva soltanto a quella notte.

“Resterò, fino a quando non ti addormenti. Come eravamo d’accordo.”

“Non voglio dormire!” piagnucolò, come fosse una bambina.

Regina rise. “Contieni le tue voglie.”

Alzò gli occhi al cielo “Vado a farmi una doccia ghiacciata.” Sbuffò.

“Io sarò qui ad aspettarti, se non è un problema per i tuoi ormoni.”

“Non sarà un problema. Dopo la doccia sarò in modalità coccole e sonno.”

Si alzò di malavoglia dal letto. “Dopo aver trovato una soluzione, faremo tanto di quel sesso che non uscirai di qui per un anno.”

E Regina scoppiò a ridere.

 

Regina aveva appena ricordato perché odiava gli eventi a casa di Snow:

Quell’appartamento era troppo piccolo, e malgrado non fossero così tante persone, si creava comunque un gran casino.

Per non parlare della difficoltà di stare tutti seduti a quel minuscolo tavolo da pranzo.

Regina si era ricordata del perché odiava gli eventi a casa di Snow, ma aveva anche notato quanto gli fossero mancati: perché era proprio essere in quel posto minuscolo con quella che era diventata la sua famiglia, a renderli così intimi.

Non avevano parlato del fatto che Regina fosse andata via, né del fatto che adesso fosse tornata.

Tutti facevano finta di niente, come se quello fosse stato uno dei tanti pranzi a casa Charmings, anche se Zelena evitava di parlare con Regina, non sapendo se fosse ancora arrabbiata.

Avevano appena iniziato con la seconda portata e Snow non riusciva più a trattenersi. “Quindi hai deciso di restare?” chiese. Calò il silenzio.

Tutti gli sguardi furono rivolti verso Regina, la quale si schiarì la voce.

“Tua figlia mi ha convinto a credere nella speranza di trovare una soluzione.”

E quelle parole fecero nascere un sorriso sul volto di Emma, Snow e David.

“Ma nel caso questa non vi fosse, no, non resterò.”

“Quindi una soluzione va trovata.” continuò Emma. “A tutti i costi.”

“E noi saremo felici di aiutare.” Rispose David.

Rumple ridacchiò, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di tutti i presenti e una gomitata da sua moglie.

“Che soluzione vorreste mai trovare?” chiese, e poi guardò Regina. “Lo sai che non esiste nessun incantesimo al mondo per il tuo… problema. Devi solo accettare una parte di te, che è sempre stata con te, alla quale adesso stai dando troppa importanza.”

“Scusami se la mia parte oscura che stava quasi per uccidere Emma mi sembra una cosa importante.”

“La cosa importante che devi chiederti è perché non riesci più a controllarla? Perché non riesci a conviverci come me?”

A quelle parole, una stretta arrivò al braccio di Rumple da parte di Belle. Come a dargli sostegno, ancora una volta, facendogli capire che accettava quella parte di lui.

Emma prese parola. “Beh, credo sia iniziato quando la pozione di Jackyll non ha fatto effetto. La possibilità di dividerti dalla tua parte oscura, si è trasformata in ossessione.”

“E’ questo che le da forza.” Osservò Rumple. “Una forza capace di farla agire separata da te ma dentro di te.”

“E come faccio a toglierle questa forza?”

L’uomo rise. “Smetti di averne paura.”

Regina sospirò. “E come dovrei fare a non avere paura di far del male alla mia famiglia?”

Scrollò le spalle. “Sta a te scoprirlo. Ma questa è la tua unica soluzione, non ne troverai altre. Se la pozione di Jackyll non ha funzionato, non ne esistono altre che funzioneranno.”

“Pensavi che nessuno potesse riuscire a viaggiare indietro nel tempo, spezzando le regole della magia, eppure Zelena ci è riuscita.” Osservò Regina.

“E’ vero.” Confermò sua sorella.

Rumple sorrise. “è solo il mio personale consiglio, cara. Non struggerti a trovare una soluzione a qualcosa che non sarebbe affatto un problema se tu non te ne preoccupassi.”

“Io voglio preoccuparmene perché non voglio più avere l’oscurità dentro di me! Voglio avere un cuore puro!”

“Non dovresti voltarle le spalle perché tu più di tutti, più di me, dovresti essere grata a quell’oscurità. È stata ciò che ti ha spinto a imparare la magia, a scagliare quel sortilegio, farti avere tuo figlio e trovare il tuo lieto fine!”

Emma fece per prendere la mano di Regina ma la mora si scansò a quel contatto. “Scusate.” Disse, alzandosi dal suo posto e dirigendosi fuori dall’appartamento.

Emma non ci pensò due volte ad alzarsi per andarle dietro.

“Tesoro, dalle un po’ di tempo da sola.” Le suggerì Snow.

“E’ stata duecentotrentasei giorni da sola! L’ultima cosa che vuole è restare sola.” Rispose, per poi uscire dall’appartamento.

“Ehi!” la chiamò, scendendo le scale di corsa e piazzandosi davanti a lei, arrestando la sua camminata.

“Spostati, per favore.”

“Perché stai andando via?”

“Perché ha ragione… io devo tutto quello che amo a quell’oscurità. E odio dover dare ragione a qualcuno, specie se quello è Rumple.”

Emma sorrise. “Però vedila così: pensare che sia vero ciò che dice, è già un passo avanti ad accettarla nuovamente e renderla parte integrante di te.”

“Tu vuoi che io abbia l’oscurità dentro di me?”

“Io ho avuto l’oscurità dentro di me. E credo di averne ancora, perché in fondo chi non ce l’ha? La linea tra essere buoni o cattivi è troppo sottile da tracciare. Tutti noi non facciamo altro che superarla, andando da una parte all’altra continuamente. Perché tutti facciamo errori, nessuno escluso. Alcuni sono più gravi di altri, ma credimi, nessuno ha il cuore interamente puro.”

 

“Perché sei innamorata di me?” chiese Regina, lasciando perdere il suo libro e guardando Emma che stava giocando con il telefono, rilassata accanto a lei sul letto.

“Perché è un classico: l’Eroe che s’innamora del Cattivo.” Si concentrò un attimo sul gioco per poi riprendere. “Anzi no, semmai è la cosa più strana del mondo. E la più unica. Sarebbe una fiaba perfetta per i bambini.”

“Dico sul serio! Lascia perdere l’ironia del destino.”

“Deve davvero esserci un motivo?”

Regina aggrottò la fronte per poi far sparire il telefono di Emma con la magia.

“Dai! Stavo per superare il livello quindici!” piagnucolò.

“Il livello quindici ti distraeva dalla nostra conversazione.”

“Non è vero! Ero perfettamente concentrata,” ribatté, “e ripeto, deve esserci davvero un motivo? Ti amo e basta.”

Regina si mise a braccia conserte. “Non puoi dirlo,” rispose stizzita, “non è una cosa che si dice, amare qualcuno e basta. Deve esserci un motivo, non puoi semplicemente innamorarti delle persone.”

“Le persone semplicemente s’innamorano ogni giorno, perché devi trovarci un motivo? Anche noi ci siamo innamorate così, non è che hai dovuto trovarci una ragione prima.”

“Io no, ma tu!”

“Che cosa vorrebbe dire?” chiese Emma confusa “tu hai un perché a quello che provi?”

Regina alzò gli occhi al cielo “sei la Salvatrice. Mi chiedo se ci sia qualcuno che abbia una ragione per non amarti!”

“Ne ho avuta di gente che voleva uccidermi.”

“Per ottenere qualcosa come la tua magia o la tua forza. Era invidia, e l’invidia è generata quando quello che ami appartiene a qualcun altro. Quindi amavano ugualmente qualcosa di te.”

“Okay, credo che stiamo andando fuori argomento.”

“Oh no, ci siamo proprio dentro! Tu sei tu, ed io ho tutti i motivi per amarti. Ma io sono io…”

Emma le rivolse un grande sorriso “stai scherzando!” disse, per poi buttarsi sopra Regina mentre andava ad abbracciarla “ti sembra strano che io ti ami?” chiese, incontrando i suoi occhi.

La mora annuì.

“Ed essendo strano hai paura che un giorno possa svegliarmi e non amarti più?”

Annuì nuovamente, ma con meno convinzione.

“D’accordo, ma mi sono innamorata di te in pessime condizioni. Litigavamo per Henry, litigavamo per tutto e praticamente ci odiavamo-“

“Ma poi siamo diventate amiche.”

“Noi non siamo mai state amiche. Perché mentre dovevo ancora capire che stavo imparando ad amarti, sapevo di essere attratta da te fin dalla prima volta che ti ho vista.”

“Devo ammettere che lo lasciavi un po' capire, sai, i tuoi occhi parlavano parecchio.”

Emma rise. “Il punto è: mi sono innamorata di te quando non avrei dovuto farlo e adesso che ti ho, che stiamo così, che ho scoperto che quella era tutta una facciata, dovrei smettere di amarti?”

“Se lo farai, io lo capirò.”

“Non dovrai capire proprio niente, Regina. Perché non succederà.”

E qualcosa, nello sguardo sicuro di Emma, le disse che poteva fidarsi di quelle parole.

“Okay.”

“Non me lo dici per chiudere il discorso, vero?”

Scosse il capo in risposta e sorrise, per poi baciarla.

 

“Io non so se posso farlo,” disse Regina, “non so se sono capace di continuare a vivere sapendo che la mia parte oscura sarà sempre lì, che non potrò mai liberarmene, che dovrò sempre conviverci e accettarla!”

Emma le posò le mani sulle spalle. “L’oscurità è parte di ciò che sei, se è caratteristico di Regina Mills avere l’oscurità dentro di sé, tu sei Regina Mills fino al cuore.”

“Posso baciarti?”

Ridacchiò. “Non devi chiederlo.”

E Regina le diede un casto bacio sulle labbra. “Diresti qualsiasi cosa per non farmi andare via.”

“Oh no, io non ti mentirei mai. Tutto ciò che dico, lo penso davvero.”

“Ci vorrà del tempo per reintegrare la mia parte oscura e farle smettere di avere vita propria.”

Ma prima che Emma potesse anche solo ribattere, si udì una voce in cima alle scale. “Tutto bene lì?” chiese Snow.

“Sì, mamma.”

“Perché non tornate su? C’è il dolce.”

Emma guardò Regina. “Vuoi tornare su?”

“Tu non rinunceresti mai a del cibo.”

“Ci rinuncio se rischio di perderti di vista.”

Regina si accigliò ma sorrise. “Mi stai tenendo d’occhio?”

Emma deglutì, facendole capire che la situazione era più seria di quanto pensasse.

“Lo stai facendo davvero.” Constatò.

“La prima volta sei andata via mentre dormivo, ero assente, e non lascerò che questo capiti ancora. Se andrai via, dovrai dirmi addio.”

Regina le accarezzò il viso con una mano. “D’accordo.”

Ed Emma andò a stringere quella mano. “Prova a non andare via.”

“Ci proverò.”

 

“Non mi hai ancora detto il vero motivo della tua visita.” Disse Regina.

Emma era arrivata poco prima, al 108 di Mifflin Street, a causa di qualcosa che aveva definito come “urgente”.

“Vero motivo?”

Erano rimaste davanti la porta d’ingresso, ma dentro.

Regina aveva insistito perché Emma entrasse prima che facesse ammalare entrambe vista la bassa temperatura, ma non l’aveva invitata ad accomodarsi.

“Non credo che tu sia venuta qui, a quest’ora della notte, per parlare del più e del meno.”

“Sono appena passate le undici, Regina, non è nemmeno notte.”

“Non cercare di cambiare discorso!” la riprese. “Perché sei qui? È successo qualcosa al pirata?”

“No no, lui sta bene, è a casa. Probabilmente si sarà addormentato davanti la tele-“

“D’accordo, non mi interessa!” rispose infastidita.

“E’ per questo che sono venuta! Henry ti ha visto strana a cena, piuttosto nervosa… quindi che ti prende?”

“Non devo dirlo di certo a te!”

“E a chi vorresti dirlo? A tua sorella o al tuo ex che l’ha messa incinta? Forse a mia madre e ai suoi discorsi sulla speranza?”

Regina alzò gli occhi al cielo.

“Sono la tua unica amica. E che ti piaccia o no, sono l’unica persona con la quale puoi sfogarti.”

“Va tutto bene, Emma.”

“Non cercare di liquidarmi così!”

La mora sospirò. “Sono solo molto stressata, mi passerà.”

“Stressata per cosa?”

“Emma, ti prego.”

“Non me ne vado fino a quando non me lo dici.”

“Fa' come vuoi.” Le rispose, incamminandosi verso le scale.

Ma Emma le afferrò il polso, bloccando la sua camminata. “Perché non puoi semplicemente dirmelo?”

“Perché è così importante per te saperlo?”

“Perché voglio aiutarti.”

Una risata amara lasciò la bocca di Regina.

Si voltò a guardare Emma. “Non puoi aiutarmi.”

“Chi lo dice? Io posso aiutare tutti.”

“Questa volta no. Questa volta la Salvatrice non potrà portare un lieto fine perché il destino dei cattivi è non averlo. E la Evil Queen si ritrova ancora una volta dalla parte di chi perde.”

“Smettila di parlare così.”

“Ma è vero, Emma. Il destino mi ha lanciato, per l’ennesima volta, una palla curva.”

“E quale sarebbe?”

Sospirò, chiedendosi che cosa sarebbe successo se l’avesse detto, se avesse mai potuto andare peggio di così, che cos’altro ci fosse da perdere.

L’amicizia di Emma, forse. E magari sarebbe stato meglio così.

Perdere l’amicizia di Emma avrebbe segnato la fine di quei lunghi sguardi che si scambiavano.

E allora tutto sarebbe stato più facile.

Sì, condividevano un figlio, niente sarebbe mai stato facile. La presenza di Emma sarebbe rimasta, anche se in ombra. Ma almeno non avrebbe più dovuto fare i conti con le sue emozioni ogni volta che la ragazza le si fosse avvicinata, dal momento che sarebbe rimasta a debita distanza.

“Sono gelosa di qualcuno che non mi appartiene.”

“Quindi sei innamorata di questa persona che invece è già impegnata?”

“Come sei perspicace.” Sorrise con sarcasmo.

Perché quello che aveva detto era trasparente come l’acqua, ma Emma non era così sveglia da capire che si trattasse di lei.

“Beh è un po' come la storia con Robin che si ripete, non trovi?”

“Non esattamente, sai, Robin era mio prima che tu riportassi qui sua moglie e lui creasse il casino che ne è seguito con Zelena…”

“E questa persona non è mai stata tua.”

“Si presuppone che questa persona sia la mia più grande nemica, la mia fine.”

Emma sgranò gli occhi. “Oddio Regina sei innamorata di mia madre?”

“No, razza di idiota, sono innamorata di te! Sei la Salvatrice, avresti dovuto salvare tutti da me e l’unico motivo per il quale non mi hai uccisa è Henry.”

Gli occhi di Emma rimasero sgranati, perché quella dichiarazione non era meno sorprendente della sua ipotesi.

“E’ stato Henry. Adesso ci sono mille motivi per il quale non potrei mai ucciderti.”

E quegli occhi verdi si addolcirono, perché erano stati tanti i momenti in cui Emma aveva sognato questo momento, ritrovandosi poi a fare i conti con la dura realtà che comprendeva Hook.

“Certo, lo so, siamo amiche e… faccio parte della famiglia.” Una punta d’imbarazzo nella voce di Regina ad ammettere ad alta voce quello che David, Snow, Emma ed Henry le avevano sempre detto.

“E primo tra tutti, sono innamorata di te.”

La mora inarcò un sopracciglio “No, non è vero.”

“Credo di conoscere i miei sentimenti meglio di te.”

“No, non è vero.” Ribatté. “Perché staresti con il pirata, allora?”

“Perché lui era lì.”

“Lui era lì? Che diamine di motivo è? E Neal, allora?”

“Cosa c’entra Neal in tutto questo?”

“Anche Neal era lì a farti la corte.”

“Neal è stato il mio primo amore, senza dubbio, e sarà sempre il padre di mio figlio. Ma i sentimenti cambiano nel tempo, specie se trovi altre persone, e lui lo sa che gli voglio un bene immenso ma non lo amo più.”

“Non ami nemmeno Hook, eppure vivi con lui! Lo baci, lo stringi a te, ci vai a letto!”

“Senti Regina avremo tempo per parlare dei motivi per il quale faccio quello che faccio con lui, ti ho appena detto che sono innamorata di te anch’io, e davvero l’unica cosa a cui riesci a pensare è questa?”

“Certo che ci penso! Perché anch’io ero lì! Prima che tu scegliessi lui, c’ero anch’io.”

Emma sbuffò a ridere. “Tu non eri nemmeno una scelta! Non mi avevi mai dato un segnale.”

“Non eri sicura dei miei sentimenti, ma lo eri dei tuoi, potevi fare un tentativo.”

“E se fosse andata male? Se mi avessi derisa? Sarei finita col non avere nessuno perché l’unica persona che volevo non mi voleva.”

Regina allargò le braccia. “Beh, è esattamente quello che è successo a me.”

“Okay, mi dispiace, ma possiamo pensare al presente, ad adesso?”

Regina incrociò le braccia al petto. “Mi ami, io amo te e tu stai con il pirata. Che altro c’è da dire?”

Emma rise .“Ci sono così tante cose da dire, da fare, da cambiare.”

“Credo che tu sappia da dove iniziare.”

Annuii. “Posso baciarti?”

“Oh no, Emma. Dovrai aspettare così tanto per baciarmi!”

 

Dopo il dolce e le chiacchierate, Rumple e Belle andarono via.

Emma si era addormentata sul divano, con il capo sopra le gambe di Regina.

Henry era salito in camera a giocare alla Xbox insieme a Neal.

Snow asciugava gli ultimi piatti e David giocava con Robin, quando Zelena si avvicinò alla sorella. “Possiamo parlare?”

La mora la fulminò con lo sguardo, facendole capire di abbassare la voce. “Sta dormendo.”

“Hai finalmente capito che ho fatto la cosa giusta?” chiese a bassa voce.

“Se sarò costretta ad andarmene non lo sarà affatto.”

Snow si avvicinò a loro. “Non puoi andartene, Regina. Io farò tutto il possibile per impedirlo.”

La mora inarcò un sopracciglio.

“Non me ne starò qui a vedere nuovamente mia figlia che cade a pezzi. Pensi possa farcela un’altra volta perché ce l’ha già fatta la prima volta? Ti sbagli. Ed io non voglio vedere il suo guscio vuoto che se ne va in giro trascinandosi a fatica come uno zombie. Io non voglio vederla incantata a guardare lontano un punto indefinito mentre cerca di farti materializzare accanto a sé. Non voglio veder svanire la luce che contraddistingue i suoi occhi e non voglio rinunciare ai suoi sorrisi. E se tu sei tutto quello che serve a non far accadere tutto questo, mi dispiace, ma è necessario che tu rimanga.”

“Tu non c’eri, Regina.” intervenne David. “Non puoi nemmeno immaginare come è stato vederla trasformarsi in qualcuno che aveva solo il nome di Emma.”

“E se la ami, non le farai ancora una volta una cosa del genere.”

Seguirono momenti di silenzio.

“Che idiota.” Disse Regina.

“Cosa?”

“Lei deve essere capace di esistere senza di me. Non può misurare il valore della sua vita in base alla presenza degli altri esseri umani, lei deve vivere per se stessa.”

“Non lo facciamo forse tutti?” domandò Zelena, prendendo Robin dalle braccia di David. “Vivere per qualcuno.”

“Sì, ed è sbagliato. Mettiamo che io sia morta e non ci sia possibilità che ritorni.

Che cosa avrebbe fatto? Che cosa avreste fatto? Bisogna saper vivere per se stessi.”

Emma si mise seduta in quel momento. “Perché devi tirare in ballo una situazione che non c’è?”

“Sei sveglia.”

“Da un po'.”

“E tiro in ballo la situazione perché se fosse successo che cosa avresti fatto? Ti saresti uccisa? Tu hai sempre Henry e i tuoi genitori, e la possibilità di trovare qualcuno. La tua vita non si ferma a me.”

“Ma io voglio che si fermi a te, e questo dovrà pur valere qualcosa non credi? Sì, ho Henry, i miei genitori. Ma ho anche te. E fino a quando avrò la possibilità di averti, non vedo perché dovrei rinunciarvi.”

“Perché stavo per ucciderti!”

“Ma non è successo!”

“Tu non hai proprio idea di cosa voglia dire!” Si passò le mani sul viso. “Vedere quella scena ancora e ancora ogni volta che chiudo gli occhi! Il tuo viso impaurito, la tua voce strozzata che mi chiama, la tua gola sotto le mie dita, il tuo battito cardiaco che rallenta contro le mie mani.”

Silenzio.

Nessuno sapeva cosa dire, ammesso che ci fosse stato qualcosa di davvero adeguato da dire.

Così Regina continuò. “Non ricordo più niente, capisci? Tu ricordi il bene e vuoi che io rimanga, ma io ricordo solo il male, solo quell’istante e non voglio rimanere.”

Emma si schiarì la gola. “Potete lasciarci da sole per un attimo?”

Senza neanche battere ciglio, Zelena con Robin, Snow e David salirono al piano di sopra.

Emma allungò una mano per stringere quella di Regina. “Lo sai che ci si innamora solo di tre persone nella vita?”

“Mi sembrava di essere stata chiara sulla veridicità dei siti internet.”

La bionda sorrise. “No, dico sul serio!”

“Emma.”

“Tu eri soltanto il personaggio di una favola e sei risultata reale!”

“Qui le hanno chiamate favole, sono soltanto altri mondi. E per la cronaca, anche tu vieni da lì.”

“Okay, d’accordo, ma mettiamo caso questa cosa sia vera, va bene? Ci innamoriamo solo di tre persone nella vita.”

“Continua, voglio vedere quanto è grande la cretinata che stai per dire.”

“C’è l’amore da favola, quello in cui ti illudi di aver trovato la persona giusta. E per me è stato Neal. Poi c’è l’amore tossico, dove stai con una persona che è solo capace di farti soffrire, di farti sentire in trappola. Ed è stato Hook. E poi c’è l’amore inaspettato, con la persona che credi di sopportare meno al mondo e invece è quella giusta. E sei tu, Regina.”

“Dove vuoi arrivare?”

“Io ho già amato tre persone, sei l’ultima, quella giusta, per cui vale la pena.”

“Credo che tu abbia fatto male i conti: hai detto di non amare Hook, quindi io valgo come amore tossico. Hai ancora modo di trovare quello giusto.”

“Non l’ho amato nel modo in cui amo te, infatti è finita. Era un’altra forma di amore, chiamalo volergli bene ma era ugualmente un sentimento.”

“Okay, e quindi?”

“Quindi niente, punto tutto su noi. Non arriverà nessun altro.”

“Ti stai accontentando di me.” Rispose, ritirando la mano da quella presa.

“No, no, Regina, andiamo! Era solo un modo carino per dirti che non mi puoi lasciare senza il mio unico e vero amore!”

La mora rise. “Sai cos’è divertente? Che ammettendo che tutta questa storia sia vera, anche tu saresti il mio terzo, unico e vero amore.”

“Visto? Destino!”

“Ma dimentichi che questo è il mondo reale, con persone reali che hanno problemi reali, me l’hai detto tu.”

“E i problemi vanno risolti.”

“Non sempre nel modo che vorremo noi.”

Emma sospirò. “Mi fai paura quando parli così. Sembra che tu non voglia provarci affatto a risolvere la situazione.”

“Ti prevengo dal non farti troppe speranze. Perché se ci provo con tutta me stessa ma la Evil Queen non vuole saperne di andarsene o di reintegrarsi a me? Che cosa ti resterà? La speranza e basta.”

“Non accadrà una cosa del genere.”

“Come fai ad esserne certa?”

“Tu non te ne andrai perché se lo fai ti vengo a cercare in capo al mondo.”

“Emma.”

“No, niente Emma! Non puoi lasciarmi qui, non puoi lasciare Henry. Che senso avrà avuto tutta la ricerca di un lieto fine, allora?”

“Credo che sia così che funzioni. Non tutti possono avere un lieto fine perché se tutti ce l’hanno, poi in realtà nessuno lo ha davvero.”

“Stronzate!”

“Per far si che ci sia la felicità, deve esserci la tristezza, sennò come fai a capire che quella è la felicità?”

“Ma non ci andrà di mezzo la nostra di felicità, chiaro?

“Non puoi saperlo.”

“Invece sì!”

“Non è che la tua ostinazione risolverà la situazione.” Sbuffò.

“La mia determinazione lo farà.”

“Come? Perché a quanto pare l’unica che può risolvere la situazione sono io.”

“Allora mettiti d’impegno e provaci. Senza obiettare o rinunciare. Provaci con tutta se stessa.”

Regina sospirò. “Se solo sapessi da dove iniziare a provarci.”

“Non esiste tipo un incantesimo o roba simile per unirla nuovamente a te? O annientarla del tutto.”

“Hai sentito il mago più potente del mondo, non esiste una soluzione magica al mio problema.”

“Ma come hai detto prima, Zelena è riuscita in quello che lui non credeva possibile.”

“Zelena è nettamente più potente di me.”

“Non è affatto vero. L’hai già sconfitta in passato.”

“Usando la magia di luce, mentre lei aveva ancora quella oscura. Con la stessa magia, è più forte di me.”

“Con la stessa magia di luce, io sono più forte di entrambe.”

“Bene, congratulazioni! Potrai provare a risolvere il problema nel caso la tua parte oscura si faccia nuovamente viva.” Rispose con sarcasmo. “Il problema posso risolverlo solo io. Si parla della mia forza, della mia magia, del mio potere messo a confronto con la mia parte più forte. Se è lei ad aver alimentato la mia forza, come potrei mai vincere lottandole contro?”

“Qual è la cosa peggiore che può succedere?”

“Il contrario: che sia lei ad integrarmi a sé.”

“Ritorneresti la Evil Queen, quindi.”

“Ed io sarei solo il suo passato. Cercherebbe ancora vendetta e vi ucciderebbe tutti.”

“Forse no!” Sorrise. “Lei sa quello che provi, e se mai dovesse avere la meglio, amerebbe ugualmente me ed Henry. Non avrà il desiderio di vendetta, non vorrà ucciderci, sarà felice. E in questo modo continuerà ad esistere solo la tua parte buona, sarai… intera. Sarai di nuovo e soltanto Regina Mills, facendo tornare la Evil Queen nel passato al quale appartiene.”

“Quindi la tua grande idea è lasciarle prendere il controllo e vedere che succede?”

“La mia grande idea è il piano B, nel caso quello A non funzionasse o non venisse nemmeno trovato.”

Zelena scese in quel momento dal piano superiore. “Scusate, so che volevate stare da sole ma stavo pensando… ti ricordi ogni volta che ti ho chiamato in questi mesi?”

Regina annuì.

“Mi hai detto che la Evil Queen non aveva più preso il sopravvento. Anche nell’ultima chiamata, giorni fa, non si era fatta più viva.”

“Continua.” La invitò.

“Ma tu dicevi di sentirla sempre dentro di te, pronta ad uscire fuori quando avessi abbassato la guardia. E avrai abbassato la guardia, sarai arrivata ad un momento dove la tua mente ed il tuo corpo volevano un vero riposo e abbiano preteso che i tuoi sensi si rilassassero invece di stare sempre sull’attenti.”

“Sì, è così.”

“Ma lei non ha preso il controllo. Perché?”

“Oh merda!” esclamò Emma “Ho capito! Ho capito!”

“Che cosa?”

“Venite tutti qui, ho la soluzione!” urlò.

E a sentire quelle parole si precipitarono così veloci al piano inferiore che sembrarono una mandria di bufali inferociti.

“Qual è la soluzione?” chiese Henry.

“La magia non funziona fuori da Storybrooke! E l’essere divisa dalla Evil Queen e l’avere vita propria dentro Regina, è frutto della pozione magica.”

“Pozione che è stata utilizzata fuori da Storybrooke.” Ribatté Regina.

“Dove la magia non c’è, e per questo non ha funzionato! O comunque ha funzionato in modo sbagliato, ma una volta tornata qui.”

“Quindi la soluzione è andar via da Storybrooke?” chiese Snow.

“A quanto pare, senza la presenza della magia non può prendere il controllo.”

“Credo che tu abbia ragione.” Disse Zelena.

Regina si voltò a guardare Emma. “Sembra che io debba comunque andare via.”

“Sembra che fuori di qui tu non sia un pericolo per noi, per Henry… per me.”

“No, Emma! Non ti potrei mai chiedere di lasciare la tua famiglia.”

“Anche tu sei la mia famiglia.”

“Io sono d’accordo con la mamma.” Disse Henry.

“Ed anche  noi.” Snow guardò suo marito prima di continuare. “Siamo d’accordo.”

David annuì sorridendo.

“Il confine può essere tranquillamente superato, e possiamo restare ugualmente nel Maine, in modo che ci si possa vedere spesso.” Continuò Emma.

“E magari comprare una grande casa, con una grande sala da pranzo e tante camere da letto? Così da restare per tutto il tempo che volete quando verrete a trovarci.” Aggiunse Regina.

“Sembra perfetto!”

 

“Perché le stai lasciando a me?” Le chiese, mentre la guardava mettere le ultime valigie in macchina.

“Sono le chiavi di casa mia e tu sei mia sorella.” rispose Regina. “Credo che una casa più grande sarà più comoda per te, John e Robin.”

Zelena l’avvolse in un abbraccio. “Ti ringrazio. Mi è sempre piaciuta quella casa.”

“A te è sempre piaciuto qualsiasi cosa avessi io!” la canzonò.

Emma abbracciò i suoi genitori. “Dateci un paio di settimane per sistemarci e poi potrete venire a trovarci.”

Mentre Henry abbracciava suo padre. “Ci vediamo prestissimo!”

Altri abbracci furono scambiati, tra Neal ed Emma, Regina ed i Charmings, Henry e Zelena, Neal e Regina, Henry e i nonni, Emma e Zelena.

Quando essi finirono, e non c’erano più parole da dirsi, dei sorrisi si fecero spazio sul volto di ognuno di loro.

Sorrisi che contenevano la gioia di non doversi dire addio, la promessa di rivedersi presto, la soddisfazione di aver trovato una soluzione, il piacere di restare insieme.

E mentre salivano sul maggiolino, salutando per un ultima volta la loro famiglia, un senso di leggerezza si faceva spazio dentro Regina.

La leggerezza di chi sapeva che tutti i suoi guai sarebbero finiti una volta varcato quel confine, di chi non aveva più niente di cui preoccuparsi.

Senza sapere che la Evil Queen sarebbe ancora e per sempre vissuta in lei.

Perché Emma non aveva trovato una soluzione, aveva soltanto giocato d’astuzia: dicendo a Regina che non avrebbe potuto prendere il controllo al di fuori di Storybrooke, le aveva tolto la paura che alimentava la Evil Queen, restituendo a Regina quella forza e quella sicurezza che l’aiutavano a controllarla.

Tolse gli occhi dalla strada per un attimo, guardando il volto della donna che amava rilassarsi per la prima volta da quando l’aveva rivista.

Sorrise ed allungò una mano, andando a stringere quella dell’altra.

Sapeva che Regina non sarebbe mai riuscita ad annientarla, perché avrebbe dovuto annientare se stessa. Che quell’oscurità faceva parte di lei, l’aveva resa la persona che era, non poteva semplicemente liberarsene o avrebbe dovuto liberarsi di se stessa.

 E se una bugia serviva a farla continuare ad esistere, Emma l’avrebbe portata con sé fino all’ultimo dei suoi giorni.
  
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