-Vicchan!-
Quando Yuuri infila le mani nella gabbia e lo tira
fuori, Vicchan è ancora stordito dal lungo viaggio e
dal blando sedativo che il veterinario ha deciso di somministrargli prima di
partire. Lo stringe a sé e gli bacia la testolina lanosa mentre gli accarezza la
groppa – Mi sei mancato così tanto!-
Mari li guarda con dolcezza, ha fatto
bene ad insistere tanto e portare il cane con sé, anche se la burocrazia è
stata micidiale, ne è valsa la pena. -Hai deciso di portarlo con te?- chiede al fratello. Yuuri
annuisce, da quando gli hanno detto che il suo adorato cagnolino si è ammalato
di depressione senza di lui, non ha pensato ad altro che fare in modo per
portarlo con sé a Detroit. Non è stato facile, a tratti si è sentito un
terrorista e non il padrone di un barboncino nano, visto che gli hanno chiesto
talmente tanti certificati che, un giorno, in preda allo sconforto, si è
trovato a chiedere se temessero che Vicchan fosse radiativo
e che potesse tramutarsi in una specie di Godzilla una volta arrivato sul suo
suolo americano.
-Avrei dovuto portarlo con me fin dall’inizio, ho sbagliato.- mormora.
Vicchan inizia a scodinzolare e Yuuri
sorride. Un sorriso che Mari conosce e che, ogni volta che vede gareggiare non
gli vede mai sul viso. Prova di nuovo a chiedergli perché diavolo, ogni volta
che pattina sembra un condannato a morte, ma come sempre, Yuuri
la ignora -Eppure, quando pattinavi con Yuuko chan sembravi divertirti così tanto.-
Yuuri non sa dire dove sia finita la sua voglia di
pattinare. Magari è dispersa tra un articolo denigratorio e l’altro, tra quello
che lo definiva una papera con i pattini e l’altro in cui, una spiritosa
giornalista, si chiedeva se, l’esplosione della centrale di Fukushima gli
avesse dato due piedi sinistri. Ha goduto un bel po’ quando è stata stroncata
dalla critica per il suo insensato black humor e
costretta a scusarsi con il popolo giapponese, ma il danno era fatto. Ogni volta
che mette il culo sul ghiaccio, non vede più sé stesso, ma il riflesso distorto
di tutto i suoi fallimenti. Non sente più gli applausi, ma l’eco delle risa di
ogni sua caduta.
-Sei alla finale del Grand Prix,
puoi finalmente gareggiare contro Victor Nikiforov,
questo dovrebbe essere il momento più bello della tua vita, perché diavolo fai
così?- Mari lo scrolla per una spalla e lui si alza. Fanculo, che ne può sapere lei? Ha sempre
avuto un carattere forte, non ha mai avuto bisogno di spinte emotive, si è
sempre presa quello che ha voluto nella vita .
Si alza e Mari lascia cadere il braccio -Potresti avere il mondo ai tuoi
piedi, Yuuri, perché ti ostini a non volerlo capire?-
Dopo due ore, Vicchan è pieno di energie. Yuuri non riesce a stargli dietro mentre lo tira da una
parte all’altra del giardino. In teoria dovrebbe stare ad allenarsi assieme
agli altri, ma è già da molto tempo che, per provare, preferisce farlo di
notte. Quando è solo, il ghiaccio è di nuovo un amico e non più un rivale da
abbattere.
Vicchan scodinzola, abbaia, torna verso di lui, e
cerca di farsi prendere in braccio, poi cambia idea e si fa mettere giù.
-Piano Vicchan mi stai facendo sudare!- ride.
Vicchan non gli da ascolto,
ma non è un problema. Dopo tutto quello che gli ha fatto passare, Yuuri si sente quasi in dovere di assecondarlo in tutti i
suoi capricci. Lo segue risalendo il vialetto, ignorando le chiamate continue
che gli fanno vibrare il cellulare in tasca. Maledizione a coach Cialdini, perché
diavolo non lo lascia in pace? Ha già capito che, dal prossimo anno, lo
scaricherà per Phichit, perché diavolo non facilità
le cose, dandogli il ben servito fin da adesso?
Spegne il telefono, fanculo anche a lui. Ha ancora gli occhi bassi
quando, Vicchan, di colpo, vira a destra,
costringendolo a girare su sé stesso -EHI!- urla prima
di sbattere con il viso contro il petto di qualcuno -Ahi!- Tenta di tirarsi
indietro, ma si ritrova con le gambe bloccate, contro quelle dell’altra persona.
Cade in avanti, e lo sconosciuto con lui, in groviglio di guinzagli e arti.
-Chiunque tu sia, sappi che, da oggi, ti chiamerò Anita!-
Yuuri apre gli occhi, conosce questa voce. Alza piano
lo sguardo e sente il cuore fermarsi nel petto. Steso sotto di lui, sorridente,
e con le guance arrossate da una genuina risata, c’è Victor Nikiforov
-Tu puoi chiamarmi Rudy.-
Yuuri lo fissa sconvolto. Non è possibile, non può
essere vero! In preda ad un imbarazzato mai provato prima, tanta di alzarsi, non
è così che si aspettava di conoscere l’idolo della sua infanzia! Ci prova, ma
ha le gambe bloccate contro le sue. Anzi, no. Legate! Che diavolo è successo? Poi
capisce, Vicchan e Makkachin,
il cane di Victor, si sono andati incontro e rincorsi attorno a loro, legandoli
come due salami.
-Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto, spero che tu non ti sia fatto male!- sarebbe davvero il colmo, il pattinatore più
scarso del campionato, azzoppasse, cadendogli sopra, il quattro volte campione
del mondo. I giornali ci banchetterebbero per mesi!
-Non ti preoccupare, sei leggero come una piuma.- Victor lo aiuta a
liberarli e Yuuri salta via da lui come un coniglio
spaventato. Victor gli rivolge uno sguardo perplesso, prima di voltarsi verso i
due cani che, completamente dimentichi dei loro padroni, stanno giocando
insieme spensierati -È la prima volta che lo vedo fare amicizia con un altro
cane, di solito è molto timido.-
Yuuri lo fissa ammutolito e lui, piega la testa verso
una spalla -Non vuoi proprio parlare con me, ti sto così antipatico?-
Yuuri era ancora un bambino quando, per la prima volta, assistette ad un esibizione
di Victor. E da quel giorno, non ha più smesso di seguirlo. A volte, si sente
ridicolo. Un ragazzo di ventidue anni non dovrebbe avere certe ossessioni, ma
ogni volta che prova a staccare i poster dalle pareti, o a cancellare la
galleria del telefono, di colpo sente il coraggio mancare. Victor Nikiforov fa parte della sua infanzia, è una delle ragioni perché,
da pattinatore, considerato troppo cicciottello per gareggiare, è riuscito ad
arrivare a competere a livello mondiale.
È una delle cause perché, un tempo, amava tanto pattinare.
-Pronto per domani, Yuuri?-
Yuuri spalanca gli occhi e si volta. Aspetta… Lo ha
chiamato per nome?
-Come? Come?- balbetta indicandosi. Come fa a
sapere chi è? Victor lo guarda sorpreso, gareggiano da molti anni nella stessa
categoria, sarebbe stato un po’ strano se non si fosse ricordato il suo nome, no?
Yuuri annuisce imbarazzato -Oh, certo! Sì!-
-E poi fai sempre un tifo di inferno quando gareggio.- Victor sorride e Yuuri sente le farfalle nello stomaco. Sì, davvero. La credeva
una stupida metafora da romanzetto rosa, e invece ora è certo di averne almeno
un centinaio impegnate in un sanguinoso incontro di wrestling -
Non sono abituato a pattinatori avversari che fanno il tifo per me, per questo
mi sei saltato subito all’occhio.-
-Beh, non lo faccio a posta, è che quando pattini, ho sempre l’impressione che
tu mi stia raccontando una storia, ed entusiasmarmi mi viene naturale.- si guarda le scarpe mentre parla - È come mentre guardi un bel
film , no? Se la trama ti appassiona, ti viene naturale eccittarti.-
-È questo quello che pensi quando mi guardi pattinare?- Yuuri annuisce, rosso in viso fino alla punta delle
orecchie - Sono contento.-
Victor vince il suo quinto oro mondiale, ma c’è qualcosa che stona nel sorriso
che rivolge alla folla. Non è per niente uguale a quello che aveva quando Makkachin gli leccava il viso. Yuuri
lo guarda da bordo pista, nascosto nell’ombra. Ha fatto la figura barbina che
tutti si aspettavano, ma non ce l’ha fatta ad andarsene senza vedere la
premiazione. Dopo il pomeriggio passato insieme a parlare, gli sembrava quasi d’obbligo.
Si allontana solo quando Victor si avvicina a bordo pista, dandogli le spalle
nonostante senta il suo sguardo addosso. Non vuole sentirsi chiedere, anche da
lui, come diavolo ha fatto a sbagliare quel salchow o se era ubriaco mentre chiudeva l’ultimo triplo axel.
Si infila in bagno, e piange, con il telefono in mano, dopo essersi scusato con
la madre per aver fatto schifo per l’ennesima volta.
Yuuri non ricorda nulla della sera appena trascorsa. Sa
solo che deve aver bevuto un sacco a giudicare dal gran mal di testa che ha. È
al parco, sulla stessa panchina che ha diviso con Victor solo due giorni prima.
È stato bello poter parlare con lui, anche se, il loro scontro sul ghiaccio,
non è stato come si aspettava.
Vicchan lo strattona per i pantaloni, lo invita a
giocare con lui, e Yuuri sa perfettamente cosa vuole.
Si alza, e nonostante sia ancora un po’ incerto sulle gambe, lo accontenta. Danza con lui, fa i
suoi salti e i suoi latrati, attirando l’attenzione dei passanti, alcuni
riconoscono che cosa sta ballando, nonostante non sia sul ghiaccio, altri
invece, piace soltanto vederlo muovere. Tra loro, c’è una persona che lo fissa
rapito –Sì!- la sente esclamare Yuuri
fra il mormorio che lo circonda.
Si volta, interrompendo a metà il suo ballo, Stay close to me, la routine di Victor,
la migliore che abbia mai presentato secondo alcuni esperti -Cosa?- chiede girandosi un secondo prima di venire travolto proprio da
Victor. Makkachin corre da Vicchan
e Victor si ritrova steso su Yuuri.
-Ti farò da allenatore.- Victor non sa che Yuuri ha
dimenticato di essersi gettato fra le sue braccia la sera prima e di averlo implorato di diventare il suo
coach. Lo scoprirà più avanti.
Come scoprirà più avanti che il destino, alle volte, passa per le zampe di un
cane.
Buona Pasqua ❤