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Autore: Sinkarii Luna Nera    19/04/2017    4 recensioni
|Dragon Ball Super|
Siamo alla vigilia del Torneo del Potere, e tutti quanti si preparano per la più grande e importante battaglia che abbiano mai affrontato, dalla quale dipenderà il futuro del settimo Universo.
In tutto questo, Lord Beerus si ritrova all'improvviso ad avere a che fare con una sua vecchia conoscenza, che mai avrebbe immaginato di poter incontrare ancora.
Dalla storia:
[ Era davvero possibile che due esseri immortali le cui vite erano andate avanti separatamente per moltissimo tempo potessero ritrovarsi di nuovo insieme, in qualcosa che somigliava molto al punto di partenza?
Pareva di sì e, anche se lei non lo sapeva, sembrava anche che lei e Lord Beerus avessero avuto pensieri molto simili sulla questione.
“Forse era veramente destino” pensò “Forse era un cerchio che, mio malgrado, doveva chiudersi in queste poche ore che mancano alla probabile fine di tutto… in un modo o nell’altro”. ]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lord Bills, Nuovo personaggio, Whis
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Reflecting Mirrors'
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Quella era la giornata peggiore che avesse avuto da quando era stata costretta a lasciare il proprio pianeta, addirittura peggiore della volta in cui era andata a finire su un satellite nell’Universo 4 che solo in seguito aveva scoperto essere abitato da grosse piante carnivore in grado di correre.


«Anise?...»

Delle piante carnivore aveva potuto smettere di preoccuparsi una volta risalita sulla sua astronave monoposto, ma avere a che fare con un dio era tutt’altro paio di maniche. Se si era finta morta c’erano dei motivi, e sperare che in tutto quel tempo avesse scordato il suo nome e il suo volto era stato vano, forse anche stupido, se lei per prima non si era dimenticata di lui.

“ADDIO”.

Dopo quell’unico pensiero di senso compiuto Anise saltò dal tavolo in direzione delle vetrate, mentre la sua bocca proferiva in maniera autonoma quanto veloce ogni sorta di pesanti bestemmie e profanazioni nella lingua dei Lusan.
La sola cosa che desiderava al momento era fuggire il più lontano possibile.

«Le mie vetrate!!!» gridò Bulma «le mie-»

Ammutolì quando vide che il vetro, invece di infrangersi, aveva inghiottito Anise come se quest’ultima si fosse tuffata in acqua, scomparendovi dentro.

«Ma che accid-»

Vegeta non fece in tempo a finire la frase, perché Lord Beerus volò a sua volta contro le vetrate e scomparve anch’egli al loro interno, il tutto tanto velocemente da mandare all’aria sia il tavolo e tutto quel che c’era sopra, sia le seggiole e coloro che vi erano seduti.
Tuttavia, tanto gli oggetti quanto le persone si trovarono avvolti da un bagliore azzurro/verdastro che riportò tutto al proprio posto prima che toccassero terra.

«Parbleu… a volte certe coincidenze sono proprio incredibili quanto spiacevoli» commentò Whis, una volta finito «Ma sono riuscito a salvare il cibo!»

«Sì ma cosa succede?» Goku si alzò dalla sedia, e andò a toccare il vetro «Bulma, è un’altra delle tue invenzioni? Con me non funziona!»

«Nel dubbio tu allontanati da lì, Goku!» gli intimò Chichi «Non vorrai finire inghiottito anche tu?!»

«Lady Bulma non è responsabile di quello che è successo, signor Goku» disse Whis, prendendo in mano una polpetta di riso «Non conoscete l’esistenza della Dimensione degli Specchi, giusto?»

«La che?» Yamcha sbatté le palpebre «Cos’è?»

«La Dimensione degli Specchi? No, non l’ho mai sentita nominare» disse Bulma «Ma da molto tempo qui sulla Terra ci sono leggende e storie sull’esistenza di mondi paralleli dei quali gli specchi sarebbero i punti di accesso…»

«Oh, la fantasia di voi umani è qualcosa di assolutamente delizioso!» commentò Whis con un sorrisetto «No, non si tratta di questo. La Dimensione degli Specchi è semplicemente un luogo accessibile da ogni superficie riflettente esistente sul pianeta, e che le mette tutte quante in comunicazione... nulla di più» fece spallucce «Altro da aggiungere? Ah, sì! Ogni pianeta possiede la propria Dimensione degli Specchi, ma non variano mai molto l’una dall’altra se non per la grandezza: sono tutte labirintiche e assai confuse. Credo che quella della Terra sia molto grande, su questo pianeta sono presenti più superfici riflettenti che persone, a voler esagerare!»

«Beh… non sembra nulla di che» commentò Goku con aria perplessa, grattandosi la nuca «Secondo me in un combattimento questa Dimensione degli Specchi non è affatto utile!»

«Ma se in un'occasione diversa ti ci gettasse dentro e non riuscissi più a uscirne non penso che ti piacerebbe, Kaaroth» obiettò Vegeta.

Whis sorrise. «Giusta osservazione, signor Vegeta. In verità esistono delle uscite, anche per coloro che sono semplici mortali, privi di potere o meno: basta trovare quelle che conducono a uno specchio d’acqua. Tuttavia, come dicevo, sono luoghi labirintici e confusi… per un mortale potrebbero passare decenni, prima di trovare un’uscita. Se mai riuscisse nell’impresa».

Non utile in combattimento e poco raccomandabile, il tutto si poteva riassumere così, ma a Bulma erano venute in mente altre domande su tutta la questione. «Il fatto che la Dimensione degli Specchi metta in comunicazione tutte le superfici riflettenti del pianeta implica che si potrebbe entrare da qui e uscire dall’altro lato del pianeta in breve tempo, se si conoscesse la strada?»

«Esatto!» esclamò Whis, addentando la terza polpetta di riso.

«Potrebbe essere utile per spostarsi rapidamente, o per fuggire come ha fatto quella ragazza» disse Chichi «Goku non è riuscito a entrare, prima».

Whis diede un’occhiata alle vetrate. «Dipende dall’inseguitore, Lady Chichi. Il tentativo di Lady Anise non porterà assolutamente a nulla, non in questo caso. Lord Beerus è una divinità, in quanto tale può entrare nella Dimensione degli Specchi quando vuole e utilizzare qualunque uscita. Anche andare dall’altra parte del mondo non le servirebbe. Per come la penso, il massimo può fare è restare della Dimensione degli Specchi e cercare di nascondersi, lì dentro potrebbe persino riuscire a rallentarlo, ma non farà altro che rimandare l’inevitabile» bevve un lungo sorso d’acqua.

Bulma si mordicchiò il labbro inferiore, rendendosi conto che probabilmente aveva mandato a morire una persona, e tutto per delle velleità da Cupido miste a interesse personale. Anise non era la persona più simpatica del mondo, ma non per questo avrebbe voluto farle fare una brutta fine. «Non ha possibilità?...»

«Ora che Lord Beerus sa che è viva non c’è molto che si possa fare. Certo, il momento non è quello più adatto» disse, Whis, riferendosi al Torneo del Potere imminente «Ma forse, che piaccia o meno, era semplicemente destino. Le probabilità di incontrare proprio qui una persona che vaga raminga nel Multiverso da centinaia di milioni di anni erano così esigue!... oh, Lady Anise non ve lo aveva detto?» domandò l’angelo, vedendoli stupiti.

«CosHì vecchia?» biascicò Goku, che si era rimesso a mangiare come se nulla fosse «Per caso è una dea anche lei?»

«Oh no, assolutissimamente no… Lady Bulma! Come si chiamano questi?» Whis cambiò improvvisamente argomento, indicando con aria deliziata degli spiedini «Hanno un aspetto proprio invitante!»

«Yakitori. Sono spiedini di pollo» rispose Bulma, un po’stupita dal modo in cui Whis era saltato di palo in frasca. Alla fine però fece spallucce, ricordandosi che Whis tendeva a distrarsi facilmente -all’apparenza- soprattutto in presenza di cibo.

Non poteva sapere che Whis sperava più o meno quanto Anise che quella faccenda fosse ormai morta e sepolta, esattamente come sarebbe dovuta essere la stessa Lusan, per quanto ne sapeva Lord Beerus.
Glielo aveva detto lui stesso, del resto… mentendo.







Correva come poche volte in vita propria aveva fatto, in cerca di una speranza di fuga che non c’era, e pur essendone conscia non intendeva fermarsi.

Aveva fatto il possibile per evitarlo, sentiva di avere ben poco da rimproverarsi; forse sarebbe stato più saggio evitare semplicemente di rimettere piede nell’Universo 7, ma come avrebbe potuto immaginare una cosa simile? Sarebbe bastato non aprire la porta quella mattina, o svegliarsi un’ora prima così da essere fuori casa già alle undici, o un’ora più tardi, così da non sentir suonare il campanello.


Correva dritto davanti a sé, incurante di come l’ambiente caleidoscopico attorno a lei mutasse istante dopo istante. Era come trovarsi nella casa degli specchi di un luna park, una versione più grande e in costante movimento: infiniti specchi in un mondo, per il resto, totalmente nero.
I riflessi di centinaia -migliaia- di Anise più o meno deformate correvano assieme a lei negli specchi di cui era costituito quel luogo, incuranti di trovarsi improvvisamente a farlo a testa in giù, in una struttura neonata dalla forma di una spirale discendente che sembrava non avere fine.
La gravità, le leggi della fisica e un qualsivoglia senso compiuto non erano appannaggio della Dimensione degli Specchi, neanche per chi poteva esercitare del controllo su di essa.

«Maze ā ddrychau» sibilò, facendo un rapido movimento intricato con le mani.

A quelle parole gli specchi che man mano superava durante la corsa si mossero ancor più velocemente di quanto già facessero, iniziando a fondersi tra loro e a creare strade e forme ancor più folli e confuse. Seguendo l’ordine che Anise aveva dato, “maze ā ddrychau” -“labirinto di specchi”, tradotto dalla lingua Lusan- l’intero ambiente si stava trasformando in un dedalo ancor più da incubo di quanto già fosse.

Anise non aveva le idee ben chiare sul piano d’azione da seguire, per il momento la sola cosa che le fosse venuta in mente era cercare di rallentare il suo inseguitore il quale, pur essendo un dio, era meno pratico della Dimensione degli Specchi di quanto fosse lei.
Almeno in teoria.
Pensò di uscire di lì e raggiungere l’astronave monoposto che teneva nel parcheggio sotterraneo di casa, fedele compagna di avventure da centinaia di milioni di anni, ma non era sicura che fosse una buona idea. Al momento non vedeva Beerus dietro di sé, ma riusciva a sentire benissimo il rumore degli specchi che si infrangevano inesorabilmente, segno che non era troppo lontano; se anche fosse riuscita a uscire, ad arrivare all’astronave e a partire, quanto ci avrebbe messo lui a raggiungerla? Ben poco, e fuori dalla Dimensione degli Specchi era inerme.

Non aveva lasciato molto spazio a che ciò che rimaneva della coscienza di Rubedo -in passato aveva visto fin troppo bene cosa sarebbe potuto succedere, se lo avesse fatto- tanto da “ucciderlo”, ma per quanto non si fosse pentita riconosceva di aver perso l’occasione di avere una potenza di fuoco degna di tale definizione al di fuori della Dimensione.
Non che contro un Hakaishin sarebbe servita a qualcosa, nemmeno a dirlo: ad appena diciotto anni, l’età che avevano quando si erano conosciuti, Beerus era già incommensurabilmente potente, quindi non riusciva nemmeno a immaginare cosa fosse adesso.


Che fare, che fare?! Più cercava di trovare un’idea, meno gliene arrivavano. Non vedeva alcuna via d’uscita da quella situazione, e per quanto velocemente stesse correndo il rumore di specchi rotti si avvicinava sempre di più.
Avrebbe dovuto immaginare che un labirinto, per intricato che potesse essere, non avrebbe potuto ostacolare Beerus abbastanza da darle anche solo il tempo di pensare a un'idea decente.

Serviva qualcosa di più.


Spiccò un balzo in avanti, la parete di specchi davanti a lei si divise per lasciarla passare, e Anise iniziò a precipitare in un vuoto che solo per un attimo si mostrò totalmente nero; l’istante successivo attorno a lei iniziarono già a costruirsi pareti di specchi, sulle quali avrebbe potuto correre appena lei avesse voluto.

Si voltò verso la struttura dalla quale era uscita, un agglomerato lucido e ribollente che sembrava una creatura oscena fuoriuscita disgraziatamente da chissà quale infame parte del Multiverso, e fece compiere alle mani un gesto a spirale.

«Anteak marbhtach» disse, con voce ferma.

“Trappola mortale”. Non per un Hakaishin, come ben sapeva, ma sperava che potesse fare un lavoro migliore del labirinto.

Le pareti di specchi si incurvarono in modo che la Lusan potesse correre su di esse e, allo stesso tempo, osservare la sua precedente creazione collassare su se stessa. La “creatura oscena” era diventata oscena e morente, era come guardare un animale in agonia, e dall’interno lo spettacolo non doveva certo essere più gradevole.


“Non ci metterà molto a darle il colpo di grazia con un hakai” pensò Anise “L’idea di fuggire con l’astronave è impraticabile, anche perché non c’è nessuno che possa o voglia aiutarmi a riuscirci, e comunque a cosa servirebbe? Ora che sa che sono viva non importa quanto io possa andare lontano, non dovrebbe far altro che dire a Whis di trovarmi, e lui eseguirebbe. Vero, il suo arrivo non sarebbe istantaneo e forse riuscirei a scappare ancora, ma una vita più o meno nomade è diversa da una passata costantemente in fuga! … un momento. Whis! Ma certo!

In tutta quella fuga non aveva pensato alla cosa più ovvia, ossia di cercare la complicità di quell’angelo dai capelli improbabili.
Si maledisse, mentre smetteva di correre e iniziava a scivolare giù lungo la parete: se invece di tuffarsi dritta nella vetrata appena Beerus aveva detto il suo nome si fosse fermata a riflettere un attimo di più, avrebbe potuto pregare Whis di riavvolgere il tempo e approfittarne per defilarsi. Non sapeva se Whis lo avrebbe fatto davvero, perché probabilmente così avrebbe creato un Time Ring, ma avrebbe potuto quantomeno tentare di chiederglielo.


“Opportunità bruciata, i tre minuti ormai sono passati” pensò cupamente “ma ci deve pur essere un altro modo in cui uscirne. Non accetto che tutto crolli per colpa di un brunch!”

Un bagliore violaceo avvolse la “trappola mortale”, che iniziò a disintegrarsi.
No, tutto sommato non era durata più del labirinto.

“Perlomeno stavolta ho concluso qualcosa” pensò la Lusan. Doveva raggiungere l’uscita, quella delle vetrate da cui era entrata, e doveva farlo al più presto.

«Phlauvkat luath» mormorò, tracciando una riga dritta immaginaria nell’aria.

La discesa dalla quale stava scivolando divenne molto più ripida, liscissima e stretta, proprio la “scorciatoia rapida” che aveva chiesto, e la velocità tale che Anise appiattì le orecchie e socchiuse gli occhi. C’era solo da sperare che fosse sufficiente a farle raggiungere in tempo la meta.

«Andiamo… andiamo! Devo farcela!»

La discesa finì in maniera piuttosto brusca, ma la Lusan atterrò in piedi, e riprese la sua corsa disperata.
L’uscita era lì, un portale opaco e tremolante proprio davanti a lei, e la sola cosa che doveva fare era raggiungerla, nient’altro, nulla di più, solo raggiungerla…
In quel momento esatto però, purtroppo per lei, Lord Beerus piombò dall’alto proprio lungo la sua traiettoria, ponendosi tra lei e la tanto agognata via di fuga.

«…»

A quel punto Anise terminò la propria corsa, fermandosi a qualche metro di distanza da lui, mentre si domandava come avesse potuto addirittura iniziare a sperare.
Pensò di tentare di nuovo con una trappola mortale, ma aveva visto benissimo che non serviva affatto, come non era servito tutto il resto.

Lo guardò. Non era cambiato poi così tanto in tutti quei milioni di anni, era solo diventato ancor più magro di quanto ricordasse -il che era ridicolo, se mangiava ancora come faceva in passato; per il resto era lui, era sempre lui, con quell’espressione impenetrabile che poteva anticipare tanto un hakai quanto una risata.
Aveva perfino gli stessi abiti di un tempo, buon cielo.

Pur restando a testa alta e ostinandosi a tenere il proprio sguardo fisso in quello di Lord Beerus, lasciò cadere le braccia lungo i fianchi in un gesto di pura rassegnazione, quando vide il dio avvicinarsi a lei passo dopo passo.

Da quel giorno in avanti forse avrebbe iniziato a vivere in un buco ancor più piccolo del Multiverso.

Beerus si fermò a circa un metro di distanza da lei, sempre silenzioso e serissimo in viso, senza dire e fare nulla, imitato da Anise.
Rimasero immobili per un minuto buono, prima che qualcuno si decidesse a spezzare il silenzio.

«Potrebbe almeno dire qualcosa» mormorò Anise.

Beerus sul momento non fece nulla, ma l’istante dopo sogghignò, pronto ad accontentarla. «Qualcosa!» esclamò.

Il facepalm monumentale quanto giustificato di Anise risuonò in tutta la Dimensione degli Specchi. «No. Non puoi averlo detto seriamente!» gemette, senza rendersi conto del passaggio spontaneo al “tu” «Non è concepibile che dopo centinaia di milioni di anni tu abbia ancora queste uscite squallide, già era grave che le avessi a diciotto anni, ma adesso-»

Sì zittì nel momento in cui si sentì afferrare il polso della mano con cui aveva fatto facepalm, e quando sollevò lo sguardo vide che l’Hakaishin si era avvicinato ancor più di prima. Non sogghignava più, non era nemmeno serio come in precedenza, ma Anise non era in grado di decifrare il significato della sua espressione.

«Sembri tu» disse Lord Beerus «Sembri essere proprio tu, ma tutto questo, la Dimensione degli Specchi… e il fatto che io ti ricordi in una tomba… potrebbe essere tutto un inganno!» le strinse di più il polso «Se sei Anise, se sei proprio l’Anise che ho conosciuto da ragazzo, allora dimmi qualcosa di cui siamo a conoscenza solo noi due. Immediatamente» le intimò «O ti distruggerò, per un simile oltraggio».

L’esitazione di Anise nel rispondergli fu più breve di quanto lei stessa, nonostante la minaccia, avrebbe voluto. «Lago di Vynumeer» disse, e non aggiunse altro.

Dopo pochi secondi Beerus allentò la stretta al polso. «E… e cos’era che Whis ci ripeteva talmente spesso da essere quasi seccante? Dimmelo!»

Per quanto tempo potesse essere passato, Anise non aveva dimenticato neppure quello. «“Suvvia, un po' di contegno!”»

A quel punto il dio le prese entrambe le mani e poggiò la propria fronte contro la sua, gesti incredibilmente del tutto spontanei, che fatti da un tipo come lui significavano ancor più di quanto facessero già. «Sei tu! Sei veramente tu!» chiuse perfino gli occhi «Non so come sia possibile, ma… sei tu!»

«E dopo tutte le volte che mi sono sentita dire che io sono io, gli eventuali dubbi che potevo avere sulla mia identità si sono dissipati» commentò Anise, piuttosto atona.

«Definisci squallide le mie uscite, ma nemmeno le tue sono migliorate granché» ribatté Beerus, per nulla piccato «Dopo questo, se Goku non vincerà il Torneo del Potere giuro che lo ucciderò personalmente prima che l’Universo 7 venga cancellato!» esclamò.

Anise drizzò le orecchie. «Cancellato? Di cosa si tratta precis-»

«Whis mi aveva convinto a lasciare che i morti restassero morti, mi aveva convinto che era la cosa giusta» la interruppe lui, cambiando nuovamente discorso «E io ho agito di conseguenza tanto allora quanto negli anni successivi, ma che tu sia di nuovo in vita, e l’esserci ritrovati… Ci sono diverse cose che al momento non riesco a spiegarmi, e potremmo avere solo quaranta ore per dare un senso a tutto questo, ma quel che conta di più è che siamo qui, di nuovo insieme» concluse, sorridendo perfino.

La Lusan però non sembrava altrettanto allegra: tolse le mani dalla sua presa, e scivolò di lato, tornando a camminare verso l’uscita. «Ha una buona memoria solo per quel che le fa comodo, Lord Beerus».

«Cosa intendi?!» Beerus la seguì, e la costrinse a voltarsi verso di lui «Falla finita con questa follia di darmi del lei, proprio tu che sei la sola che non dovrebbe farlo, e non cercare di sfuggire alla conversazione, perché non ti lascerò andare da alcuna parte!»

«Invece è esattamente quello che dovrebbe fare» ribatté Anise «Ricorda me, ricorda quel che ci diceva Whis e ricorda il lago di Vynumeer, ma non la nostra ultima conversazione, a quanto pare».

L’Hakaishin la lasciò andare, staccandosi in maniera brusca come se si fosse scottato. «Non puoi parlare seriamente».

«Non credo di avere l’aria di chi sta scherzando».

«Non fare l’idiota, Anise» Lord Beerus tornò mortalmente serio «È passata un’eternità, eppure per me non è cambiato nulla! Sai quanto vale una cosa del genere, detta da me?! Da un dio?! Dovresti esserne soltanto felice! Sono stato perfino disposto a entrare in questo incubo di specchi privo di senso, per seguire TE!»

«Certo, ero talmente felice da fuggire bestemmiando appena l’ho vista. Magari significava che io non avevo tutta questa voglia di una rimpatriata» gli fece notare Anise, indietreggiando lentamente.

«Non avevo neppure fatto caso a quello che hai detto, ero troppo impegnato a guardare una morta che non è più morta» disse seccamente lui «Comunque queste sono solo sciocchezze!»

«Già, dimenticavo: qualunque cosa sia diversa da quello che vuole lei è solo una sciocchezza di poco conto» la Lusan alzò gli occhi al soffitto «Ha ragione, non è cambiato proprio nulla da allora, l’egocentrismo è sempre quello».

«Anise… io sono un dio. Sono- un- dio» sillabò, indicandosi con entrambe le mani «D-i-o! Lo sai cosa significa? Che divinità sarei, se non fossi egocentrico?! E comunque non è una novità…»

In tutto ciò, Anise si era avvicinata man mano all’uscita. Ormai le sarebbe bastato un piccolo balzo, per abbandonare la Dimensione degli Specchi. «Appunto, lei è libero di essere egocentrico quanto vuole, e io sono libera di non dover convivere con una cosa del genere. Il passato dovrebbe restare nel passato. Se avesse dimostrato di avere una diversa considerazione di me e delle mie idee sarebbe stato diverso, ma a queste condizioni…»

«Non dico di riprendere da dove ci eravamo lasciati, ma di iniziare qualcosa di nuovo. Sperando di non essere cancellati nel mentre» aggiunse Lord Beerus, quasi tra sé e sé «Gettare tutto al vento e sprecare questa seconda chance è inaccettabile» dichiarò «E io non intendo consentirlo».

“Allora avevo ragione, fingermi morta era il solo modo perché questo testardo di un dio mi lasciasse in pace” pensò la Lusan. «Saamnl itealaich!» gridò, aprendo di scatto entrambe le mani.

Una tempesta di milioni di saamnl itealaich, ossia di “frammenti volanti” di specchi, iniziò a infuriare tra loro due. Neppure quel diversivo sarebbe durato molto, ma sarebbe stato abbastanza.

Anise saltò dentro l’uscita.








Eccomi con il secondo capitolo, che spero sia di vostro gradimento!
Qui sotto vi lascio un tentativo che ho fatto di disegnare Anise.


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