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Autore: Rossella Stitch    16/04/2017    3 recensioni
Si sporse leggermente dalla sedia per ripoggiare il bicchiere sul basso tavolino e si aggiustò il largo golfino che le avvolgeva le braccia e le spalle, convinta che quella giornata sarebbe oramai trascorsa molto lentamente e che nulla avrebbe potuto sradicare il senso di tristezza che si era insinuato nelle sue membra e sembrava non volesse lasciarla andare affatto. Rilasciò un altro lungo respiro e appoggiò il capo allo schienale della grande sedia in vimini e chiuse gli occhi, intenzionata ad ascoltare il suono della natura che amava così tanto.
“ Da quanto sei lì, seduta? “
Cinque parole, diciotto lettere e inspiegabilmente il vuoto nel suo petto era un po’ meno vuoto e il senso di tristezza che le attanagliava le membra sembrò in gran misura sciogliersi.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Kara Danvers, Lena Luthor
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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TOGETHER


 
 
Se saprai starmi vicino,        
e potremo essere diversi,     
se il sole illuminerà entrambi 
senza che le nostre ombre si sovrappongano,       
se riusciremo ad essere “noi” in mezzo al mondo   
e insieme al mondo piangere, ridere, vivere.

Se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo       
e non il ricordo di ciò che eravamo, 
se sapremo darci l’un l’altro  
senza sapere chi sarà il primo e chi l’ultimo            
e il tuo corpo canterà con il mio        
perché insieme è gioia…

“ Allora sarà amore e non sarà stato invano aspettarsi tanto.”* Sussurrò le ultime parole di quella poesia quasi come se le stesse ripetendo a sé stessa. E con il libro ancora poggiato sulle ginocchia mentre la brezza settembrina l’avvolgeva delicatamente, alzò il capo e posò lo sguardo verso l’orizzonte, cercando di elaborare quanto appena letto.

Aveva sempre creduto che le poesie non appartenessero affatto ai poeti che le scrivevano, bensì alle donne e agli uomini che le ispiravano. I più grandi poeti e scrittori avrebbero dovuto ringraziare l’amore, perché senza di esso non sarebbero mai riusciti ad esprimere a parole i moti dell’animo che, in un modo o nell’altro, albergano irrequieti in ognuno di noi.

Dopo alcuni minuti di contemplazione, riprese il libro di poesie tra le mani e tracciò con un dito i contorni del titolo impresso sulla copertina: Pablo Neruda, poesie ed emozioni.        
Sospirò forte e con esasperazione poggiò il libro sul basso tavolino che si trovava al suo fianco, per prendere poi il calice di vino e avvicinarlo lentamente alle labbra per berne, subito dopo, un lungo sorso.         
Nonostante i libri fossero i suoi migliori amici, capaci di confortarla e supportarla in ogni momento, era pienamente cosciente di non riuscire a colmare quella strana sensazione di vuoto che da sempre le dilaniava il petto. Non grazie a loro, purtroppo.

La sua vita da quasi un anno era decisamente perfetta: la sua carriera stava finalmente decollando e in parte doveva ringraziare il suo mentore, la donna che l’aveva ispirata e supportata nei momenti più difficili e che era ricomparsa nella sua vita dopo una lunga assenza. Cat Grant un bel giorno d’Aprile era piombata a casa sua e dopo una serie di sproloqui sul suo dubbio gusto in fatto di design, l’aveva spronata a rimettersi in sesto e tornare a combattere per le sue ambizioni, per i suoi sogni e rendere giustizia a tutto il lavoro svolto negli ultimi anni.      
Il suo lavoro come eroina era altrettanto proficuo, in quanto le permetteva di poter fare del bene e rendere sempre sicura e protetta la sua amata città. Un luogo che per lei era casa, rifugio, ma era anche la sede dei suoi legami più importanti e sentiti. Alex era parte integrante di quella cittadina e renderla sicura per Kara significava anche proteggere sua sorella, in qualche modo vestire i panni di Supergirl le permetteva di prendersi cura di lei; gli amici di sempre risiedevano lì ed erano oramai a tutti gli effetti parte della sua famiglia. Proteggerli sarebbe sempre stata una delle sue priorità.

A National City però c’era soprattutto Lei, la donna che aveva contribuito in modo esponenziale nel rendere la sua vita perfetta. Lena era… il suo personale sole giallo.

Ma l’amore, il successo e la soddisfazione personale non sarebbero mai riusciti a placare del tutto il tormento interiore che da sempre albergava in lei. Tutti i giorni, anche per un solo secondo, pensava a tutto ciò che avrebbe potuto essere e che invece non sarebbe stato mai.            
Tutto ciò che aveva perso e che non avrebbe mai più potuto appartenerle, tutto quello che mancava e che non avrebbe mai smesso di mancarle.   
La sua famiglia, Krypton, la sua cultura e il senso di pace che provava solo in compagnia dei suoi cari. 

Si sporse leggermente dalla sedia per ripoggiare il bicchiere sul basso tavolino e si aggiustò il largo golfino che le avvolgeva le braccia e le spalle, convinta che quella giornata sarebbe oramai trascorsa molto lentamente e che nulla avrebbe potuto sradicare il senso di tristezza che si era insinuato nelle sue membra e sembrava non volesse lasciarla andare affatto. Rilasciò un altro lungo respiro e appoggiò il capo allo schienale della grande sedia in vimini e chiuse gli occhi, intenzionata ad ascoltare il suono della natura che amava così tanto.

“ Da quanto sei lì, seduta? “

Cinque parole, diciotto lettere e inspiegabilmente il vuoto nel suo petto era un po’ meno vuoto e il senso di tristezza che le attanagliava le membra sembrò in gran misura sciogliersi. Aprì gli occhi e la vide lì, in piedi appoggiata alla porta della veranda, con le braccia incrociate al petto che le facevano risaltare il seno già prosperoso, il fisico slanciato, i capelli corvini mossi leggermente dalla brezza e gli occhi luccicanti e vispi di chi la sapeva decisamente lunga.

“ Da un paio d’ore, credo. Che ci fai qui? A quest’ora soprattutto…” si ritrovò di nuovo a sussurrare, come se parlare in modo più deciso avrebbe in qualche modo potuto intaccare la quiete di quel momento.

“ Sono soltanto le sette, lo so. Però mi mancavi, per cui ho deciso di tornare prima e darti un po’ fastidio. Ti dispiace?” Il tono della nuova arrivata era evidentemente giocoso, ma nessuna espressione del suo viso confermava ciò che si poteva intuire solamente dal luccichio dei suoi occhi, occhi che lei conosceva molto bene. Fin troppo.

“ Non mi dispiace affatto Le’, anzi. “

Si alzò dall’enorme sedia che l’aveva ospitata per gran parte del pomeriggio. Si strinse nel golfino, avvicinandosi lentamente all’altra, strusciando leggermente i piedi nudi sul legno del portico e le si posizionò di fronte, circa a due centimetri di distanza.

“ Perché sei alta anche quando sei scalza ed io indosso le scarpe? “ Sussurrò Lena, sorridendo leggermente e rilassando le braccia per avvolgerle immediatamente attorno alla vita di lei.
Come un magnete ed un corpo metallico. Appena l’una entrava nel campo visivo dell’altra, automaticamente si avvicinavano e si avvicinavano e si avvicinavano, fino a diventare una sola grande entità.

“E tu hai una bella faccia tosta, come al solito” Le rispose a tono, facendole la linguaccia e avvolgendo a sua volta le braccia intorno al collo di Lena, accostando il mento alla sua tempia.

“ Non sono faccia tosta tesoro, sono realista. Sei perfetta anche scalza, con indosso un golfino enorme e i capelli spettinati. Sei un’aliena, di la verità? “

“ Sono nella media, ok? Sei tu che hai bisogno degli occhiali mi sa. “ Biascicò Kara, affondando il viso in quel manto corvino che tanto amava e sorvolando sulla pessima battuta.

“ Tu sei nella media ed io ho bisogno degli occhiali. “ Rispose Lena, soffocando le risa immergendo il viso nel collo di Kara. “ Che grande coppia che siamo.”

“ Io sono come Olaf, amo i caldi abbracci. Caldi, enormi e confortevoli. “ ridacchiò Kara, alzando poi leggermente il capo per cercare il suo paio di occhi preferiti. Erano troppi minuti che non li vedeva. Erano come l’acqua per un assetato: vitali.

“ Siamo in campagna ed è pieno settembre, da dove esce fuori Olaf adesso?”

In tutta risposta, Kara le rubò un dolce bacio a fior di labbra e la liberò della sua presa, ritornando poi ad accomodarsi sull’enorme sedia in vimini. Afferrò con noncuranza il calice di vino e con un unico gesto bevve l’ultimo sorso di quel fantastico chardonnay che Lena aveva comprato il giorno prima.

“ Allora, come sta andando questa trattativa? “ Domandò curiosa Kara, osservando l’altra togliersi gli stivali e prendere posto direttamente sulle sue gambe. “ Sono stata qualche ora con Lois stamattina e mi ha detto che il signor Wedon non è mai stato un uomo facile da convincere. Mi ha detto che una volta ha dovuto raccogliere una sua testimonianza per un reportage e c’era mancato poco che non lo prendesse a sberle.” continuò ridacchiando, soprattutto perché conosceva il temperamento impetuoso della ragazza e sapeva quanto suo cugino fosse sempre in pena per lei anche a causa di ciò.

Dal suo canto, Lena si sistemò comodamente sulle gambe dell’altra e permise a Kara di stringerle la vita con affetto. Raccolse i capelli in una coda morbida e poggiò poi la testa sulla spalla di lei, emettendo subito dopo un sospiro compiaciuto.

“ Ti dirò, me lo aspettavo molto più impettito e burbero. Quando ho parlato con Clark la settimana scorsa per cercare di capire se fosse il caso di cimentarmi in questo investimento… beh, diciamo che è stato fin troppo cauto nel dirmi i suoi pareri. “

“ Sai che Kal non riesce ad essere scontroso o cattivo neppure con una formica.” borbottò scherzosamente la bionda, baciando poi l’altra sulla fronte e stringendola leggermente di più a sé.

Lena alzò lo sguardo verso l’altra e alzò un sopracciglio, una lieve smorfia divertita sulle labbra a dimostrare quanto le parole di Kara fossero esilaranti se pronunciate proprio da lei.

“ Cosa?”  Squittì quest’ultima. “ Siamo una famiglia di persone gentili, non è mica un reato eh.”

L’altra si limitò a ridacchiare, per poi allungarsi delicatamente in direzione delle labbra di Kara e baciarla languidamente, a labbra piene. Un incontro delicato e allo stesso tempo pregno di aspettative, che non furono affatto deluse poiché Kara approfondì subito il bacio, sporgendosi con intensità verso la mora e stuzzicando il suo labbro inferiore con un tocco appena accennato della lingua.

Lena capì al volo le intenzioni della donna che aveva sotto di sé e schiuse immediatamente le labbra per lasciare campo libero alle loro lingue, desiderose più che mai di incontrarsi  ed iniziare una danza sensuale, sentita, necessaria.

Entrambe si lasciarono trasportare dalle emozioni e dal bisogno viscerale che sentivano di toccarsi. Si cercavano sempre, anche piccoli gesti come una mano sulla spalla o uno sfiorarsi di dita. Si sentivano più forti insieme, complete e il contatto per entrambe rappresentava la manifestazione pratica di quanto fosse profondo e potente il loro legame.

Dopo alcuni minuti, Kara si allontanò leggermente dal viso dell’altra e iniziò a riempirle il viso di baci. Una tempesta di baci sulle guance, sul naso, sulla fronte, sulle palpebre, sulla mascella e quando arrivò a baciarle – emettendo uno schiocco rumoroso- l’orecchio, Lena iniziò definitivamente a contorcersi e ridere di cuore.

“ N-non riesco a r-r-respirare, ferm-“ Ma Lena non riuscì a finire la frase, perché l’altra accompagnò le sue labbra dal viso al collo, riempiendolo di lunghi baci bagnati.          

In quell’esatto momento le risa iniziarono a scemare e lasciarono posto ai sospiri di piacere, a mormorii compiaciuti e al cuore che iniziava a martellare quasi come se volesse uscire dal petto.

“ Ti ci porto…” Sospirò affannosamente Lena “più spesso in c-campagna…” continuò, non riuscendo a trattenere un piccolo gemito di piacere quando sentì i denti di Kara affondare così deliziosamente nella pelle sensibile dietro il suo orecchio “  se questo è il r-risultato.”

“ Oppure potremmo comprare questa casa e venirci periodicamente quando siamo libere.” Controbatté di getto la bionda, riemergendo di scatto dal collo di lei e guardandola negli occhi, un velo di timidezza improvvisa ad appannarle lo sguardo.

“ Vorresti comprare questa casa?” Ribadì il concetto Lena, la mente leggermente offuscata dal piacere e il respiro ancora accelerato.

“ Beh… si. Perché no.” Rispose Kara, scrollando le spalle e puntando subito dopo lo sguardo al paesaggio che le circondava. “ Siamo qui da qualche giorno e abbiamo constatato che la campagna ci piace. E’ rilassante, genuina e-e sappiamo anche come renderla i-interessante, no?”

Circa un mese prima, Lena le aveva comunicato di aver intenzione di investire nel settore vinicolo, in quanto alcuni colleghi dall’Europa le avevano più volte ripetuto che era un campo proficuo, che avrebbe potuto fruttare davvero molto se gestito con intelligenza.      
Le aveva esposto il suo progetto, che comprendeva la perlustrazione di alcuni vigneti sia nelle campagne limitrofe alla loro città sia in quelle che costeggiavano Metropolis. Il suo piano era verificarle tutte assieme ad un team di esperti e scegliere poi la migliore.

Kara l’aveva subito appoggiata, convincendola poi a chiedere l’aiuto di suo cugino Clark che aveva trascorso l’adolescenza proprio in una fattoria alle porte di Metropolis e magari farsi suggerire qualche casa da affittare per il periodo di perlustrazione. Non ci era voluto molto poi, perché il tutto si trasformasse in una mini vacanza di coppia con tanto di uscite in famiglia assieme a Clark e Lois, che le avevano accolte con calore e gioia.

Alla morte dei suoi genitori adottivi Clark non aveva venduto la fattoria, ma era riuscito a sistemarla affinché potesse accogliere nel modo più gradevole possibile sia lui che Lois. Ci era voluto del tempo perché la tenuta prendesse nuova vita senza però abbandonare il calore che l’aveva accompagnato per tanti anni durante l’infanzia e l’adolescenza, ma alla fine entrambi erano riusciti a costruire nuovi ricordi tra quelle mura e l’avevano ribattezzata come il loro posto sicuro al di fuori del mondo reale. Niente Metropolis, niente giornale, niente scadenze e stress - per quanto fosse concesso ad un eroe come Superman ovviamente - .

Senza troppi indugi quindi, Kara e Lena si erano cimentate in una nuova avventura e molto presto si erano ritrovate in questa enorme casa di campagna a tre piani, con un capanno esterno dal cui tetto, di notte, si poteva ammirare il meraviglioso spettacolo di un cielo stellato di cui alle volte Lena non credeva neppure possibile la sua esistenza.

A circa un kilometro di distanza dalla loro dimora, la fattoria dei Kent si estendeva in tutta la sua magnificenza ed era così bello per Kara sapere di avere a poca distanza suo cugino, poterlo raggiungere anche con una semplice camminata e poter cenare, bere un caffè assieme e raccontarsi storie di vita vissuta.    
Doveva ammetterlo, all’inizio della sua storia con Lena era stato difficile convincere suo cugino. C’erano state grosse discussioni e tante urla e rimproveri da entrambe le parti, ma quando poi Clark si era ritrovato a stringere la mano di quella bellissima donna e aveva guardato nei suoi occhi limpidi, aveva capito in un batter d’occhio che ciò che legava sua cugina e Lena Luthor era lo stesso tipo di sentimento che legava lui a Lois: l’amore puro e incondizionato.

E in quel momento erano proprio lì, sedute su una comodissima sedia in vimini posta nel grande portico della casa in campagna consigliata da Clark, intente a guardare il paesaggio in cui erano immerse. Colori vivi, freschi le avvolgevano con grazia. Il verde del prato che incontrava il giallo delle spighe di grano, le quali si ergevano con imponenza fin quasi a voler raggiungere il limpido cielo blu che le ricopriva. Un mare limpido e immenso sporcato da qualche schizzo di nuvola, che pigra godeva del tepore di un sole caldo e raggiante come non si poteva neppure immaginare in città.

“ Mi stai chiedendo di  venire a vivere con te o…?” Domandò Lena con titubanza. L’idea non la spaventava affatto, anzi. Però non voleva illudersi o inciampare in false speranze.

Kara si morse il labbro inferiore, abbassando lo sguardo e arrossendo leggermente. “N-non te lo sto chiedendo esplicitamente. Sto… tastando il terreno.” Sussurrò, timida e leggermente agitata.

Quando però notò che l’altra continuava a guardarla senza emettere alcun suono, iniziò a pensare di aver giocato male le sue carte e di aver in qualche modo incrinato l’equilibrio solido che avevano con fatica instaurato in quei mesi. Non voleva imporre nulla all’altra, ne tanto meno farla sentire a disagio, ma più di una volta in quell’ultima settimana aveva pensato alla possibilità di avere Lena nel suo letto tutte le mattine, a come sarebbe stato divertente e bello fare colazione assieme, alle serate Netflix abbracciate su un divano che apparteneva ad entrambe e perché no, avere la possibilità di condividere uno studio dove poter dare una dimora alla sua personale biblioteca e magari mostrarle alcune edizioni di libri particolarmente in là nel tempo.

“Ovviamente non sei costretta a fare nulla che tu non voglia, ci mancherebbe. I-io stavo solo pensando che questo poteva essere un posto in cui venire assieme, dove poter stare un p-po’ per conto nostro e magari f-fare qualcosa che potesse essere nostro. S-s-solo nost-“

La valanga di giustificazioni che rotolarono giù dalle labbra di Kara ad un tratto vennero arginate dalle labbra di Lena. Le accarezzò con mano tremante una guancia, soffermandosi sul suo zigomo e delineando con il pollice i contorni di esso, premendo con fermezza le labbra su quella di Kara.
Un bacio deciso, che non lasciava spazio ad altro se non alla consapevolezza.

“ Farei qualsiasi cosa pur di stare conte amore, lo sai.” Sussurrò Lena sulle labbra di lei ad un sospiro di distanza. “ Io sono tua, con ogni fibra del mio essere. Non aver paura di parlarmi, di esprimermi i tuoi desideri e di volere di più di quello che già abbiamo. Tu vuoi? Vorresti vivere insieme?” Le domandò con voce tremante.

“Si!” Rispose senza esitazione Kara, raggiungendo con la mano destra quella di lei ancora poggiata sulla sua guancia ed intrecciando le loro dita. “ Ti amo. Come non ho mai amato nessuno Lena. Tu… mi fai sentire meno sola, compresa. Tu mi permetti di essere me stessa e io voglio che ci sia un noi. Oggi. Domani e per tutti i giorni che verranno. E voglio stare con te, che sia in una casa in campagna, nel tuo attico o nel mio appartamento. Anche sulla luna andrei se mi assicurassero che ci sarebbe un noi.”  
              

Due lacrime gemelle si raccolsero agli angoli degli occhi della mora, le parole di lei che le penetravano l’anima donandole un misto di sensazioni devastanti, seppur bellissime.

“ Facciamolo allora. Ti amo anch’io amore e voglio farlo.” Ribatté Lena con impeto, sorridendo subito dopo quando Kara strabuzzò gli occhi in un moto di stupore puro.

“ Davvero?”

“Si Kara, facciamolo. Compriamo questa casa e facciamola diventare la nostra casa.”

Ed entrambe scoppiarono poi in una fragorosa risata, accarezzandosi il viso e baciandosi scompostamente, troppo felici per pensare a nulla che non fossero loro e il loro futuro.

“E convincerò il signor Wedon a vendermi il vigneto. Così verremo qui e berremo sempre dell’ottimo vino. Che te ne pare?” Domandò Lena con gioia, affondando subito dopo il viso nei capelli biondi di lei e continuando a ridere.

“Le ha sempre dato fastidio l’artificio del finale felice nelle favole. E’ convinta che nella vita non ci siano finali, ma confini. Si gironzola di qua e di là, s’inciampa… ci si perde. Ed io sono inciampata in te, che sei l’inizio spontaneo di un finale felice da favola.”** Kara recitò quelle parole ad occhi chiusi, affondando a sua volta il viso nel collo dell’altra e si strinsero quasi a non riuscire più a determinare dove finisse una ed iniziasse l’altra.

Ed effettivamente era proprio ciò che stava accadendo: Lena e Kara stavano definitivamente iniziando a mescolare le loro vite.     
Come quando un pittore sulla sua tavolozza mette in contatto due colori primari e inizia a mescolarli e mescolarli, creando alla fine del colore nuovo, diverso, eppur sempre pregno di un riverbero individuale che dona corposità e carattere al colore, così le loro vite si stavano intrecciando. Unite. Insieme.
 
 

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* Poesia dalla dubbia attribuzione, ma che i più associano a Pablo Neruda
** Isabel Allende, "Il quaderno di Maya"









NOTE AUTRICE:
Salve a tutti, Buona Domenica e Buona Pasqua <3 
Sono tornata con una nuova shot un po' festosa, per regalare a tutti voi un po' di sano fluff e romanticismo che non guasta mai :3
Se siete arrivati fin qui, avrete capito che la storia non segue alcun filone temporale, ma che è improntata in un contesto totalmente a sé stante. Ho immaginato Kara e Lena alle prese con un passo importante che molte coppie affrontano prima o poi ed ho approfittato del'aria festosa di questi giorni, per ambientare il tutto in una campagna settembrina molto genuina e frizzante. 
Vi ringrazio - come sempre - per aver letto la storia e vi invito calorosamente a farmi sapere cosa ne pensate, perchè è davvero importante per me sapere i vostri pareri. Come sapete, sono una fanwriter in erba e ogni vosta opinione, ogni vostro commento costruttivo e consiglio non fa altro che aiutarmi a migliorare e spronarmi nella creazione di storie più corpose, significative e giuste su più livelli. 
Per cui anticipatamente ringrazio chiunque deciderà di seguire/preferire/ricordare la storia e tutti coloro i quali vorranno condividere le loro opinioni con me. 
Siete stati tutti fantastici nelle settimane passate e ho ricevuto molti consigli che ho apprezzato molto. 
So, auguri ancora a tutti e mi raccomando: mangiate tanta cioccolata per celebrare come si deve la Pasqua u.u

 
  
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