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Autore: ___Page    09/04/2017    4 recensioni
So che ora vi state chiedendo perché, allora, non me ne vado io.
Sting fissa per una manciata di secondi il punto dove si trovava Yukino poco fa prima di voltarsi verso di me, incredulo.
«Cioè no dico!» esclama rivolto a me, senza nemmeno preoccuparsi di salutarmi, indicando a braccio teso il corridoio in direzione della zona notte. «L’hai sentita?!»
Scuoto la testa rassegnato mentre mi avvio verso la cucina per dar da mangiare a Lector e Frosch che miagolano impazienti.
Anche questa risposta è molto semplice.
Non posso.
Se me ne andassi, finirebbero per distruggersi a vicenda.
E anche se non è mio compito stare qui e mediare, lo faccio lo stesso perché sono entrambi importanti per me.
Lo faccio per loro.
Lo faccio con tutto l’amore che posso.
*FanFiction partecipante allo StingYu Day indetto dal Forum FairyPiece - fanfiction&images*
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Starring: Gajeel Redfox, Meldy Milkovich, Rogue Cheney, Seilah, Sting Eucliffe, Yukino Aguria.
Con la partecipazione straordinaria di: Chelia Blendy, Eris Dreyar-Strauss (OC), Frosch, Lector, Loki, Mirajane Strauss, Persefone Dreyar-Strauss (OC)
Genere: Comico, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Rogue Cheney, Sting Eucliffe, Yukino Aguria
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Io non sono un tipo codipendente, non lo sono mai stato. Anzi, se un aggettivo bene mi descrive, quello è indipendente.
In tutta la mia carriera scolastica o accademica non ho mai avuto bisogno di chiedere appunti a nessuno se non quelle rare volte che mi ammalavo e non riuscivo ad andare a scuola o a lezione, mi sono sempre arrangiato per andare a feste, allenamenti o altro finché non ho avuto la patente o la macchina semplicemente non c’era e, sì, non mi vergogno ad ammetterlo, sono perfettamente in grado di fare la lavatrice e, soprattutto, stirare.
Non c’è un motivo particolare per tutto questo, non è volontà di isolarsi o testardo orgoglio. Io sono così e basta e il fatto di essere così non significa che io non abbia degli amici o una splendida famiglia che, però, ha cominciato ad andarmi stretta molto presto. Mentirei se dicessi che non mi manca mai condividere la stanza con mio fratello e mia sorella, mentirei se dicessi che il mio ragù è buono come quello di mia mamma ma mentirei anche se dicessi che vorrei tornare a casa.
Io torno a casa, a cena quando mi invitano, per i compleanni e le feste, a salutare quando esco prima da lavoro ma non sono più un bambino e vivere per conto mio mi va assolutamente a genio. Mi fa apprezzare di più il tempo che passo con mamma e papà e mi fa desiderare di meno di uccidere Gajeel e Seilah.
Sì, io da solo ci sto bene. Là dove “solo” comprenda ovviamente Frosch.
Il punto è che anche se è vero che non vivo più con i miei, come d’altra parte nemmeno Gajeel e Seilah, non è altrettanto vero che vivo da solo. E non per via di Frosch.
Sto già per estrarre il mio mazzo di chiavi dalla tasca quando la serratura del portone del condominio scatta e io sollevo la testa per incrociare lo sguardo acceso e sempre materno di Mira che sta uscendo con le bambine, che in realtà sospetto essere due demoni dell’inferno reincarnati anche se con me sono sempre bravissime. Ma non è come se non sapessi che sono dolci solo in apparenza. D’altra parte, vivendo dall’altro lato del pianerottolo, sento tutto quando piangono o fanno i capricci.  
«Ciao Rogue!» mi saluta, caricandosi in braccio Eris e io mi sbrigo ad avvicinarmi per tenerle aperta la porta. «Oh grazie, sei un tesoro.»
«Figurati Mira. Ciao Eris.» saluto la più piccola delle due, premendo il dito sulla punta del suo naso prima di accosciarmi all’altezza di Persefone. «Ciao Sif.»
«Ciao!» mi saluta lei, gli occhioni uno blu e l’altro marrone, che brillano.
«Avete fatto le brave oggi?» domando, guardando alternativamente l’una e l’altra e Eris annuisce energicamente mentre Persefone allunga una mano per afferrare il bavero della mia giacca e attirare la mia attenzione con un lieve strattone.
«Rogue quando possiamo venire a trovare Frosch?» mi chiede Persefone, che ha la lingua molto più lunga della sorella. Le sorrido e lancio una rapida occhiata a Mira che, con un sorriso di scuse, mi fa capire che lascia decidere a me che risposta dare.
«Potete venire stasera ma solo se mangiate tutta la verdura.» le rispondo e lei sgrana gli occhi, incredula e felice.
«Davvero?!»
«Assolutamente.» annuisco solenne. «Anzi, credo che cominci a sentire la vostra mancanza e mi sembra che avesse proprio voglia di coccole.»
In fondo, nessuna della due affermazioni è completamente falsa. Uno perché quella palla di pelo verde è costantemente alla ricerca di coccole e due perché Frosch è un gatto alquanto atipico e adora i bambini. E io non ho assolutamente problemi se Eris e Persefone vogliono giocare con lui, fintanto che non gli tirano la coda o non gli danno da mangiare i marshmallows di nascosto. E ovviamente sotto la mia stretta supervisione.
«Evviva!» esulta Persefone, lanciando le braccia verso l’alto e saltellando per il marciapiede, senza però allontanarsi troppo. Anche Mira scende dal gradino e si gira verso di me per salutarmi prima di avviarsi verso il parco. O almeno così immagino io ma ciò che mi dice non è affatto il “Allora a stasera e grazie!” che mi aspetto. Ciò che mi dice mi fa imprecare mentalmente e ha il potere di farmi venire voglia di tornare a casa dei miei.
«Ah Rogue… Temo che sia successo qualcosa. Mi sembravano piuttosto nervosi quando siamo uscite due minuti fa.»
La fissò alcuni attimi con sguardo vitreo prima di prendere un profondo respiro e annuire. «Grazie Mira.»
«Figurati. Grazie a te. A stasera allora!»
«A stasera.»
«Ciao Logue.» mi saluta Eris, facendo anche “ciao ciao” con la manina.
«A dopo Rogue!»
«Ciao piccole! E fate le brave!» le saluto mentre si allontanano prima di scostarmi dal portone e lasciare che si richiuda con un potente tonfo dietro di me, imprigionandomi nell’atrio del condominio.
Chiudo gli occhi e mi passo pollice e indice sulle palpebre chiuse. Che cosa sarà mai successo, questa volta?
Lancio un’occhiata omicida su per la tromba delle scale prima di imboccarle e raggiungere il nostro pianerottolo molto più in fretta di quel che avrei voluto. Non devo nemmeno accostarmi alla porta per capire, così come d’altra parte non ha fatto nessuna fatica a capirlo Mira, che stanno discutendo. Di nuovo. 
Perché?
Perché a me?
Per un attimo ventilo l’ipotesi di girarmi, infilare di nuovo le scale e andarmene, lasciandoli al loro litigio e a loro stessi, ma il pensiero di Frosch mi tiene incollato qui e mi attira peggio di una calamita. Non posso lasciarlo solo, tutt’al più che sono sicuro che saranno tutti e due talmente impegnati a tenere il broncio l’uno all’altra stasera che sperare che si ricordino di dare da mangiare a lui e Lector e quanto di più utopico io riesca a immaginare.
Ergo, non posso scamparla e comunque per il bene di Frosch farei questo ed altro.
Estraggo le chiavi, prendo un profondo respiro, infilo nella toppa, giro e apro.
«…supervisionarti ogni volta che usi il computer!»
«Io non ho fatto niente, stavo solo controllando la mia casella di posta.»
Mi richiudo la porta alle spalle mentre li studio da dietro il mio sempre troppo lungo ciuffo nero. Lei seduta sul divano, la schiena bella dritta, il mento un po’ sollevato, l’espressione tranquilla che non lascia trapelare nulla. Lui in piedi in mezzo alla sala, i pugni stretti lungo i fianchi, gli occhi sgranati e le labbra un po’ aperte in un’espressione incredula. Mi basta un’occhiata per esserne certo. Gli sono iniziate le mestruazioni.
«Stavi solo… E allora mi spieghi come ha fatto impallarsi?! Di nuovo?!»
«Non ne ho idea.» si stringe nelle spalle Yukino, calma come un quadro. «Sei tu l’informatico.»
Trattengo un sospiro. Non che si accorgerebbero di me neppure se mi facessi saltare in aria, in questo momento, ma non voglio comunque rischiare di dare manforte all’uno o all’altra. Non è questo il mio ruolo. Io sono quello che media qui. Quello che interviene quando la discussione si fa troppo accesa, quello che li convince a venire a tavola quando optano per lo sciopero della fame, quello che, mentre loro litigano, finisce ciò che avevano iniziato prima di mettersi a litigare.
E poi Laxus mi chiede come faccio a essere così bravo con le bambine.
Il punto è che qui non posso non spezzare una piccola lancia per Sting. Perché è vero, e lo sa anche lei, che Yukino e la tecnologia sono peggio delle Mentos nella Coca-cola. Non lo fa apposta ma spesso i dispositivi elettronici danno segni di mancamento quando c’è lei nei paraggi e il computer è il meno collaborativo di tutti. Ogni volta che lo usa succede qualcosa sebbene, e sono io testimone oculare, non faccia niente di diverso da quello che faccio io quando lo uso.
Una volta è sparita la barra delle applicazioni.
Una volta tutte le icone del desktop sono finite in una cartella così infognata nei meandri della memoria interna che neppure Sting era a conoscenza della sua esistenza.
Una volta ha bloccato il tastierino numerico laterale ma anche schiacciando il tasto apposito non si sbloccava.
E potrei continuare ancora per molto.
Ma anche se posso capire il nervosismo di Sting, che quando non lavora passa più tempo a sistemare il computer fisso della casa che a usare il suo personale PC portatile, questo non giustifica l’esplosione che segue.
«Sì ma io non lo faccio per hobby l’informatico! È il mio lavoro e passo già la giornata a sistemare i casini degli altri, poi torno a casa e devo sistemare anche i tuoi?!»
Ora chiariamo, Sting non è una persona cattiva. Lo definirei più che altro… passionale, ecco. Ma non è per il computer che è così arrabbiato.
Non è il computer il problema.
«Dovrei suggerire a qualche hacker di dare il tuo nome a un virus!» 
Il problema è lei.
Non la sopporta.
Non si sopportano.
«Ma di quelli grossi, che mandano in palla sistemi governativi come Face!»
E tirano fuori il peggio l’uno dell’altra.
Yukino si irrigidisce. Voglio dire più di quanto già non lo sia, è un cambiamento tanto impercettibile che un occhio non allenato e nudo non lo coglierebbe mai. Ma io sono il suo migliore amico e per di più sono già abituato con Seilah, che sotto certi aspetti le somiglia. E quindi non fatico a vedere come la sua schiena si inarca leggermente, perché più dritta di com’era già sarebbe impossibile, come solleva impercettibilmente il mento, come dilata per un millisecondo le narici.
«Quanto meno sul PC non c’era niente di importante. A differenza del carico di bianchi di settimana scorsa che ora sono tutti rosa perché qualcuno ci ha infilato in mezzo una propria canottiera rossa pensando che non fosse un problema lavare tutto insieme.»
Me ne accorgo io ma non se ne accorge Sting, che sgrana gli occhi, indignato dal paragone. Rompo ogni indugio e faccio un passo verso di loro, deciso a intervenire. Troppo tardi ovviamente.   
«Non è neanche lontanamente paragonabile! Come se poi per te sia stato questo grosso problema ritrovarti l’intimo rosa! Sei una donna ed è pure il tuo colore preferito! Mica hai dovuto ricomprare tutto tu!»
Chiudo gli occhi rassegnato.
So cosa vi state chiedendo ora, me lo sto chiedendo anche io. Perché vivono insieme se non si sopportano?
E la risposta è che è colpa mia. Perché Yukino non vuole vivere da sola e Sting non se lo può permettere e io voglio troppo bene a entrambi per scegliere per loro che, chiaramente, sperano ancora nella resa l’uno  dell’altra.
Yukino scatta in piedi, fastidio e disappunto ora visibili sul suo volto, a pochi centimetri da quello di Sting.
«Per tua norma e regola, il mio colore preferito è l’azzurro e questa è una delle affermazioni più sessiste che abbia mai sentito in vita mia.» sibila rabbiosa, prima di lasciare la stanza a passo di carica e sbattersi con violenza la porta di camera sua alle spalle.
Sobbalzo quando il tonfo riecheggia per il corridoio.
Magnifico.
Dovrò fare la macumba per convincerla a mangiare stasera.
So anche che ora vi state chiedendo perché, allora, non me ne vado io.
Sting fissa per una manciata di secondi il punto dove si trovava Yukino poco fa prima di voltarsi verso di me, incredulo.
«Cioè no dico!» esclama rivolto a me, senza nemmeno preoccuparsi di salutarmi, indicando a braccio teso il corridoio in direzione della zona notte. «L’hai sentita?!»
Scuoto la testa rassegnato mentre mi avvio verso la cucina per dar da mangiare a Lector e Frosch che miagolano impazienti.
Anche questa risposta è molto semplice.
Non posso.  
Se me ne andassi, finirebbero per distruggersi a vicenda.
E anche se non è mio compito stare qui e mediare, lo faccio lo stesso perché sono entrambi importanti per me.
Lo faccio per loro.
Lo faccio con tutto l’amore che posso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice: 
Lo so, lo so, questo prologo è corto ma purtroppo il tempo è stato tiranno e io ci tenevo troppo a pubblicare oggi. 
Ringrazio tutti voi che avete letto fin qui ma soprattutto ringrazio tutti gli utenti del FairyPiece che hanno contribuito a organizzare questo evento, tutti coloro che hanno partecipato con una One Shot, Flashsic, Drabble, Long, Short Long, Trilogia, Saga, Romanzo apocalittico, Ciclo Arturiano ma soprattutto ringrazio Zomi, che si è presa la briga e l'impegno di riproporre l'evento, creare il banner, profodere un grande impegno in questo e in generale nel Forum, tenendolo vivo e attivo. Grazie mille di cuore a te e a tutti voi.
E che lo shipp sia con voi! XD 
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