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Autore: sil_c    01/04/2017    0 recensioni
Questa storia rappresenta la sesta serie del telefilm Covert Affairs così come la immagino io, dopo che ne è stata sospesa la produzione da parte dell'emittente televisiva americana USANetwork.
non possiedo né i diritti né i personaggi della serie, tranne alcuni personaggi secondari che mi sono serviti per raccontare la mia storia.
Annie è un ex agente opertivo della CIA, ora alle dipendenze di Ryan McQuaid, nella McQuaid Security. Sia Ryan che Annie partecipano personalmente a diverse missioni e servizi di scorta a personaggi politici importanti.
Durante una di queste missioni, il convoglio col quale viaggiano viene attaccato dai guerriglieri jihadisti, in Mali.
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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~~Capitolo 19

Si risvegliò legata e imbavagliata nel retro di un furgone. La tempia, dove era stata colpita, le pulsava. Si accorse di avere un cappuccio sulla testa, quindi non poteva vedere né dove fossero diretti né chi l’avesse rapita. Ripensò alle parole che Dassin le disse qualche tempo prima “Se tu cadessi nelle mani di predoni del deserto non oso pensare a cosa potrebbe accaderti…”
Devo ragionare con calma e seguire l’istinto.” pensò tra sé e sé.
Cominciò a pensare agli uomini coi quali avrebbe dovuto parlare nell’oasi di Taoudenni. Loro le avevano detto che era stata un’agente operativo della CIA, quindi una spia. E le spie erano addestrate a risolvere situazioni anche piuttosto complicate. Ed era indubbio che lei si trovava davvero in una situazione complicata. Riuscì a distinguere due voci che le parvero familiari.
Yebraim e Mebruk” si disse “quindi sono stati loro a rapirmi. Ma perché?”
La risposta le arrivò nel giro di pochi minuti. I due berberi erano in contatto radio con altri uomini, forse altri guerriglieri, e parlavano in francese.
“Abbiamo l’americana” disse Yebraim
“Come sta?” chiese qualcuno dall’altro capo della radio
“Bene, è solo svenuta. Forse avrà qualche livido” scherzò Mebruk.
“Siete riusciti a sapere chi è?”
“No, non ancora. Ma Monsieur Garrett pensa che sia un’agente della CIA o di qualche agenzia governativa americana”
“Non nominate MAI il nome del Capitano!” li rimproverò l’uomo col quale stavano parlando via radio “E cosa glielo fa credere, che sia un’agente governativa?” aggiunse
“Ieri sera nostro padre ha parlato con degli uomini che il Capitano ha riconosciuto come agenti della CIA. Si fanno passare per turisti, ma sicuramente è una copertura”
“Bene. Se è così, potrebbe essere pericolosa”
“L’abbiamo legata per bene. E poi crediamo che abbia perso la memoria”
“Tenetela d’occhio comunque. Avete avuto problemi?”
“No. Qualcuno deve averci seguito per un po’, ma nel deserto è facile far perdere le proprie tracce”
“Bene, ci aggiorniamo più tardi” e la comunicazione fu chiusa.
Dunque sanno chi sono” pensò la ragazza “Devo stare molto attenta.
Dopo pochi minuti il furgone si fermò. Con ancora indosso il cappuccio, non poteva vedere dove fossero. Yebraim scese dal veicolo, aprì il portellone posteriore e la fece scendere strattonandola. Sotto i piedi sentì la terra battuta e la sabbia calda del deserto. Quindi potevano essere in qualche oasi o in qualche villaggio, dedusse Jedjiga. “Dovrei cominciare a pensare a me stessa come Annie Walker e non più come Jedjiga.” si disse.
Pensare al nome Jedjiga la fece sorridere. Aveva vissuto con quel nome per due mesi e ad esso erano legati quasi tutti i ricordi che aveva. Come Annie Walker aveva solo dei flash della sua vita. Ricordava due bambine, un’auto rossa e una Corvette azzurra, ricordava vagamente l’uomo che aveva incontrato all’oasi, Calder Michaels, e ricordava una voce, calda e profonda, che apparteneva ad un ragazzo cieco. Cercò di trovare nella sua mente un ricordo di lui. Niente. Solo la voce e le mani. Ma pensare a lui la tranquillizzava.
Non riesco a ricordarti, amico mio” pensò Annie “ma ho la sensazione che tu mi conosca bene. Ho il ricordo della tua voce nella mia mente, la tua voce calda e rassicurante. Forse mi hai guidato nelle mie missioni per la CIA?” A quest’ultimo pensiero Annie sorrise. Come poteva un cieco lavorare per la CIA? Se fosse stato così doveva avere delle ottime competenze in qualche campo specifico. Ma in cosa poteva essere così competente un cieco, da lavorare per la CIA?
Annie era così concentrata su questi pensieri che le sembrò quasi di vedere nella sua mente un gruppo di persone in un grande stanza dove c’erano diversi computer e monitor accesi. Ebbe la sensazione di entrare in quella stanza accompagnata da una donna. Ad una scrivania davanti ad un computer,era seduto un ragazzo, che lei vide di spalle. I folti capelli castano scuro, ricadevano appena sopra la nuca; indossava una giacca grigio scuro e, dal bavero, si intravedeva il colletto di una camicia blu. Gli si avvicinò e notò che aveva una tastiera particolare, sulla quale egli faceva scorrere velocemente le dita affusolate. Il ragazzo si voltò verso le donne: le sue labbra piene e regolari si distesero in un sorriso che incantò Annie.
Le voci degli uomini attorno a lei la riportarono alla realtà. Qualcuno la strattonò per farla camminare. La trascinarono per un centinaio di passi, poi si fermarono. Qualcuno aprì una porta, la fece entrare, fecero ancora qualche passo, si aprì una seconda porta ed entrarono in una stanza dove le venne tolto il cappuccio.
Annie strizzò gli occhi per abituarsi alla luce della stanza. Guardò l’uomo che era con lei. Aveva il volto coperto, cosicché Annie non potesse riconoscerlo.
“Capisci la mia lingua?” le chiese in francese. Annie annuì. Forse continuare a fare la parte della ragazza muta poteva esserle utile. In fondo, né Yebraim né Mebruk l’avevano sentita parlare. L’uomo le tolse il fazzoletto dalla bocca.
“Come ti chiami?” Le chiese ancora. Annie scosse la testa.
“Non vuoi parlare?” le domandò seccato. Annie aprì la bocca come per parlare ma articolò solo qualche suono indistinto. L’uomo la fissò con sguardo interrogativo.
“Cos’è, sei muta?” chiese con aria derisoria. Annie annuì. L’uomo la fissò nuovamente, incerto se crederle o meno. Annie comprese la sua titubanza. Ora doveva giocare d’astuzia e stare molto attenta a non emettere alcun suono per nessuna ragione, nemmeno se l’avessero torturata. Ne valeva della sua credibilità. E questo poteva tornare a suo vantaggio.
Improvvisamente una conversazione riecheggiò nella sua testa “Le bugie ti confonderanno, la verità è più facile da ricordare”. Quella voce, la sua voce, era ancora lì, nei suoi pensieri, che la guidava.
In quel momento entrò un altro uomo. I due cominciarono a parlare in berbero. Annie non capiva quello che stavano dicendo, ma da come la fissavano capì che parlavano di lei.
“Così sei muta, eh?” le chiese il secondo uomo in francese. Annie riconobbe la voce di Mebruk. Lo guardò annuendo.
“Non ne sono molto convinto, sai? Troveremo il modo di farti parlare” poi fece un cenno al compagno e uscirono.
Annie si guardò intorno: la stanza era piuttosto piccola, c’erano dei cuscini scoloriti a ridosso di una parete, un tappeto nel mezzo della stanza e una finestra non molto grande e con le inferriate nella parete di fronte alla porta. Il pavimento era di pietre, le pareti spoglie avevano il ricordo di quello che doveva essere stato dell’intonaco bianco. Un paio di sedie e un tavolino sgangherati completavano l’arredamento del locale.
Devo studiare una possibile via di fuga.” pensò Annie “E dovrei anche trovare il modo di mettermi in contatto con Calder Michaels.” Sorrise fra sé a quest’ultimo pensiero: più facile a dirsi che a farsi.
Poco dopo i due uomini tornarono. La fecero sedere e le diedero qualcosa da mangiare.
“Mi spiace tesednan, ma qui ti dovrai accontentare” la derise quello che poteva essere Mebruk. Annie annuì in segno di ringraziamento.
I due uomini erano ancora a volto coperto. Le slegarono i polsi da dietro la schiena e aspettarono che finisse di mangiare per poi legarla nuovamente. Non lo aveva notato prima, ma nella parete dove c’erano i cuscini, c’era un anello conficcato nel muro al quale i due berberi fissarono le corde che la legavano, lasciandogliele abbastanza lunghe perché potesse sedersi.
Si accomodò sui cuscini e si appoggiò al muro mentre i due uomini uscirono chiudendosi la porta alle spalle. Da dove era seduta, Annie poteva sentirli parlare. Non capiva quello che dicevano anche se intuiva che stessero parlando dell’oasi dove erano accampati poiché avevano nominato Tauodenni almeno un paio di volte. Poi li sentì nuovamente parlare in francese durante un’altra conversazione via radio.
“Abbiamo fatto saltare buona parte dell’oasi di Taoudenni. Vostro padre e sua moglie sono vivi, ma molti berberi e molti turisti…” disse la persona alla radio, lasciando il discorso in sospeso. Annie provò una tremenda stretta al cuore.
O mio Dio!” pensò “cosa sarà successo a Lila e alla sua famiglia? E Calder?”
I due berberi non risposero subito, poi salutarono in berbero i loro interlocutori e chiusero la comunicazione radio. Nella stanza adiacente entrò un terzo uomo, sicuramente un francese, poiché parlava perfettamente la lingua senza inflessioni né storpiature. Annie ascoltò con molta attenzione i loro dialoghi, anche se non riuscì a sentire completamente quello che dicevano. Venne così a conoscenza che le truppe francesi avevano attaccato la zona montuosa del Tigharghar, dove molti guerriglieri jihadisti avevano il loro rifugio. I tre uomini stavano inoltre parlando del piano dei loro comandanti per contrattaccare in alcune zone del Niger prossime al Mali.
La situazione politica è molto delicata” pensò Annie. Nella sua mente cominciò a prender forma un piano per liberarsi.
Aveva contato tre uomini e sperava che non ce ne fossero altri nei paraggi. Il mezzo sul quale erano arrivati era stato posteggiato a circa 70-100 metri, sperava che avessero lasciato le chiavi nel cruscotto. Le corde con le quali era stata legata erano lunghe quel tanto che bastava per farla sedere a terra, non molto in verità. Non sapeva con certezza se gli uomini fossero armati, ma lo erano sicuramente: doveva solo capire che tipo di armi avessero. Il problema più grande, una volta che fosse riuscita a liberarsi, era capire dove fosse e in che direzione andare per tornare all’oasi di Taoudenni.

   
 
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