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Autore: JEANPAGET    09/04/2017    4 recensioni
17.05.2046 compleanno di Oliver Queen. E… in attesa del finale di stagione sogniamo un po’.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Ispirato a varie cose:  alla frase di Stephen alla convention che ha detto di volere Green Arrow senza un braccio, non sa perche’ ma lo vuole (e mi sa tanto di spoiler, quell’uomo scherzando dice molte cose) e a una conseguente mia personale teoria in argomento, all’ episodio di Legends del 2046 con effettivamente lui senza un braccio, al compleanno di Oliver nella serie, alla foto di Emily che sotto al cappottino porta un abito elegante, a tante cose lette su Twitter, al capitolo 6 del libro appena uscito Arrow: a generation of Vipers, e ovviamente ai miei tremila film mentali in argomento  😊

Piccolo regalo di Pasqua. Spero vi piaccia. Bacio e Tanti Auguri a tutte!

 

Un rumore improvviso lo aveva svegliato. Forse una folata di vento contro il vetro della finestra della camera da letto. Lui aveva il sonno leggero ed erano stati giorni tempestosi quelli recenti a Star City. Nonostante tutto lo sviluppo tecnologico, i robot, l’automazione che sembravano governare quella citta’ ultramoderna il tempo atmosferico era ancora una delle cose non si riuscivano ancora a controllare. Non del tutto almeno.

La forza della natura era potente e imprevedibile. Lui l’aveva conosciuta bene. E la rispettava.

Le cifre a led rossi della sveglia sul comodino scattarono in quel momento. Erano le 6.  Le 6 del mattino del 17 maggio 2046. Il giorno del suo compleanno. Oliver Jonas Queen compiva 61 anni quel giorno.

Glielo avessero detto anni prima, molti anni non avrebbe mai creduto che avrebbe raggiunto quell’eta’.

Quando il Gambit era naufragato. Quei 5 anni di inferno tra Lian Yu, Hong Kong, la Russia. Quando aveva subito tutte quelle atroci torture. Quando gli avevano fatto credere di essere un mostro. Quando era stato ad un passo dal perdere tutto quello di cui gli importava davvero. Quando lo avevano menomato. Quando aveva guardato in faccia la morte. Tantissime volte. E invece era ancora vivo.

Ferito, provato, ammaccato da tutte le prove che aveva dovuto affrontare in quella sua dura vita. Ma vivo, indomito. Invecchiato ma ancora forte.

La sua forza dormiva serenamente sul suo petto, come da tanti anni, circondata dall’unico braccio che gli era rimasto. La sua guancia e la mano destra appoggiate sul suo torace. I capelli corti e adesso striati di grigio, bianco, rosa e viola che gli solleticavano il collo e il mento. La luce della sua vita, che ancora illuminava i suoi passi. Il suo amore. Il suo cuore. Felicity Smoak Queen.

Non si stancava mai di pensare alla musicalita’ di quei due cognomi uniti, anche se lei si ostinava caparbiamente a voler usare il suo, Smoak.

Lei non era cambiata. Anche se adesso le rughe circondavano i suoi bellissimi occhi da gatta che l’eta’ non aveva offuscato, anche se gli occhiali erano stati soppiantati da un moderno impianto bionico interno che le aveva corretto la miopia e la presbiopia da eta’, e l’impianto che la faceva camminare era stato potenziato, anche se lei scherzando si diceva vecchia e grassa ogni volta che facevano l’amore … e lo facevano ancora spesso e con passione, penso’ sorridendo. La sua figuretta si era arrotondata ma la sua pelle era sempre morbida e profumata, le sue braccia accoglienti, il suo corpo sensibile e recettivo. Ogni volta si perdevano, l’uno nell’altra, in quella magia che era rimasta inalterata in tutti quegli anni vissuti insieme. Quell’intimita’ che condividevano da piu’ di trent’anni, il desiderio tra di loro che non era ancora scemato. Ogni volta che dentro di lei era come tornare a casa.

Ogni volta che lei sollevava la testa e alzava lo sguardo verso di lui, era ancora la stessa ragazza dai capelli biondi raccolti a coda e con la camicia rosa che lo aveva fissato con chiara espressione ‘non raccontarmi delle balle’ in quello stanzino dell’ IT della Queen Consolidated, quando nel lontano 2012 si erano incontrati per la prima volta. Il giorno che gli aveva cambiato per sempre la vita. In meglio. Non fosse stato per lei e per il suo fratello John Diggle lui sarebbe rimasto un uomo perso, un mostro. Non sarebbe mai diventato l’uomo che era. L’eroe che era stato. E che continuava a essere.

Non fosse stato per lei avrebbe mollato tutto. Quando aveva perso il braccio. Quando Talia e Prometheus lo avevano menomato. Quel braccio reciso di netto. Il sangue perso. Il dolore che aveva sentito. Il suo sentirsi inadeguato e diminuito. Il suo volerla allontanare di nuovo per il suo bene. Si erano appena riappacificati. E ancora una volta aveva creduto di non poterla avere. Che lasciarla andare fosse per il meglio. Che meritasse piu’ di un uomo ridotto come lui.

Ma lei non aveva ceduto. Non lo aveva abbandonato. Era rimasta al suo fianco, come sempre. Gli aveva ridato tutto il suo amore, la sua fiducia. Era amore non pieta’. Lo aveva convinto. Di nuovo. E definitivamente. Non si erano piu’ lasciati da allora.

La miglior decisione che avesse mai preso nella sua vita. Non rimpiangeva nulla. Anzi, no. Rimpiangeva quell’anno lontano da lei, dopo la loro rottura per via del segreto di William. Avrebbe dovuto combattere per lei, per riaverla. E invece entrambi erano stati lontani. Quel loro strano patto di vicinanza/lontananza. Avevano sofferto. Avevano tentato di dimenticare, di andare avanti con altri. Susan. Billy. Quei nomi.. era passata davvero una vita. Ma non si puo’ soffocare il vero amore. Non si puo’ decidere chi amare e chi non amare. Non si puo’ perdere l’unica persona con la quale sei la migliore parte di te stesso. Quella era la lezione che aveva imparato. Che avevano imparato.

Felicity emise un lieve sospiro nel sonno. Lui le bacio’ i capelli con delicatezza, con dolcezza.

Lei si sveglio’. Alzo’  la testa sorridendo e si allungo’ per dargli un bacio, accarezzandogli la guancia.  

Anche la sua barba non era piu’ quella corta e rossiccia di un tempo, ma piu’ lunga, un po’ piu’ ispida e pure lei striata di grigio, come le basette. Quella barba che le pizzicava il palmo, la solita e confortante sensazione sulla pelle. Dalla guancia risali’ ad accarezzargli i capelli, dalle mille sfumature bionde, oro, rosso, nero e ora larghe strisce di grigio. Il suo fascino, la forza di quel volto. E quei suoi amati e profondi occhi azzurri. Spiccavano ancora di piu’ sul suo volto squadrato, segnato dal tempo e dalla vita. Era sempre la sua roccia, il suo corpo, segnato da mille cicatrici che ora erano diventati quasi solchi come quelli sulla corteccia degli alberi, era ancora prestante e sempre ben allenato. Ma non era per il suo corpo o per il suo aspetto, per quanto ancora attraente e sexy per lei come quando lo aveva conosciuto, che lo amava.

Lui ricambio’ il tenero bacio, a lungo, succhiandole leggermente le labbra, indugiando su di esse.

“Buongiorno Signor Queen” la sua dolce voce, leggermente gutturale, quella luce nei suoi occhi

“Buongiorno Signora Smoak Queen” quel tono sommesso che usava solo con lei

“Buon compleanno, vecchio amore mio” sorrise lei

“Chi e’ vecchio?” ritorse subito lui. E per vendetta le fece il solletico ribaltandola sul letto di schiena. Aveva un braccio solo ma bastava, e la sua forza era sempre notevole.

“Ah no ..fermo no no!”  Giocosi, ridenti… Come nessuno li vedeva mai. Quei momenti solo fra di loro, nel loro letto.

Quando finirono le risate si fissarono intensamente, come era normale fra loro, da sempre. Lui sopra di lei, che si sosteneva sul braccio posato a lato del cuscino.

Felicity sembro’ rattristarsi un attimo, mentre gli accarezzava il petto, la mano si soffermo’ sopra il tatuaggio che da parecchi anni ormai portava sul pettorale destro, sotto la cicatrice che glielo rigava, alla stessa altezza dove a sinistra aveva avuto il tatuaggio Bratva. Bruciato e devastato quello. Netto e ancora ben definito l’altro. Tre lettere. FWH.

Le mani di lei, piccole e capaci, dalle unghie ancora colorate, anche se aveva quasi sessant’anni. Le sue dita lievi, le sole a conoscere tutte le cicatrici, le bruciature, gli squarci sulla sua pelle. Lei gli accarezzo’ il collo e le spalle con quelle mani, scese lungo il braccio sano e il moncherino del braccio sinistro. Ogni volta che lo accarezzava e lo guardava cosi’ con amore, senza ombra di ritrosia o di ripugnanza, lo rendeva suo schiavo d’amore per l’eternita’.

“Avrei voluto farti un regalo particolare ma..” comincio’ lei

“Tu sei il mio regalo speciale. Tutti gli anni. Da piu’ di trent’anni.” La blocco’ lui.  La bacio’ di nuovo

“Si, ma..”

“Ti ricordi il nostro primo ballo insieme?”

“Potrei mai dimenticarlo? Credevo non sapessi ballare e invece.. !”

“Beh, il fatto che non lo facessi non significava che non fossi capace di farlo..”

Nemmeno lui lo avrebbe mai dimenticato. 17 Maggio 2017. Lui reduce dalle torture di Prometheus e appena rimesso sulla retta via da Diggle. Lei appena recuperata dalle grinfie di Helix e consapevole di aver sperimentato l’oscurita’. Entrambi avevano camminato nelle scarpe dell’altro. Avevano sperimentato cosa aveva provato l’altro. Il perche’ di certe azioni fatte dall’altro. E avevano messo le carte in tavola. Si erano parlati. Parlati davvero, dopo tanto, troppo tempo. E avevano cominciato il loro lento cammino di riavvicinamento.

Lui era il sindaco di Star City e avevano organizzato il party del suo compleanno. Ricordava che all’epoca non era proprio dell’umore adatto per un party. Ma non poteva esimersi. E poi. Lei. Era comparsa lei. Dopo i loro scontri. Dopo le discussioni. Dopo tutto quel che era successo. Una visione. Nel suo abitino rosso e arancio, la gonna corta (una delle cose che amava di lei, e le sue gonne non erano mai troppo corte per lui), i sandali dal tacco altissimo, i suoi orecchini, il suo sorriso. Lei. Inimitabile Felicity. La sua Felicity.

Si era avvicinato deciso, come mai nella sua vita. Lei lo aveva guardato avvicinarsi, gli occhi nei suoi, non lo aveva abbandonato un attimo con gli occhi. E quando gli era stato davanti

“Felicity, vuoi ballare con me?”

Non riusciva a crederci. Lui. Lui che non ballava mai. Lui che glielo aveva chiesto una volta, alla festa della madre, tanto tempo prima. Ma c’era Barry. E lei a quell’epoca avrebbe ballato scalza in Alaska piuttosto.

Lui era narcisista, geloso e intrattabile. Adesso era cresciuto. Ferito e provato, ma cresciuto. Piu’ uomo. Piu’ consapevole di se’ stesso.

Quelle sue parole erano state piu’ di un semplice invito a ballare. E infatti, ballavano insieme da una vita.

Non era stata facile. La sua menomazione. Le protesi, sempre piu’ sofisticate. Il suo impegno per rimettersi in piedi ancora una volta. La lotta al crimine che era proseguita, con vecchi e nuovi cattivi sulla loro strada.  I nuovi allievi al covo che erano cresciuti all’ombra della sua esperienza.

E nella cosiddetta versione civile della sua vita  Il suo esempio come persona con handicap che pero’ lotta per avere una vita normale. E con successo. Si era ripreso l’azienda di famiglia, con l’aiuto di Bruce Wayne e della Wayne Enteprises. E la dirigeva. Ma non per questo non dimenticava che altre persone avevano problemi a causa di una menomazione come lui. Ancora adesso andava nelle scuole e non lesinava aiuti alle organizzazioni non profit di categoria.

E soprattutto era il miglior testimonial della azienda di Felicity, la Smoak Technologies, leader nel campo degli apparecchi bio-medicali e della produzione delle protesi piu’  sofisticate ed efficaci che esistessero al mondo. Tutti gli studi per la creazione del suo braccio robotico avevano  migliorato la vita di  tante persone con lo stesso problema. Ma come spiegava sempre lui il primo passo era la volonta’ di rialzarsi, di combattere.

Oltre alla vita  notturna da vigilanti si erano realizzati nella vita vera di tutti i giorni. Ma la base di tutto era il loro amore. La certezza dell’uno a fianco dell’altra. L’affiatamento. La condivisione. Di tutto. Non c’erano piu’ stati bugie e segreti fra loro.

C’erano state tante difficolta’, certo. Il loro riavvicinamento era stato graduale. Ma c’era stata anche tanta felicita’ mischiata alle difficolta’. La nuova proposta di matrimonio. Celebrato a Bali. Il ritorno di William nelle loro vite dopo la prematura scomparsa di Samantha. Lei che era diventata praticamente una madre per lui. E poi Hope. La loro figlia biologica. Quanta paura per quella gravidanza a rischio. Che lei aveva voluto proseguire a tutti i costi, nonostante il pericolo dovuto al suo impianto nella schiena. Mesi a letto, immobile. Voleva quel bambino come mai aveva voluto qualcosa, tranne l’ amore e la presenza di Oliver nella sua vita. Il terrore, l’apprensione di lui al pensiero di poterla perdere, di perdere entrambe. La gioia immensa della sua nascita. L’avevano chiamata Hope. Speranza.  FWH = Felicity. William. Hope. Le persone piu’ importanti della sua vita. Tatuate sulla sua pelle. Marchiate su di lui. Dentro al suo cuore.  

Tutto questo si dissero solo con gli occhi. Non c’era bisogno di tante parole fra di loro. Sguardi intensi. Di profonda intesa. Di un legame radicato, appassionato, ineguagliabile, immarcescibile. Che non sarebbe mai finito. Amore infinito.

Un altro piccolo bacio. Oliver si alzo’, sapeva che non avrebbe piu’ dormito.

“Dormi ancora un po’, Felicity”

“No, adesso mi alzo anch’io. Ti va una colazione di compleanno?”

“Forse se la preparo io..” Oliver alzo’ semplicemente un sopracciglio. Tanti anni insieme e lei ancora non sapeva cuocere un uovo

“Ok, ok. Almeno il caffe’ pero’ lo so fare!” Butto’ a lato le coperte decisa e se ne ando’ in cucina. La osservo’ allontanarsi per un po’, il passo deciso, i piccoli piedi che sfioravano la moquette, le gambe ancora nervose che spuntavano dalla corta camicia da notte azzurra che portava.

Era entrato in bagno per la doccia. Dopo si era infilato un paio di pantaloni del pigiama di seta nera che gli accarezzava la pelle. Tornato in camera aveva fissato il braccio robotico fissato sul suo apposito supporto. Quella tecnologia che gli permetteva di compiere quasi tutti i movimenti di un braccio normale. I primi tempi lo aveva visto come un nemico da combattere. Non accettava la mancanza del braccio. Ma poi lei lo aveva scosso, come sempre, gli aveva fatto vedere la cosa da un’altra angolazione. Una sfida, si. Ma per migliorarsi. Per ripartire. C’era un’altra strada. L’ombra di un sorriso gli sfioro’ le labbra piene. Si, con lei c’era sempre un’altra strada. Se lo infilo’ e si guardo’ allo specchio. Il contrasto tra la pelle segnata dalle cicatrici del suo torso e la protesi era stridente. Sembrava un insieme di rovine con a lato un grattacielo di nuova costruzione. Un paradosso. Come era lui. Emise un sospiro. Inutile rimuginare  su quel che non poteva essere cambiato.

Il profumo del caffe’ raggiunse le sue narici insieme alla voce di lei “Oliver, vieni, il caffe’ e’ pronto!”

Usci’ dalla camera da letto.

Ma invece di andare in cucina si fermo’ nel salotto, dal quale si poteva avere una bellissima vista della citta’ dalla vetrata. Il sole stava sorgendo, la luce lambiva i piani alti dei grattacieli. Era raro vedere la luce del sole in quella citta’, cresciuta a dismisura in altezza, sempre scura, che sembrava avvolta in una cappa nera. Rimiro’ per un attimo quella veduta. Era la sua citta’, la citta’ che amava, per la quale aveva tanto lottato. Non si poteva dire una citta’ modello, anzi la poverta’ continuava a regnare in alcune parti della citta’. Ma il livello di deliquenza era inferiore a quello di molte altre citta’, per quanto cupa Star City era piu’ sicura di un tempo.  Ed era fiero di aver contribuito e di contribuire a tutto questo.

Si senti’ abbracciare da dietro, un bacio contro la pelle frastagliata della schiena. Si giro’ leggermente per accoglierla fra le braccia, aveva in mano due tazze di caffe’ fumante, ne prese una.

“Sappi che tua figlia ti fa gli auguri, quando accenderai il cellulare vedrai.”

Hope era di stanza in Australia come responsabile presso la filiale locale della Queen Inc. Intelligente, capace, intraprendente, indipendente. E decisa. Come sua madre, amava pensare lui.

“E i ragazzi ti hanno mandato quelli.” Felicity fece un cenno verso il tavolino in soggiorno. Un mazzo di fiori.

Erano diventati rarissimi, i fiori. Costavano una fortuna. Oliver si avvicino’ quel tanto per vedere il biglietto sotto al vaso.

“Tanti auguri papa’.  William, Sarah, Sammy Fel e Ollie.”

Papa’.. ogni volta che sentiva o vedeva scritta quella parola da William il suo cuore si attorcigliava. Ripensava sempre a quando lo aveva mandato via per la sua sicurezza. A quel che gli era costato. E a quel che avevano passato quando era rientrato nella sua vita.

Avevano avuto i loro problemi, molte discussioni, scontri. Felicity affermava che non poteva essere diversamente, avevano lo stesso carattere cocciuto e ostinato. Ma si volevano bene. E quando c’e’ amore tutto si risolve.

William poi aveva trovato un suo equilibrio. Lavorava con Felicity alla Smoak Technologies come responsabile amministrativo. Aveva sposato Sarah Diggle e cosi’ il suo fratello e braccio destro era anche suo consuocero.  I bambini, Samantha Felicity (Sammy Fel per la famiglia) e Oliver erano la loro gioia. E a volte partecipava pure alle ronde al covo. Suo padre era stato il suo eroe da piccolo. Lo era rimasto anche da grande.

Oliver guardo’ sua moglie quasi commosso. Lei gli fece un piccolo sorriso comprensivo.

Poi, per non farsi prendere dall’emozione si schiari la gola, si giro’ e si avvicino’ di di nuovo alla vetrata verso la citta’, seguito da lei.

L’abbraccio’ di nuovo, sorseggiarono il caffe’ insieme, lasciando vagare i pensieri, in quella mattina luminosa.

Era un uomo fortunato. Dopo tanto lottare, tante sofferenze, tante prove aveva un tesoro preziosissimo: la sua famiglia. Avrebbe continuato a lottare per la sua famiglia e per la sua citta’. Per la sua casa. Per lui. E per lei, che era la parte migliore di lui.

Appoggio’ il caffe’ sulla balaustra, e tolse la tazza dalle mani di Felicity, che lo guardo’ un po’ stupita.

La strinse al petto con delicatezza. Lei appoggio’ la guancia sul suo cuore, come faceva di solito. Lo sentiva battere, costante e regolare sotto l’orecchio.

“Balla sempre con me, amore mio.”

“Sempre Oliver. Ti amo.”

Un bacio infuocato, un abbraccio ardente li uni’ ancora una volta. Una danza senza fine.

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Ecco qua. Una mia versione del 2046 meno ‘nera’ e disperata di Legends, se lo meritano vi pare? Entrambi.

E se sono insieme, il loro futuro non sara’ nero. Pieno di difficolta’ ma anche di felicita’. Una vita insieme.

Per Arrow a Generation of Vipers (in inglese) che trovate su Amazon: il capitolo 6 e’ Olicity, di quell’Olicity normale, semplice, quotidiano e tenero misto al loro impegno nella lotta contro il crimine che tanto vorrei rivedere nella serie.  E verso la fine del libro Felicity dice a Barry Allen “ I can’t lose him. “

They cant’ lose each other, sarebbe meglio dire.

Un bacio e a prestissimo!

   
 
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