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Autore: SheDark    12/04/2017    0 recensioni
Tratto dal testo:
"Michael era capace di mettermi a disagio con la sola sfrontatezza, era una sensazione che odiavo e con cui allo stesso tempo avevo imparato a convivere.
«Tu mi odi vero?» formulai la domanda che mi frullava in testa da tempo con una semplicità che lasciò di stucco anche me.
Sapevo che avrei dovuto aspettare per avere una risposta."
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Prima storia della serie 5 Stuff Of Season (5SOS)
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Clifford, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '5 Stuff Of Season (5SOS)'
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Osservai l'armadio “nuovo” stracolmo di vestiti, era appena uscita dalla doccia ed avevo deciso di prepararmi già l'outfit per quella sera, ma senza avere la più pallida idea di cosa indossare (come al solito d'altronde), ma tanto erano le sei del pomeriggio quindi avevo abbastanza tempo per decidere, la festa della squadra iniziava alle otto e Daniel sarebbe passato a prendermi verso le sette e quaranta.
Passai in rassegna tutti i capi appesi concentrandomi sui vestiti trovandoli più consoni per un party. Troppo corto, troppo lungo, troppo colorato, troppo anonimo. Era davvero un'impresa decidere cosa mettere: volevo fare bella figura; dopotutto Dan mi avrebbe fatto conoscere ai ragazzi della squadra di football della Nortwest, che insieme alle cheerleader comprendevano la fascia più “in” della scuola, quindi dovevo essere impeccabile.  Alla fine riuscì a restringere la mia ricerca su quattro abiti: uno smanicato color pesca con un fiocchetto nero sul davanti e del pizzo dello stesso colore sulle maniche e al fondo, uno con la gonna a palloncino bianco e a fiori azzurri, uno grigio perla con un'unica spallina che cadeva morbido, e uno rosso con lo scollo a cuore.  Ora arrivava il difficile: quale mettere?
Recuperai l'intimo dal primo cassetto e, mentre ci pensavo su, mi recai al bagno per iniziare a prepararmi. Asciugai i capelli lamentandomi per il caldo e quando furono asciutti li legai velocemente per passare al trucco, aspettando che la piastra si riscaldasse. Optai per un make-up semplice in modo che stesse bene con qualunque vestito avessi scelto: ombretto chiaro, linea nera di eyeliner e mascara volumizzante, in fine le labbra illuminate da un semplice glos. Piastrai i capelli biondi finché non furono perfettamente lisci che in quel modo mi arrivavano fino a metà schiena.
«Wow Sam!» commentò una voce alle mie spalle. Michael, che stava passando davanti alla porta aperta del bagno, si fermò a guardarmi.
«Cosa?» chiesi controllando allo specchio che trucco e parrucco fossero a posto.
«Non pensavo avessi i capelli così lunghi.» disse avvicinandosi e prendendo due ciocche tra le dita, ora i suoi occhi erano illuminati da una luce diversa e mi chiesi a cosa fosse dovuto. Sorrisi guardandolo dallo specchio e lui ricambiò. «Allora, cosa pensi di mettere?»
«Non ne ho idea.» ammisi facendolo ridere, «Cioè, ho trovato qualche vestito che potrebbe andare, ma non so quale scegliere.»
«Perfetto, fammi vedere.» commentò offrendosi di aiutarmi con mia grande sorpresa.
Lo seguì nella mia camera dove i quattro vestiti ci aspettavano sparsi sul letto. Michael si sedette sulla sedia della scrivania girandola verso di me mentre io iniziavo a mettere il primo vestito, quello rosa pesca.
«Allora, che ne pensi?» chiesi facendo un giro su me stessa.
«Ti sta bene, ma lo trovo troppo elegante per una festa di liceali.» commentò osservandomi attentamente.
Gli diedi ragione, mi sfilai l'abito ritirandolo nell'armadio e indossai quello bianco e azzurro. Mi girai verso Mike ma evitai di chiedergli come mi stava: la sua faccia parlava da se.
«Oddio Sam, sembri una torta!» disse, e dalla voce non era certo un complimento. Sbuffai levandomelo e mettendo quello rosso, ma non feci in tempo a dire nulla che il ragazzo aveva già sputato il verdetto: «Troppo scollato!»
«Cazzo Mike, così non mi aiuti!» sbottai esasperata. Mi stava facendo perdere tempo, meno male che mi ero già preparata prima.
«Guardati: sei troppo appariscente con quello.» continuò, «Non ti lascio uscire vestita così.»
«Non mi serve il tuo permesso.» replicai indispettita. Chi si credeva di essere?
Michael si limitò a mostrarmi il suo cellulare acceso sul contatto di mia madre facendomi capire all'istante. Sbuffai alzando gli occhi al cielo: ora mi ricattava anche.
«Dai, fammi vedere ancora quell'altro.» indicò il vestito grigio perla, l'ultimo rimasto.
«Non saprei, non mi convince.» dissi pensierosa.
«Tu provalo.» mi zittì lui.
Feci come mi aveva detto, mi scrutai sullo specchio dell'anta dell'armadio con sguardo critico: no, non mi piaceva per niente. Era di una o due taglie più grosse e il tessuto troppo libero formava delle sgradevoli pieghe, mi chiesi quando diavolo avevo comprato una robaccia simile, l'unica cosa che si salvava era la mono-spallina sulla sinistra .
«Mi fa schifo.» ammisi.
«Invece è perfetto.» replicò lui con un sorriso.
«Michael, mi sa che tu hai bisogno di mettere gli occhiali.»
«No, tu ne hai bisogno.» replicò alzandosi, «Manca solo una piccola cosa.» continuò dirigendosi all'armadio aperto e prendendo una stola nera. «Permetti?» chiese avvicinandosi a me; annui incuriosita da quello che aveva intenzione di fare. Me la legò appena sotto al seno facendo due giri e chiudendola con un nodo sul fianco, fece poi un passo indietro lasciando che guardassi la sua opera.
Mi osservai sbalordita: era tutta un'altra cosa. Ora il vestito, grazie alla stola che stringeva sui fianchi magri, cadeva morbido valorizzando le curve, e le pieghe che prima avevo trovato orribili, adesso gli davano uno stile semplice ma allo stesso tempo elegante.
«Allora?» chiese Michael alle mie spalle, sollevandomi i capelli in una coda.
«È perfetto, grazie.» ripetei le sue parole sorridendogli.
Mi fermai ad osservare i nostri due riflessi sullo specchio, gli occhi incollati gli uni agli altri come calamite, un leggero rossore sulle mie guance e un senso di vuoto allo stomaco. Stavo veramente iniziando ad affezionarmi a quello strano ragazzo? Non potevo crederci, ne tentamento ammetterlo.
La suoneria ci raggiunse dall'altra stanza così mi congedai con un leggero imbarazzo e raggiunsi il bagno dove avevo abbandonato il mio cellulare. Risposi a quello che si rivelò Daniel che mi avvisava che sarebbe arrivato a minuti e di farmi trovare pronta. Spensi la chiamata guardandomi allo specchio sopra al lavandino,  recuperai un elastico per legare i capelli in una coda alta: ora si che ero perfetta! (ok, devo ammettere che sono un tantino eccentrica).
Nel frattempo Michael si era spostato nella sua camera da letto, «Ehi Mike, io sto per andare.» gli annunciai appoggiata alla porta della mia ex stanza armadio.
«Va bene, divertiti.» mi salutò. Lo ringraziai e feci per andarmene quando mi richiamo, mi voltai verso di lui chiedendogli con lo sguardo che cosa volesse. «Per qualsiasi cosa hai il mio numero.» disse dopo un breve silenzio, guardandomi intensamente.
Non sapevo a cosa si riferisse esattamente e nemmeno a che cosa fosse dovuta tutta quella sua iper-protettività, gli sorrisi comunque ringraziandolo e prima di andare via gli lasciai anche un bigliettino con l'indirizzo dell'abitazione dove si sarebbe svolta la festa, il suo sguardo si rilassò all'istante. Lo salutai un'ultima volta e scesi le scale.
Aprii la porta di casa e mancò poco che mi scontrassi con un mezzo kiwi di mia conoscenza. «Calum, che ci fai qui?» gli chiesi sorpresa.
«Ehi Sam, bel vestito!» salutò, io arrossii leggermente per il complimento appena ricevuto. «Sono venuto a trovare quel fannullone che abita qui.» continuò rubandomi una risata.
La mia attenzione si spostò altre alle spalle del moro e sull'auto nera che si stava fermando davanti all'abitazione: Daniel doveva essere arrivato. Ebbi la conferma da un colpo di clacson.
«Io sto uscendo.» dissi facendolo passare e scambiando le parti. «Non mettetemi la casa sottosopra, per favore.» scherzai facendolo ridere.
«Non ti preoccupare.» rispose facendomi l'occhiolino. Sorrisi e mi incamminai verso la vettura, «Buona festa, Sam!» mi gridò ancora alle spalle.
Aprii la portiera del passeggero ed entrai nell'auto salutando il conducente. «Chi era quello?» chiese Daniel senza nemmeno ricambiare il saluto.
«Calum Hood.» risposi presa alla sprovvista.
«Sò chi è Hood, vengo anche io alla Norwest.» si intromise con aria seccata scrutandomi con occhi freddi come il ghiaccio, «Intendevo che cosa ci faceva a casa tua.»
«È venuto a trovare Mike.» spiegai, ma non sembrò capire. «Ehm, Clifford. Ti avevo accennato che mia madre e suo padre si frequentano.» gli ricordai cercando di mantenere la pazienza. Trovavo la sua reazione assolutamente esagerata.
Lui annui. «Ah già, non me lo ricordavo.» si scusò.
«L'avevo immaginato.» lo tranquillizzai. «Ora mi saluti?»
Daniel si sporse verso di me appoggiando le sue labbra sulle mie, mi lasciai trasportare da quel bacio, finché provò ad osare a qualcosa di più appassionato e mi vidi costretta a staccarmi. Lui sembrò capire e tornò a sedersi composto al volante mettendo in moto la macchina.
Guardai il ragazzo che guidava al mio fianco: i capelli castani tenuti rasati sui lati, un accenno di barba sul mento squadrato, la corporatura muscolosa tipica di un atleta ed abbronzata di chi passa ore all'aperto ad allenarsi.
«Dan, dimmi la verità: sei geloso?» chiesi dopo un po'. Le immagini di come aveva reagito quando mi aveva visto parlare con Calum mi stavano tormentando, non riuscivo a schiodarmi dalla testa i suoi occhi inquisitori.
Lui voltò la testa verso di me distraendosi dalla guida un secondo, le mani ferme sul volante. «Certo che lo sono:» ammise con sincerità, «tu sei mia!»
A quella affermazione sorrisi spontaneamente mentre le guance si coloravano di un accenno di rosso. Una parte di me si sarebbe dovuta inquietare ad una dichiarazione del genere eppure la trovai estremamente dolce. Lo perdonai all'istante.
 

*  *  *
 

Alla festa della squadra non conoscevo nessuno ma questo non mi impedì di divertirmi ugualmente, quasi tutti gli invitati li avevo ovviamente visti a scuola e alcuni frequentavano anche i miei stessi corsi quindi non fu difficile fermarmi a fare due chiacchiere con loro. Daniel mi aveva presentato ai suoi amici come la sua ragazza, cosa che mi aveva estremamente imbarazzato ma allo stesso tempo reso felice. E le cheerleader, che avevo sempre creduto antipatiche e schiette nei confronti di chi non apparteneva al loro gruppo, mi avevano invece subito invitato ad unirmi a loro sulla pista da ballo rivelandosi gentili e disponibili, cercando di farmi sentire a mio agio.
Mi stavo muovendo a ritmo di musica quando un braccio mi cinse le spalle facendomi voltare verso il viso del proprietario. «Come sta la mia ragazza?» domandò Daniel impossessandosi delle mie labbra e dovetti reprimere il leggero disgusto mentre ricambiavo quel bacio che era un mix di alcol e fumo.  
«Sei ubriaco.» gli feci notare poggiando la mano sul suo torace nel tentativo di farlo staccare da me, ma non potei nulla contro la sua forza e lo ritrovai ancora più avvinghiato a me.
Mi ritrovai bloccata tra le sue braccia da cui cercai inutilmente di liberarmi, più mi svincolavo e più si stringevano intorno a me con prepotenza. Le labbra forzate in quel bacio che stava diventando sempre più spinto da parte sua, obbligate a seguire quelle di Daniel senza che avessi la possibilità di reagire. Le sue mani che si muovevano freneticamente sulla mia schiena, sul collo il suo respiro caldo ed eccitato, poi di nuovo le sue mani sulle mie gambe che tentavano di scivolare sotto alla gonna del vestito.
Non so dove trovai il coraggio e sopratutto la forza per respingerlo nuovamente questa volta facendolo cadere rovinosamente a terra sotto gli sguardi allarmati di tutti, che spostarono subito gli occhi su di me chiedendosi il motivo della mia reazione. Possibile che nessuno si fosse accorto di come si stava comportando Dan pochi secondi prima? 
Presa dal panico e con le lacrime che iniziavano a solcare copiose le mie guance mi precipitai fuori dall'abitazione. Volevo andarmene da quella festa. Mi guardai intorno spaesata, non conoscevo quella zona della città, come avrei fatto a tornare a casa?
Presi il cellulare chiamando Ashton ed imprecando quando mi rispose la segreteria telefonica. Selezionai  il numero della persona che mai prima avrei pensato di chiamare e che ora sembrava la mia unica salvezza.
«Ti prego, vienimi a prendere.» dissi supplichevole senza dare il tempo di rispondere al ragazzo dall'altra parte della cornetta. 
Mi sentì stringere il polso da una mano forte che mi fece voltare, alzai gli occhi impauriti verso Daniel. «Cosa pensi di fare, puttanella?» disse a denti stretti, il viso paonazzo dalla rabbia.
«Fa preso!» riuscì ancora a dire prima che mi trascinasse di prepotenza dentro casa. Il telefono mi scivolò di mano.


 

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ANGOLO  AUTRICE

Salve popolo di EFP!
Grazie a chi è arriviato fin qui, come state trovando la mia FF? Fatemelo sapere con una piccola recenzione... non siate timidi!
Vi lascio al prossimo capitolo che è un "Pov's Mike".
A presto!

   
 
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