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Autore: ArwenDurin    06/04/2017    4 recensioni
La vera origine della melodia di ""Irene"" con alcuni fix-it di s4 /Johnlock. John POV
"«E non è la sua melodia, non lo è mai stata» aggiunse ciò in un lieve sussurro non facendo che aumentare la confusione di John
«Sherlock, suonasti quella melodia per risolvere un suo enigma, l'hai composta quando conobbi la Adler, come può non essere per lei?»
Sherlock a quel punto si voltò e nel suo sguardo c'era della viva determinazione ed anche un pizzico di rabbia, John lo vide chiaramente
«Lo suonai per risolvere un enigma dici bene, e difatti scrissi quel brano per pensare; ma non a quello che credi»
«Ovvero di grazia?» oramai erano giunti in una parte del discorso che non potevano più interrompere, spinti come erano da una corrente forte che soffiava sulle onde di un mare che per troppo tempo era rimasto in silenzio. A quel punto dovevano chiarire e parlare finalmente."
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ispirato da questa melodia

John riconobbe subito quella melodia e, nonostante la signora Hudson nel fondo delle scale gli disse che non c'era nessuno di sopra se non Sherlock e Rosie, il blogger salì le scale con grande ansia, dopo essere tornato ed aver procurato per la bambina  del latte, che in quel momento mancava al 221 di Baker Street. Fu talmente preso dall'impeto incontrollabile nel sentire quel brano, che ad un certo punto compì grandi falcate per raggiungere l'appartamento il più in fretta possibile. Aprì la porta con il cuore in gola, ma la melodia di Irene, così John l'aveva soprannominata, si stoppò immediatamente non appena arrivò all’ingresso. Prima che potesse dire qualcosa Sherlock gli rivolse lo sguardo e davanti alla poltrona del medico, gli fece segno di far silenzio.
John corrucciò le sopracciglia avvicinandosi a lui e solo quando fu davanti alla poltrona che capì il gesto di Sherlock, poiché accoccolata sopra di essa vi era sua figlia, beatamente addormentata e con un'espressione serena sul volto.
«Si è appena addormentata, adesso la porto di sopra» sussurrò Sherlock sporgendosi verso la bambina. Fu interrotto però da John, che si frappose ai due e prese la figlia al posto suo, con un improvviso senso di appartenenza dovuto probabilmente al fatto dell'immenso fastidio provato che l'amico suonasse quella melodia a sua figlia.
«Ci penso io» difatti disse, prendendo Rosie tra le braccia e portandola nella sua stanza di sopra dove da poco, i due avevano allestito una culla per quando lei e John facevano visita a Sherlock.
Il consulente investigativo non ribatté, rimanendo piuttosto immobile a fissare John e la figlia sparire dietro la porta, ascoltando i passi del medico sulle scale.

«Vuoi presentare la donna a mia figlia, di già?» John sbucò così nel salotto con un tono che doveva essere ironico ma fu invece piuttosto stizzito, poiché avvolto da una mente velenosa e dispettosa che nel tragitto dalla camera da letto al salotto, gli aveva regalato i ricordi della Adler. Immagini dove lei e Sherlock si guardavano, o si studiavano, dando maggiore fuoco a quella gelosia che sembrava bruciargli nel petto. Sherlock in quel momento era accomodato sulla sua poltrona e sorseggiava del tè, guardandolo con un'espressione indifferente
«Cosa intendi?»
E John sorrise scuotendo il capo, accrescendo la sensazione di bruciore nel suo stomaco, che lo faceva contorcere nel malessere della gelosia, perché sì lui lo era e ben lo sapeva oramai. 
Poiché ben sapeva cosa provava per Sherlock.
«Oh lo sai benissimo; deduco le hai risposto alla fine?!»
Sherlock appoggiò la tazza sul piattino e poi la ripose vuota sul ripiano accanto alla poltrona con calma, forse troppa, per un John che cominciava ad infuriarsi pian piano
«John, le deduzioni lasciale fare a me»
«E perché? Solo il grande Sherlock Holmes può permettersi il lusso? Non devi vergognarti di questo: rispondile se vuoi ma non mentirmi! Hai seguito il mio consiglio ed evidentemente lei ti piace...mi fa piacere» doveva essere calma quella risposta ma fu tutt'altro, avvolta dalla nebbia di una gelosia che ottenebrava i suoi sensi. E la sua voce infatti arrivò ad un tono piuttosto alto. 
Sherlock sospirò alzandosi dalla poltrona
«Te lo dico perché stai sbagliando» si limitò a questa risposta, avvicinandosi alla finestra e dando le spalle all'amico, per concentrare il suo sguardo attento alla Londra che si specchiava da oltre il vetro.
John abbassò lo sguardo a terra e sentì il suo cuore chiuso in una morsa. 
Che gli stesse mentendo? E perché avrebbe dovuto? Queste ed altre domande ribollivano nella sua mente, facendo sì che alcune uscirono dalla sua bocca.
«Puoi spiegarmi allora perché improvvisamente dopo così tanto tempo, risuoni la sua melodia? E a mia figlia oltretutto?»
«Lei è una Watson»
e questo cosa dovrebbe significare? pensò John ancora più frustrato
«E non è la sua melodia, non lo è mai stata» aggiunse ciò in un lieve sussurro non facendo che aumentare la confusione di John
«Sherlock, suonasti quella melodia per risolvere un suo enigma, l'hai composta quando conobbi la Adler, come può non essere per lei?»
Sherlock a quel punto si voltò e nel suo sguardo c'era della viva determinazione ed anche un pizzico di rabbia, John lo vide chiaramente
«Lo suonai per risolvere un enigma dici bene, e difatti scrissi quel brano per pensare; ma non a quello che credi»
«Ovvero di grazia?» oramai erano giunti in una parte del discorso che non potevano più interrompere, spinti come erano da una corrente forte che soffiava sulle onde di un mare che per troppo tempo era rimasto in silenzio. A quel punto dovevano chiarire e parlare finalmente.
Dopo tutto quello che era successo tra loro, John rapito da Mary che l'aveva drogato con la stessa droga di Smith e prima ancora aver quasi aveva tentato di uccidere Sherlock in quell'acquario riuscendo a fuggire. Poi Eurus che gli aveva sparato, mandandolo in coma per mesi prima che John potesse svegliarsi e che la sorella Holmes fosse di nuovo catturata insieme a Mary, sua complice che finì dietro le sbarre.
Ne erano successe di cose; ma dopo tali avvenimenti non avevano più parlato come una volta, e a malapena si vedevano se non per accudire Rosie. Così fu sino a quel pomeriggio, che era finalmente giunto il momento di parlare.
E di rischiarare un dubbio che attanagliava le membra di John da anni.
«Come al tuo solito John, tu guardi ma non osservi» lo rimproverò, per poi puntare il suo sguardo altrove 
«Avevo un enigma da parte della donna è vero! Come lo è altrettanto che il comporre mi aiuti a pensare; ma non scrissi quel brano per lei, bensì per l'attrazione. Era alquanto ovvio infatti che lei fosse attratta da me: ne aveva tutti i segni. Pupille dilatate in mia vicinanza, respiro corto e tante altre cose cosicché la studiai, analizzai le sue reazioni chimiche al sentimento...»
«Allora vedi che è per lei!» John non riuscì a trattenere l'irritazione e lo interruppe facendo sì che Sherlock proruppe in un lungo sospiro
«Fammi finire! Non fu sulla sua attrazione che composi la melodia, poiché non fu solo lei che analizzai, ma cominciai a farlo anche con te verso di me e con me stesso» gli disse ciò rivolgendogli una veloce occhiata,per poi guardare nuovamente altrove in evidente imbarazzo, mentre le sue gote si colorarono di un adorabile rosa.
«Alcuni segni combaciavano... anche con te John, poiché erano simili ai suoi e così scrissi quella melodia per pensare e per capire i segni dell'attrazione. Ma è nostro tale brano: è su di noi, su di te...e specialmente su di me; poiché a quanto pare qualcosa sbagliai con te John, visto poi il tuo discorso con lei poche ore dopo. 
Ma capita alle volte sai? Quando si ha un'idea in mente, è difficile cancellarla; ma so di aver sbagliato e quindi ho continuato ad analizzare me stesso. Il brano intanto aveva preso sfumature diverse e più profonde, e più lo scrivevo più capivo di me. E fu così che compresi un fatto. Come ben sai la chimica dei sentimenti è abbastanza semplice e ovvia per me, ma verso di te non era della mera attrazione fisica né un'infatuazione, ma bensì andava oltre.
Io ero innamorato di te John, e lo sono tutt'ora...ridicolo non è vero?  Un idiozia come io sia riscaldato dalla tua presenza quando sei qui con Rosie, o sei qui con me.
L'importante è che tu ci sia, perché tu sei il mio conduttore di luce, John. Te lo dissi tempo fa, e non è solo perché attivi il mio genio, ma anche per come mi attivo e risplendo quando sono con te e... John?»
Sherlock si stoppò stupefatto nel constatare che il blogger tremava, i pugni chiusi pendenti ai lati di esso, mentre alcune lacrime pizzicavano i suoi occhi. Era un groviglio di emozioni che impedì a Sherlock di continuare il suo monologo.
«John?» lo chiamò di nuovo, mentre il medico scuoteva la testa chiudendo gli occhi con un grosso sospiro.
«Gesù, hai ragione non avevo capito e siamo ridicoli tutti e due, estremamente ridicoli»
E prima che Sherlock potesse ribattere, John fu su di lui, avvinghiandolo a sé e poggiando le labbra sulle sue, iniziò a baciarlo lentamente. Il detective rimase qualche secondo scioccato prima di rispondere a quel bacio e strinse John a sé tanto forte come a non volerlo più lasciare andare. Il blogger assorbì tutta quella passione che per anni aveva dovuto rinchiudere in un angolo oscuro della sua mente, dandole voce in quel bacio. A quella brama che l'aveva fatto arrabbiare con se stesso, perché educato al fatto che fosse così fuori natura avere tali sentimenti e tali inclinazioni verso lo stesso sesso. John si era persino infuriato di amarlo con tutto se stesso, aveva odiato e amato quell'amore che mai pensava di potergli confessare.
Ma in quel momento tutte quelle ansie e quei muri alti di pregiudizi e paure, crollarono sotto quel bacio.
 «Io non sono gay, questo avevi detto alla donna...io non capisco» sussurrò poi Sherlock sulle labbra quando i due si staccarono
«Questo sì che è piuttosto raro da parte tua» gli rispose John con ironia,poiché anche dopo la bellissima dichiarazione d'amore di Sherlock, il blogger non potè rinunciare al suo sarcasmo. Ma quando vide l'espressione di dolcezza dell'altro, sorrise luminoso e privo delle ombre di repressi tormenti che attanagliavano il suo cuore.
«E infatti, io non sono gay! Ma il mondo non è sempre bianco e nero, non trovi? Io sono così e non devo per forza etichettarmi non credi? So che sì, anche io sono innamorato di te e provo quei... come li hai chiamati? Ah sì, segni d'attrazione verso di te. Anzi, mi piacerebbe li analizzassi e li descrivessi, Sherlock» sorrise sghembo e aprì i primi bottoni della camicia viola che il consulente investigativo indossava.
«E mi piacerebbe studiarli su di te» sussurrò per poi guardandolo negli occhi mentre Sherlock si fece nuovamente rosso e deglutì, sorridendo però di rimando per poi baciare la fronte di John.
 «Sarà un lungo lavoro, mio caro John»
«Abbiamo tutto il giorno, mio caro Sherlock»

Angolo autrice: 
Ciao a tutti :) eccomi con una nuova fanfiction Johnlock :) ho sempre pensato che la melodia di "Irene" di ASIB celasse qualcos'altro così riflettendo  e "studiando" il suono di tale bravo ho composto questo racconto.
L'ho analizzato e ho riscontrato questo: c'è passione ma anche tristezza come se fosse una passione trattenuta dunque non ha senso sia per Irene (anche perché ci sono vari post al riguardo che Sherlock non sia attratto da lei) perché trattenere sennò la passione quando Irene stessa si è "offerta" a lui?
Lui dice l'ha composto per pensare ma anche qui mm...è vero, come ho scritto che può essere comporre lo aiuti a pensare ma un uomo passione come Sherlock (per me lo è) non compone una melodia tanto sentita e bella solamente per ciò.
Dunque ricapitolando, passione trattenuta che non può rivelare perché c'è un qualche ostacolo (I'm not actually gay" John cit) e per me è una buona ipotesi sia appunto, per John :) ho scritto questa teoria su
twitter per chi fosse interessato 
Anyway, grazie a chiunque leggerà e a chi commenterà :)



 
   
 
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