Ispirato a varie cose: alla frase di Stephen alla
convention che ha
detto di volere Green Arrow senza un braccio, non sa perche’
ma lo vuole (e mi
sa tanto di spoiler, quell’uomo scherzando dice molte cose) e
a una conseguente
mia personale teoria in argomento, all’ episodio di Legends
del 2046 con effettivamente
lui senza un braccio, al compleanno di Oliver nella serie, alla foto di
Emily
che sotto al cappottino porta un abito elegante, a tante cose lette su
Twitter,
al capitolo 6 del libro appena uscito Arrow: a generation of Vipers, e
ovviamente ai miei tremila film mentali in argomento
😊
Piccolo regalo di Pasqua. Spero vi
piaccia. Bacio e Tanti
Auguri a tutte!
Un rumore improvviso lo aveva
svegliato. Forse una folata di
vento contro il vetro della finestra della camera da letto. Lui aveva
il sonno
leggero ed erano stati giorni tempestosi quelli recenti a Star City.
Nonostante
tutto lo sviluppo tecnologico, i robot, l’automazione che
sembravano governare
quella citta’ ultramoderna il tempo atmosferico era ancora
una delle cose non
si riuscivano ancora a controllare. Non del tutto almeno.
La forza della natura era potente e
imprevedibile. Lui
l’aveva conosciuta bene. E la rispettava.
Le cifre a led rossi della sveglia
sul comodino scattarono in
quel momento. Erano le 6. Le
6 del
mattino del 17 maggio 2046. Il giorno del suo compleanno. Oliver Jonas
Queen compiva
61 anni quel giorno.
Glielo avessero detto anni prima,
molti anni non avrebbe mai
creduto che avrebbe raggiunto quell’eta’.
Quando il Gambit era naufragato. Quei
5 anni di inferno tra
Lian Yu, Hong Kong, la Russia. Quando aveva subito tutte quelle atroci
torture.
Quando gli avevano fatto credere di essere un mostro. Quando era stato
ad un
passo dal perdere tutto quello di cui gli importava davvero. Quando lo
avevano
menomato. Quando aveva guardato in faccia la morte. Tantissime volte. E
invece
era ancora vivo.
Ferito, provato, ammaccato da tutte
le prove che aveva
dovuto affrontare in quella sua dura vita. Ma vivo, indomito.
Invecchiato ma
ancora forte.
La sua forza dormiva serenamente sul
suo petto, come da
tanti anni, circondata dall’unico braccio che gli era
rimasto. La sua guancia e
la mano destra appoggiate sul suo torace. I capelli corti e adesso
striati di
grigio, bianco, rosa e viola che gli solleticavano il collo e il mento.
La luce
della sua vita, che ancora illuminava i suoi passi. Il suo amore. Il
suo cuore.
Felicity Smoak Queen.
Non si stancava mai di pensare alla
musicalita’ di quei due
cognomi uniti, anche se lei si ostinava caparbiamente a voler usare il
suo,
Smoak.
Lei non era cambiata. Anche se adesso
le rughe circondavano
i suoi bellissimi occhi da gatta che l’eta’ non
aveva offuscato, anche se gli
occhiali erano stati soppiantati da un moderno impianto bionico interno
che le
aveva corretto la miopia e la presbiopia da eta’, e
l’impianto che la faceva
camminare era stato potenziato, anche se lei scherzando si diceva
vecchia e
grassa ogni volta che facevano l’amore … e lo
facevano ancora spesso e con
passione, penso’ sorridendo. La sua figuretta si era
arrotondata ma la sua
pelle era sempre morbida e profumata, le sue braccia accoglienti, il
suo corpo
sensibile e recettivo. Ogni volta si perdevano, l’uno
nell’altra, in quella
magia che era rimasta inalterata in tutti quegli anni vissuti insieme.
Quell’intimita’ che condividevano da piu’
di trent’anni, il desiderio tra di
loro che non era ancora scemato. Ogni volta che dentro di lei era come
tornare
a casa.
Ogni volta che lei sollevava la testa
e alzava lo sguardo
verso di lui, era ancora la stessa ragazza dai capelli biondi raccolti
a coda e
con la camicia rosa che lo aveva fissato con chiara espressione
‘non
raccontarmi delle balle’ in quello stanzino dell’
IT della Queen Consolidated,
quando nel lontano 2012 si erano incontrati per la prima volta. Il
giorno che
gli aveva cambiato per sempre la vita. In meglio. Non fosse stato per
lei e per
il suo fratello John Diggle lui sarebbe rimasto un uomo perso, un
mostro. Non
sarebbe mai diventato l’uomo che era. L’eroe che
era stato. E che continuava a
essere.
Non fosse stato per lei avrebbe
mollato tutto. Quando aveva
perso il braccio. Quando Talia e Prometheus lo avevano menomato. Quel
braccio
reciso di netto. Il sangue perso. Il dolore che aveva sentito. Il suo
sentirsi
inadeguato e diminuito. Il suo volerla allontanare di nuovo per il suo
bene. Si
erano appena riappacificati. E ancora una volta aveva creduto di non
poterla
avere. Che lasciarla andare fosse per il meglio. Che meritasse
piu’ di un uomo
ridotto come lui.
Ma lei non aveva ceduto. Non lo aveva
abbandonato. Era
rimasta al suo fianco, come sempre. Gli aveva ridato tutto il suo
amore, la sua
fiducia. Era amore non pieta’. Lo aveva convinto. Di nuovo. E
definitivamente.
Non si erano piu’ lasciati da allora.
La miglior decisione che avesse mai
preso nella sua vita.
Non rimpiangeva nulla. Anzi, no. Rimpiangeva quell’anno
lontano da lei, dopo la
loro rottura per via del segreto di William. Avrebbe dovuto combattere
per lei,
per riaverla. E invece entrambi erano stati lontani. Quel loro strano
patto di
vicinanza/lontananza. Avevano sofferto. Avevano tentato di dimenticare,
di
andare avanti con altri. Susan. Billy. Quei nomi.. era passata davvero
una
vita. Ma non si puo’ soffocare il vero amore. Non si
puo’ decidere chi amare e
chi non amare. Non si puo’ perdere l’unica persona
con la quale sei la migliore
parte di te stesso. Quella era la lezione che aveva imparato. Che
avevano
imparato.
Felicity emise un lieve sospiro nel
sonno. Lui le bacio’ i
capelli con delicatezza, con dolcezza.
Lei si sveglio’.
Alzo’
la testa sorridendo e si allungo’ per dargli un
bacio, accarezzandogli
la guancia.
Anche la sua barba non era
piu’ quella corta e rossiccia di
un tempo, ma piu’ lunga, un po’ piu’
ispida e pure lei striata di grigio, come
le basette. Quella barba che le pizzicava il palmo, la solita e
confortante
sensazione sulla pelle. Dalla guancia risali’ ad
accarezzargli i capelli, dalle
mille sfumature bionde, oro, rosso, nero e ora larghe strisce di
grigio. Il suo
fascino, la forza di quel volto. E quei suoi amati e profondi occhi
azzurri.
Spiccavano ancora di piu’ sul suo volto squadrato, segnato
dal tempo e dalla
vita. Era sempre la sua roccia, il suo corpo, segnato da mille
cicatrici che
ora erano diventati quasi solchi come quelli sulla corteccia degli
alberi, era
ancora prestante e sempre ben allenato. Ma non era per il suo corpo o
per il
suo aspetto, per quanto ancora attraente e sexy per lei come quando lo
aveva
conosciuto, che lo amava.
Lui ricambio’ il tenero
bacio, a lungo, succhiandole
leggermente le labbra, indugiando su di esse.
“Buongiorno Signor
Queen” la sua dolce voce, leggermente
gutturale, quella luce nei suoi occhi
“Buongiorno Signora Smoak
Queen” quel tono sommesso che
usava solo con lei
“Buon compleanno, vecchio
amore mio” sorrise lei
“Chi e’
vecchio?” ritorse subito lui. E per vendetta le fece
il solletico ribaltandola sul letto di schiena. Aveva un braccio solo
ma
bastava, e la sua forza era sempre notevole.
“Ah no ..fermo no
no!” Giocosi,
ridenti… Come nessuno li vedeva mai.
Quei momenti solo fra di loro, nel loro letto.
Quando finirono le risate si
fissarono intensamente, come era
normale fra loro, da sempre. Lui sopra di lei, che si sosteneva sul
braccio
posato a lato del cuscino.
Felicity sembro’
rattristarsi un attimo, mentre gli
accarezzava il petto, la mano si soffermo’ sopra il tatuaggio
che da parecchi
anni ormai portava sul pettorale destro, sotto la cicatrice che glielo
rigava,
alla stessa altezza dove a sinistra aveva avuto il tatuaggio Bratva.
Bruciato e
devastato quello. Netto e ancora ben definito l’altro. Tre
lettere. FWH.
Le mani di lei, piccole e capaci,
dalle unghie ancora
colorate, anche se aveva quasi sessant’anni. Le sue dita
lievi, le sole a
conoscere tutte le cicatrici, le bruciature, gli squarci sulla sua
pelle. Lei gli
accarezzo’ il collo e le spalle con quelle mani, scese lungo
il braccio sano e il
moncherino del braccio sinistro. Ogni volta che lo accarezzava e lo
guardava
cosi’ con amore, senza ombra di ritrosia o di ripugnanza, lo
rendeva suo
schiavo d’amore per l’eternita’.
“Avrei voluto farti un
regalo particolare ma..” comincio’
lei
“Tu sei il mio regalo
speciale. Tutti gli anni. Da piu’ di
trent’anni.” La blocco’ lui. La bacio’
di nuovo
“Si, ma..”
“Ti ricordi il nostro primo
ballo insieme?”
“Potrei mai dimenticarlo?
Credevo non sapessi ballare e
invece.. !”
“Beh, il fatto che non lo
facessi non significava che non
fossi capace di farlo..”
Nemmeno lui lo avrebbe mai
dimenticato. 17 Maggio 2017. Lui
reduce dalle torture di Prometheus e appena rimesso sulla retta via da
Diggle.
Lei appena recuperata dalle grinfie di Helix e consapevole di aver
sperimentato
l’oscurita’. Entrambi avevano camminato nelle
scarpe dell’altro. Avevano
sperimentato cosa aveva provato l’altro. Il perche’
di certe azioni fatte
dall’altro. E avevano messo le carte in tavola. Si erano
parlati. Parlati
davvero, dopo tanto, troppo tempo. E avevano cominciato il loro lento
cammino
di riavvicinamento.
Lui era il sindaco di Star City e
avevano organizzato il
party del suo compleanno. Ricordava che all’epoca non era
proprio dell’umore
adatto per un party. Ma non poteva esimersi. E poi. Lei. Era comparsa
lei. Dopo
i loro scontri. Dopo le discussioni. Dopo tutto quel che era successo.
Una
visione. Nel suo abitino rosso e arancio, la gonna corta (una delle
cose che
amava di lei, e le sue gonne non erano mai troppo corte per lui), i
sandali dal
tacco altissimo, i suoi orecchini, il suo sorriso. Lei. Inimitabile
Felicity.
La sua Felicity.
Si era avvicinato deciso, come mai
nella sua vita. Lei lo
aveva guardato avvicinarsi, gli occhi nei suoi, non lo aveva
abbandonato un
attimo con gli occhi. E quando gli era stato davanti
“Felicity, vuoi ballare con
me?”
Non riusciva a crederci. Lui. Lui che
non ballava mai. Lui
che glielo aveva chiesto una volta, alla festa della madre, tanto tempo
prima.
Ma c’era Barry. E lei a quell’epoca avrebbe ballato
scalza in Alaska piuttosto.
Lui era narcisista, geloso e
intrattabile. Adesso era
cresciuto. Ferito e provato, ma cresciuto. Piu’ uomo.
Piu’ consapevole di se’
stesso.
Quelle sue parole erano state
piu’ di un semplice invito a
ballare. E infatti, ballavano insieme da una vita.
Non era stata facile. La sua
menomazione. Le protesi, sempre
piu’ sofisticate. Il suo impegno per rimettersi in piedi
ancora una volta. La
lotta al crimine che era proseguita, con vecchi e nuovi cattivi sulla
loro
strada. I nuovi
allievi al covo che
erano cresciuti all’ombra della sua esperienza.
E nella cosiddetta versione civile
della sua vita Il
suo esempio come persona con handicap che
pero’ lotta per avere una vita normale. E con successo. Si
era ripreso
l’azienda di famiglia, con l’aiuto di Bruce Wayne e
della Wayne Enteprises. E
la dirigeva. Ma non per questo non dimenticava che altre persone
avevano
problemi a causa di una menomazione come lui. Ancora adesso andava
nelle scuole
e non lesinava aiuti alle organizzazioni non profit di categoria.
E soprattutto era il miglior
testimonial della azienda di
Felicity, la Smoak Technologies, leader nel campo degli apparecchi
bio-medicali
e della produzione delle protesi piu’
sofisticate ed efficaci che esistessero al mondo. Tutti
gli studi per la
creazione del suo braccio robotico avevano
migliorato la vita di tante
persone
con lo stesso problema. Ma come spiegava sempre lui il primo passo era
la
volonta’ di rialzarsi, di combattere.
Oltre alla vita
notturna da vigilanti si erano realizzati nella vita vera
di tutti i
giorni. Ma la base di tutto era il loro amore. La certezza
dell’uno a fianco
dell’altra. L’affiatamento. La condivisione. Di
tutto. Non c’erano piu’ stati
bugie e segreti fra loro.
C’erano state tante
difficolta’, certo. Il loro
riavvicinamento era stato graduale. Ma c’era stata anche
tanta felicita’ mischiata
alle difficolta’. La nuova proposta di matrimonio. Celebrato
a Bali. Il ritorno
di William nelle loro vite dopo la prematura scomparsa di Samantha. Lei
che era
diventata praticamente una madre per lui. E poi Hope. La loro figlia
biologica.
Quanta paura per quella gravidanza a rischio. Che lei aveva voluto
proseguire a
tutti i costi, nonostante il pericolo dovuto al suo impianto nella
schiena. Mesi
a letto, immobile. Voleva quel bambino come mai aveva voluto qualcosa,
tranne
l’ amore e la presenza di Oliver nella sua vita. Il terrore,
l’apprensione di
lui al pensiero di poterla perdere, di perdere entrambe. La gioia
immensa della
sua nascita. L’avevano chiamata Hope. Speranza. FWH = Felicity. William.
Hope. Le persone piu’
importanti della sua vita. Tatuate sulla sua pelle. Marchiate su di
lui. Dentro
al suo cuore.
Tutto questo si dissero solo con gli
occhi. Non c’era
bisogno di tante parole fra di loro. Sguardi intensi. Di profonda
intesa. Di un
legame radicato, appassionato, ineguagliabile, immarcescibile. Che non
sarebbe
mai finito. Amore infinito.
Un altro piccolo bacio. Oliver si
alzo’, sapeva che non
avrebbe piu’ dormito.
“Dormi ancora un
po’, Felicity”
“No, adesso mi alzo
anch’io. Ti va una colazione di
compleanno?”
“Forse se la preparo
io..” Oliver alzo’ semplicemente un
sopracciglio. Tanti anni insieme e lei ancora non sapeva cuocere un uovo
“Ok, ok. Almeno il
caffe’ pero’ lo so fare!”
Butto’ a lato
le coperte decisa e se ne ando’ in cucina. La
osservo’ allontanarsi per un po’,
il passo deciso, i piccoli piedi che sfioravano la moquette, le gambe
ancora
nervose che spuntavano dalla corta camicia da notte azzurra che portava.
Era entrato in bagno per la doccia.
Dopo si era infilato un
paio di pantaloni del pigiama di seta nera che gli accarezzava la
pelle.
Tornato in camera aveva fissato il braccio robotico fissato sul suo
apposito
supporto. Quella tecnologia che gli permetteva di compiere quasi tutti
i movimenti
di un braccio normale. I primi tempi lo aveva visto come un nemico da
combattere. Non accettava la mancanza del braccio. Ma poi lei lo aveva
scosso,
come sempre, gli aveva fatto vedere la cosa da un’altra
angolazione. Una sfida,
si. Ma per migliorarsi. Per ripartire. C’era
un’altra strada. L’ombra di un
sorriso gli sfioro’ le labbra piene. Si, con lei
c’era sempre un’altra strada. Se
lo infilo’ e si guardo’ allo specchio. Il contrasto
tra la pelle segnata dalle
cicatrici del suo torso e la protesi era stridente. Sembrava un insieme
di
rovine con a lato un grattacielo di nuova costruzione. Un paradosso.
Come era
lui. Emise un sospiro. Inutile rimuginare
su quel che non poteva essere cambiato.
Il profumo del caffe’
raggiunse le sue narici insieme alla
voce di lei “Oliver, vieni, il caffe’ e’
pronto!”
Usci’ dalla camera da
letto.
Ma invece di andare in cucina si
fermo’ nel salotto, dal
quale si poteva avere una bellissima vista della citta’ dalla
vetrata. Il sole
stava sorgendo, la luce lambiva i piani alti dei grattacieli. Era raro
vedere
la luce del sole in quella citta’, cresciuta a dismisura in
altezza, sempre
scura, che sembrava avvolta in una cappa nera. Rimiro’ per un
attimo quella
veduta. Era la sua citta’, la citta’ che amava, per
la quale aveva tanto
lottato. Non si poteva dire una citta’ modello, anzi la
poverta’ continuava a
regnare in alcune parti della citta’. Ma il livello di
deliquenza era inferiore
a quello di molte altre citta’, per quanto cupa Star City era
piu’ sicura di un
tempo. Ed era fiero
di aver contribuito
e di contribuire a tutto questo.
Si senti’ abbracciare da
dietro, un bacio contro la pelle
frastagliata della schiena. Si giro’ leggermente per
accoglierla fra le
braccia, aveva in mano due tazze di caffe’ fumante, ne prese
una.
“Sappi che tua figlia ti fa
gli auguri, quando accenderai il
cellulare vedrai.”
Hope era di stanza in Australia come
responsabile presso la
filiale locale della Queen Inc. Intelligente, capace, intraprendente,
indipendente. E decisa. Come sua madre, amava pensare lui.
“E i ragazzi ti hanno
mandato quelli.” Felicity fece un
cenno verso il tavolino in soggiorno. Un mazzo di fiori.
Erano diventati rarissimi, i fiori.
Costavano una fortuna. Oliver
si avvicino’ quel tanto per vedere il biglietto sotto al vaso.
“Tanti auguri
papa’.
William, Sarah, Sammy Fel e Ollie.”
Papa’.. ogni volta che
sentiva o vedeva scritta quella
parola da William il suo cuore si attorcigliava. Ripensava sempre a
quando lo
aveva mandato via per la sua sicurezza. A quel che gli era costato. E a
quel
che avevano passato quando era rientrato nella sua vita.
Avevano avuto i loro problemi, molte
discussioni, scontri.
Felicity affermava che non poteva essere diversamente, avevano lo
stesso
carattere cocciuto e ostinato. Ma si volevano bene. E quando
c’e’ amore tutto
si risolve.
William poi aveva trovato un suo
equilibrio. Lavorava con
Felicity alla Smoak Technologies come responsabile amministrativo.
Aveva
sposato Sarah Diggle e cosi’ il suo fratello e braccio destro
era anche suo
consuocero. I
bambini, Samantha Felicity
(Sammy Fel per la famiglia) e Oliver erano la loro gioia. E a volte
partecipava
pure alle ronde al covo. Suo padre era stato il suo eroe da piccolo. Lo
era
rimasto anche da grande.
Oliver guardo’ sua moglie
quasi commosso. Lei gli fece un
piccolo sorriso comprensivo.
Poi, per non farsi prendere
dall’emozione si schiari la
gola, si giro’ e si avvicino’ di di nuovo alla
vetrata verso la citta’, seguito
da lei.
L’abbraccio’ di
nuovo, sorseggiarono il caffe’ insieme,
lasciando vagare i pensieri, in quella mattina luminosa.
Era un uomo fortunato. Dopo tanto
lottare, tante sofferenze,
tante prove aveva un tesoro preziosissimo: la sua famiglia. Avrebbe
continuato
a lottare per la sua famiglia e per la sua citta’. Per la sua
casa. Per lui. E
per lei, che era la parte migliore di lui.
Appoggio’ il
caffe’ sulla balaustra, e tolse la tazza dalle
mani di Felicity, che lo guardo’ un po’ stupita.
La strinse al petto con delicatezza.
Lei appoggio’ la
guancia sul suo cuore, come faceva di solito. Lo sentiva battere,
costante e
regolare sotto l’orecchio.
“Balla sempre con me, amore
mio.”
“Sempre Oliver. Ti
amo.”
Un bacio infuocato, un abbraccio
ardente li uni’ ancora una
volta. Una danza senza fine.
-----------------------------
Ecco qua. Una mia versione del 2046
meno ‘nera’ e disperata
di Legends, se lo meritano vi pare? Entrambi.
E se sono insieme, il loro futuro non
sara’ nero. Pieno di
difficolta’ ma anche di felicita’. Una vita
insieme.
Per Arrow a Generation of Vipers (in
inglese) che trovate su
Amazon: il capitolo 6 e’ Olicity, di quell’Olicity
normale, semplice,
quotidiano e tenero misto al loro impegno nella lotta contro il crimine
che
tanto vorrei rivedere nella serie. E
verso la fine del libro Felicity dice a Barry Allen “ I
can’t lose him. “
They cant’ lose each other,
sarebbe meglio dire.
Un bacio e a prestissimo!