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Autore: Alina Alboran    08/04/2017    1 recensioni
Un ululato di dolore copre tutti gli altri rumori. E le voci si arrestano.
Dagli occhi blu elettrico scendono lacrime nere che si infrangono sul colletto della sua canottiera bianca.
Segue un altro ululato, più dolce e soave, e Derek vorrebbe strapparsi il cuore dal petto e morire. Tanto è il dolore che sta provando.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ridotto in cenere

 

 

Fiamme.
Fumo.
Cenere.

Un ragazzo guarda impotente la sua casa ardere. Corre attraverso il cortile, e mentre la nube nera gli oscura la vista, non riesce a fare a meno di pensare che solo ieri rideva e scherzava con le sue sorelle. Ma le fiamme sempre più alte gli impediscono di continuare oltre. 
I vicini, che sono usciti dalle loro abitazioni e sono accorsi nel bosco perché attirati dal fumo, adesso guardano quel povero ragazzo che è inginocchiato a terra e che urla con la testa rivolta verso l’alto “Dio, perché?”.      
Le sue unghie sono conficcate nel terreno caldo, i suoi vestiti sono sporchi e il suo sguardo perso.        


Vorrebbe urlare ma le corde vocali gli fanno male.  
Vorrebbe distogliere lo sguardo ma non ci riesce.   
Vorrebbe svegliarsi ma non può.      

Sente le mani di qualcuno addosso e una voce calda che gli sta sussurrando qualcosa. Ma il ragazzo è incapace di capire le sue parole. Nelle sue orecchie rimbombano le urla della sua famiglia in cerca una via di fuga.  
«Derek». Ed è un attimo. Si alza da terra e prima che qualcuno possa fermarlo riprende la sua corsa, incurante dei vestiti che cominciano ad ardergli addosso e degli occhi che bruciano a causa del fumo.
È circondato dalle fiamme ma è riuscito ad arrivare alla porta d’ingresso. Dietro di lui i pompieri cercano di domare l’incendio e recuperarlo. Sperano di salvare almeno lui.      
Ma a Derek non importa di essere salvato se non riuscirà a salvare la sua famiglia.           
Non gli importa di vivere se non sentirà più la risata di Cora, se non vedrà più gli occhi dolci di sua madre, se non potrà più rifugiarsi nell’abbraccio di Laura. 


Un ululato di dolore copre tutti gli altri rumori. E le voci si arrestano.       
Dagli occhi blu elettrico scendono lacrime nere che si infrangono sul colletto della sua canottiera bianca.          
Segue un altro ululato, più dolce e soave, e Derek vorrebbe strapparsi il cuore dal petto e morire. Tanto è il dolore che sta provando. 

Non è un sogno.        
Non è un incubo.       
È la realtà.

«Ragazzo? Cosa credevi di fare?». Derek si gira e ringhia. Mostra gli artigli e le zanne. Il pompiere indietreggia spaventato, chiedendosi se sia vero ciò che ha visto.          
«Derek». L’uomo che prima aveva cercato di dargli coraggio si inginocchia dietro di lui e lo stringe per pochi secondi.         
«La casa potrebbe crollare da un momento all’altro. Andiamocene, non è sicuro stare qui».        
Derek tira su con il naso e si rifiuta di dargli ascolto.          
«Non me ne vado. È la mia famiglia».         
«Andrà bene, ragazzo. Te lo prometto». Lo prende per mano e insieme raggiungono il camion dei pomieri e l’ambulanza. Mentre camminano vede la stella dello sceriffo attaccata al petto.

           
Derek ha una coperta addosso quando sente l’esplosione.  
«No!», urla ma resta immobile.         
Smarrito gira la testa verso l’uomo accanto a lui che lo guarda dispiaciuto.           
«Avevi promesso». Il comandante dei vigili dell’fuoco con un cenno del capo chiede allo Sceriffo di raggiungerlo. L’uomo accarezza la testa del ragazzo un’ultima volta.      
L’eco dell’esplosione nella sua testa, le parole dei due uomini nelle sue orecchie. 
«È impossibile che qualcuno si sia salvato. L’incendio è stato troppo aggressivo e non ho potuto rischiare mandando i miei uomini là dentro, sarebbe stato un suicidio». Sospira e abbassa la testa.
«Quel povero ragazzo… assistere alla morte della sua famiglia…».

Confusione.
Consapevolezza.
Colpevolezza.

Si alza e comincia a correre verso il bosco. La coperta gli scivola dalle spalle e mostra la sua pelle bruciata che comincia già a guarire.          

Intorno lui la distruzione.      
Dentro di lui la devastazione.           

Il dolore è troppo grande da sopportare e perciò si arrende, lascia che sia l’animale a guidarlo. Lascia che sia l’istinto a prevalere.

Ringhia e ulula.         
Ulula e ringhia.

§§§

Il cuore batte forte e la testa pulsa.   
Le pelle brucia e gli artigli scattano. 
Sudato e con gli occhi che brillano un uomo urla nel cuore della notte.     
Alla sinistra un ragazzo si sveglia e stringe gli occhi per impedirsi di piangere.     
Lentamente allunga una mano verso quelle dell’uomo che coprono il volto deformato dal dolore.
«Va bene». Stringe le dita dell’altro e dopo qualche secondo di insistenza riesce a fargli allentare la presa. Il sangue sulla fronte dell’uomo scivola lungo il suo viso e si mischia alle lacrime salate. Le ferite cominciano a rimarginarsi e gli artigli si ritirano.   
«È un incubo, Derek». Stiles scivola nuovamente sul materasso, trascinando con sé anche Derek che si accoccola al suo petto.       
Indifeso e spaventato.           
«Era solo un incubo. Adesso sei qui. Con me».       
«Non mi lasciare».     
«Te lo giuro».

E Derek chiude gli occhi e sorride. Ripensa all’ultimo ululato di sua madre prima di morire e gli risponde.        
«Sto bene. Adesso sono felice».       

Incubo.
Realtà.
Amore.

 

.

.

.

 

.

.

 

Note: E anche questa come la mia ultima storia (Svegliati: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3637257&i=1 ) è “copiata” da una mia storia originale. Più che la trama, questa volta ho copiato lo stile.   
Grazie mille a chiunque abbia letto!

   
 
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