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Autore: Lady_Marmalade    07/06/2009    8 recensioni
[Il curioso caso di Benjamin Button]
[Il curioso caso di Benjamin Button]
Ma mentre socchiudi gli occhi, battendo piano le palpebre per svegliarti, stiracchiandoti sul mio petto, con i capelli ramati che si spandono sulla mia pelle, penso che in realtà l’amore ci ha sempre accompagnato e probabilmente ci accompagnerà sempre, sia quando tu sarai vecchia, sia quando io avrò l’acne.
Perché l’amore è la chiave principale che apre tutte le porte dell’impossibile.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: fic partecipante al concorso “Lifetime”, tratto dal progetto Olimpiadi del CoS e del Writers Arena. Si tratta di una one-shot sul fandom “Il curioso caso di Benjamin Button”. Il proverbio cinese da me scelto è: “Perché l’amore è la chiave principale che apre tutte le porte dell’impossibile”. Questa shot è stata betata da kokò, che ringrazio infinitamente. Buona lettura, spero vi piaccia. Commenti, critiche, recensioni et similia, sempre molto gradite e apprezzate^^.

 

Beyond the time

 

 

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Apro pigramente gli occhi, lasciandomi colpire dal raggio di sole che filtra dalle tapparelle semi-aperte. Mi stiracchio lentamente, attento a non far cigolare le molle del materasso per non svegliarti. Mentre allungo le braccia, flettendo i muscoli che di giorno in giorno si fanno sempre più tonici, mi cade lo sguardo sull’orologio che indosso da sempre al polso sinistro. Le piccole lancette girano sul quadrante, lente ma inesorabili. Posso quasi sentirne il suono delicato diffondersi per tutta la stanza: tic, tac, tic, tac…un rumore tanto fievole e ovattato, ma anche potente come quello dello sparo di un cannone. Perché per me ogni secondo che passa, ogni giro di quelle dannate lancette significa andare avanti e allo stesso istante tornare indietro: più vecchio e allo stesso modo più giovane, schiavo di un tempo che mi scorre intorno a un ritmo diverso rispetto a quello degli altri.

“Ho sette anni, ma sembro più grande della mia età”. Così dissi quella volta di parecchi anni fa, dove pur essendo un bambino a tutti gli effetti, dimostravo più di settant’anni. Quando vivevo ancora all’ospizio e tu eri solamente una bambina che mi veniva a trovare confidandomi i tuoi segreti. Quando già occupavi tutti i miei pensieri.

Altro tempo era passato, custode dei miei strani cambiamenti e dei ricordi che si celavano tra di essi. L’orologio che mi sta davanti, con le sue lancette dorate, è solo l’ennesimo testimone di quello che è successo: andavo contro il tempo, continuando a ringiovanire. I capelli si facevano più folti, diventavo più alto e robusto, riacquistavo le forze. E invece tu da qualche parte del mondo, crescevi veramente, diventando più grande. Ovviamente mi ricordavi come il vecchietto simpatico e un po’ strano che vedevi da bambina e, quando più tardi ci siamo rincontrati, per te, preadolescente amante della danza, fu strano vedere quanto fossi cambiato.

Le nostre strade si divisero ancora, mentre la sabbia nella clessidra scendeva granello per granello, e gli anni passavano, facendo cambiare i numeri sulle pagine dei calendari. Ogni notte lontana da casa, ogni sera che passavo guardando una luna diversa, immaginavo il tuo viso, spesso augurandoti la buonanotte e chiedendomi se ci saremmo mai incontrati a metà strada di quel buffo cammino che percorrevamo, tu in un senso, io nell’altro. Mi sembrava quasi impossibile, eppure continuavo a sperare.

Ci rincontrammo a New York, dove tu, famosa ballerina, mi tentasti duramente. Per un attimo fui quasi disposto a dartela vinta, ma con quella serie di eventi accaduti dopo quell’incontro, a cui posso dare il nome di senno di poi, capisco di aver fatto la scelta giusta.

Fu infatti a Parigi, dopo il disastro del tuo incidente che ci rincontrammo. Ero venuto a portarti dei fiori, ma tu, troppo orgogliosa e con il cuore a pezzi dopo l’abbandono forzato alla danza, mi cacciasti via. Ormai mi ero rassegnato al fatto che i nostri cammini non si sarebbero mai incrociati, continuando a rimanere visibili l’uno per l’altro, ma destinati a non trovarsi mai: due binari paralleli su cui scorre il treno della vita.

Passarono le stagioni, il ticchettare delle lancette segnò altri anni.

E, magicamente, ora siamo allo stesso punto. Ci siamo trovati: chiamalo caso, destino, fortuna. Chiamalo amore. Ormai infatti siamo entrambi sulla quarantina, entrambi abbastanza adulti e abbastanza giovani. E’ strano pensare che l’amore, ciò che abbiamo inseguito in tutti questi anni, sia sempre stato a portata di mano, benché separato da noi da una porta invisibile: il tempo. Il tempo che ancora ci perseguita, perché mentre io mi stendo in modo indolente, preparandomi a diventare un trentenne, poi un ventenne e poi un adolescente, tu, ancora addormentata, stai pensando ad invecchiare, alle prime rughe, alla pensione. Le strade, impercettibilmente, stanno riprendendo il loro corso, dopo aver trovato solo un punto d’intersezione, tornando ad essere due linee parallele. E’ come se ti stessi già, a poco a poco, perdendo di vista. Penso che nella vita niente dura, e questo è un gran peccato.

Ma mentre socchiudi gli occhi, battendo piano le palpebre per svegliarti, stiracchiandoti sul mio petto, con i capelli ramati che si spandono sulla mia pelle, penso che in realtà l’amore ci ha sempre accompagnato e probabilmente ci accompagnerà sempre, sia quando tu sarai vecchia, sia quando io avrò l’acne.

Perché l’amore è la chiave principale che apre tutte le porte dell’impossibile.

  
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