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Autore: Moon_Wolf    19/04/2017    2 recensioni
Davanti a lei c’era un uomo, trentenne probabilmente, dai capelli neri ebano e occhi di un blu turchese, due pozze profonde come l’oceano. E un fisico da urlo per giunta, fasciato perfettamente da una divisa militare, dei marines se non errava.
Sorrise allo sconosciuto, che fu subito affiancato da altri due uomini e un ragazzo. Erano anch’essi in divisa.
Buona lettura.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kitka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Nothing compares... Right?


Scese dal taxi giallo.

Kitka era appena arrivata a Manhattan. Aveva sempre abitato al centro di New York, per via del suo lavoro, ma per ora si sarebbe dovuta stabilire lì, a causa di un incendio nel suo appartamento scoppiato all'improvviso. E, come se non bastasse, riportava le ferite al braccio destro, non del tutto ancora guarite a causa dell’incidente. Per qualche tempo non avrebbe potuto nemmeno volare. Era un pilota e l’aria era il suo elemento, ma sarebbe dovuta rimanere con i piedi per terra fino alla fine della sua guarigione.

L’autista posò le valigie sul marciapiede, prima di andarsene, una volta pagata la corsa.

“Bene, eccomi qui” pensò, guardando il vasto complesso di appartamenti. Nonostante le sue sventure, lei non era affatto il tipo da scoraggiarsi alle prime difficoltà, tutt’altro. Le prendeva infatti come una sfida. Più era difficile e più diventava competitiva… Era fatta così.                        

Così ora portare le valigie, con una mano sola, era la sua sfida.

Decise di entrare, piuttosto che tergiversare in mezzo alla strada fra le moltitudine di gente, turisti e non, che nemmeno la degnavano di uno sguardo, essendo perfetti sconosciuti. Questa era purtroppo la caratteristica di una metropoli come New York, potevi conoscere qualcuno ma non l’avresti mai ritrovato senza numero di cellulare almeno. Inoltre non è che la giacca di pelle nera tenesse caldo, infatti nonostante fossero i primi di Aprile le temperature erano ancora abbastanza rigide.

Camminò spedita al centro della hall. Una donna dai capelli arancio, con una gomma da masticare in bocca, e una sudicia divisa gialla e verde, la accolse in maniera…particolare, per non dirlo in altri termini più adeguati. Infatti una volta essersi accorta della sua presenza, e controllato il suo nome, con la svogliatezza di adempire al lavoro scritta in faccia, piuttosto che guardarla, le disse semplicemente che il suo appartamento era stato preso in affitto cinque minuti prima da un altro tizio, un certo Roger.

-Come scusi? – chiese sperando che l’udito la ingannasse.

-Ha capito bene- rispose la donna, seccata.

-Ma avevo prenotato! - protestò, anche se chissà cosa le diceva, inutilmente- Ho fatto tutta questa strada, con un braccio mezzo rotto, e lei mi viene a dire che non ho un posto dove dormire?!-

Finalmente la donna alzò lo sguardo dal suo cellulare e la guardò- senta, che ci posso fare io secondo lei? – rispose sgarbatamente, e gesticolando con le mani – non sono qua il capo, faccio solo il mio lavoro- 

Kitka sbuffò, dirigendosi verso l’uscita secondaria. Guardò indietro alla donna che era tornata a farsi gli affari suoi tranquillamente, non degnandola nemmeno di una seconda occhiata. Scosse la testa, prima di sbattere contro qualcuno.

Si alzò in piedi dalla caduta prima di dare uno sguardo al malcapitato per scusarsi.

Davanti a lei c’era un uomo, trentenne probabilmente, dai capelli neri ebano e occhi blu come il mare. E un fisico da urlo per giunta, chiuso da una divisa militare.

Sorrise allo sconosciuto, che fu subito affiancato da altri due uomini e un ragazzo. Erano anch’essi in divisa. Sembravano degli agenti segreti.

-Scusi signorina…il mio nome è Skipper- disse galantemente e con un sorriso affascinante, guardandola intensamente, il più alto tossicchiò per attirare l’attenzione – ah sì, e questi sono gli altri…-

-Piacere…Kitka- gli diede una forte stretta alla mano, anche se subito dopo, non poté reprimere un piccolo guaito di dolore. 

-Si è fatta male Ms. Kitka? - chiese il più alto dei tre, con aria di intellettuale. Le tastò il braccio proprio nel punto che gli doleva di più.

-Ahi! - gli scappò di nuovo, stavolta più forte, non distogliendo però lo sguardo da quell’uomo con cui si era scontrata- Si, un incidente sul
lavoro…- rispose vagamente- e ora non ho un tetto grazie a quella signora! – esclamò, ancora molto arrabbiata indicando la receptionista con il pollice.

-Di niente! – fu la risposta menefreghista, di quella lì. 

- Mi è simpatico chiunque a cui non piaccia Alice… Per cui, se le interessa una mia amica era proprio alla ricerca di qualcuno con cui dividere la camera…se vuole rimanere qui, è la benvenuta – propose ammiccando leggermente con la fronte verso di lei.

- Grazie… Skipper- lo ringraziò lei restituendo l’occhiata.

Con la coda dell’occhio si accorse dello sguardo incredulo sulla faccia degli amici, particolarmente del più giovane. Ma ciò nonostante accettò volentieri quell’aiuto inaspettato. Sempre meglio che dormire sotto a un ponte.  



Sferra un pugno. Il secondo, poi il terzo.



Il prossimo mese passò velocemente, e meravigliosamente avrebbe aggiunto. Aveva avuto una serie di appuntamenti con Skipper, e chi lo sa… Forse ora poteva anche considerarsi una specie di fidanzata? Credeva di sì, dopo cinque volte che erano usciti insieme, sempre che la quinta potesse considerarsi una vera uscita. Appena arrivata all’appartamento, era entrata e non era più uscita- e non credo che i lettori abbiano bisogno di altre spiegazioni su come si intrattennero i due piccioncini quel sabato pomeriggio. 

In ogni caso aveva scoperto di avere con quell’uomo tantissimi interessi in comune. Il pericolo, l’azione, l’avventura, l’adrenalina e i film western di Sergio Leone. Sembravano due gocce d’acqua sotto questo aspetto. Ma allo stesso tempo Skipper aveva una dolcezza, nel rivolgersi a lei, dedicandole attenzioni e gentilezze come se fosse stata qualcosa di prezioso.

Con lui era ormai riuscita anche a dimenticare il suo ex fidanzato, Ramon.

Per cui era stata davvero felice quando lui l’aveva difesa difronte allo scienziato, che aveva trovato la sua fedina penale sporca- pensava che il tipo, Kowalski ecco, fosse strano ma non un hacker. In realtà aveva solo passato un paio di notti in prigione, perché aveva picchiato un poliziotto ma per ragioni di auto difesa, quel tale aveva cercato infatti di molestare la sua migliore amica, Doris, che avendo alzato il gomito di troppo, era ubriaca fradicia. Lei invece l’alcol lo reggeva bene, e poiché non tornava- Doris era uscita dal locale per fumarsi una sigaretta, e forse la nicotina la avrebbe aiutata a smaltire la vodka che le circolava nelle vene al posto del sangue- si era preoccupata e uscita nel vicolo buio fuori dal night club, aveva trovato una scena che preferiva non ricordare, chiudere dentro a un cassetto gettando via la chiave. Come ciò che aveva fatto a quello stronzo.

Ovviamente quello aveva avuto anche il coraggio di denunciarla per lesione a pubblico ufficiale, e la cosiddetta giustizia non si era dimostrata tale. Aveva preferito infatti dichiararla colpevole e condannandola a un paio di notti di prigione, per non infangare il nome di un poliziotto corrotto, e di conseguenza anche il proprio distretto. Ma lei era fiera di ciò che aveva fatto, e nessuno le avrebbe fatto cambiare idea.
Per questo la infastidiva, che gli assistenti di Skipper non la sopportassero, in fondo non credeva di aver fatto nulla di male per meritarsi tanta sfiducia.



Ma cosa si sarebbe dovuta aspettare? Lei era l’intrusa.
Cambia posizione, prima regola: mai stare fermi in un unico punto.



Era notte e lei non riusciva a dormire, pertanto si limitava a guardare lo skyline notturno della Grande Mela e a pensare agli ultimi avvenimenti.
Si voltò verso la ragazza con cui condivideva la camera temporaneamente, che dormiva sul divano con un’espressione davvero buffa, le labbra imbronciate e i capelli castani all’aria. Tralasciando il fatto che russasse e che si era dovuta procurare un paio di tappi per le orecchie, non era così male avere una coinquilina, anzi lei sembrava davvero simpatica e solare. Le ricordava in qualche modo di Antonio, lo stesso sorriso luminoso quando era felice per qualcosa. Pertanto quando aveva scoperto che il suo nome era Marlene Sullivan, era stata inizialmente sconvolta, ma poi si era adattata. Le coincidenze no? In tutta New York aveva trovato proprio come coinquilina la sorella del suo migliore amico.

Udì un urlo.

Sembrava la voce di quel tale strambo che aveva conosciuto il secondo giorno, e che affermava di essere il re del condominio mentre il ragazzino feticista dei piedi si inchinava al suo scospetto, e Moris sospirava…  Julien, se non errava.

Guardò Marlene che dormiva beatamente, e decise dopo un attimo di esitazione che era meglio non svegliarla. Le scrisse velocemente su un post-it rosa di non preoccuparsi.

Uscì in fretta e vide Ramon spingere Julien, che intanto strillava peggio di una donna, in un furgone omonimo.

“Lui qui?!” ma non si perse in chiacchere, e decise di seguirlo. Salì sulla moto, riavuta indietro tre giorni prima. E braccio fratturato o meno, diede inizio all’inseguimento, anche se aveva già qualche sospetto di dove fosse diretto.
 


Un altro pugno e un altro ancora. Piccole gocce di sudore cadono sul tappetino azzurro.



Si fermò un attimo a riposare dopo un calcio ben assestato a Ramon sul tetto dell’edificio. Non aveva considerato quanto fosse difficile combattere in una lotta libera con un braccio malfunzionante. Normalmente non sarebbe stato un problema, ma in queste condizioni ammetteva anche lei che non sarebbe durata a lungo.
-Non mi ami più, tesoro? - chiese, guardandola con un sorriso sghembo- forse l'incendio non era abbastanza per convincerti che siamo fatti l'uno per l'altro?-
Che gran figlio di... Quindi era stato lui! Strinse gli occhi, con lo sguardo più intimidatorio che riuscì a trovare, anche se in quella posizione non poteva poi sembrarlo così tanto. Intanto l’idiota con la specie di corona con le foglie, era nascosto dietro un angolo.

Avrebbe dovuto immaginarlo.

Era stato solo un pretesto per attirarla fin lì.

Quel posto era dove si erano incontrati per la prima volta. Strano a dirsi su un tetto, vero? Eppure era la verità. Quel giorno era appena arrivata nella Grande Mela, solo che aveva avuto un atterraggio particolare. Infatti si era lanciata dall’aereo di linea e poi paracadutata, giungendo sul tetto di una dei più importanti edifici di New York, dove l’aveva conosciuto. E inizialmente tutto era andato bene, solo che poi aveva cominciato ad essere ossessivo, e dopo l'ennesima volta che l'aveva seguita, quando stava semplicemente facendo shopping, aveva chiuso la loro relazione. 

Fortunatamente, quando stava per perdere ogni speranza, con l’angolo dell’occhio scorse l’arrivo di Skipper, con la sua squadra e l’aiutante dell’idiota effemminato. Ma non si erano accorti del pericolo imminente! Così si piazzò davanti a loro, per parare il colpo del suo ex fidanzato.
Purtroppo stavolta assestò davvero male il colpo, e andò a sbattere contro al muretto.

Subito Skipper scivolò vicino a lei per controllare le sue condizioni, e assicurandole da perfetto gentiluomo qual era, che ora si sarebbe preso lui cura della situazione. E detto ciò, si lanciò contro Ramon.

A quanto pare che fossero agenti segreti non era un teoria poi così assurda, già il loro appartamento sembrava strano quasi come se fosse una base, se era poi da tenere in considerazione il modo in cui il suo Skipper combatteva…



Finta schivata. Un altro calcio frontale.



Ce l’aveva fatta! Ramon era stato sconfitto e Skipper ne era uscito il vincitore. Fortunatamente quell’idiota- si ormai era il suo soprannome per Julien- non aveva dovuto utilizzare uno dei suoi “effetti sonori”. La prima volta, quando aveva imitato il suo fidanzato cadere dal palazzo, aveva dovuto soffocare i suoi istinti omicidi.

Fra le urla di gioia dei suoi amici, che a quanto pare si erano ricreduti pure loro su di lei, Skipper si avvicinò con un sorriso fiero e soddisfatto, che la faceva sciogliere ogni volta. E proprio come in uno dei finali dei filmoni strappalacrime, che si era dovuta sorbire col più piccolo della squadra, la prese per la vita e le fece fare una casquè, avvicinandosi per baciarla. O almeno finché Julien non li interruppe, ancora una volta!

       


Assaggiò sulla lingua un liquido salato ai lati delle labbra. E solo allora si accorse di stare piangendo. Lacrime scintillanti come perle, alla luce fioca di una palestra abbandonata, le rigavano il viso pallido. E non c’era alcun accenno che si fermassero.


Il sacco ritorna indietro, il silenzio tombale. Ma lei rimane immobile.    


Skipper l’aveva mollata poi, con un semplice “non voglio mentirti, le cose fra noi due non funzionano… penso che dovremmo vedere altre persone”, come se quello che fosse successo tra loro non era stato niente!

La prima reazione era stata schiaffeggiarlo, o fare anche di peggio.

La seconda, quella che poi si era realizzata, correre a casa piangendo.

E lei da allora si era rinchiusa in casa. Era caduta in depressione, non voleva più uscire. Non voleva più fare niente. Il suo cuore era stato frantumato, spezzato in due, e calpestato.

Di nuovo.

E ancora dopo sei mesi, lei non riusciva a superare la cosa. Aveva sentito che Skipper al contrario si era fidanzato qualche mese dopo, non sapeva con chi e non voleva saperlo, che erano una bella coppia, e che forse in futuro si sarebbe parlato anche di suono di campane e volare di colombe!

Un altro colpo e un altro ancora. Voleva farsi male, colpire il sacco fino a sbucciarsi le nocche, a farle sanguinare come il suo cuore. Perché per lei era stato qualcosa, perché lui aveva spezzato quel germoglio appena nato. Perché forse così sarebbe riuscita a chiudere gli occhi e dormire, per la stanchezza.




-Cosa vuoi?-

-Fred mi ha detto che eri qui-

Lei grugnì in risposta, rifiutandosi di parlare. Lo aveva sentito arrivare, dopotutto i suoi sensi acuti non sbagliavano mai a parte quando si trattava di un sentimento come l'amore.

-Kitka, mi preoccupo por ti- disse Antonio sospirando, con il suo accento spagnolo.

-Grazie, ma non ho bisogno della tua compassione! – ribatté acida. Non meritava parole di conforto, lei che come una stupida si era lasciata
ingannare dal suo cuore. Lasciò cadere i guantoni a terra, non le importava al momento di nulla.

- Kitka…- la pregò Antonio, come se dovesse avvicinarsi ad un predatore ferito e non sapesse bene da che parte iniziare, o se questo lo avrebbe assalito.

- Lasciami sola- mormorò sedendosi su una panchina con la schiena ritta, i muscoli tesi come pronti a colpire. La fronte sudata e le membra stanche, ma mai abbastanza.

- Non sono venuto qui per commiserarti, ma perché tu non stai bene e a me non piace vederti così - disse Antonio sedendosi accanto a lei e stringendole la mano, ignorando il pericolo. Perché lei avrebbe potuto stenderlo in due secondi se avesse voluto. Gli occhi nocciola che chiedevano fiducia, di aprirsi con lui- Nessun uomo merita le tue lacrime. -

-Non è per questo che io… non più da un po’- confessò, rilassando finalmente le spalle. Antonio era venuto lì solo… per lei? Il pensiero era destabilizzante- Non fraintendere, mi fa ancora rabbia il modo in cui lui- perfetto, non riusciva nemmeno a chiamarlo per nome- mi ha mollata, ma mi sono accorta di qualcosa a cui prima non avevo fatto mai caso…-

-Cioè? – chiese lo spagnolo a bassa voce, con un pizzico di curiosità e malcelata preoccupazione. Se c’era un modo per farla uscire dalla depressione avrebbe intrapreso quella via subito, e forse parlandone avrebbe risolto qualcosa.

Kitka rimase in silenzio, prima di aggiungere, più a sé stessa che ad Antonio -…Nessuno mi ama-
Questo era ciò che l’aveva sconvolta più di tutto. Era stato troppo concentrata sulla sua carriera, sull’inseguire un obbiettivo e una volta raggiunto, proseguire per lo step successivo, che non si era mai accorta di quanto fosse realmente sola.

-Non è vero, pensa a quanti amici hai. Doris, Fred, Marlene e…me- disse Antonio dopo un attimo di silenzio- tutti noi ci prendiamo cura di te.-

-Ma non in quel modo… Non capisco… Perché gli uomini mi guardano e pensano che vada bene solo per una notte, mentre poi scelgono altre come compagne di vita? Cosa ho che non va? - finalmente stava facendo uscire tutto quello che pensava da tempo ormai.  

-Kitka adesso ascoltami- disse Antonio serio forse per la prima volta- Semplicemente non hai trovato la persona giusta, e sicuramente loro non ti meritano, perché non possono vedere la splendida persona che ho qui di fronte a me, qualcuno che merita di essere amato per quello che è. Non c’è nulla che non va in te, sei… sei perfetta, e meravigliosa per me. E chiunque sarebbe fortunato ad averti-

Il suo cuore, quel traditore, accelerò improvvisamente. –Io…- non sapeva bene cosa dire o cosa pensare di quella che sembrava una dichiarazione d’amore.

Antonio le sorrise, baciando le sue mani bendate- non dire nulla, va bene così- 

 

Altri mesi erano passati da allora, ma ora Kitka poteva guardare a un futuro nuovo molto più bello di quello precedente.
Perché alla fine era arrivata. La rassegnazione.

E lei stava bene.

Si voltò verso quello che era il suo migliore amico dai tempi del College. E chissà forse un giorno qualcosa di più.

 






Note dell’autrice


Salve cari lettori.
Sono tornata in questo fandom dal quale non credo riuscirò mai a staccarmi con una storia che ho scritto un paio di anni fa. Solo che non mi piaceva e quindi non trovavo mai il coraggio e il tempo di pubblicarla. Mentre invece ora ho deciso di farlo, anche perché era inutile che prendesse polvere tra i miei archivi. Questa sarà infatti la prima di tutte quelle fanfiction che ho scritto quando ancora questo fandom era attivo, il tempo di editarle e riscrivere i pezzi che mi piacciono di meno.
E che dire? Spero che questa versione di Kitka, più umana, vi sia piaciuta. So che molti non la sopportano perchè la loro OTP è la Skilene, ma sinceramente mi è dispiaciuto quando Skipper l'ha lasciata a fine episodio. Inoltre è un personaggio interessante, su cui ho trovato davvero poco per non dire nulla, sia su EFP che su siti inglesi come Ao3 o Fanfiction.net E non so perchè ho sempre avuto l'headcanon che Antonio, cioè la lontra che c'era in quell'episodio dove cercavano il vero amore di Marlene (perchè non si sa xD), potesse stare bene con Kitka.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.


 

   
 
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