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Autore: Wolly    20/04/2017    5 recensioni
Vegeta ama la quiete che segue il decollo, è un momento speciale di cui è terribilmente geloso: prima il fragore dei motori a propulsione, poi l’obliante silenzio dello spazio mentre volano a tutta velocità, pirati dell’Universo infinito. E’ quanto di più vicino alla libertà assoluta che possa sperimentare nelle proprie condizioni e, prima o poi, il principe scoprirà se l’Universo è davvero senza limiti...
NOTE INTRODUTTIVE: Il racconto si svolge in un universo alternativo in cui Kakaroth non ha mai battuto la testa e, dopo alcuni anni trascorsi sulla Terra, si è ricongiunto alle truppe di Freezer ed agli ultimi guerrieri Sayan, crescendo all'ombra del principe Vegeta.
Fulcro della storia il complesso rapporto tra Vegeta e Kakaroth, tra principe e terza classe.
Genere: Angst, Azione, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Goku, Nappa, Radish, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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I.


Anno 754 – Galassia di Ao no ō

L’inconfondibile profilo della Nave-Madre si staglia, in tutto il suo candore, come un unico, imponente scoglio nell’oscuro abisso siderale: è una vera e propria città fluttuante, distaccamento mobile della Capitale, centro nevralgico di tutte le attività politiche e commerciali dell’Impero di Ice.

Lì sono riuniti, assoggettati al volere del tiranno Freezer, secondogenito dell’Imperatore Cold, i guerrieri più temibili dell’Universo, i mercenari più sanguinari e gli scienziati più capaci, in un perfetto sistema bellico che la rende una città invincibile ed inespugnabile.

Molti sono i popoli conquistati e costretti con la forza, nel corso dei decenni, ad unirsi alle truppe di Ice… fra questi anche quello degli indomiti sayan.
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Un soldato dalla pelle arancione e butterata si affretta lungo l’ampio corridoio del III° livello, diretto all’Arena di Allenamento. Il passo frettoloso e la postura rattrappita tradiscono una certa tensione mentre si blocca innanzi all’ampia porta e sospira, restando in ascolto dei rumori all’interno. Maledice la propria sorte perché, fra tutti gli alieni della nave, non poteva consegnare messaggio a individui più sgradevoli. Ad ogni modo, “gli ordini sono ordini”, ed egli spera di cavarsela nel modo più veloce ed indolore possibile.

Fa quindi il suo ingresso, iniziando a farfugliare qualcosa, ma i presenti lo ignorano bellamente, come un insetto insignificante. Si fa quindi coraggio e, gonfiato il petto in un fare pomposo, si schiarisce la voce fulminandoli tutti con i suoi occhietti malevoli «Il Nobile Freezer richiede espressamente la vostra presenza, vi attende tutti nella Sala del Comando(1)

Ha ottenuto la loro attenzione, i presenti si bloccano e una montagna di muscoli sayan dai lunghi capelli corvini gli si para subito innanzi. Il messaggero si ritrova così ad incassare la testa fra le spalle in un involontario moto di timore ed a farsi piccolo-piccolo, espirando fuori l’aria di botto come un palloncino sgonfiato. Il divario fisico fra i due è tangibile: meglio non irritare il guerriero se vuole andarsene via ancora sulle proprie zampette.

«E chi siamo noi per far attendere sua Magnificenza…?» replica Radish, simulando un tono ossequioso, in realtà decisamente sfrontato «Arriviamo, tu annunciaci!» ordina quindi con voce tonante, spintonando via di mala grazia il messaggero dall’Arena.
«Piccolo sgorbio…» commenta solo Nappa, lisciandosi i baffi, anche se - a dire il vero – chi, al suo cospetto, non apparirebbe “piccolo”?
Kakaroth tace, ansimando pesantemente nel tentativo di riprendere fiato. I due sayan più vecchi ci stanno andando giù pesante con lui, sono stati interrotti nel bel mezzo di un allenamento fra i più impegnativi.

A dispetto dell’atteggiamento sprezzante dei guerrieri sayan, il disagio è palpabile: quando Freezer convoca personalmente, di solito, non sono mai “buone nuove”. Solo Vegeta appare del tutto disinteressato alla faccenda; lui odia essere interrotto. Freezer può anche aspettare: a che serve essere un principe se non a infischiarsene degli ordini altrui?
I compari, conoscendo il suo temperamento, non lo disturbano. Lo aspettano docilmente alla porta e, solo quando ha ultimato la propria sequenza di esercizi, li raggiunge per poi incamminarsi con loro verso la Sala del Comando. I quattro guerrieri, ultimo baluardo di una razza quasi ormai estinta, avanzano nella loro prestanza come figure intimidatorie. Mancano pochi altri fra loro all’appello, lontani dalla base in missione, ma per contarli tutti bastano comunque ormai le sole dita delle mani.

Giungono infine al cospetto del loro tiranno, come presenze spartane e sudate, del tutto inadeguate all’ostentata opulenza del luogo. Ogni cosa all’interno di quell’ampia sala circolare - gli alti soffitti a volta, le colonne finemente intarsiate di gemme preziose, le ricche stoffe drappeggiate sulle pareti da mani sapienti – è un inno alla magnificenza dell’Impero di Ice.

Eccolo il “Nobile Freezer”… si stenta a credere che un simile potere sia custodito nelle mani tridattili di quella piccola, immonda, lucertola albina, ora mollemente adagiata sul suo scranno volante. Eppure, tutti coloro che hanno sottovalutato la sua forza e che hanno provato a ribellarsi, oggi non sono più qui a raccontarlo: questo anche i sayan l’hanno imparato a proprie spese.
Al fianco dello scranno i “cani di Freezer”, gli immancabili leccapiedi Zarbon e Dodoria, li squadrano con aria di sufficienza. I componenti della Guardia Sayan si genuflettono, abbassando il capo in segno di rispetto, per quanto il reale istinto sarebbe solo quello di sputare in direzione dell’usurpatore: non ancora, ma verrà presto il giorno…

Solo il loro principe ha ottenuto da tempo il “privilegio” di poter restare in piedi – gli basta mostrare un gesto di rispetto, salutando con il capo e il braccio destro ripiegato in un inchino - ben magra consolazione per tutto quello che gli è stato strappato… ma Freezer è un abile calcolatore e sa che per mantenere vivo quel gioco di equilibrio e potere “con una mano deve togliere” e con l’altra “deve dare quanto basta a farli andare avanti”.

«Vi ho convocati per informarvi di una nuova missione: domani due di voi partiranno alla volta del Pianeta Gletser(2)...» esordisce mellifluo.
Bene, nessuna punizione. Vegeta annuisce appena, per quanto gli appaia strano che, invece di delegare Zarbon e Dodoria come al solito, il Nobile Freezer li abbia convocati per assegnargli tale compito di persona.
«La prima squadra di spedizione - continua il tiranno con tono questa volta imperativo - è andata dispersa: non abbiamo loro notizie da un mese... non ammetterò errori anche da parte vostra! Mi aspetto che conquistiate il pianeta entro la prossima settimana.»

Interessante… se questa vuole essere l’ennesima “missione suicida” su un pianeta ostile, ancora una volta i sayan superstiti gli dimostreranno di che pasta sono fatti: due di loro saranno più che sufficienti.
«Come desideri.» Vegeta risponde ingoiando fiele, come ogni volta quando deve assoggettarsi rispettosamente alla volontà del proprio nemico giurato.
Il servilismo accresce l’ego della lucertola, eppure quando si tratta del principe, non riesce mai a gustarne il sapore fino in fondo: sa che dietro quella sua maschera di ghiaccio si agita uno spirito indomito che non potrà mai essere piegato. La condiscendenza di Vegeta è solo una farsa.

«Molto bene, so che non tradirete le mie aspettative. Ora andate a riposare, avete la giornata libera…» li congeda, con un languido gesto della mano. Troppo facile.
I guerrieri stanno per alzarsi, ma Freezer di colpo reclama ancora la loro attenzione, parlando in tono affabile, terribilmente affabile «Ah, Vegeta! Quasi dimenticavo: sarà Kakaroth ad accompagnarti… gli altri mi servono qui

«Sta bene.» risponde il principe al tiranno che gli sorride calorosamente di rimando. C’è qualcosa che non lo convince nell’atteggiamento della lucertola. Non che si sia mai fidato di Freezer, ma quell’improvviso bagliore sanguigno di trionfo nei suoi occhi gli fa correre un involontario brivido lungo la schiena. Zarbon e Dodoria sono insolitamente quieti ai lati dello scranno del loro padrone.

“Un principe dei sayan non teme nulla” gli hanno insegnato, ma ha anche imparato che il coraggio è una qualità inutile se non accompagnata da una buona dose di senno. Il volto altero rimane una maschera di imperturbabilità. È diventato bravo in questo gioco di equilibri e potere, ma la mente corre veloce in cerca dell’imbroglio. Una trappola, forse?
Sono semplici disposizioni, per quanto insolite: non è la prima volta che gli viene imposto un compagno di squadra. È già capitato in passato che, per missioni specifiche, Freezer predisponesse la formazione di squadre "miste", tra sayan e soldati di altri pianeti... ma, solitamente, il tiranno aveva sempre lasciato un maggiore margine di scelta a Vegeta, quando si trattava di coordinare una spedizione con un proprio "parirazza".

Anche perchè le missioni in cui è richiesta espressamente la presenza di Vegeta sono quelle di livello più alto e quindi, per logica, ad accompagnarlo dovrebbe essere uno degli altri due guerrieri d’élite e non un “adolescente sgraziato” di terza classe. Con Beren lontana, la scelta più ovvia sarebbe stata Nappa.

Non che importi realmente, il principe può far fronte da solo a qualsiasi situazione; spera solo che Kakaroth non gli sia troppo d’intralcio…

Nappa si irrigidisce al suo fianco per gli ordini ricevuti, leva il capo, forse per muovere qualche inutile protesta, ma Vegeta più rapido ringrazia e prende commiato come se niente fosse, allontanandosi. Percepisce la tensione dei propri uomini, mentre lo seguono fuori dalla Sala del Comando, in particolar modo quella del colosso: la coda di Nappa sferza nervosamente l’aria come quella di un felino in gabbia e, quando la porta si richiude alle loro spalle e si trovano al riparo da orecchie indiscrete, lo vede prendere Kakaroth da parte.

«Stai in guardia pivello… e soprattutto…» lascia in sospeso il colosso, con un eloquente levata di sopracciglia. E soprattutto… veglia sul nostro principe, come se ci fossi IO! Questo sembra comunicare quel suo sguardo feroce.
Prevedibile, scontato. Kakaroth è insolitamente serio, quasi cupo mentre risponde al suo superiore, ma Vegeta non resta ad ascoltarli, si allontana sprezzante, perso nelle proprie elucubrazioni.

Troppo poco tempo a disposizione.

Non vale neanche la pena di cercare informazioni sui propri nemici. I gletsyr, così si chiamano i nativi di Gletser, avranno una bella sorpresa al loro arrivo... Vegeta sogghigna, pregustando già il sapore del sangue versato in battaglia.

Forse, domani moriró.
Questo pensiero gli sfiora la mente. Sa bene che, se il momento “è giunto”, non saranno certo gli avvertimenti di Nappa a salvarlo, né la presenza di Kakaroth.
Gli occhi di ossidiana scivolano fuori da uno degli oblò della nave, sondando le profondità dello spazio e il bagliore sinistro di costellazioni aliene. Si ferma, mette a fuoco il proprio riflesso, trovandolo ogni volta sempre più simile a quello del genitore, solo gli occhi sono diversi: quelli di Vegeta sono spenti. Re Vegeta, suo padre, non avrebbe mai accettato questa vita, i suoi occhi erano oceani dardeggianti di indomita fierezza sayan… pur avendo scelto la “strada della diplomazia”, non si era mai assoggettato al ruolo di semplice “pedina”.

A cosa è servita tutta la tua caparbietà, padre? Fanculo la diplomazia: il Re è morto. Il Futuro è del suo erede… un principe senza regno, monarca del Nulla. Nonostante questo, nonostante si senta inferiore al padre per le proprie scelte, Vegeta vuole vivere ad ogni costo, anche se per farlo deve piegarsi a certi compromessi. Vuole… deve vivere per vendicarlo, per vendicarli tutti.
Una vena pulsa sulla sua fronte spaziosa, trae un profondo respiro, esercitando ancora una volta l’arte dell’autocontrollo. Re Vegeta ne era maestro, ma nella sua prole scorre prepotente anche il fuoco della madre, che rende tutto un po’ più difficile. La Vendetta è l’unico nobile scopo che lo manda avanti, che riesce a placarlo e blandirlo con parole suadenti.

Forse, domani moriranno entrambi.

Per un istante accarezza l’idea di trascorrere la notte fra le cosce di una puttana, ma alla fine viene vinto dal dolce richiamo dell’Arena. Guerriero fino al midollo. Vorrebbe consumarsi al fuoco dell’ira, spingendosi fino al limite, allo strenuo delle proprie forze: quelli sono sempre gli allenamenti più appaganti, quando perde qualsiasi cognizione di sé al di fuori del proprio corpo e della propria rabbia.

Troppo poco tempo a disposizione.

Se vuole vivere, deve mantenere le forze, si allenerà quanto basta per liberare la mente…

Non è stupito di trovare i due fratelli sayan – Radish e Kakaroth - che l’hanno preceduto sul campo d’allenamento: il maggiore incalza sull’avversario con una serie di colpi micidiali, nella vana speranza che, “da un giorno all’altro”, ci possano essere dei miglioramenti sensibili di livello nel più giovane; il minore anche se un po’ pesto, tutto sommato, gli tiene testa decorosamente. Di Nappa nessuna traccia. Vegeta non fatica ad immaginarlo: tracannerà liquori al Circolo Ufficiali fino a tarda notte per placare il proprio disappunto. Ultimamente il bere è diventato la sua valvola di sfogo, il suo modo di rifuggire la realtà. Con Beren lontana, senza di lei a distoglierlo, denigrarlo e biasimarlo per quella debolezza… la sbronza è assicurata. Ne pagherà le conseguenze il mattino dopo quando, nonostante l’emicrania, presenzierà alla partenza dei suoi compagni. Come sempre.

Vegeta non condivide quel comportamento ma, finchè le sbornie non influiscono in alcun modo sul lavoro del colosso, non si sente di limitarne la libertà.

Giunta l’ora di cena si riuniscono in mensa e di Nappa, come immaginato, neanche l’ombra. La fame è poca, l’umore pessimo, l’aria pesante: sembra l’ultimo banchetto di condannati a morte.
Vegeta ingurgita più cibo del necessario, forse per placare l’ansia, forse perché percepisce che, se non lo facesse, potrebbe pentirsene dopo. Si concede persino un bicchiere di vino perché, tutto sommato, distende i nervi… e scambia poche parole con Radish, che è diventato abile a carpire informazioni da quella testa calda di Dodoria: due giorni di viaggio e potranno congelarsi beatamente le chiappe sayan sul fottuto pianeta Gletser.
Kakaroth lo scruta tutto il tempo. È abituato ai suoi occhi che lo seguono con insistenza, ormai basta ignorarlo o, più semplicemente, fargli passare la voglia di fissarlo a suon di pugni… ma non questa sera. Questa sera devono riposare, devono raccogliere le forze… e lui si sente “magnanimo.

Forse, domani Kakaroth morirà.

Forse moriranno entrambi.

Il principe si ritira. Il più giovane dei sayan lo segue lungo il corridoio, come un’ombra silenziosa. Non ne sente i passi, ma percepisce la sua presenza ed il suo sguardo perforargli la nuca. Quell’atteggiamento lo provoca e riesce ad attirare la sua attenzione.

«Che vuoi?» sbotta, girandosi di scatto per squadrarlo irosamente dall’alto in basso. L’espressione di Kakaroth è corrucciata mentre sembra porgersi anche lui la stessa, identica domanda. Pare intento a ponderare su chissà quale profonda Verità, troppo complessa per essere espressa a parole… Kakaroth non è mai stato una cima, poco ma sicuro.
Vegeta si sente un po’ meno “magnanimo… torna all’idea di ridisegnargli la faccia a suon di pugni, quando finalmente l’altro si decide a parlare:

«Sei pronto per la partenza?» gli chiede.

Fantastico, il terza classe è in vena di fare conversazione. Il principe lo fulmina sul posto, si volge e riprende il passo. Se solo Vegeta avesse un mantello come quello del Re suo padre, l’effetto delle sue uscite di scena sarebbe stato sicuramente più drammatico ma… pazienza, non si può avere tutto!

Il più giovane ringhia qualcosa, grattandosi nervosamente il capo, dandosi - probabilmente - dell’imbecille da solo prima di riuscire a spiccicar parola «Principe Vegeta…»

Nonostante i propri buoni propositi di ignorarlo qualcosa, nell’inflessione della voce di Kakaroth, nella serietà del tono, richiama l’attenzione del principe. Perciò gli lancia uno sguardo stizzito da sopra una spalla, concedendogli un’ultima possibilità per spiegarsi.

«…non ti deluderò.» conclude il terza classe, guardando a terra, per una volta conscio del divario tra loro. In quel preciso istante Kakaroth gli appare giovane, così giovane nei suoi sedici anni che ne rimane colpito. Vegeta non ricorda neanche più com’è avere quell’età. Un pensiero fugace gli attraversa la mente: un pensiero sulla loro condizione, sulla vita che si ritrovano a vivere… e non può fare a meno di chiedersi dove sarebbero a questo punto, se solo le cose fossero andate diversamente… se solo avessero ancora una patria…

Non sa cosa rispondere, ma una punta di orgoglio gli attraversa il petto a quella dichiarazione di dedizione incondizionata da parte del giovane. Freezer gli avrà pure strappato tutto, ma non potrà mai sottrargli la fedeltà dei propri uomini. E finché anche un solo battito, un solo fiato animerà i loro petti, il tiranno avrà dei nemici dai quali guardarsi le spalle.

«Non ti deluderò. Prometto.» ripete Kakaroth, con maggiore forza, i pugni stretti lungo i fianchi e il volto che si anima di una nuova determinazione. Ora può guardarlo negli occhi il suo principe, da uomo a uomo.

«Lo so. Fa in modo che sia sempre così!» risponde solo con un breve cenno, e si allontana, mentre un paio di occhi neri vegliano il suo cammino.
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Il principe non potrà mai farci l’abitudine: gli mancano l’alba e il tramonto di Vegeta-sei. Senza di loro le giornate scivolano via sempre uguali, in un susseguirsi di ore buie, circondato dagli ambienti asettici dell’astronave e dal vuoto siderale.
La sveglia lo strappa al sonno, il momento della partenza è giunto troppo in fretta.

È impeccabile nella sua divisa, soldati alieni inferiori gli cedono il passo con malcelata ostilità mentre raggiunge la piattaforma di decollo e la propria navicella. Per la missione gli sono stati assegnati i soliti aero-velivoli d’ordinanza, veloci mezzi monoposto: due giorni di criostasi(3) e approderanno sul pianeta Gletser, dove finalmente potrà “sgranchirsi” un po’ come si deve...
Il “fiero popolo dei sayan” è tutto riunito lì, non occupa neanche un millesimo della pista di atterraggio della Nave-Madre.
Kakaroth sembra un altro, avvolto da un’aura di totale sicurezza; non si lascia impressionare neanche dallo sguardo di avvertimento di Nappa, che pure saprebbe suonargliele di santa ragione. Scivola all’interno della navicella e, prima che il portellone si chiuda, solleva il mento in direzione di Vegeta e l’ombra di un sorriso attraversa il suo volto, su cui spiccano ancora i tratti della rotondità infantile.

Il principe scuote il capo realizzando che, questa volta, gli toccherà fare da balia... altro che... eppure non riesce ad impedire che uno sbuffo divertito lasci le sue labbra, forse allentando un poco la tensione e, con movenze feline, prende posizione alla consolle di comando. Nappa e Radish si allontanano, osservandoli partire... è sempre un po’ più dura per chi resta.

I computer di bordo sono già impostati sulla loro destinazione e, una volta decollati, possono tranquillamente inserire il pilota automatico.
Neanche un minuto per raggiungere l’assetto della rotta che la spia di comunicazione sopra la testa di Vegeta lampeggia per un messaggio in entrata. Forse dovrebbe attivarla... forse... ma l’ultima cosa di cui ha bisogno in quel momento è la voce petulante del marmocchio a rimbombargli nelle orecchie. Lo ignora. Vattene a nanna, Kakaroth.

Vegeta ama la quiete che segue il decollo, è un momento speciale di cui è terribilmente geloso: prima il fragore dei motori a propulsione, poi l’obliante silenzio dello spazio mentre volano a tutta velocità, pirati dell’Universo infinito. È quanto di più vicino alla libertà assoluta che possa sperimentare nelle proprie condizioni e, prima o poi, il principe scoprirà se l’Universo è davvero senza limiti...

Uno sguardo fugace: la spia luminosa è spenta e, con la coda dell’occhio, può scorgere la seconda navicella librarsi argentea al suo fianco. Non vede l’altro pilota, i vetri oscurati riflettono solo il paesaggio fatto di puntini luminosi che sfrecciano via come lucciole impazzite intorno a loro. Li aspettano due lunghi giorni di viaggio, chiusi in quello spazio angusto. I sayan non sono fatti per gli spazi ristretti... è ora di azionare il sistema di criostasi... è ora... ma il senso di apprensione che lo tortura dal giorno prima torna a schiacciarlo in modo insopportabile.

La mano pronta ad azionare il comando del gas soporifero si stringe in un pugno nervoso. Che fare? Tutta questa insicurezza non è da lui... cosa teme di trovare di tanto temibile su Gletser? Forse anche Kakaroth, poco prima, si era sentito allo stesso modo... forse per questo aveva cercato di mettersi in contatto con lui? L’ansia gli arruffa il pelo della coda, gli stringe lo stomaco... sono messaggi troppo chiari, troppo profondi e alla fine, seppur a malincuore, decide di seguire l’istinto... preferendo la veglia al sonno indotto.

Sa già che se ne pentirà: un sayan può sopravvivere diversi giorni senza patire la sete, ma il suo peggiore nemico sarà sempre la fame. Dovrà dare fondo alle provviste di emergenza, per quanto detesti trangugiare quelle schifose gallette ipercaloriche... incrocia le braccia in petto, affonda con la testa nel sedile e scivola in uno stato di meditazione profonda. La Solitudine e il Silenzio gli sono amici; e subito l’apprensione pare attenuarsi. È soddisfatto, soddisfatto di sè... di aver saputo ascoltare...

Quando però 48 ore dopo – dimostrandogli, purtroppo, di aver avuto ragione - gli eventi sfuggono al controllo del principe, a Vegeta non resta neanche il tempo per compiacersi. Un istante prima stavano volando placidamente all’indirizzo di Gletser: un’immenso globo opalescente, sconfinato deserto di ghiaccio... un istante dopo, non appena entrati nell’orbita del pianeta, il computer di bordo segnala un’improvvisa avaria generale.
La navicella scivola in picchiata, fuori da ogni controllo: i comandi manuali sono irrimediabilmente fuori uso; i motori in fiamme disegnano una scia dardeggiante nel cielo. Se solo adesso provasse ad aprire il portellone morirebbe, ucciso dall’atmosfera a quell’altitudine; la pressione all’interno dell’abitacolo, ora che gli scudi gravitazionali sono inservibili, è insopportabile: gli spezza il respiro in gola, gli fa lacrimare gli occhi ed inarcare il corpo in modo doloroso.

Deve restare lucido, se lascia che la propria mente cada preda del panico per lui... è finita.

Inspira, espira... ma restare lucidi, rinchiusi in una bomba pronta ad esplodere, è quasi impossibile: i vetri tremano in modo incontrollato, scricchiolano, diverse crepe iniziano ad aprirsi nell’abitacolo, mentre il metallo incandescente si contorce, manca l’aria e quasi certamente morirà bruciato vivo...

Inspira, espira, pensa. Inspira, espira, pensa.

La luce lampeggiante rossa segno di pericolo che illumina l’abitacolo lo sta mandando fuori di testa. Si guarda intorno forsennatamente, come un animale in trappola; l’istinto gli fa allungare le mani alle pareti, per sorreggersi, ma deve ritrarle con un sibilo di dolore: come previsto sono incandescenti. Qualcosa attira la sua attenzione: a giudicare dalla navicella in fiamme che sfreccia come una cometa impazzita poco distante dalla sua, anche il marmocchio non se la sta passando meglio. Che macabra ironia. Moriranno entrambi: ora è una certezza.

L’orgoglio di sayan non può accettarlo però, non così! non per un vigliacco atto di sabotaggio da parte del loro nemico, il maledetto Freezer! Fosse stato almeno in uno scontro in campo aperto... ma così, in un modo tanto ridicolo, come bestie al macello...

Inspira, espira, pensa. Inspira, espira, pensa.

No! NO! Non... così!

Un’idea improvvisa, come un fulmine a ciel sereno: una possibilità di scampo.

Le dita agili si muovono sul touch screen del computer e, manualmente, attiva il sistema di espulsione dei motori. I sicari di Freezer non hanno pensato a manomettere anche quello, quegli stupidi inetti hanno dato per scontato che i due sayan sarebero stati profondamente addormentati... per fortuna. Fuori è un gran casino: uno dei due motori si stacca quasi subito, l’altro si è mezzo sciolto e fuso al resto dell’aero-velivolo e, ormai, non risponde più ai comandi. Con un urlo di rabbia Vegeta espande la propria aura al massimo, dando fondo a tutte le proprie energie: una luce abbagliante si irradia dall’abitacolo mentre la forza spirituale del sayan si scatena in contrapposizione alla violenta picchiata, rallentandola.

È pur sempre una vittoria e, seppur impercettibilmente, ha migliorato l’assetto del bolide in fiamme, quanto basta... ne ha la riprova quando la navicella di Kakaroth lo supera, inesorabilmente, distanziandolo di molto nella folle corsa verso morte certa.

Il principe ha ripreso il controllo delle proprie percezioni, riesce ad analizzare più lucidamente la situazione e le informazioni che scorrono rapide sul monitor. Il computer indica la distanza che ancora lo separa dalla collisione sul pianeta. Deve essere pronto perchè, non appena il sistema gli darà il segnale di evacuazione a 45.000 metri dal suolo(4), dovrà far saltare il portellone e catapultarsi fuori.
Ora deve solo pensare a respirare... questo lo aiuta a mantenersi calmo...

Inspira, espira. Inspira, espira.

::

Alcuni affermano che, in momenti disperati, si rivivano i ricordi della propria vita intera come in una sorta di flash-back.
Vegeta, invece, può solo ancorarsi al presente ed al volto disgustoso di Freezer, infame genocida della razza sayan.
Gli occhi scrutano il display dove lampeggia insistentemente l’aggiornarsi della distanza dal suolo:
  • 50.000 METRI -
Bastardo! Abominevole lucertola albina...
Inspira, espira. Inspira, espira.
  • 49.500 METRI -
Avrò la mia Vendetta!
Un pensiero fugace si affaccia nella sua mente, oscurando l’immagine di Freezer per un istante... rivive quella precisa sensazione di empatia: Kakaroth... il guardarsi ora, per la prima volta... da uomo a uomo... finché anche un solo battito, un solo fiato animerà i loro petti… ci sarà Vendetta…
Inspira, espira. Inspira, espira.
  • 48.000 METRI -
È una follia, Vegeta lo sa bene e probabilmente se ne pentirà, ma in quel momento sa che è la cosa giusta da fare. Materializza un ki-blast e, con un boato, il portellone viene sfondato prima del tempo. Mantiene l’aura al massimo, si fionda fuori, e precipita. L’onda d’urto gli fa scricchiolare le ossa, ha gli occhi iniettati di sangue, ma è libero, libero… dolore, aria, sangue… ma libero! Gli manca il fiato, i polmoni bruciano preda dell’aria gelida di quelle altitudini. Troppo presto! È uscito troppo presto!

È una follia, ma è quello che vuole: la determinazione spesso, nelle situazioni più disperate, è l’unica arma in grado di far fronte agli eventi.

Sfidando le leggi della gravità, dando fondo alle proprie energie, supera la barriera del suono e riesce a raggiungere l’altra navicella in fiamme. Non c’è tempo, non c’è tempo… la collisione è ormai prossima! È da pazzi, ma deve ancorarsi alla superficie incandescente: se facesse esplodere di botto il portellone dall’esterno, l’altro sayan morirebbe nell’impatto.

Le lamiere bruciano, bruciano fottutamente sotto le sue dita, anche attraverso il tessuto ignifugo della battle suit… che non può comunque resistere a lungo alle fiamme dirette. C’è puzza di bruciato, un odore disgustoso. Il portellone già messo a dura prova dagli eventi cede, Vegeta riesce a scardinarlo, ma viene travolto e sente una dolorosa fitta alla spalla. Non vede un cazzo, si muove alla cieca, cercando di proteggere gli occhi con un braccio. Riesce ad afferrare il compagno e, con un ultimo immane sforzo, a catapultare via entrambi.

Adrenalina! Euforia! Dolore! Emozioni contrastanti si agitano nel suo petto e, finalmente… finalmente… sono fermi… immobili… si librano nell’aria che non è più nemica, per quanto rarefatta. Il boato assordante dell’impatto, poi un altro ancora, e infine un’esplosione... diamine, potevano esserci loro lì in mezzo! Una risata selvaggia si perde nel gelido vento di tramontana. Sono salvi! Salvi! E Vegeta ride, perché è l’unico modo per allentare i nervi… scherza con se stesso, si dice che dopotutto “se l’è cercata”: mica si era ripromesso di “far da balia a Kakaroth”?! È stata una follia, ora è pienamente consapevole della portata del proprio gesto sconsiderato… ha rischiato tutto per un semplice subordinato di terza classe. Forse, semplicemente, non ha voluto darla vinta a Freezer.

“Non ti deluderò. Prometto.” Le parole di Kakaroth gli riecheggiano in testa. Gli occhi continuano a bruciargli, a lacrimare, eppure riesce a mettere a fuoco il compagno che, abbandonato nelle sue braccia, perde copiosamente sangue da una ferita alla testa. Il giovane ha i capelli bruciacchiati, la pelle escoriata. Vegeta sa di non essere messo molto meglio. Storce la bocca, sistemandolo in modo più confortevole nella propria presa. Non li dimostra neanche i suoi sedici anni, il fratello di Radish.

In un secondo momento nota che, fortunatamente, l’altro indossa ancora lo scouter… non ci aveva pensato fino a quel momento, ma non ha proprio idea di dove possa essere finito il proprio.
Fa in modo che ne sia valsa la pena… pensa, distogliendo lo sguardo da quel volto privo di conoscenza. Lentamente scendono a terra, il principe plana, la sua aura è ora solo un pallido ricordo dello splendore di poco prima… se solo osasse qualche movimento in più, se solo osasse chiedere ancora uno sforzo al proprio corpo stremato… probabilmente perderebbe i sensi.

Anche quest’ultima sfida è vinta! Gli stivali fanno scricchiolare allegramente la superficie ghiacciata del terreno. Adagia Kakaroth a terra, osservando le flebili nuvolette di condensa intorno alla sua bocca. Almeno respira… - riflette e poi - Fa in modo che ne sia valsa la pena… ripete ancora, nella propria mente, come se potesse raggiungerlo meglio con il semplice pensiero.

Il principe si lascia cadere all’indietro, crogiolandosi in estasi nel refrigerante abbraccio di Gletser, che un poco lenisce le piaghe del suo corpo martoriato. Le mani sono la cosa peggiore: le osserva, dopo essersi sfilato i guanti con un sibilo di dolore, strappando via con il tessuto carbonizzato anche la pelle dei palmi, altrettanto carbonizzata. Affonda le dita nella neve fresca, lo sguardo rivolto al cielo dalle sorprendenti sfumature color indaco. Vede male, sfocato… e se perdesse la vista? Scaccia via il pensiero con stizza. Afferra una manciata di neve, applicando un abbondante impacco sugli occhi: ecco, così va un po’ meglio…

Quanto tempo sarà trascorso?

E soprattutto, se il pianeta è abitato, il loro arrivo non sarà di certo passato inosservato… potrebbero stanarli, ucciderli… gletsyr schifosi! Vegeta non li conosce, ma già li odia. È tutto molto più semplice in questo modo: così non c’è spazio per la paura, non c’è timore per l’ignoto… al di fuori dei sayan, solo nemici! È uno smacco per il proprio orgoglio essere giunto lì ridotto in quello stato pietoso. Se ora i gletsyr lo attaccassero non è neanche sicuro di poter reggere uno scontro diretto o… di riuscire a salvare entrambi ancora una volta.

La neve sciolta scivola via in rigagnoli scomposti lungo le tempie e gli zigomi pronunciati, le palpebre si aprono lentamente e, di riflesso, volge il capo a Kakaroth. Perché non si è ancora svegliato? Non può fare a meno di chiedersi.

«Questa volta, se ci attaccano, non contare su di me…» sibila, la voce rotta, le corde vocali riarse. Davvero parlare non è stata una grande idea. Osserva con un certo risentimento il ritmico levarsi ed abbassarsi del petto dell’altro «Ehi, mi hai sentito marmocchio?!» No, Kakaroth non può udirlo… forse è meglio tornare ai messaggi telepatici. A dispetto delle proprie parole irose si sporge verso di lui e, a fatica, gli applica un impacco di neve sulla testa nel punto dove il cuoio capelluto si è lacerato. Il freddo dovrebbe fermare l’emorragia e, una volta pulita la ferita, potrà valutare la reale entità del danno. Se solo ci fosse Beren! Lei saprebbe esattamente cosa fare! La femmina sayan è partita solo pochi giorni prima di loro, ed il principe può solo sperare che non abbiano manomesso anche la sua astronave.

Altro, deve pensare ad altro… il silenzio è opprimente. Succhia del ghiaccio per sfiammare la gola. Non può dirlo con esattezza ma, a giudicare dalle sfumature violacee del cielo all’orizzonte, sta scendendo la notte. Pone altra neve sulle palpebre gonfie di Kakaroth, ripetendo la stessa operazione su di sé, sperando così di lenire il bruciore di entrambi.

Dissolta la momentanea euforia dello scampato pericolo, viene colto da un brivido: decisamente i loro “culi sayan congeleranno su quel fottuto pianeta” – come predetto da Dodoria - se non si fa venire in mente qualche idea. Fortunatamente di alieni bellicosi neanche l’ombra ma, se non trovano al più presto un riparo, la “lunga notte di Gletser” non darà loro scampo... ed il principe non crede che dopo tante fatiche, morire assiderati, sia un’opzione accettabile.

Sono feriti, bloccati senza provviste o mezzi di comunicazione su un pianeta ostile. Fantastico!

«Ce la fai ad alzarti…?» sbotta verso il compagno per poi aggiungere con una levata di occhi al cielo «No, certo che no…»

Vista da fuori la scena potrebbe apparire comica… peccato che parlare con un altro essere vivente, in quel momento, per Vegeta sia l’unica possibilità di restare “focalizzato”, di mantenere la calma. Il corpo del principe è intirizzito: avrebbe solo voglia di riposarsi… di dormire... no, non deve cedere! Si solleva, arranca, perde sangue da diverse ferite. «Muoviamoci!» Vegeta esorta Kakaroth, ma in realtà sta esortando solo se stesso e, per miracolo, riesce a caricarsi scompostamente in spalla il corpo inerme del giovane che grava a peso morto su di lui.

Quello di Kakaroth è un sonno profondo, innaturale… ma l’importante è che continui a respirare. Vegeta ora può sentire il suo sospiro rantolante contro il collo e, in qualche modo, questo lo rende più lucido, più determinato. Riesce a spiccare il volo, perché andare a piedi sarebbe una condanna a morte certa. Osserva il paesaggio sotto di sé: Gletser è una fottuta landa desolata, senza alcun punto di riferimento. Una fredda distesa di permafrost battuta dal vento e contornata da nevosi picchi frastagliati.

Non è mai stato bravo a trovare il lato positivo delle cose - né gli è mai interessato, a dire il vero - però sa gioire sinceramente delle piccole fortune del Caso.
La caverna che trovano poco dopo è una di queste e, fattore rilevante, è disabitata: niente orme né resti di cibo, niente ossa né escrementi. Non sarà la più comoda delle sistemazioni, ma è un rifugio sicuro e tanto basta.

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Tornare ai resti della propria navicella è stata un’impresa.

Il fatto che una delle due non sia esplosa invece, è un miracolo.

Quella di Kakaroth, già in condizioni peggiori al momento del salvataggio, è esplosa schiantandosi contro una parete rocciosa. Quella di Vegeta è fortunatamente affondata diversi metri nel terreno ghiacciato in un migliore impatto e, tutta la neve sciolta nell’urto, ha fatto il resto spegnendo l’incendio.

Vegeta fruga fra le lamiere contorte: rimangono provviste per quattro, forse cinque giorni, sotto forma di gallette e Cik, una bevanda solubile zuccherata. Scardina il malridotto sedile del pilota perché con l’imbottitura potrà accendere un fuoco ed usare il resto come giaciglio… le mani bruciano, la carne viva e scoperta dei palmi pulsa in modo insopportabile. Allora recupera il “kit di primo soccorso”… se tale può definirsi un semplice, inconsistente “cassettino” stipato di antibiotici, bende e anestetizzanti. Alcune boccette sono andate in frantumi: il principe salva il salvabile.

Cerca il proprio sacco a pelo… e, almeno questo, sembra essere in buone condizioni. Oltre a due termos per la raccolta dell’acqua non c’è altro di utile, le navicelle di quel tipo sono “minimali”, adatte solo a guerrieri coriacei come i sayan. Ormai è buio: dovrebbe affrettarsi a tornare indietro, prima di perdere l’orientamento. Eppure è restio a lasciare la nave.

Inarca un sopracciglio… forse… forse, se sono stati abbastanza fortunati… spazzola via i detriti dalla consolle di navigazione, sperando ardentemente che i circuiti non siano definitivamente compromessi. Preme una sequenza di tasti, per ultimo il pulsante che attiva il dispositivo di comunicazione. La spia luminosa non da segni di vita, ma forse… forse è solo fulminata… gira una manopola, alla ricerca di una qualsiasi frequenza… silenzio… poi il monitor si accende, trasmettendo però solo dei pixel indecifrabili. Eppure, per quanto flebile, è già una speranza. Un ronzio sconnesso, un bagliore improvviso e Vegeta scosta le dita di scatto «Maledizione!» impreca. Ha preso la scossa.

Inutile, tutto inutile. Con un pugno rabbioso sfonda il monitor, peggiorando così le condizioni della mano ferita. È livido in volto, mortalmente pallido. Rimuginare non risolverà la situazione. Se sono arrivati fino a quel punto, forse è destino che lui e il terza classe sopravvivano. L’obbiettivo ora è scaricare la propria rabbia contro i dannati indigeni e scoprire se sono provvisti di apparecchiature abbastanza evolute da permettergli di comunicare con i propri compagni sulla Nave-Madre. Senza contare che nè Nappa, nè Radish si sarebbero dati pace se non avessero ricevuto loro notizie a breve. Non era anzi da escludere che stessero già organizzando una spedizione di salvataggio.

Un sorriso crudele, che non ha niente di allegro, si apre sul volto del principe. A chi voglio darla a bere? si chiede e stringe i denti in un moto di odio e di risentimento, ha gli occhi iniettati di sangue: è davvero uno spettacolo pietoso. Nessuno può comprendere i piani contorti della mente di Freezer, ma è certo che, se il tiranno avesse deciso di liberare definitivamente l’Universo dalla loro presenza, Nappa e Radish non avrebbero potuto fare nulla per contrastarlo.

Un problema per volta, un problema per volta...
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Gletser non perdona.

Tornato al rifugio per poco non gli viene un colpo: si è allontanato solo per poco tempo e ritrova un Kakaroth ridotto ad un rigido pezzo di ghiaccio, uno spettro dalle labbra violacee, mortalmente pallido che respira a fatica. Per un momento teme il peggio.

Lo trascina per la collottola, insieme alle provviste, in fondo della caverna dove le pareti sono scavate nella nuda roccia ed il gelo esterno si fa meno pungente. Riesce ad accendere un fuoco di modeste dimensioni con il rivestimento e l’imbottitura del sedile. A dispetto delle proprie aspettative, ciò che ottiene è più “fumo” che “fiamma”, gli bruciano le narici, ma devono accontentarsi. Osserva rapito il fuoco divorare velocemente l’unico combustibile a loro disposizione, facendolo sfrigolare: certo non durerà a lungo ma, in quel momento, quella pare l’immagine più bella e rassicurante del mondo.

Vegeta non può neanche ammirare la propria opera in santa pace che il respiro rantolante di Kakaroth ne reclama l’attenzione. Il marmocchio è una seccatura continua, pensa… ma, lo raggiunge comunque. Lo infila nel sacco a pelo e lo corica vicino al fuoco; benda in modo sommario le piaghe delle proprie mani ferite, per poi cominciare a frizionare gambe e braccia dell’altro guerriero. Storce la bocca, i palmi pulsano e i movimenti sono resi impacciati dalle ustioni, ma insiste comunque, portando avanti l’operazione per diversi, lunghi minuti. Gli sembra che il più giovane stia riprendendo un po’ di colorito, ma non saprebbe dirlo con certezza: il bagliore delle fiamme può essere ingannevole… forse ha solo bisogno di credere che sia così.

Le battle suit da combattimento sono piuttosto malconce ma, tutto sommato, grazie al particolare materiale termico in cui sono realizzate, riescono a trattenere un po’ di calore corporeo. Anche il principe inizia a scaldarsi, i pensieri si fanno più nitidi mentre riprende la piena consapevolezza di sé. Gli occhi vanno meglio, non perderà la vista dopotutto, ma le continue fitte alla spalla gli dicono che la botta presa contro il portellone della navicella è stata peggiore di quanto pensasse… probabilmente domani non riuscirà a muovere il braccio. Impreca. Non sente più le dita delle mani e dei piedi e impreca ancora. Sfila gli stivali di Kakaroth per evitargli il congelamento e, non sapendo cos’altro fare, lo massaggia vigorosamente scaldandogli le estremità. Anche volendo, non potrebbe fare di più e, a questo punto, dovrebbe davvero pensare un po’ anche a se stesso.
Scruta attentamente il volto del terza classe: appare ora più rilassato e totalmente vulnerabile...

Non può fare di più, eppure tiene ancora i suoi piedi in grembo, avvolgendoli con la propria coda, sperando che il calore emanato dalla pelliccia sia di qualche beneficio. Non si sofferma a riflettere sulla protettiva intimità del gesto; inizia a massaggiarsi rabbiosamente mani e piedi, scongiurando la perdita delle dita e maledicendo un milione di volte ancora il nome del genocida: fanculo a Freezer… e fanculo ai geloni!
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Vegeta non s’illude che l’insipida galletta – per quanto calorica – basti a placare la sua fame, ma deve accontentarsi, e la mastica piano per convincersi che sia qualcosa di più sostanzioso e saporito. È una medicina sgradevole in grado di tenerlo in vita… almeno ancora per un po’.

Kakaroth riposa ben imbacuccato nel sacco a pelo. Lo osserva dormire sonni tranquilli: si scorgono solo le punte sparate degli inconfondibili capelli. Certo, ha curato tutte le sue ferite - anche quella alla testa, meno profonda del previsto - ma Vegeta sa qual è la reale minaccia: il giovane è intrappolato in un sonno innaturale e il principe dubita fortemente che possa sopravvivere in questo stato, senza le cure mediche appropriate. Farlo bere poco prima era stata un’impresa, ma alla fine, armatosi di una pazienza che non pensava neanche di possedere, era riuscito a fargli assumere alcune gocce di Cik. Sicuramente una grande vittoria… per quanto non creda che un tale, irrisorio, apporto di zuccheri possa provvedere al sostentamento di un sayan adulto.

Socchiude le palpebre, massaggiandosi le tempie stancamente. In questo momento vorrebbe solo non pensare più a nulla… domani… domani la realtà potrà tornare a soffocarlo nella sua morsa. Ora ha solo voglia di arrendersi all’oblio.

Con il trascorrere delle ore la temperatura si sta ulteriormente abbassando: il sayan rabbrividisce e, quando si accorge di battere inconsapevolmente i denti, maledice la propria debolezza e alimenta il fuoco con altro combustibile. Ne rimane poco, troppo poco… ma a che serve essere “parsimoniosi” se non riusciranno a superare la notte? Nessuna risposta, solo silenzio rotto dall’incessante ululato del vento.

Ne ha abbastanza. Fa l’unica cosa sensata e raggiunge Kakaroth «Me lo devi…» ringhia, perché ha bisogno di una giustificazione plausibile per il proprio orgoglio. Quindi lo maneggia come un fantoccio inerme per farsi spazio e si corica accanto a lui. Il sacco a pelo non è molto grande, ma sistematosi anch’egli sul fianco riesce a coprire entrambi in modo accettabile. Dormire a stretto contatto con l’altro è assurdo ma, a ben vedere, non appena si sente avvolgere dall’immediato tepore, diventa l’unico aspetto positivo di tutta l’intera dannata faccenda. Passano i minuti, inizia a rilassarsi e anche l’orgoglio ferito, pian piano, gli da tregua. Rimane solo un disagio sconosciuto, del tutto fuori luogo. Il terza classe gli deve la vita: il minimo che possa fare è condividere almeno il sacco a pelo per la notte...

Si danno le spalle adesso, Vegeta scivola ulteriormente contro il corpo del giovane, facendo aderire le loro schiene. Il freddo passa, cullato dai profondi respiri di Kakaroth. Percepisce il rassicurante battito del suo cuore contro le scapole ed è una sensazione rilassante, quasi piacevole: ha il potere di calmargli i nervi. Il respiro si fa più lento, adattandosi inconsapevolmente al ritmo di quello dell’altro. Inspira a fondo, l’aria è pregna dell’odore di Kakaroth: un sentore inconfondibilmente “sayan”, un sapore di “casa” e, allo stesso tempo, di qualcosa di sconosciuto… del tutto nuovo. Kakaroth è cresciuto molto nell’ultimo periodo e il suo odore sta cambiando con lui.

Le sviluppate percezioni olfattive, retaggio della propria parte animale, rievocano memorie lontane: gli torna alla mente l’immagine di un selvatico cucciolo sayan, che lo osserva nascosto dietro le gambe di un Radish adolescente. Perso nei propri pensieri Vegeta fissa con occhi assenti i misteriosi giochi di luci ed ombre disegnati dalle fiamme lungo le pareti della caverna… ripensa al loro primo incontro – o meglio – al loro primo scontro, quando ha impartito a Kakaroth la più difficile lezione della vita: la sconfitta… sente che le palpebre si fanno pesanti e che lentamente si chiudono. Il sacco a pelo e il calore delle fiamme stanno adempiendo a meraviglia al loro dovere... per un istante pensa che potrebbero farcela ancora. Un sorriso leggero increspa le labbra del principe, mentre immagini di ricordi lontani si rincorrono e si confondono nelle nebbie del sonno.
Andrà tutto bene… - lo rassicura la voce di Kakaroth - Andrà tutto bene… - ripete quella della regina sua madre.

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Quando si sveglia è ridotto ad uno straccio. Non immagina quante ore siano trascorse, la caverna è buia e le braci sono ormai spente. Si alza faticosamente per andare a svuotare la vescica ma, quando lascia il giaciglio, l’escursione termica gli fa battere i denti in modo incontrollato e per poco non cade a terra. Gli gira la testa, gli scoppiano le tempie… non ha bisogno di toccarsi la fronte, sa di avere la febbre alta. Si trascina poi sulle gambe malferme, reggendosi alla parete per tornare a tentoni nel sacco a pelo.

Il respiro di Kakaroth è sempre lì, come il battito del suo cuore che ora rimbomba nella mente annebbiata del principe, e sembra squarciare il silenzio con la potenza del tuono.

La giornata passa, in un alternarsi convulso di veglia e sonno. Restare lucidi è difficile, però in qualche modo riesce a recuperare un antipiretico dai pochi medicinali rimasti. Può solo sperare che faccia presto effetto. L’ideale sarebbe farsi degli impacchi sulla fronte con la neve gelata, ma sinceramente non crede di farcela ad arrivare fuori e tornare indietro.

Si agita nel sonno, mormorando parole sconnesse. Ha la gola secca. Deve bere, deve mantenersi idratato, deve… ma è più facile lasciarsi andare e non fare nulla. Percepisce la presenza dell’altro guerriero, lo chiama, forse in cerca di aiuto… ma… ah già, Kakaroth non può sentirlo… Kakaroth non può svegliarsi, né alzarsi in piedi, né bere, né pisciare…

A quella consapevolezza Vegeta digrigna i denti e, finalmente, trova la forza di raggiungere le provviste e raccoglierle tutte vicino al giaciglio… non che siano poi molte, ma almeno adesso sono a portata di mano.
Si sforza di mangiare un poco e, soprattutto, di bere il Cik. Come la sera prima cerca di darne anche all’altro sayan, sperando che possa stare meglio… quando però lo sente gorgogliare si accorge che, invece di aiutarlo, stava quasi per soffocarlo e si sente incredibilmente inutile. Per il momento lascia perdere, più tardi… più tardi proverà ancora. Torna a sdraiarsi, la spalla gli fa male, il dolore serve a mantenerlo lucido… o forse a trascinarlo più velocemente in un sonno delirante pervaso da incubi spaventosi.

Quando si risveglia madido di sudore, il suo corpo è scosso da brividi di gelo e fuoco al tempo stesso… impiega alcuni istanti a capire dove si trova e per poco non cede al panico… beve ancora, inspira profondamente per calmare la tachicardia. L’aria è fredda, si stringe a Kakaroth, affondando la fronte contro le sue spalle, inalando il calore della sua pelle e, incredibilmente, dopo non ci sono più visioni spaventose ad attenderlo... solo oscurità di velluto.

Assume una seconda dose del medicinale, ora riesce a stare in piedi più decorosamente. Si arrischia fuori per prendere la neve, il cielo è una distesa sconfinata dalle cupe tinte porpora ed è davvero difficile stabilire che ore siano o quanto tempo sia trascorso... forse è già morto e questo è l’Inferno…

Afferra una bella manciata di neve, che gli dona una subitanea sensazione di refrigerio alle mani ustionate, e sogghigna… forse, dopotutto, l’Inferno può attendere.

Mentre riempie i termos vuoti con del ghiaccio, come scorta d’acqua, riflette: ora che non hanno più nessun fuoco a riscaldarli deve limitare in qualche modo la fuoriuscita di calore. Vegeta studia l’ambiente alcuni minuti riflettendo, poi scaglia un ki-blast ben assestato, facendo così franare una parte dell’ingresso, sigillandolo. Resta solo una feritoia per l’aria, sufficiente a far passare un individuo.

Il colpo energetico ha richiesto fin troppe energie, ma ora può tornare a riposare soddisfatto della propria opera. Avrebbe dovuto pensarci prima…

Si addormenta un po’ più fiducioso per il futuro.

Passerà: tutto passa... il tempo passa, non lo si può fermare.

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L’alba del terzo giorno illumina le distese sconfinate di Gletser, la pallida luce filtra sin nelle profondità del loro rifugio dalla fessura dell’ingresso, solleticandogli la pelle.

Si crogiola in un piacevole torpore, finché la ragione non lo riporta alla realtà. I sayan sono duri a morire… la febbre è finalmente passata e ha consumato tutte le sue energie lasciandolo molto debole, ma ora sa che si riprenderà.

Si tira su a fatica, la fronte già profondamente aggrottata di prima mattina nel suo solito cipiglio, così in netto contrasto con l’espressione pacifica dipinta sul volto di Kakaroth. Il principe lo squadra: prima, per sincerarsi delle sue condizioni, dopo con un’aria di rimprovero, mentre scivola lungo il suo profilo rilassato fino alle labbra dischiuse, infantili, sembra quasi sorridano. Forse ride di lui. C’è una profonda ironia in tutta la faccenda, che però non riesce a cogliere con il giusto spirito. Si trattiene a stento dal colpire l’altro: al momento non è molto coerente e quel senso di totale impotenza lo rende pericolosamente irascibile.

«Svegliati!» Frena l’impulso e non lo colpisce, lo scuote solo per un braccio, inutilmente. Digrigna i denti. Allora lo scuote con forza maggiore ma, sembrandogli inutile infierire su un “cadavere”, alla fine si alza sconfitto.
Decide di uscire, l’aria pungente del mattino lo sveglia del tutto, gli schiarisce le idee e il mondo acquista una nuova prospettiva. Si stira felino, per poi trasalire alla subitanea fitta di dolore: come volevasi dimostrare, la spalla si fa ancora sentire. Afferra una manciata di neve sciacquandosi la bocca e gli occhi ancora impastati di sonno, per poi scrutare con aria di sfida l’infinita desolazione del paesaggio innanzi a lui. Riflette, grattandosi una guancia ispida di barba: Gletser è un pianeta enorme. Conquistarlo, da solo, richiederà del tempo... tempo che lui non ha.

Riesce a controllare i morsi della fame, ma l’improvviso languido ruggito del proprio stomaco sembra volergli rammentare che non potrà resistere ancora a lungo. Per guarire prima ha dovuto dar fondo alle provviste, e ora gli resta una sola razione...

Deve trovare al più presto un insediamento gletsyr, sperando che ce ne siano nelle vicinanze. Rimpiange le vasche di rianimazione: con una di quelle, in una notte, si sarebbe ristabilito completamente…

Recupera mezza galletta e, indossato lo scouter di Kakaroth, scandaglia l’orizzonte sgranocchiando la razione che finisce sempre troppo in fretta. Il sofisticato apparecchio non rileva alcunché, neanche la più minuscola e insulsa forma di vita. Il principe si libra in aria per avere una migliore visione, ruota con lentezza quasi esasperante su se stesso, allontanandosi dalla caverna per evitare le eventuali interferenze causate dall’alta parete di roccia e ghiaccio. Si spinge più in alto, imperturbabile: è un pericoloso predatore, un predatore in cerca della sua preda.

Passano minuti o forse ore… e finalmente lo scouter registra qualcosa: una forma di vita con un basso livello combattivo. Un ghigno di trionfo gli dipinge le labbra e Vegeta prende il volo verso ovest. Animale o gletsyr? Si chiede. Il suo stomaco brontolante risponde per lui: animale, spera. Cibo, carne… ne ha davvero bisogno.

Lo scouter indica che ora si trova esattamente sopra l’obbiettivo, eppure… ad accoglierlo c’è il nulla. Nel mentre, il ki della preda si affievolisce fino a scomparire dal visore, confondendolo ulteriormente.

Riprende subito le ricerche, ostinato, finché non trova un altro segnale diverso a sud-est. Questa volta è più cauto e, giunto a poche decine di metri dalla preda, scende a terra occultando la propria presenza, deciso a tendere un agguato. Cerca la figura sconosciuta con occhi bramosi… se si tratta di un animale è probabile che sia in grado di mimetizzarsi bene nel proprio ambiente. I sayan hanno una buona vista, lo scoverà, e poi anche se non riesce ancora a vederlo, grazie allo scouter, può rilevarne gli spostamenti.

Si avvicina disegnando un’ampia spirale intorno al bersaglio. Vicino, sempre più vicino. Il ki della preda sussulta e si alza di alcuni punti. Forse Vegeta è stato scoperto per primo e sta per essere attaccato… lo scouter indica che il nemico è in avvicinamento. Attende pregustando già il sangue, lo scontro… i sensi tesi allo spasimo e poi… niente. Come poco prima il “nemico misterioso” occulta l’aura fino a scomparire. Ancora.

Che lo scouter sia difettoso? Vegeta stringe i pugni, l’irritazione fa pulsare le vene del suo collo, ma la perseveranza vince sull’ira e prosegue oltre. Colpisce nervosamente l’apparecchio elettronico che, malgrado tutto, sembra funzionare bene.

La prossima volta non me lo lascerò scappare… se lo ripete più volte nelle ore successive, ma sono sempre e solo “le ultime parole famose”.

Le giornate su Gletser sono troppo brevi: scende la notte e lui deve fare già ritorno al rifugio, dopo un’infruttuosa e snervante caccia al Nulla. Per un istante è arrivato persino a chiedersi se i fantasmi possano avere un ki… questa, in tutta la sua assurdità, sembra ormai essere l’unica spiegazione plausibile per le decine di trappole e agguati andati in fumo. La cosa peggiore è che continua a non conoscere le “fattezze” di questo “scaltro nemico”. Non è riuscito a scorgerlo realmente nemmeno un istante! Per esperienza sa che il livello combattivo della creatura in questione è troppo basso per rappresentare una reale minaccia, eppure le sue doti di occultamento ed elusione sono sorprendenti… da fare invidia al più scaltro dei veterani! Forse quelli che continua a percepire sono i gletsyr, gli abitanti del pianeta, maestri dell’arte del nascondersi.

A sera divora l’ultima mezza galletta rimasta, improvvisamente sembra essere diventata la prelibatezza più gustosa del mondo!

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Il giorno successivo le cose non cambiano e, in uno scatto d’ira, fa esplodere una montagna intera. Certo, questo lo fa sentire un po’ meglio, peccato che così facendo abbia decisamente spaventato tutte le possibili prede: i segnali di vita scompaiono definitivamente dallo schermo dello scouter. Di insediamenti gletsyr poi… neanche l’ombra. Inizia davvero a dubitare dell’esistenza di forme di vita.

All’imbrunire è costretto a dirigersi nuovamente verso la caverna.

All’improvviso ecco un debole segnale sullo scouter, un’ultima speranza! Un ultimo tentativo…

L’aura divampa intorno alla figura del sayan. È una belva quando atterra come un bolide di luce, in grado di terrorizzare qualsiasi avversario, ma ancora una volta è da solo.
Stringe le palpebre cercando di liberare la mente: perché non ci sei? Dove sei finito, bastardo maledetto? Dove ti nascondi?

E poi, di colpo, una folgorazione. Un grido più simile ad un ruggito rimbomba nella steppa sconfinata e il principe scaglia un colpo energetico diretto alla superfice di ghiaccio, mutandola in vapori di umida nebbia. L’esplosione perfora la superficie, il principe si fa strada affondando nel terreno a suon di pugni e di ki-blast. «BASTARDO! FOTTUTISSIMO BASTARDO!» urla, non si capisce se stia maledicendo Freezer o provocando un nemico immaginario. Lo scouter trasmette segnali fuori controllo, l’aura della Creatura sta crescendo in modo esponenziale. Bene, molto bene. «AVANTI, VIENI A PRENDERMI!» un ultimo ki-blast e la terra trema, il ghiaccio scricchiola sinistramente, un grattare assordante e d’improvviso eccola: la Creatura.

In un’esplosione di ghiaccio e detriti viene alla luce, immonda bestia partorita dalle viscere di quel pianeta. Difficile valutarne le reali dimensioni dato che dal suolo emerge solo la parte superiore: ha le vaghe sembianze di un serpente e un odore nauseante. Sta cercando furiosamente colui che è venuto a disturbare la sua quiete. Si dimena incontrollata e ruggisce, dando bella mostra delle fauci munite di una dentatura micidiale. Ora che è venuta allo scoperto lo scouter riesce a misurarne il reale livello combattivo e sul volto del principe compare un’espressione di selvaggio trionfo, un caldo piacevole brivido gli scuote la spina dorsale, mentre si libra in aria a pochi metri dalla bestia. Abbatterla non sarà un problema, il ki dell’animale non è niente in confronto a quello del sayan, eppure in questo momento vuole protrarre il gioco: ha bisogno di sfogarsi e di infierire su un altro essere vivente.

Come il gatto con il topo l’attacca, la ferisce, la porta allo stremo delle forze, le dà il tempo di fuggire per poi bloccarne la ritirata, la esaspera, gode della sua rabbia e della sua paura.

La bestia è veloce, ma non abbastanza. Fatica a stargli dietro e, per quanto lunga, non riesce a sollevarsi per più di una decina di metri da terra, ma quando sprofonda sotto la superficie, nel proprio habitat, si muove più agilmente tendendo agguati improvvisi e per lui estremamente di sprone. La serpe vomita una sostanza acida come arma, ma anche come mezzo di trivellazione unito alla particolare dentatura. L’animale mostra segni di cedimento, inizia ad essere stremato, perde una sostanza bluastra dalle ferite, il sangue della bestia schizza come una grottesca fontana a formare pozze fumanti che sciolgono il ghiaccio. Divertente, pensa Vegeta, ma si rende conto di stare ansimando.

Ha esagerato, ha chiesto troppo al proprio corpo ancora debole… l’ultimo colpo d’acido lo manca di un soffio, il sayan lo evita a stento. Basta così… Sarebbe sufficiente un solo ki-blast scagliato nel punto giusto ma… vuole ucciderla a mani nude, la maledetta! In un istante gli è addosso, gli cinge il collo nella stretta micidiale delle proprie braccia, vuole sentire la vita scivolare via da quell’essere. Questo si dimena furiosamente, le ossa scricchiolano nella presa del guerriero, la serpe scatta, ringhia, adesso vomita acido misto a sangue. I movimenti si fanno meno decisi, ansima, si contorce, cerca di sfuggirgli. Vegeta digrigna i denti, socchiude le palpebre godendo del momento con ogni fibra del proprio essere. L’animale rantola, uno schiocco secco e il collo si spezza. Poi, il silenzio.

La lascia cadere e la osserva trionfante. Il principe si è calmato, ha riacquistato la propria proverbiale freddezza. La serpe puzza come una carcassa in decomposizione: è un odore disgustoso per il suo fine olfatto sayan. Storce la bocca, ma non può permettersi di fare lo schizzinoso… nei propri viaggi ha mangiato di tutto: basta che la preda sia uccisa di fresco. Eppure, passata l’euforia dello scontro, sente che c’è qualcosa che non va. Raggiunge la carcassa, la annusa più da vicino, tasta la pelle umida e squamosa. Dovrà mangiarla cruda, ma non importa. Gli brontola penosamente lo stomaco.

Eppure… eppure l’istinto continua a metterlo in guardia. Scuote il capo, irritato da se stesso, ritrae un braccio per colpire e affondare nelle carni dell’animale… percepisce già il sapore, il gusto del sangue caldo. A quel pensiero si blocca di colpo, aggrottando la fronte. Individuata la ferita più vicina, passa guardingo un dito nella scia di sangue bluastro: il dolore - come istintivamente intuito - è immediato, subitaneo. Ritrae di scatto la mano, ripulendola freneticamente su un’altra porzione di pelle pulita della bestia. Il corpo dell’animale secerne naturalmente una sostanza umida e viscosa che evidentemente la rende immune al proprio stesso veleno.
Acido! Puro acido scorre nelle vene della grande serpe, le sue carni ne sono pregne.

È immangiabile! È inutile...

Vegeta trema, i tratti del bel volto altero sono distorti in una maschera ferale: è spaventoso in questo momento. Demoniaco. Esplode in una risata selvaggia, crudele, convulsa, che lo scuote, gli spezza il fiato in gola. Un’esplosione di indicibile potenza e tutto quello che rimane della carcassa e di quella stessa pianura è solo un profondo, enorme cratere fumante.

Ha fatto ritorno al rifugio: la fame gli squarcia le viscere mentre si siede a terra scomposto, con la faccia miseramente scottata dal sole e dal vento.

È stremato, il silenzio lo soffoca, digrigna i denti: gli brucia ammetterlo, ma di questo passo… Freezer l’avrà vinta. È una battaglia che lo sta logorando dall’interno. Quando il fisico cederà agli stenti anche la sua mente sarà definitivamente perduta. Manca poco, manca poco...

Beve avidamente, cercando di focalizzarsi su altro. Kakaroth è stabile: non sta dando né segni di miglioramento, né di peggioramento… con le funzioni vitali ridotte al minimo il peggioramento del suo stato di salute è più graduale. Una lunga inevitabile agonia. Forse ucciderlo subito sarebbe l’opzione migliore, la scelta più altruistica… ma Vegeta non è certo famoso per la sua generosità.

No, non ancora… pensa, perché ha bisogno di Kakaroth per non soccombere.

«A FREEZER!»

La sua voce tonante rimbomba fra le pareti della caverna. Vegeta accompagna l’ironico brindisi levando in aria il termos di sola neve sciolta, in direzione del sayan addormentato.

Freezer ha vinto… ha già vinto...

E a quel punto deve davvero aggrapparsi con tutte le forze ai propri propositi di vendetta per mantenere il senno.

Patetico... uno spettacolo pietoso…

Peccato che Kakaroth non sia lì a goderselo.

::

I gletsyr esistono. I nativi del pianeta Gletser sono umanoidi dalla pelle diafana, tanto sottile da lasciar intravedere il loro complesso apparato circolatorio. Esili all’inverosimile, alcuni alti il doppio di lui e provvisti di quattro braccia. Hanno teste enormi, sproporzionate rispetto al resto del corpo, che gli conferisce un aspetto ridicolmente inquietante: il volto è costituito solo dagli occhi, nessun altro tratto di riconoscimento. Né bocca, né naso, né orecchie visibili.

Disgustosi.

Dopo due giorni di estenuanti ricerche, dopo essersi spinto a nord a latitudini più temperate, finalmente è riuscito a stanarli: vivono in una valle incassata fra alte montagne, ed è stata proprio questa difesa naturale ad interferire con la ricezione a distanza dello scouter, proteggendoli fino a quel momento.

Ora si trova al confine di un villaggio di poche centinaia di abitanti, con un irrisorio livello combattivo che per gli esemplari adulti è compreso fra i 120 ed i 150 punti ki.

Nel corso degli anni ha imparato a tenere a bada il proprio temperamento irascibile, la parte più impulsiva di sé, prendendo a modello il vecchio re suo padre, ma in questa situazione difficile, logorato sia sul piano fisico sia sul piano psicologico da fame e stenti, ha ceduto alla propria impulsività. Vuole solo farla finita. Pecca di tracotanza, certo di avere la meglio grazie alle proprie capacità combattive di guerriero d’élite.

In principio scagliarsi sulla popolazione indifesa è stato facile, estremamente facile: sfruttando l’effetto sorpresa ha dato il via al massacro. È un lupo famelico che irrompe in un recinto di pecore.

La sensazione di avere potere e di possedere il controllo assoluto è inebriante. Finalmente le cose andranno meglio, potrà nutrirsi, trovare riparo, pensare ad un piano per lasciare quel dannatissimo pianeta e tornare ai propri compagni, l’unica vera casa che gli è rimasta.

Un colpo energetico e un intero quartiere va in fumo. I gletsyr non hanno bocca né orecchie, però fuggono terrorizzati come formiche impazzite per il boato dell’esplosione. Li sente urlare e sono grida agghiaccianti, che gli rimbombano nel cervello, simili all’acuto stridere di volatili, i lamenti dei feriti poi sono particolarmente assordanti.

I corpi cadono privi di vita, ammassati per terra. Dopo un primo momento di sorpresa i gletsyr iniziano ad organizzarsi, a difendersi e a contrattaccare. Le urla crescono d’intensità: Vegeta non ha mai sentito niente di simile. Persiste nella propria opera di epurazione. Arrivano altri esemplari alieni, diversi dai precedenti, con un livello combattivo più elevato, probabilmente i guardiani della loro razza. Loro sanno volare, sono armati e, grazie alla preponderanza numerica, alcuni riescono persino a colpirlo. Ferite superficiali, ad ogni modo.

Il reale problema sono sempre le loro voci, quelle voci terribili che gli rimbombano nella testa, tanto forti da annebbiargli la vista. Esasperato, ad un certo punto, cerca persino di tapparsi le orecchie con le mani, solo per avere pace per alcuni istanti… forse se creasse dei tappi con un lembo di stoffa… ed in quel momento spalanca gli occhi per la sorpresa: è inutile, è tutto inutile! Realizza che i gletsyr non hanno bocche per parlare, che non sono suoni reali, tutto questo avviene nella sua testa. Le voci degli alieni lo raggiungono nell’unico posto dove non può nascondersi o fuggire... e comprende così la loro vera natura di telepati. È la prima volta che s’imbatte in creature di questo genere, ne aveva già sentito parlare e ora si spiega il perché di quelle teste enormi dai cervelli ipersviluppati.

Mantiene la calma, l’attacco telepatico è fastidioso, ma può ancora resistere. Sta radendo al suolo il villaggio con tutte le sue basse case di pietra, ricoperte di ghiaccio… come ogni maledettissima cosa su quel maledettissimo pianeta!

È il caos, Vegeta è una perfetta macchina di morte e distruzione, ma non riesce a sfuggire al peso dei loro sguardi accusatori e profondi: i gletsyr lo scrutano e intonano una nenia, un ritmo ossessivo, continuo, vibrante… che penetra alla base della nuca e dopo poco gli occhi iniziano a bruciargli, la vista gli si appanna. Scende a terra - volare non è più sicuro - ed i gletsyr hanno la peggio anche così, cadono sotto i suoi assalti uno dopo l’altro. La nenia si mescola a grida aliene intervallate da suoni gutturali e sibilanti, in un idioma per lui incomprensibile, rimbalzano contro le pareti della sua scatola cranica.
Le tempie gli pulsano, diviene preda di un dolore sconosciuto e insostenibile. Sente il sangue in bocca, deve sputarlo per non soffocare. Inizia a perdere coscienza della realtà, i contorni si fanno indefiniti, il mondo si fa più buio. I gletsyr crescono, diventano grandi come montagne, incombono su di lui, lo attaccano. Vegeta spara colpi energetici a profusione, ma questi ora trapassano il nemico, senza sortire più alcun effetto.

Sente un liquido caldo scendere lungo il collo, dalle orecchie, poi il sangue inizia a colargli copiosamente anche dal naso. Vegeta gorgoglia, sta soffocando, arretra… è nel panico. Non può fare niente, non riesce a controllarsi: i canti gletsyr hanno liberato la bestia convulsa dalle profondità della sua coscienza e ora la Paura gli dilania l’animo e gli squarcia il petto.

Iniziano le visioni, quei subdoli alieni giocano con i suoi ricordi, hanno imparato la strada, conoscono la sua mente e sanno dove cercare.

Il principe viene colpito, ferito e ora ad attaccarlo è suo padre, che con i suoi spaventosi occhi dardeggianti fa a pezzi il suo orgoglio denigrandolo, dicendogli quanto lo abbia sempre e solo delusonon è degno di essere il suo erede, non è degno di guidare i pochi esuli della loro razza… sarebbe stato meglio se anch’egli fosse morto.

Ed è giusto così… ogni cosa andrà a posto… perché Vegeta adesso sta davvero morendo.

È reale, non è reale… l’odore, il sapore del sangue è reale, lo stordisce, il suo corpo è un unico ammasso di carne, o forse no, non è reale… è lui a credere che lo sia… sta delirando. Dolore solo dolore in ogni fibra del proprio essere. Stremato, non riesce più a difendersi. Cade a terra, circondato, poi è ai piedi di Freezer. La lurida lucertola gli schiaccia la faccia nel fango, sotto le zampe disgustose, sente l’osso della mascella scricchiolare. No, non può finire così… riesce a svincolarsi, gli viene da vomitare soffocato dal disgusto, dall’odio, dal rancore… ma lo colpiscono ancora e rotola sulla schiena.

Vede il cielo. Non è il suo cielo, è un cielo inquietante, alieno… ora ricorda: è su Gletser. Morirà lontano, su di un pianeta ostile… Vegeta-sei non esiste, non esiste più…

Gli mancano l’alba e il tramonto di Vegeta-sei… ma non importa più, perché non ci sarà più un domani. Gli mancano, è un vuoto incolmabile… solo il ricordo può lenire la sofferenza: l’alba e il tramonto, la luce e le tenebre… ripensa al sole che illumina la sua terra natale, bella e selvaggia come le donne sayan… ripensa alle notti di quando era bambino, con i profumi portati dal vento, il sapore di casa, l’orgoglio della propria razza, le notti e la diletta sorella luna.

Non esiste più, niente di tutto questo esiste più. Non proverà più l’ebrezza del volo e la sua vita intera sarà stata inutile, completamente inutile… la luna lo sta chiamando, ora come un tempo… lo irradia con i suoi pallidi raggi, l’unica luce davvero in grado di sconfiggere le tenebre e i fantasmi del suo animo.

Viene colpito ancora, dolore, solo dolore… ma non importa, la luna è dentro di lui, la luna non vuole la sua morte, gli sussurra parole confortanti all’orecchio e, d’improvviso, gli mostra la strada.

Si fa forza, raccoglie le ultime energie residue, segue l’istinto che lo guida nei meandri della propria conoscenza. Leva una mano al cielo, supplice principe caduto in disgrazia e materializza un globo di pura energia.

Eppure non scaglia la Powerball contro i nemici, perché sarebbe inutile: non è un’arma. La sfera di luce ascende in cielo, ma non può seguirne il volo aggraziato perchè gli occhi spalancati sono ormai ciechi, non può vederla… eppure sente la carezza dei suoi raggi sulla pelle.

Poi è come morire e rinascere, in un nuovo stato di trance ed incoscienza. La paura viene dissipata da un sentimento di rabbia incandescente.

I canti e le grida sono un brusio concitato, ma d’improvviso… sono inconsistenti, come il respiro di una formica. Vegeta è e non è allo stesso tempo. La sua identità si riduce a semplici, puri atavici istinti.

E finalmente ci vede, ci vede ancora… è una visione diversa ma comunque perfetta. Nessun colore certo, ma la vista si è fatta più acuta… ora vede oltre, vede tutto con maggiore chiarezza. L’oozaru nella sua bestialità è immune a qualsiasi controllo mentale perché è Vegeta stesso che ha deciso di non controllarlo. Un guerriero del suo livello saprebbe parlare e comportarsi normalmente anche nella forma animale, ma non questa volta… questa volta ha capito che non c’è bisogno di castrare la propria vera natura… la sua coscienza riposa al sicuro, custodita dall’imbattibile belva dalla pelliccia fulva che, dopo anni di prigionia, ora è finalmente libera. Sente l’eccitazione della caccia e il suo ruggito fa tremare la terra mentre scruta predatrice dall’alto i gletsyr che fuggono atterriti.

Altri nemici sono arrivati per dar man forte ai compagni, ma non importa. Tutti, moriranno tutti! Il villaggio non esiste più, la forza del sayan è decuplicata. Abbatte ogni ostacolo che incontra sul proprio cammino. Giunge la notte e l’oozaru è invincibile, perché in questa forma, neanche la morsa del gelo può fargli alcun male… ma non è immune alla fame, quel bisogno incontrollato prende il sopravvento.

Nessuna remora, nessun rimpianto e la belva si nutre delle carni del nemico, del sangue palpitante di vittime innocenti. È una sensazione meravigliosa, inebriante. Li divora, ne dilania le viscere, sbriciolando le ossa nelle fauci micidiali, grondanti di bava. La caccia non è un atto empio e deprecabile, come può una bestia dispiacersi per le prede uccise? Un animale è istinto senza ragione, e l’istinto di sopravvivenza è il più forte che possa esistere. Per lui ora le urla di dolore sono prive di significato. Viene travolto dalla piena emozionale delle sue vittime, attraverso il canale telepatico ancora funzionante fra loro, ma neanche questo sembra turbarlo: è la legge del più forte, nient’altro, e neanche gli Dei potrebbero interferire con l’inevitabilità del caso.

La lunga notte di Gletsyr è silente spettatrice di morte. Giunge l’alba, illuminando gli orrori della carneficina, mentre la luna artificiale si consuma. L’oozaru è ebbro di sangue, preda dell’euforia… ogni forma di vita nel raggio di chilometri è stata spazzata via e la scimmia sembra danzare avanzando sulle tombe del nemico. La trasformazione l’ha reso potente, ha amplificato la sua forza, ma ora piano piano le energie vengono meno… si affievoliscono come la luce lunare. Placata la fame è un nuovo istinto a guidarlo: il predatore torna alla propria tana in cerca di riposo.

È ormai prossimo al rifugio, inspira a pieni polmoni per poi esordire in un basso ruggito, un richiamo vibrante. Sa che lì qualcuno ha bisogno di lui, lo aspetta… deve tornare… di colpo è instabile sulle poderose zampe e il mondo prende a girare… la luna artificiale è dissolta, l’oozaru cade, la splendida pelliccia incrostata di sangue scompare, le membra rimpiccioliscono… precipita, tornando alla più fragile forma sayan. La coscienza della scimmia, ora attraverso gli occhi di Vegeta, scruta il cielo e vede una stella cadente… senza capire… il sayan invece capisce… e può esprimere un desiderio.

Chiude gli occhi, sta nevicando: è l’Universo intero che si sta sgretolando per lui, non è infinito, adesso lo sa… può stringerlo tra le dita e il principe sorride, perché finalmente… è re del tutto.

::

Il nulla lo avvolge, la percezione di sé diviene un lontano ricordo; egli fluttua nell’annullamento dei sensi, finalmente in pace dopo la dura lotta per la sopravvivenza.

Ogni fibra del suo essere riacquista vigore, nel rinnovato prodigio della sua razza, quando sopravvive alla morte il sayan diventa più forte. È un piacere inebriante, ma come sempre effimero e sfuggente, e quando inizia ad assaporarlo sopraggiunge il momento di rinunciarvi.

Così un respiro più profondo anima il petto del guerriero, il corpo statuario freme, percorso dall’umida carezza di rivoli d’acqua impertinente, mentre stringe i pugni in un riflesso condizionato.

Lentamente le palpebre si schiudono ed i suoi occhi, due oscuri pozzi di risentimento, scrutano la realtà pronta ad accoglierlo: oltre il vetro ogni cosa è ammantata da un riflesso azzurro… il suo colore preferito.

Sono vivo... pensa, eppure, questa volta, il risveglio nella vasca di rianimazione viene accolto con un senso d’inquietudine: non ha idea di cosa ci sia ad attenderlo là fuori e l’incertezza grava sulle sue spalle con il peso di un macigno. Aggrotta le sopracciglia infastidito dai propri stessi pensieri, strappa via la maschera d’ossigeno con alterigia, mentre il portellone della vasca si apre per lui e la realtà perde ogni piacevole, illusoria sfumatura.
L’ambiente è asettico, ogni percezione è una violenza per i sensi: il freddo pavimento sotto i piedi, l’odore pungente di disinfettante, la luce artificiale della Sala Medica… ogni volta riabituarsi alla prigione delle navi di Freezer diventa più difficile.

Non è sorpreso di trovare un cambio di vestiti puliti sul lettino: è un rituale che si ripete identico ad ogni risveglio. Agisce meccanicamente, rapido e preciso, mentre raggiunge il bagno per darsi una ripulita. Una doccia veloce e dopo trova tutto l’occorrente per radersi. L’espressione sul suo volto è indecifrabile, profonda come le acque quiete di un lago, e altrettanto insidiosa: leggere cosa si agiti sotto la superficie, mentre si guarda allo specchio, è impossibile.

Vorrebbe restare in questo stato di apatia, ma la mente è un infimo rivale, dal nulla emergono ricordi e percezioni vividi come il fuoco sulla pelle e altrettanto maligni. Non è più l’oozaru, il predatore senza coscienza né rimorsi: i ricordi emotivi acquisiti grazie al canale telepatico con i gletsyr si affollano nella sua mente, di colpo sa esattamente cos’hanno provato i nemici brutalizzati, divorati vivi… donne, bambini indifesi… i bambini non sono fatti per la guerra… gli si rivolta lo stomaco e, senza che possa impedirlo, si ritrova scosso dai conati, piegato in due sulla tazza del cesso.
Ansima, non respira, la bile gli brucia in gola e nelle narici, ma vomitare è inutile, è troppo tardi. Di solito è facile mantenere il proprio distacco, considerando tutti alla stregua di bestie, ma questa esperienza resterà incisa indelebilmente dentro di lui.

Vegeta chiude gli occhi, premendo la testa contro la parete alle sue spalle: solida, reale… ha bisogno di ancorarsi a questa percezione per trovare la forza di rialzarsi in piedi. Il fatto che si trovi su una delle astronavi di Freezer e che si siano presi cura di lui, rimettendolo in sesto… non significa necessariamente che sia in salvo.

Niente finestre e non ha idea di quanto tempo possa essere trascorso. Tende le orecchie per capire se siano o meno già in viaggio: non può fare a meno di chiedersi che fine abbia fatto il suo compagno di sventure, non vi è traccia di Kakaroth nella Sala Medica e, senza scouter, non può sperare di individuarne la posizione sulla nave. Spinge oltre il flusso dei propri pensieri, s’impone di ritrovare la giusta prospettiva, la giusta visione delle cose, o non potrà mantenere la padronanza di sé. Di colpo sono di nuovo principe e terza classe, e lui non ha più tempo da perdere per un semplice guerriero di infimo livello: deve già pensare ai propri guai… anche se ignorare il fatto che Kakaroth possa essere da qualche parte là fuori, abbandonato a se stesso, forse in fin di vita… è difficile.

Ci rivedremo all’Inferno… pensa rialzandosi in piedi, con un leggero incresparsi delle labbra. Indossa la divisa e avvolge strettamente la coda in vita, in un fare solenne, tornando ad essere il sayan freddo e altero di sempre. Quindi s’incammina a testa alta lungo un ampio corridoio; lasciata la quiete della Sala Medica la nave è un brulichio di soldati in fermento per l’approdo, tutti abbigliati con le inconfondibili insegne di Ice. La tensione che precede la battaglia è palpabile, lo inebria con il suo dolce richiamo.

Le Navi Ammiraglie sono strutturate tutte nella stessa maniera e il principe raggiunge senza difficoltà la Sala Comandi, dove chiede alla guardia di servizio di farsi annunciare al comandante in carica senza ulteriore indugio. Freezer ha cercato di liberarsi di lui, facendolo apparire un incidente, probabilmente per continuare ad assicurarsi la fedeltà dei sayan rimasti dopo la sua dipartita. Lo ha mandato in una missione suicida, impreparato, contro avversari di alto livello, in compagnia del più giovane ed inesperto del gruppo ma, nonostante tutto, Vegeta è ancora vivo e in buona salute.

Freezer ha perso una battaglia, ma non la guerra: certo, ha ancora un principe sayan fra i piedi… ma è un principe sayan che, nello specifico, ha fallito non riuscendo a conquistare Gletser entro i termini di tempo che gli erano stati concessi. Il fallimento legittima quindi una punizione esemplare - o peggio – la morte, il principe non ha dubbi in merito. Se lo uccidessero ora, potrebbero ancora far credere agli altri di averlo trovato morto o coinvolgerlo in qualche altro incidente.

Vada come vada… spera solo che ad attenderlo non ci sia Zarbon: crepare per mano di quella checca sarebbe l’ultimo smacco al proprio orgoglio già fortemente incrinato. Siamo alla resa dei conti: finalmente Freezer dovrà giocare a carte scoperte.

La guardia torna a prenderlo e Vegeta fa il suo ingresso nell’ampia sala dove soldati di diverse razze e dimensioni sono affaccendati sui computer di bordo. Un ologramma in scala di Gletser si libra sopra a quelli intenti a trascrivere le coordinate di insediamenti alieni, giacimenti minerari e punti strategici di approdo, come da ordinaria amministrazione. Poi, d’improvviso, in mezzo al turbinio delle attività, Vegeta scorge una figura familiare intenta a dirigere i lavori e il nodo allo stomaco si scioglie come neve al sole. Deve ammetterlo: non è mai stato tanto felice di vedere quel profilo affilato.

«Ti stavo aspettando.» lo accoglie Berenjena, il volto della sayan appare tirato e più pallido del solito, pur mantenendo un contegno impassibile, i suoi occhi tradiscono un certo sollievo nel rivederlo in salute.

Eri in pensiero? pensa Vegeta e ricambia il suo sguardo, non c’è bisogno di parole fra di loro. L’idea che qualcuno possa sinceramente preoccuparsi per lui… è strana, ma non spiacevole. Il fatto che Freezer abbia inviato una compagna a recuperarlo è una fortuna insperata, che gli farà guadagnare del tempo prezioso. Incrocia le braccia in petto, nel suo fare tipico «Come mi hai trovato?»

Beren rivolge un cenno ai sottoposti di continuare senza la loro comandante, poi gli sorride ironica, facendo danzare la cicatrice pallida che le deturpa il volto, disegnando una mezzaluna frastagliata dalla tempia alla gola. È a causa di questa vecchia ferita, che ha compromesso parzialmente le sue corde vocali, se la voce della sayan è tanto bassa, roca e inconfondibile «Hai fatto un tale casino che avrei potuto trovarti anche ad occhi chiusi, scimmione

La “stella cadente” vista all’alba prima di svenire, realizza Vegeta, non era altro che la Nave-Ammiraglia in fase di atterraggio. Non importa, perché il suo desiderio si è comunque avverato: lasceranno presto Gletser.

Beren lo raggiunge, viene avvolto dal suo profumo, che lo fa sentire al sicuro, come quando era bambino. È molto più bassa del principe, che di per sé non è un gigante, è insolitamente bassa persino per una femmina della loro razza… non che sia importante, ad ogni modo, perché è l’ultima sayan rimasta. Vegeta contempla i lineamenti rigorosi del suo volto e non sa dire se possa considerarsi attraente o meno… ma una cosa è certa: è forte, molto forte.
Fra i sayan è seconda solo al principe e tanto basta a renderla la preda più desiderabile, la compagna ideale per ognuno di loro. Sono anni che Radish e Turles, infischiandosene della differenza di classe e di età, cercano di portarsela a letto… peccato che lei non abbia mai mostrato alcun interesse per nessuno di loro, forse non considerando dei semplici terza classe alla propria altezza o, piuttosto, non desiderando mettere al mondo dei cuccioli propri. Certo Vegeta dovrebbe imporsi in tal senso perché, dopotutto, da lei dipende la “discendenza pura” della razza… eppure, non si sente di biasimarla… non può biasimarla di non voler generare un figlio in schiavitù, perché egli stesso rifugge la sola idea di condannare il proprio erede ad un’esistenza sotto il giogo di Freezer.

Beren lo scruta attentamente, lo sguardo antracite della femmina esercita sempre un certo fascino su di lui: sono identici agli occhi di sua madre… nonché l’unica, fondamentale, somiglianza fra le due sorelle, per quel poco che Vegeta riesce a ricordare della sayan che lo ha messo al mondo.

«Nappa mi ha detto di avere perso le vostre tracce poco prima dell’atterraggio. Che vi è successo?» chiede la zia.

«Abbiamo avuto un “piccolo incidente”: entrambe le navicelle sono andate in avaria non appena entrate in contatto con l’atmosfera…»

Una muta domanda sul viso della guerriera e Vegeta leva un sopracciglio in modo inequivocabile: non è stato un incidente, ma non possono parlare liberamente di fronte a tanti uomini di Freezer. Il principe lancia uno sguardo fuori da uno degli oblò, ritrovando il volto ostile di Gletser: fuori imperversa una bufera di neve e, di riflesso, si sente rabbrividire. È con un’alleata, può parlare liberamente «Beren, Kakaroth è ancora vivo: dobbiamo recuperarlo...»

La guerriera non lo lascia finire, snocciola informazioni nel suo caratteristico tono pratico ed informale «Non ce n’è bisogno, l’abbiamo trovato poco distante da dov’eri svenuto tu. Era… addormentato? Privo di sensi? Bah…! Il medico di bordo che lo ha visitato non ci ha capito un accidenti, io neanche: lo ha messo in criostasi per stabilizzarlo.»

Vegeta annuisce, la mascella contratta, sperava… non sa bene neanche lui cosa «Che si fa adesso?» continua, cambiando argomento.

«C’è bisogno di chiederlo? Finiamo il lavoro e torniamo: Freezer ci sta aspettando e, come potrai immaginare, non ha preso bene la notizia del ritardo sulla consegna…» risponde l’altra.

E del fatto che siamo sopravvissuti, aggiunge mentalmente il principe.

La sayan lancia uno sguardo ai propri sottoposti, c’è ancora del lavoro da fare, la missione è passata definitivamente sotto il suo comando «Preparati, mangia qualcosa se ti va… sbarchiamo tra due ore, non appena ultimata la mappatura del pianeta.»

Vegeta non ha niente da replicare perchè, per una volta, è bello che sia qualcun altro a prendersi le responsabilità al posto suo. Annuisce, mentre si scambiano un fugace sguardo d’intesa. Dopo parleranno, c’è ancora molto da dire. Segue quindi il suggerimento dell’altra: non ha realmente fame, ma ha davvero bisogno di togliersi di bocca il sapore disgustoso dell’ultimo pasto. Inoltre, anche se non lo ammetterebbe mai, è grato di avere del tempo per sé così da poter raccogliere le forze fisiche e soprattutto mentali che gli serviranno per fronteggiare i dannati telepati.

Beren osserva il nipote che si allontana, le labbra ridotte ad una linea sottile. Questa volta quel porco di Freezer ha fallito, ma è difficile dire se in futuro saranno altrettanto fortunati…

Sbuffa e torna alle proprie mansioni: deve pianificare una valida strategia d’attacco. Di solito, per danneggiare Freezer, organizza sempre le squadre di invasione in modo tale che le truppe subiscano il maggior numero di perdite possibile, ma questa volta non sarà così. Spera che, facendo un lavoro pulito e limitando al minimo le perdite, il tiranno sarà meglio disposto nei loro confronti. Riflette: a giudicare dalle condizioni di Vegeta, i gletsyr non devono essere facili prede. Dovrà quindi consultarsi prima con il principe per raccogliere più informazioni possibile e non arrivare impreparata alla battaglia.

«Una chiamata in arrivo.» una giovane recluta attira la sua attenzione e la sayan sospira raggiungendo, proprio malgrado, la postazione di comando: è fortemente tentata di non rispondere, sa già che avrà di che pentirsene… e, quando sullo schermo compare il grugno inconfondibile, rimpiange quasi di avere sempre ragione.

«LUI DOV’È?!» abbaia il maschio, con occhi fiammeggianti.

Ciao anche a te, Nappa… pensa, levando freddamente un sopracciglio, per poi replicare a voce alta «Il principe sta bene, ha la pellaccia dura.»

La fedeltà e la dedizione al principe dei sayan sono le uniche cose che accomunino i due e che riescano in qualche modo ad unirli, per il resto non riescono a respirare la stessa aria senza finire con lo scannarsi. Questa situazione atipica, in cui si ritrovano forzatamente a collaborare, li innervosisce… ma è merito di entrambi se ora Vegeta e Kakaroth sono al sicuro: Nappa ha dato l’allarme prima che Freezer potesse decidere altrimenti, Beren, di rientro dalla propria missione, ha deviato con la nave su Gletser… appena in tempo.
Probabilmente lei subirà le conseguenze per aver deciso di testa propria, ma non importa. La sayan ha già ricevuto una laconica chiamata da Dodoria, in cui quel cane infame l’ammoniva di darsi una mossa a conquistare il pianeta e che la “prossima volta”... avrebbe fatto meglio a chiedere l’autorizzazione, prima di mettere la coda nelle altrui missioni. Il ciccione si è tradito: quando lei lo ha informato di aver trovato sia Vegeta sia Kakaroth ancora in vita, il suo brutto muso ha assunto un’espressione inequivocabilmente sbalordita.

Beren riporta l’attenzione su Nappa, che è tanto grosso da occupare l’intero monitor.

«Che mi dici di Kakaroth?» chiede il guerriero, guardando ovunque tranne che al viso della femmina. Il disagio fra loro è palpabile.

«È sopravvissuto, ma non sappiamo se si riprenderà…»

Cala un silenzio carico di tensione. Le narici del colosso hanno un fremito, Radish è un amico e questa non è davvero una buona notizia, si passa nervosamente una mano sul collo, apre la bocca per parlare ma poi si zittisce. Forse vorrebbe chiedere di più, ma l’inflessibilità e il rigore tipici della loro razza gli impediscono di mostrare apertamente “debolezze” di questo tipo.

«Senti, non ho tempo da perdere...» sbotta la femmina cavandolo d’impiccio, il tono è tutt’altro che cortese «Ti serve altro?!»

Lui scuote seccamente il capo, per poi fulminarla intimidatorio «Riportalo indietro…» …o non tornare affatto.

Beren storce le labbra, incenerendolo con lo sguardo, ed entrambi interrompono le comunicazioni.

Sempre la stessa storia…

::

In due giorni e mezzo – grazie alla loro forma oozaru e alle armi di ultima generazione - Gletser viene conquistato. La popolazione – inadatta alla schiavitù o ai lavori forzati – è stata sterminata. Nelle prigioni di una delle città principali sono stati rinvenuti e soccorsi alcuni superstiti della precedente spedizione di conquista, in evidente stato confusionale.

Presto giungeranno navi di schiavi dell’Impero per fondare nuove colonie di lavoro: il pianeta presenta caratteristiche che lo rendono inadatto alla compra-vendita galattica, l’unica ragione di interesse è costituita dalle miniere di Diamon, metallo fondamentale per la costruzione di tutte le navi che costituiscono l’intera flotta spaziale di Ice.

Vegeta siede a luci spente, nella propria camera. Osserva lo spazio profondo, in contemplazione dei corpi celesti, mentre la mente corre lontano, più veloce dell’astronave. Anche se significherà la sua morte… è davvero curioso di incontrare Freezer, vederlo in faccia, sentire quali menzogne verranno partorite dalle sue labbra velenose e dalla sua lingua bifida. L’attesa è snervante…

Il principe non indossa i guanti, si osserva le mani, deturpate da ustioni e cicatrici: non sono scomparse insieme alle ferite dell’ultimo scontro, poiché il processo di guarigione è iniziato molto prima delle cure nella vasca di rianimazione, ma non importa, è orgoglioso di tali marchi di forza. Lo aiuteranno a ricordare.

Ha resistito fino all’ultimo ma, alla fine, ha voluto vedere Kakaroth prima di partire. Lo ha trovato al sicuro, nel dormitorio criostatico, chiuso in uno degli appositi silus. Ha sfiorato il vetro protettivo, ricoperto della brina artificiale, illudendosi per un istante di vedere le sue palpebre fremere… come se stesse per svegliarsi. Che idiozia!

Un’ondata di rabbia improvvisa… ed è stato sul punto di sfondare quello stesso vetro a suon di pugni. L’incertezza è una condizione che non si sposa bene con l’indole impaziente di un sayan.
Ha evitato di porsi delle domande scomode sulle proprie reazioni, avrebbe preferito che Kakaroth non fosse mai venuto in missione con lui: il caso li ha voluti accanto come alleati per la sopravvivenza e ora, per quanto gli costi ammetterlo, e per quanto si ostini a etichettarlo solo come terza classe, qualcosa li lega. Tutto è cambiato.

Chi ha salvato, chi? si chiede per l’ennesima volta ed è stanco, tanto stanco.

Si lascia andare ad un sonno senza sogni, cullato dal sibilo continuo dell’impianto d’areazione… ogni volta riabituarsi alla prigione delle navi di Freezer diventa più difficile, ma non importa… pazienza, ci vuole pazienza… solo che quella del principe si è quasi esaurita.

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Dieci giorni di detenzione nella Sala dell’Obbedienza: questa è stata la sua punizione per aver fallito. Tale sala non è altro che la “stanza dei giochi” di Freezer, dove il tiranno si diverte a far torturare i propri prigionieri o soldati inadempienti. Più grave è la colpa, peggiore il castigo.
Spesso a Vegeta è toccato il ruolo dell’aguzzino, ritrovarsi ora in quello di vittima è degradante. Un breve tour lì dentro e ti passa la voglia di disobbedire. Dopo poche ore arrivi a giurare il falso, anche confessando colpe inesistenti, pur di “farli smettere”. Dopo dieci giorni… beh, non molti sono sopravvissuti per raccontarlo.

Il Nobile Freezer nel suo caso ha vietato le “mutilazioni”, lo vuole ancora tutto intero il suo “soldatino, e il principe resiste, subendo stoicamente le ferite che gli vengono inferte, accrescendo la rabbia di Dodoria, che muore dalla voglia di sentirlo gridare e supplicare sotto il suo abile tocco di carnefice.
Le giornate sono scandite dalla stessa terribile routine: di giorno Vegeta viene ridotto ad un ammasso di carne lacerata e sanguinante, di notte viene curato forzatamente nella vasca di rianimazione, in modo da averlo di nuovo in salute la mattina successiva e ricominciare tutto da capo. Nelle vene gli iniettano un inibitore di forza così, anche volendo, non potrebbe ribellarsi, ma tanto a che servirebbe?

Per quanto gli costi ammetterlo, non avrebbe comunque speranza di vittoria contro il proprio carceriere. Non è abbastanza forte, non ancora. È un incubo dal quale non ci si può svegliare, scandito solo dal dolore incessante, insopportabile, e il principe resiste solo aggrappandosi ostinatamente al proprio orgoglio e ai mille propositi di vendetta.
Ci sono momenti in cui arriva persino al punto di spezzarsi, allora le sue urla sono i ruggiti di una belva assetata di sangue, ma non importa… perché prima o poi strapperà le orecchie di Dodoria a mani nude e allora quel bastardo rimpiangerà di averle udite… gli farà rimpiangere ogni cosa, e non ci sarà più niente per cui sorridere…

Ufficialmente con questa “punizione esemplare” Freezer ha voluto “responsabilizzarlo e renderlo un soldato migliore”… ufficiosamente gli ha fatto rimpiangere di non essere morto quando ne ha avuta l’opportunità.
Non ne hanno parlato, Vegeta ha giocato fino in fondo il ruolo dell’ingenuo che attribuisce l’incidente degli aero-velivoli ad un “guasto tecnico”, ma Freezer non se l’è bevuta neanche per un secondo: entrambi “sanno” e fanno finta di “non sapere”, portando avanti la loro solita sfida basata su un gioco di forza ed equilibri.
Almeno il principe sembra aver risvegliato l’interesse del tiranno: l’ostinazione di Vegeta diverte Freezer, la sua tempra lo provoca, ne stuzzica il sadismo e ne rinnova la volontà di mantenerlo in salute solo per rendergli la vita un inferno. Il gioco continua.

Dodoria gli calpesta la mano già rovinata, in un gesto di spregio che gli spezza il fiato in gola, oltre che le ultime dita sane, facendolo emergere dalle angoscianti profondità dell’oblio. Si solleva di scatto, il semplice gesto gli provoca fitte lancinanti e realizza di essere riverso a terra, mentre tossisce sangue, ma almeno è libero dalle costrizioni che lo tenevano ancorato alla parete.

«Fuori di qui, scimmione bastardo.» lo congeda l’alieno e, con un ultimo calcio, sancisce la fine della condanna.

Il supplizio è terminato. Non c’è bisogno di rispondere a parole, nonostante tutti gli abusi subiti mantiene un contegno invidiabile, basta un solo profondo sguardo delle sue fosche pupille a far sentire il ciccione vagamente a disagio.
Un ultimo sforzo di volontà, per lasciarsi ogni cosa alle spalle, camminando sulle proprie gambe, per quanto malferme.

Tornare alla luce, alle percezioni più nitide, porta dopo porta, fino a chiudersi tutti gli orrori alle spalle, ma non può fuggire realmente perché gli orrori più grandi non sono quelli del corpo, bensì quelli incisi indelebilmente nel suo animo. E sono al contempo il supplizio più atroce, ma anche la sua forza più grande.

Il volto del principe è tumefatto, quasi irriconoscibile, una grottesca maschera adorna di ematomi e ferite. Segni di bruciature e contusioni ovunque rappresentano il male minore, il reale pericolo sono le emorragie interne. Respira a fatica, rantola quasi, forse una costola gli ha già perforato un polmone, o poco ci manca.
Cerca in tutti i modi di tenere le spalle dritte, ostinato oltre ogni limite, ma un braccio pende penosamente lungo il fianco, inanimato come quello di un fantoccio a causa delle fratture multiple ed esposte. Gli occhi sono vitrei, le palpebre a mezz’asta, non cerca neanche più di ripulirle dal sangue che si è già incrostato sulle ciglia.

Ad attenderlo c’è Nappa, braccia incrociate e schiena alla parete, imponente come una montagna; teso come un vulcano pronto ad esplodere. Scorge Vegeta e la sua rabbia per quello che hanno fatto al compagno è tangibile, come una scarica elettrica che si sprigiona da un gigantesco rocchetto di Ruhmkorff. Dai solchi violacei che contornano i suoi occhi biechi, è facile intuire quanto abbia patito, tormentato dal pensiero di non aver saputo vegliare debitamente sul suo principe.
Non dice niente il colosso, se osasse rivolgergli la parola verrebbe respinto da Vegeta che non ha mai accettato di mostrarsi debole di fronte ai propri sudditi, ma Nappa è sempre stato la sua ombra e, in quanto tale, non gli importa di vederlo ridotto in quello stato, perché la sua fedeltà va oltre il semplice concetto di forza, è legata ad un’antica promessa. Non ci si può nascondere dalla propria ombra e, prima che il principe possa cadere a terra, il colosso se lo carica in spalla portandolo in infermeria.

I medici lo curano, come abili sarti che ricompongono i resti del suo corpo martoriato e, come ogni volta, un timore reverenziale li attanaglia di fronte alla perfetta macchina da guerra sayan: un altro al suo posto sarebbe già morto.

La tempra razziale ha la meglio, nel giro di trentadue ore Vegeta si è ristabilito in modo quasi ottimale: sinceramente, non vede l’ora di scendere nell’Arena per testare i propri progressi, beneficio tangibile del trattamento subito. Non desidera altro che tornare alla vita di sempre cancellando i ricordi delle ultime settimane.

I compagni accolgono il suo ritorno in una variopinta accozzaglia di rabbia, sollievo, apprensione. Anche Beren è stata punita per averlo raggiunto su Gletser senza autorizzazione. Zoppica ancora un po’ sulla gamba destra ma, quando lo vede, gli rivolge un sorriso feroce e contagioso.

Suo padre, Re Vegeta, è stato il primo a riuscire nell’impresa di riunirli tutti sotto l’unica bandiera del “Tridente Rosso”, molto prima della nascita del principe.
Nel momento della necessità, quando cioè lo scontro per l’egemonia di Vegeta-sei era ormai prossimo e la posta in palio era la sopravvivenza stessa della razza, egli aveva saputo guidare le barbariche orde sayan alla vittoria contro gli tsufuru, che pure erano superiori grazie alla loro avanzata tecnologia bellica. Certo l’eredità ricevuta da Vegeta è solo un ristretto manipolo di risoluti guerrieri, ma oggi come in passato è proprio nel momento del bisogno che il popolo sayan si unisce per perseguire un ideale comune.

Freezer attentando al loro principe li ha colpiti tutti in egual modo: la rabbia di Vegeta è la loro. Sono animati da una nuova determinazione, decisi ad intensificare gli allenamenti perché verrà il giorno in cui solo i più forti sopravvivranno per tornare liberi o periranno gloriosamente nel tentativo di farlo. Ma non oggi, non questa notte, la morte è un lontano presagio, questa notte sono tutti lì per i festeggiamenti in onore del loro principe.

Manca però un volto all’appello, ma Vegeta non ha voglia di chiedere che fine abbia fatto... non vuole conoscere la risposta.

Se Kakaroth non si è ancora svegliato è perché è un debole e i deboli non meritano di essere sayan.

Se Kakaroth è morto si vede che era destino.

Destino che infierisce davvero troppo spesso su di loro e di ciò il principe inizia ad averne abbastanza.

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Il grande laboratorio di ricerca situato al II° livello della Nave-Madre è un loro spazio privato: una delle poche concessioni strappate a Freezer alcuni anni prima, come premio per una vittoria particolarmente brillante.

Ai tempi, il tiranno aveva esaudito la richiesta di Vegeta perché, fra tutti quegli “scimmioni senza cervello”, per lui il principe era un animaletto di insolita intelligenza, e pur deridendolo perché: “un sayan ignorante non sa davvero cosa farsene di tali apparecchiature scientifiche”, lo aveva lasciato fare. Aveva spiato le sue mosse, dandogli un certo spazio di movimento, mentre gli altri sayan reclamavano come bottino di guerra femmine per accoppiarsi, Vegeta si appropriava sempre dei più validi scienziati dei pianeti conquistati.

Peccato gli fosse concesso sempre di tenerne “solo uno per volta”, la curiosità non aveva certo reso la lucertola incauta. Una selezione spietata: quelli che per miracolo riuscivano a sopravvivere al temperamento burrascoso del principe ed a soddisfare le sue richieste più che ambiziose, a distanza di tempo dovevano fare i conti con l’arrivo di qualche altro luminare più valido, andando incontro a morte certa. La libertà non era un’opzione, perché avrebbero potuto tradire i suoi segreti cadendo nelle mani di Freezer.

“La necessità aguzza l’ingegno” e, se la posta in gioco è la vita, val la pena di giocarsi il tutto per tutto: questa la politica di Bulma Brief che, ormai da cinque anni detiene il ruolo di ricercatrice in carica sin dal giorno in cui è stata condotta prigioniera, insieme a Kakaroth, al cospetto di Vegeta.

La più giovane e anche la più brillante: se c’è qualcuno in grado di mettere a punto la “Camera Gravitazionale”, di realizzare l’ultimo temerario progetto del principe, è proprio questa sorprendente diciannovenne dall’intelligenza vivace e gli occhi di cielo. Non ha mai deluso le sue aspettative.

In questo momento solo degli aggiornamenti positivi sullo stato dei lavori potrebbero distogliere Vegeta dai propri lugubri pensieri, accendendo il suo interesse. Ha trascurato troppo a lungo le proprie attività e, ora più che mai, se spera di incrementare il proprio livello combattivo in tempi brevi, ha bisogno di tutto l’aiuto possibile. La terrestre deve darsi una mossa!

Il principe si dirige a passo spedito alla volta del laboratorio di ricerca.
Nappa è sempre al sua fianco: la sua ombra, anzi un mastino ringhiante, visto il modo in cui incenerisce e tiene alla larga tutti gli sventurati che incrociano il loro cammino. Il timore di un nuovo attentato alla vita del principe lo rende oltremodo agguerrito.

Giunti davanti alla porta del laboratorio, il colosso inserisce il codice di sicurezza e, superati i test di riconoscimento vocale e della cornea, hanno libero accesso all’ampia sala in cui è custodita la raccolta di strumenti scientifici d’avanguardia.

Grazie alla fitta rete di sistemi d’allarme, installati dalla scienziata su direttive di Vegeta, il laboratorio è diventato l’unico luogo sicuro della Nave-Madre dove i sayan possano riunirsi e parlare liberamente al riparo da orecchie indiscrete, ed è quindi a tutti gli effetti diventato il “quartier generale” della loro resistenza.

Oggi il turno di sorveglianza tocca a Radish, ma non c’è traccia di lui all’ingresso. I guerrieri d’élite si addentrano nell’ampia sala e subito delle voci concitate richiamano la loro attenzione. Vegeta è stupito di trovare il sayan dai lunghi capelli incombere sulla terrestre, l’atteggiamento ostile di lui lascia poco adito a fraintendimenti: la donna è in difficoltà, praticamente schiacciata senza via di fuga contro la parete del prototipo di Camera Gravitazionale.
Possono percepire l’eccitante odore della sua paura, mentre il maschio ringhia qualcosa d’incomprensibile ad una spanna dal suo viso, tenendola rudemente bloccata per un polso sottile.

Radish la sovrasta in tutto: in forza, in altezza. Il suo maschio vigore è messo ancor più in risalto dall’esile fragilità di lei. Il chiarore di Bulma pare risplendere all’ombra del guerriero. Sono due nature in antitesi, come il giorno e la notte. Onda di spumeggiante marea, su cui si staglia l’alto crinale, difficile dire quale dei due cinga l’altro…

«Che diamine sta succedendo?!» è la voce forte e autoritaria di Nappa ad interrompere la scena ed il terza classe, sentendosi riprendere dal proprio superiore, lascia subito andare la terrestre con un ultimo sguardo bieco «Niente. La femmina stava battendo la fiacca.»

Nappa sembra accettare la spiegazione, Vegeta non è del tutto convinto.

Bulma negli anni è divenuta una giovane di impareggiabile bellezza.
Per quanto celi le grazie della sua femminilità sotto ampi camici da lavoro, è raro che lo sguardo non venga attirato dagli esotici colori dei suoi occhi e dei suoi capelli, che fluiscono in una limpida cascata marina ad incorniciare il volto dai tratti armoniosi e delicati. Peccato che, proprio per non attirare l’attenzione, li tenga sempre raccolti in sobrie acconciature. Un simile fiore, sbocciato prepotentemente fra gli orrori dell’Impero, non ha vita facile su quella nave di mercenari e farabutti, ma finché continuerà a realizzare macchinari portentosi per Vegeta, potrà godere della sua protezione.

Da tempo il principe ha dato l’ordine di sorvegliarla a vista e, per quanto sia un compito a loro ingrato, i sayan sono costretti a rigorosi turni di vigilanza per non lasciarla mai sola. Il loro compito è quello di salvaguardare l’incolumità della scienziata e la segretezza delle sue ricerche, non certo di farle del male o di maltrattarla. Radish dovrà dargli delle spiegazioni…

Vegeta scruta il volto del terza classe, ma quest’ultimo non regge la pressione del suo sguardo, percorre ad ampie falcate la sala andando a sedersi in un angolo per non intralciarlo. Nappa lo raggiunge, perché quelle “diavolerie scientifiche” non lo interessano in alcun modo… sono davvero degli scimmioni ignoranti, dopotutto…

Bulma si massaggia il polso dolorante, sul quale spiccano gli inconfondibili segni rossi lasciati dalla presa d’acciaio del sayan.
Fortuna che sono stati interrotti… non si lamenta l’umana, i suoi occhi però sono lucidi e vagamente cupi.

A suo modo è anche lei un tipo orgoglioso e, anche se Radish le ha fatto male, non dice nulla. Le labbra di corallo hanno un tremito leggero. Anche volendo… a cosa servirebbe lamentarsi? pensa, perchè non c’è nessuno nella sua vita disposto ad ascoltarla. Stringe i denti la ragazza, dando loro le spalle per richiudersi nel proprio mondo e nel proprio lavoro, uniche cose nelle quali è ormai in grado di trovare conforto e soddisfazione.

Dal giorno in cui è stata strappata al suo pianeta e ai suoi affetti familiari, dal giorno infausto in cui ha incrociato il cammino con quello di Kakaroth, dal giorno in cui è stata fatta prigioniera… ha perso tutto. Non ricorda neanche più cosa voglia dire vivere “senza paura”… col passare del tempo ha imparato a controllarsi ed a far fronte alle difficoltà contando solo sulla propria forza di volontà e il proprio cervello.
Purtroppo però i soli cervello e forza di volontà spesso non bastano a salvare la vita.
Poco prima infatti, se Radish non fosse stato interrotto dall’arrivo degli altri, il polso dolorante sarebbe stato solo l’ultimo dei suoi problemi… dandosi della sciocca pensa che non avrebbe dovuto provocarlo. Anche se è difficile, deve davvero imparare a tenere a freno la lingua.

La scienziata assume un atteggiamento distaccato e professionale, snocciola dati e statistiche indicando i passaggi su un’ampia lavagna, colma di simboli e formule di difficile lettura.

Vegeta cerca di focalizzarsi su lei, sui movimenti aggraziati delle sue dita affusolate, e di non prestare orecchio alle chiacchiere dei due sottoposti, ma finisce invece con l’ascoltare Radish che, in disparte, sta aggiornando Nappa sugli esiti degli ultimi esami medici a cui è stato sottoposto Kakaroth.
Il fratello minore ancora non si sveglia e non dà segni di miglioramento. I dottori sperimentano cure diverse nel vano tentativo di rianimarlo, ma brancolano nel buio perchè non hanno mai avuto a che fare con un caso come il suo. «È la prima volta che il sonno criostatico si mostra irreversibile…» spiega Radish, sentendosi incredibilmente impotente perchè intanto Kakaroth si consuma, ridotto ad essere una cavia da laboratorio.

Bulma terminata la spiegazione si arma dei suoi attrezzi e torna al lavoro sul pannello di controllo della Camera Gravitazionale. Nonostante sia stata impegnata nell’esposizione della sua ricerca, non ha potuto fare a meno di ascoltare le parole dei guerrieri.

«La “criostasi” non c’entra, Kakaroth non è solo addormentato: è in uno stato comatoso!» la sua limpida voce vibra nell’improvviso silenzio della sala, interrompendoli. Si tratta di una semplice riflessione, non vuole essere un commento saccente, ma nel momento in cui viene inchiodata dai loro sguardi sayan, sembra pentirsene. Non ama attirare così la loro attenzione. Non ha potuto fare a meno di intervenire sentendo l’elencarsi di idiozie sostenute dagli inetti medici alieni. È stato più forte di lei.

«Comatoso?» ripete Nappa, piuttosto scettico a riguardo. Il colosso nutre delle forti riserve sulla terrestre, fosse per lui la ragazzina con il suo bel faccino sarebbe già stata “carne per i soldati”.

Eppure, nel corso degli ultimi anni, l’umana ha dato prova di spiccata intelligenza e di una cultura fuori dal comune nei più disparati settori scientifici. Vegeta non ha motivo di dubitare di lei.

Radish, dal canto suo, oggi proprio non la sopporta e le risponde con un ringhio brusco «Che diamine vai farneticando, donna?!»

L’umana non si lascia impressionare, abituata ormai alla loro palese maleducazione. Il timore di poco prima è già scomparso ed è di nuovo in grado, padrona della situazione, di far fronte alle prepotenze di Radish.

Vegeta interviene, esordendo con un semplice «Spiegati!» che non è un invito, ma un ordine. Bulma valuta attentamente le proprie successive parole «Non ne sono sicura ma… dai sintomi che avete descritto… Kakaroth potrebbe essere in coma.»

«Ma che cosa vuoi capirne tu?!» ancora la voce sprezzante di Radish, i suoi occhi lanciano pericolosi lampi d’ammonimento.
La giovane, per tutta risposta, socchiude le palpebre armandosi di una crudele ironia «Hai ragione, non sono un medico io... visto che i vostri sono tanto bravi, fatevelo dire da loro che cos’ha il vostro Kakaroth!»
«Loro ne sanno quanto noi. È vivo, ma non riesce a svegliarsi.» interviene Nappa, per poi sbuffare pesantemente, passandosi una mano sul collo «Sai se esiste una cura?» aggiunge.

Bulma scuote il capo in segno di diniego, le ciocche turchesi fluttuano intorno al suo viso dall’incarnato pallido «No, non c’è una cura. Solo alcuni riescono a riprendersi ma sinceramente… nessuno ha ancora capito né come né perché. Ci sono troppi fattori in gioco… uno dei più determinanti è la “causa” stessa del coma, ciò che ha provocato il danno celebrale.» riflette per poi esporre la propria tesi «Escludendo l’ictus, che è una patologia rara in soggetti così giovani, e data la gravità dell’incidente in cui è stato coinvolto Kakaroth… il coma potrebbe essere stato causato da un trauma cranico o da un’anossia. Solo degli esami specifici potrebbero stabilirlo con certezza.»

«Anossia…?» mugugna Nappa. Sembra quasi che la terrestre faccia apposta ad usare termini tanto difficili…

Bulma sospira, spiegandosi «L’anossia è una condizione patologica scatenata alla mancanza di ossigeno: può essere provocata da un arresto cardiaco, da un’emorragia o, più genericamente, da delle difficoltà respiratorie.»
Vegeta è scuro in volto.

Ovviamente non è al corrente dei risultati degli esami a cui è stato sottoposto Kakaroth ma, rivivendo i ricordi di quel giorno terribile su Gletser, Vegeta realizza di non poter escludere nessuna delle due ipotesi «Per quel che ne so, Kakaroth ha battuto la testa e questo potrebbe aver provocato il trauma… però c’è stato anche un momento in cui lo scudo gravitazionale della nave è scomparso ed a quel punto siamo stati schiacciati dalla pressione planetaria… respirare era praticamente impossibile… e lui era già privo di sensi per via della criostasi. Tra le due qual è l’ipotesi peggiore?» chiede atono il principe, puntellando i gomiti sulle ginocchia.

Bulma sembra a disagio sotto il suo sguardo e deglutisce «Senz’altro l’anossia, perché l’assenza di ossigeno può provocare il danneggiamento e la morte di una buona parte delle cellule celebrali. In questo caso, anche se dovesse risvegliarsi, Kakaroth non tornerebbe più ad essere quello di un tempo.»

Nappa impreca, Radish contrae la mascella per poi sbottare malamente con un «Dicci subito tutto quello che sai!»

Qualsiasi cosa! Per quanto ciò sia contrario all’etica sayan, Radish è sopraffatto dai propri sentimenti, colpito da un sentimento mai provato prima: un’insostenibile senso d’impotenza. È disposto a tutto pur di salvare suo fratello, ma non sa cosa fare e la sua rabbia è tangibile.
Bulma lo scruta in volto e comprende finalmente il suo atteggiamento aggressivo… dopotutto Kakaroth è suo fratello e… sta morendo. Questo è il modo del sayan affrontare una situazione difficile, anche se ciò non giustifica i maltrattamenti verso di lei…

Le fini sopracciglia hanno un fremito; è trascorso molto tempo, ha lasciato la Terra che era solo una ragazzina e, sinceramente, non è che si sia mai occupata personalmente di “casi comatosi”, pur avendone sentito parlare.

«Non so molto di più di quello che vi ho già detto. Si può solo sperare che niente abbia leso irreversibilmente il cervello… e, se ha subito un trauma cranico, che venga curato nel modo migliore. Ci vuole del tempo, bisogna ristabilizzare le sue condizioni fisiche, mantenerlo nutrito e ben idratato. È anche consigliabile affidarlo alle cure di un buon fisioterapista…» vista l’aria perplessa dipinta sul volto dei presenti continua, spiegandosi diversamente «…bisogna far massaggiare gli arti perché non si atrofizzino e cambiare frequente posizione al corpo per evitare la formazione di piaghe.»

Radish schiocca la lingua risentito. Chiaramente tutte queste informazioni non lo interessano, sono inutili, non risolvono il problema «Tutto qui?!» sbotta, irosamente.

«Come ti ho già detto: potete solo aspettare. Aspettare che il suo corpo guarisca… nei casi meno gravi la ripresa delle corrette funzioni neurologiche avviene nel giro di un mese, e a quel punto dovrebbe dare i primi segni di risveglio… ma nei casi peggiori il coma degenera in uno stato “vegetativo” irreversibile in cui il paziente non è più lui, solo un involucro destinato a vivere attaccato a delle macchine. In questi casi spesso si ricorre all’eutanasia, decidendo di staccare semplicemente la spina e lasciarli andare…» termina con un senso di gelida soddisfazione.

Parla troppo Bulma, è un suo difetto. Il suo caratterino poi, non aiuta!
Solo che a questo punto ha esagerato, non sa neanche perché l’ha detto, forse semplicemente per ferirlo… ma quella sull’eutanasia è stata un’uscita infelice e, soprattutto, incauta.

Ci vogliono alcuni istanti perché la comprensione si faccia strada nelle menti dei sayan; poi Radish spalanca gli occhi, il corpo statuario viene scosso da un fremito, mentre il viso diviene una maschera di feroce istinto omicida.

«COME - OSI?!» ruggisce, ferale. Suggerire una pratica del genere è inconcepibile, offensiva. Una morte senza onore, inferta al corpo inerme di un fratello addormentato ma pur sempre vivo, sarebbe un atto empio e disonorevole.

Bulma pianta le mani sui fianchi, impettita. A questo punto ne ha davvero abbastanza «Stammi a sentire, non è urlandomi addosso che risolverete i vostri problemi… vi ho detto tutto quello che so dei “metodi scientifici”…!»

«SEI INUTILE!» la interrompe l’altro, provocandola e scattando in piedi, forse per attaccarla di nuovo.
A questo punto Bulma sembra seriamente intenzionata a lanciargli addosso un qualsiasi oggetto contundente a portata di mano: la chiave inglese andrà benissimo!

Di solito i battibecchi fra i due sono motivo di divertimento per gli astanti – specie perché è quasi sempre la ragazza a spuntarla avendo spesso l’ultima parola con qualche risposta particolarmente mordace - ma non oggi: questa volta è tutto diverso. Nessuno ha voglia di ridere.

«Finitela!» intima Nappa lapidario. L’altro maschio, in tutta risposta impreca con un sonoro «Fanculo!» e li molla lì, prima di cedere all’impulso di mettere seriamente le mani addosso a qualcuno.

La terrestre avvampando di sdegno e si rimette stizzita al lavoro, dandogli definitivamente le spalle.

Vegeta inarca un sopracciglio per il comportamento irrispettoso del terza classe, ma non dice nulla. Nonostante il grave quadro dipinto dalla terrestre devono mantenere la calma. Persino l’irascibile Nappa ha iniziato a sorvolare su certi atteggiamenti aggressivi di Radish che, nell’ultimo periodo, è fuori di sé.

«Ok, la scienza non può aiutarci. E degli altri metodi… dei metodi “non scientifici” che ci dici, invece?» le domanda ancora il colosso.

L’altra fa spallucce, chi gliel’ha fatto fare di intromettersi? «Alcuni pensano che spesso gli individui in coma siano in grado di ascoltare se i loro cari gli parlano. Credono che questo possa aiutarli a reagire alle terapie ed a risvegliarsi.»

«Che fesseria!» è il lapidario commento di Nappa che subito leva gli occhi al cielo pentito di aver perso tempo a chiedere. Ora possono davvero rassegnarsi: Kakaroth non tornerà mai più.

«Già! Chissà perché sapevo che lo avresti detto…» sorride la scienziata, fredda e ironica, e ruotando il capo a fissare Vegeta da sopra una spalla, ne incrocia con i suoi occhi azzurri lo sguardo, quasi sfidandolo a contraddirla.

Il principe l’osserva di rimando, forse questo sarebbe il momento giusto per farle abbassare la cresta… questa femmina è davvero insopportabile! Però il principe non reagisce. Neanche la prospettiva di un po’ di “sana violenza” riesce a distoglierlo dalle sue elucubrazioni. «E cosa dovremmo mai dirgli?» le chiede infatti, inaspettatamente.

Lei dischiude le labbra, interdetta. Non è ovvio? Santa pazienza… pensa, per poi sbuffare sonoramente «È il vostro compare, non il mio! Parlategli come avete sempre fatto… raccontategli la vostra giornata… qualche pettegolezzo… ditegli che vi manca, insomma, che ne so?! Qualsiasi cosa, diamine!» risponde Bulma, esasperata dal loro essere così “ottusi ed insensibili”.
Terrestri e sayan viaggiano davvero su piani differenti.

Vegeta aggrotta le sopracciglia, poco convinto. Sembra sul punto di ribattere qualcosa di sprezzante, ma poi distoglie definitivamente lo sguardo. Ha sprecato fin troppo tempo con lei.
«Torna al lavoro!» le ordina soltanto. La mente del guerriero è già oltre.

Nappa è contrario a lasciare il suo fianco per restare a sorvegliare l’umana, ma Vegeta non gli lascia scelta. Qualcuno deve pur farlo e Beren, oggi, gli serve all’Arena per allenarsi; in quanto a Radish… che si prenda pure il resto della giornata per sbollire, poi faranno i conti.

Sta per andarsene quando si blocca di colpo.

Dimenticavo… pensa, maledicendosi perché ormai ha serie difficoltà a restare concentrato. Raggiunge il tavolo da lavoro della scienziata e tira fuori dall’armatura una piccola scheda elettronica. «Voglio che tu la analizzi per me.» dice «Si tratta della memoria del computer di bordo. Vedi di capire cos’è successo!»

Bulma impallidisce, sa esattamente di cosa si tratta… non c’è bisogno di spiegazioni. Deglutisce nervosamente annuendo con un piccolo cenno del capo e tornando a toccarsi il polso ora adorno di lividi violacei.

Che strano. Vegeta l’osserva, imperturbabile, e c’è qualcosa che di colpo gli sfugge nello sguardo limpido di lei. Un che di inafferrabile…

«Non inizia a stufarti?» gli chiede Nappa, accompagnandolo alla porta.

Il principe non risponde e si incammina verso l’Arena.

::

È notte.

A dispetto di qualsiasi logica, Vegeta raggiunge l’infermeria. Un cenno al medico di guardia che gli dà libero accesso al dormitorio: data la tarda ora tutte le luci sono spente, ad eccezione di quelle a risparmio energetico, che illuminano fiocamente di riflessi violacei i profili della realtà. Tanto basta ai suoi sensibili occhi sayan. Non si pone domande, non deve: se lo facesse non potrebbe restare oltre.

«Kakaroth.» dice solo a mo’ di saluto, avvicinandosi al suo letto.

E resta lì, dritto come un fuso, alternando il peso da una gamba all’altra. Sta compiendo uno sforzo titanico, più e più volte schiude le labbra per parlare, scuotendo poi il capo stizzito: non trova il giusto incipit… incrocia le braccia in petto, scioglie la coda che si agita nervosamente alle sue spalle, misura la camera in tutta la sua lunghezza.

Torna al letto del giovane sayan, osserva la flebo attaccata al suo braccio, le lenzuola intatte. Distoglie lo sguardo, perché non sopporta quella vista penosa, il modo in cui il guerriero si sta consumando giorno dopo giorno.

«Oggi mi sono allenato con Beren… la stronza mi ha quasi cavato un occhio…» inizia atono, per poi ringhiare «…che cazzo sto facendo?!»

E se ne va, dandosi dell’imbecille, per poi passare il resto della notte a sterminare decine e decine di saibaim(5), nell’unico modo che conosce per scaricare i nervi, preda di una rabbiosa frustrazione che poco si addice al freddo principe dei sayan.

-

Per quanto inutile e irrazionale, la notte successiva Vegeta è ancora lì, al suo capezzale.

La coda del principe si arriccia in spirali convulse, si passa nervosamente una mano negli indomiti capelli e, con un sospiro, trascina una sedia accanto al letto.

«Kakaroth, sei un fottuto bastardo!» è sempre facile scaricare la colpa sugli altri. La morsa allo stomaco sembra attenuarsi, di colpo, mentre continua «Ti detesto, sei solo un terza classe indisciplinato e non vali niente come sayan!»

Quante volte glielo avrà ripetuto negli anni? Per provocarlo o semplicemente… per spronarlo a fare meglio, perché Vegeta è stato cresciuto così e non conosce davvero altri modi per esprimere quello che prova.

Ora, con gli occhi della mente, vede Kakaroth che s’incupisce a quell’accusa, sfidandolo a continuare, come ha sempre fatto in passato… poi il ricordo cambia, prendendo i contorni della notte prima della partenza per la missione. Vede Kakaroth, lui ha uno sguardo determinato che lo riempie di orgoglio. “Non ti deluderò” questa era stata la promessa del terza classe e Vegeta sente di colpo la rabbia scemare, lasciandogli dentro una landa di cupa desolazione.

«Non vali niente… ma mi è rimasto ben poco al mondo… e tu ne fai parte. Non puoi crepare, non ancora… morirai quando sarò io a dirtelo, mi hai capito terza classe?!»

E per un istante immagina, ma è così reale, che le palpebre di Kakaroth abbiano un fremito in risposta…

-

La terza notte Vegeta “ha di meglio da fare”.

Se lo ripete più volte, affondando i denti nella morbida carne profumata di una femmina aliena. Una schiava che per alcune ore lo terrà al caldo, infiammandogli i sensi.

Non conosce neanche il suo nome, ma non importa, è sempre così. Queste sono creature inferiori, semplici oggetti da piegare al proprio volere. Non che sia mai violento, questo no… le vuole consenzienti, a differenza di molti altri guerrieri sulla nave, ma si preoccupa solo del proprio piacere.

Sesso, semplice sesso liberatorio. Ne ha bisogno. Nessun coinvolgimento, solo piacere, perché non potrà mai volere di più da un essere di razza inferiore.

La pelle color rubino della giovane umanoide scivola come seta nelle sue mani. Mani forti e ruvide, forgiate nel fuoco e nel sangue, e che riescono a strapparle gemiti sommessi, mentre lei china il capo pudica, celando il volto dietro la nivea cortina dei capelli.

Quando l’aveva scorta servire alla mensa era stata proprio l’aura di timidezza e candore emanata dalla giovane lasairiana(6) ad attirare lo sguardo del principe. Perché Vegeta, nonostante tutti gli orrori subiti, anela ancora disperatamente alla bellezza.

L’aveva trovata attraente, desiderabile… l’aveva preferita sopra ogni altra… eppure ora, anche se affonda nel suo corpo caldo e avvolgente nella danza più antica del mondo, fatica a sopportarne la vista. Sta godendo, ma è proprio in questi momenti di abbandono, in cui esistono solo le percezioni del corpo, che la mente fluttua libera fuori da ogni controllo. E il principe, davvero, non vuole sapere fin dove possano spingersi certi pensieri…

Con un ringhio sommesso si stacca dalla giovane, la gira carponi, e la prende così, montandola da dietro. Cerca i suoi seni, piccoli e impertinenti, e inspira l’aria che è pregna dell’odore muliebre. È buono, profumo di pulito, di eccitazione, ma l’istinto non si lascia ingannare: è una fragranza che parla di lei, di un pianeta lontano, di un mondo che non appartiene a Vegeta.

Il principe non sa neanche cosa voglia dire stringere una femmina della propria razza e, per quanto si illuda che non importi, il pensiero alle volte è avvilente, è desolante…

Poi si dice che è meglio così, nessuna distrazione: ha molto altro a cui pensare e una vendetta da portare a termine.

Sesso, solo sesso.

E alle volte Vegeta è un po’ “un codardo”, perché per non affrontare i problemi finge semplicemente che non esistano, che non siano importanti.

Così continua a rotolarsi fra le lenzuola, vinto dal caldo umidore di una femmina sconosciuta di cui non gli importa, preda degli istinti più bassi. Tutto per mancare all’appuntamento perché ha già deciso che è tutto inutile, che “ha di meglio da fare, lui” che star dietro ad un malato terminale.

Kakaroth è solo un terza classe… non merita tanto impegno da parte sua: ha già fatto abbastanza. Ha già fatto fin troppo.

-

Un altro giorno, un’altra notte…

Questa volta non c’è niente di male ad essere in infermeria, giusto? È nel suo pieno diritto di paziente, date le ferite fresche che adornano il suo corpo virile. Oggi ha esagerato con gli allenamenti: una notte in osservazione non gliela toglie nessuno…

Dovrebbe dormire, dovrebbe riposarsi, eppure non riesce a prender sonno e si ritrova come sempre al fianco di quel letto maledetto.

Non dice niente questa notte: è il suo turno di ascoltare… il respiro di Kakaroth, il battito del suo cuore… se si concentra sente persino il sangue scorrere pigramente nelle sue vene. Scorge il suo profilo rilassato fra le ombre, ormai saprebbe tratteggiarlo a memoria nella propria mente, ma è sempre così: addormentato e distante.

Ricordare il suo sorriso o la luce di sfida che brillava nei suoi occhi, invece, è quasi impossibile.

È tutto sbagliato, non c’è giustizia per loro! Di colpo ricorda una Bulma ragazzina che, fra le lacrime, ancora una volta lo accusa… ed è la voce della Verità a parlare attraverso la sua infantile innocenza. La terrestre ha sempre avuto ragione: i sayan sono solo dei mostri e non meritano niente…!

La Giustizia c’è, basta cercarla dalla corretta prospettiva, e ora Vegeta vede tutto con chiarezza: questa vita infame è solo la punizione per le loro malefatte, non meritano di meglio i crudeli sayan, devono soffrire... eppure, se gli Dei li hanno creati in questo modo, non possono essere completamente cattivi e sbagliati, no?
Deve esserci un loro posto nell’equilibrio delle cose…

Gli scoppia la testa, uno sguardo alle proprie spalle: il medico di guardia si è appisolato da un pezzo.

Vegeta avvicina la sedia al letto dell’altro sayan, sta per toccargli una spalla, vorrebbe scuoterlo… vorrebbe riuscire a svegliarlo… vorrebbe… vorrebbe tante cose, ma è nato sotto una stella sfortunata ed ormai è abituato a non avere ciò che desidera.

Così incrocia le braccia sul materasso accanto all’altro e si accontenta di quel poco che ha, come il tenue respiro di Kakaroth…

-

Ancora notte… quante ne sono trascorse? Ha perso il conto.

Questa è la peggiore di tutte perché, in fine, ha ceduto… ha finito con il rendersi ridicolo… con il mostrarsi debole…

Poco prima, dopo aver visto le palpebre di Kakaroth fremere ancora al suono della sua voce, si era fiondato a recuperare la terrestre trascinandola in infermeria nel cuore della notte perché vedesse anche lei… perché gli desse delle risposte, perché gli desse la certezza che Kakaroth lo aveva udito! Ma non sono le parole che sperava di sentire quelle che rompono la quiete dell’infermeria: Bulma è scettica, lo riporta con i piedi per terra, soffoca le sue aspettative perché, quello che ha visto, “può voler dire tutto e può voler dire niente… Magari si è trattato solo di un riflesso nervoso, difficile stabilirlo con certezza…”

Vegeta resta lì a lungo, in contemplazione di Kakaroth, sprofondando nell’apatia. Bulma non si muove dal suo angolino, alterna a dir poco basita lo sguardo dalla stoica figura del guerriero al miserevole paziente in coma: non riesce a credere che fra tutti, proprio il principe, abbia seguito i suoi consigli…!

Vegeta pensa la stessa cosa mentre resta chiuso in un lugubre silenzio ostinato: Perché?! Come ha potuto fidarsi delle sciocche tesi sanatorie di una ragazzina?!

E di colpo viene colpito dall’idiozia di tutta la faccenda dello “stare a vegliare sul sonno di un sayan di infimo livello in compagnia di una schiava terrestre” e torna in sé, prendendo una decisione. Così, con un brusco imperioso gesto del capo, fa cenno alla scienziata di seguirlo e la scorta sino alla porta della sua camera, perché possa tornare a dormire, perché la smetta di osservarlo con quei suoi occhi limpidi… prima che lei possa capire, prima che la giovane possa vedere tutto attraverso di lui…

«Io…» inizia Bulma levando una mano per sfiorargli la spalla, ma si blocca a mezz’aria e la ritrae. Non sa come potrebbe reagire il principe… ma, quando gli parla, nella voce della giovane c’è una nota di inusuale dolcezza «Mi dispiace per…»

Questo è uno schiaffo al suo orgoglio.

La subdola femmina ha già capito tutto e così… è davvero troppo! Lui ha toccato il fondo!

Non la lascia finire, si volge di scatto furente, rivoltandosi come una fiera feroce, gelandola. L’ultima cosa che è disposto ad accettare in questo momento è la sua commiserazione!
Così l’afferra rudemente per un braccio e ringhia ad una spanna dal suo viso la chiara minaccia «Se lo dici a qualcuno ti ammazzo

Nessuno deve sapere, nessuno!

Bulma annuisce freneticamente, spaventata a morte, e il guerriero la molla lì, come se niente fosse.

Nessuno deve sapere, nessuno!

Si è già umiliato a sufficienza! Ora Vegeta ha raggiunto un nuovo livello di consapevolezza e realizza che continuare così è davvero impossibile: è una tortura, sta perdendo il senno.

Basta, non può restare, deve allontanarsi… deve partire… Kakaroth non si sveglierà più. Deve farsene una ragione. Deve estirpare ad ogni costo quel nome dalla propria mente, liberandosi da questo insostenibile senso di vulnerabilità.

Non può… non deve esistere alcun bisogno al di fuori di se stesso, perché Vegeta in sé ha tutto ciò di cui ha bisogno: era e resterà per sempre da solo nel sanguinoso cammino deciso per lui dal Fato. Deve essere così, non può essere altrimenti!

Basta, non può restare. Deve partire, partire…

::

Non può restare, deve partire…

Questa è la nuova determinazione che lo spinge ad accettare tutte le missioni, persino quelle facoltative o di infimo livello… così da lasciarsi la realtà, la Nave-Madre alle spalle, per fuggire anche a se stesso.
I giorni scorrono tutti uguali, Vegeta è un automa, una perfetta macchina da guerra al servizio di Freezer.

Tre lunghi mesi passano, lontani da tutto e da tutti, in un battito di ciglia. Sta un po’ meglio, è riuscito a dimenticare... forse. Il fastidioso pensiero vive ancora, come un insidioso parassita annidato nelle profondità della sua mente, ma lui ora può controllarlo.

È cambiato. È, se possibile, ancora più taciturno e feroce del solito. Infierisce sadicamente sui nemici, con un rinnovato furore che Nappa, che lo ha seguito, non riesce a comprendere. Non lo vedeva ridotto così dalla morte del Re…

Tre lunghi mesi e viene il momento di rientrare perché, per quanto cerchino di convincersi del contrario… i sayan non sono realmente liberi di vivere la propria esistenza. Il loro posto è al fianco di Freezer: il tiranno si è insospettito per quell’assenza prolungata, vuole tenerli d’occhio.

La Nave-Madre li accoglie, gelida prigione di impareggiabile tecnologia aliena. Una volta a bordo Vegeta e Nappa sbrigano tutte le formalità, fornendo rapporto sull’esito delle missioni portate a termine. Freezer non ha tempo di riceverli di persona… tanto meglio.

Lo scouter di Vegeta lancia un segnale discreto, il sayan accetta la chiamata in entrata. I compagni sapevano del loro ritorno a bordo.

«Vegeta!» sente l’inconfondibile rauca voce di Beren e, dal tono, sua zia pare insolitamente allegra «Raggiungeteci… vi stiamo aspettando! Dobbiamo festeggiare...!»

«Festeggiare…?» ripete il nipote, con malcelato disinteresse, pronto a liquidarla con una scusa qualsiasi. Solo che poi la femmina aziona la telecamera dello scouter, Nappa e il principe hanno una visione della tavolata di sayan intenta in bagordi, e Vegeta sente il mondo sgretolarsi intorno a lui. Entrambi i maschi spalancano gli occhi, Beren sta ridendo certa di averli colpiti «Visto chi si è unito a noi?!»

Kakaroth è sveglio. Kakaroth sta bene. Kakaroth siede accanto al fratello e Radish gli tiene goliardicamente un braccio intorno alle spalle, con un’espressione di trionfo. Da quanto Radish non sorrideva così? «È Vegeta?!» chiede il sayan dai capelli lunghi, levando il boccale in direzione dello scouter di Beren, che ride ancora e annuisce.

«Principe! Nappa! Datevi una mossa! Mancate solo voi!» riconosce la voce sfrontata di Turles, evidentemente è rientrato anche lui alla base: tutti i sayan sono finalmente riuniti.

Nappa dice qualcosa, contagiato dal buon umore generale, ma Vegeta non può udirlo.
È perso in contemplazione del prodigio: il volto di Kakaroth. Gli occhi di Kakaroth sono lì… grandi, espressivi, inconfondibili. Lo fissano dallo schermo con una tale intensità… come se potessero realmente vederlo di rimando, oscuri oceani di consapevolezza. Nascondono un qualcosa di nuovo e sconosciuto, sembrano in grado di leggergli dentro – di scavare nella mente del Principe - e forse, se Vegeta non fosse tanto certo della propria superiorità… ne sarebbe quasi intimidito.

Di colpo esistono solo loro, il tempo si è fermato, riprende a scorrere solo quando l’ombra di un tenue sorriso compare sul volto serio e concentrato di Kakaroth. Vegeta di colpo ha la pelle d’oca, serra le palpebre per alcuni istanti, per cancellare la visione; quell’espressione sul viso di Kakaroth non esiste, è tutto nella sua testa…! Apre gli occhi, tornando alla realtà, al vociare allegro e concitato dei compagni sayan. Kakaroth solleva il mento, in un cenno di saluto allo scouter di Beren… proprio come la mattina della partenza, l’ultimo ricordo di lui prima dell’incidente... ma è un volto diverso, più adulto.

Vegeta non dice niente, sospende la comunicazione, gelato sul posto. Non si era reso conto di star trattenendo il respiro. Si allontana, Nappa si affretta al suo fianco, ma lui lo congeda malamente… sa che il colosso muore dalla voglia di raggiungere gli altri, di festeggiare, di allentare la tensione delle ultime settimane. Non può biasimarlo. Nappa è però titubante a lasciarlo, cerca di convincerlo ad andare con lui. Vegeta lo respinge senza possibilità di repliche e l’altro deve piegarsi al suo volere.

Il principe spegne lo scouter, non vuole essere disturbato. Non li raggiungerà, non ne ha alcuna intenzione. Invece potrebbe recarsi nei dormitori degli schiavi e cercare, ancora una volta, la compagnia della graziosa aliena dai capelli bianchi… ma il pensiero non lo attizza come vorrebbe e, semplicemente, finisce con il chiudersi in camera, cercando sollievo negli unici compagni in grado di confortarlo: Silenzio e Solitudine.

Alcune ore dopo Vegeta percepisce dei movimenti fuori dalla propria porta, seguiti da un allegro vociare. Bussano ripetutamente, sono venuti a prenderlo nel tentativo di coinvolgerlo, ma lui li ignora.
Non hanno il coraggio di entrare senza permesso i suoi compagni sayan o forse pensano che non ci sia… la festa continua altrove. Sono troppo poche le sincere soddisfazioni che ottengono, in quella loro ingrata esistenza, per non gioirne a pieno quando capitano; Vegeta non può biasimarli per questo e i compagni non possono comprendere il suo stato d’animo perché, a dire il vero, neanche lui riesce a leggere con chiarezza in se stesso.

Strano come dopo una lunga attesa, quando ormai aveva perso le speranze, il principe non riesca a godere del momento. Ora si rende conto di non desiderare il confronto con Kakaroth. Non può sostenerlo perché sarebbe semplicemente… troppo.

Kakaroth è guarito. Kakaroth è tornato.

Meglio per tutti e, soprattutto, meglio per Radish: adesso smetterà finalmente di tormentarli!

È solo un evento di secondaria importanza… dice a sé stesso il principe, come se potesse crederci davvero.

E continua a ripeterselo, come in un mantra, scivolando nel classico torpore che precede il sonno. Si desta quando qualcuno bussa ancora alla porta, in maniera discreta questa volta… facendogli spalancare gli occhi di colpo.

Sospira, sa di chi si tratta ancora prima di udire la voce di Kakaroth chiamarlo: «Vegeta…» non gli chiede se c’è, non lo prega di farlo entrare… vuole solo fargli sapere che è lì, per lui.

«Vegeta…» Chiama ancora il suo nome, con quella cadenza tipica e particolare, un accento “diverso”, “straniero”: nato dalla mescolanza dell’idioma sayan con il linguaggio terrestre appreso in giovane età e che Kakaroth non è mai riuscito a cancellare completamente.

Che seccatura…

Il principe si gira sul fianco, verso la parete, dandogli simbolicamente le spalle. Sopprime l’istinto improvviso ed impellente di rispondergli, perchè sarebbe da deboli… vorrebbe dire ammettere di averlo aspettato, che gliene importi qualcosa. Già troppi dubbi si affollano nella sua mente.

«Vegeta…» si sente chiamare per la terza ed ultima volta, un suono basso e vibrante, che riverbera sotto la pelle del sayan consumandosi nel silenzio.

Il principe stringe i denti e le palpebre con ostinazione, deciso a non reagire in alcun modo. Scivola in una meditazione forzata e tanto profonda da ignorare persino i passi di Kakaroth quando si allontana, finchè non viene finalmente vinto dalla stanchezza, addormentandosi.

Peccato che gli occhi di Kakaroth siano lì, pronti a tormentarlo anche nei suoi sogni.

::

I giorni passano, Vegeta sembra lo stesso di sempre, ma si tiene accuratamente alla larga dal più giovane dei sayan.

Non è che in passato loro due avessero mai intrattenuto grandi rapporti: da sempre Vegeta aveva tenuto le distanze rimarcando costantemente l’invalicabile confine di classe e, soprattutto, di livello combattivo tra loro…

Dal canto suo Kakaroth aveva sempre fatto di testa propria, restandogli costantemente tra i piedi, sin da quando era solo un cucciolo. La ricerca della forza è la costante della vita di ogni sayan; e per questo, Kakaroth, non poteva che ammirare e desiderare di emulare il proprio principe.

Perciò la fastidiosa presenza di Kakaroth, negli anni, aveva finito con il diventare una sorta di “costante” nella vita di Vegeta: quella dedizione incondizionata e genuina era stata un balsamo per l’ego del principe.

Solo che adesso qualcosa sta cambiando, in maniera impercettibile, ma costante.

Vegeta è consapevole del cambiamento, non può più ignorarlo: è un disagio crescente e immotivato. Un’eco fastidioso di parole non dette, un incoerente bisogno di cercare Kakaroth a propria volta con lo sguardo… Kakaroth non è più il cucciolo che conosceva: sta crescendo. E il suo corpo di adolescente che, con prepotente esuberanza, si affaccia all’età adulta, è percepito come una sottile, fastidiosa minaccia.

Ora Vegeta avverte la sua vicinanza come un’invasione dei propri spazi, già del tutto fuori luogo fra due adulti, inammissibile tra un principe ed il suo subordinato. Ogni cosa di Kakaroth sembra turbarlo e Vegeta lo evita e neanche in modo troppo discreto. Quando il terza classe lo raggiunge, da solo o in compagnia di altri, lui se ne va, senza una spiegazione.

Tanto è inutile perché, anche se si sforza di non pensarci, il resto del mondo sembra che muoia dalla voglia di parlargli di lui… non gli interessa, ma viene a sapere che Kakaroth si è svegliato pochi giorni dopo la partenza sua e di Nappa. Viene anche a sapere della personale battaglia di Kakaroth per tornare ad essere lo stesso di sempre: recuperare l’uso delle braccia, ricominciare a parlare, riprendere a camminare e imparare ancora a compiere i gesti più semplici…

«Sai…» inizia a dire Beren in tono casuale un pomeriggio «…che le sue prime parole sono state “Dov’è il principe”?»

Vegeta la detesta: perché la dannata femmina non riesce a stare zitta neanche quando si sfonda di addominali?!

«Ha fatto di tutto per rimettersi prima del tuo rientro, avresti dovuto vedere in che stato era ridotto…» termina la sayan, come se niente fosse.

E Vegeta avrebbe preferito non saperlo.

Ricerca la solitudine, allenandosi agli orari più assurdi, invertendo il ciclo della veglia e del sonno… eppure il più giovane sembra sapere sempre esattamente dove egli si trovi, anche senza bisogno dello scouter. Gli altri non capiscono o, se notano qualcosa, non fanno domande. D'altronde, il principe non è più lo stesso già dal ritorno da Gletser, quindi ora… non notano alcuna differenza.

Cinque giorni, questa è la sesta notte e Vegeta sta meditando in pace, sugli spalti deserti dell’Arena d’Allenamento. I suoi sensi all’erta lo mettono in allarme all’arrivo dell’altro sayan, percepisce ogni cosa anche ad occhi chiusi… la sua presenza, il suo odore inconfondibile, il rumore ovattato dei suoi passi sulla sabbia dell’Arena... quella di stare scalzo è un’abitudine che Kakaroth si porta dietro da quando era solo un cucciolo. L’ennesima delle sue tante stranezze…

Il principe apre gli occhi e osserva le sue impronte, ma non dice niente: ha smesso da tempo di riprenderlo per quella sua stravaganza… è parte del suo essere e va bene così. Basta domande, è tutto troppo complicato.

Il più giovane lo sta fissando, gli occhi scuri spiccano come schegge d’ossidiana sul volto pallido e scavato. Sfuggire alla profondità di quello sguardo è impossibile. «Non ti ho ancora ringraziato per avermi salvato…»

«No, non l’hai fatto.» Replica il principe asciutto. Davvero sperava di poter stare un po’ in pace per conto proprio?

«Forse, se tu non mi avessi continuamente evitato…» suggerisce il più giovane; e c’è una nota volutamente giocosa nella sua voce, una provocazione che vuole essere colta.

«Rimpiango già di non averti lasciato crepare.» replica Vegeta, storcendo le labbra.

Alcuni istanti di silenzio poi «No, non è vero.» risponde semplicemente Kakaroth, con una tale sicurezza da mandargli il sangue alla testa.

No, non è vero. Pensa a propria volta Vegeta e, di colpo, vorrebbe ucciderlo ora, adesso, con le proprie stesse mani. «Finiscila di seccarmi!» ordina invece e, con un balzo felino, scende in campo, iniziando a riscaldarsi con una serie di torsioni del busto. Finalmente, Kakaroth tace, ma i suoi occhi sono sempre lì, insopportabili.

«Ti sentivo… cioè… non ti sentivo davvero, ma… sapevo che c’eri. Che eri con me…» sono parole appena sussurrate, quasi il più giovane stesse riflettendo da solo, eppure squarciano il silenzio come un boato. Vegeta s’irrigidisce, colto da un’improvvisa morsa allo stomaco, alza di scatto il capo e lo fissa incredulo, senza dire niente.

Vorrebbe negare con tutto se stesso… vorrebbe dirgli che è un idiota a credere una cosa del genere… ma si sofferma un istante di troppo sugli occhi di Kakaroth, che lo sfidano a mentire… e dopo non c’è davvero niente da dire. Vegeta, semplicemente, ne ha abbastanza e lascia cadere ogni maschera, accettando le “condizioni” di quel gioco.
Lo sguardo del principe trafigge l’altro, come oscuro, tormentato riflesso della Verità, ed è il turno del più giovane di abbassare gli occhi a terra per sfuggirgli. È un gioco curioso questo, si ripete uguale come ogni altra volta: Kakaroth sempre sfrontato all’inverosimile poi di colpo, quando Vegeta scende in campo con le stesse armi, batte in ritirata.

È solo un moccioso, dopotutto… Vegeta riesce quasi a crederci; e la tensione un poco si smorza.

«Sono in debito con te, ti devo la vita… io… io mi sdebiterò!»

Un ghigno sornione si apre sulle labbra del principe «Se vuoi davvero sdebitarti… dovresti piantarla di blaterare cose senza senso e metterti sotto con gli allenamenti, terza classe

Kakaroth non se lo fa ripetere due volte: uno scatto fulmineo e, con la baldanza tipica degli adolescenti, si scaglia sull’altro. Dopo il primo istante di sorpresa Vegeta scarta di lato, evitando il pugno che si abbatte al suolo alzando una nube di polvere. «Se volevi farla finita bastava dirlo subito!» sbotta il principe, con una levata di sopracciglio. Non si scomoda neanche a prendere la posizione di guardia.

«Allenati con me!» lo provoca il più giovane, mentre incalza con una serie di pugni, e prendono entrambi il volo, risalendo in una spirale vorticosa. Il terza classe deve ancora ristabilirsi completamente, ma compensa alla forza fisica con l’esuberanza… riesce persino a sfiorargli una tempia con un colpo.

«Non dire idiozie… ti farai male, terza classe!» Per enfatizzare il concetto Vegeta gli rifila, senza alcuna remora, una poderosa ginocchiata che lo lascia boccheggiante a mezz’aria e con più di una costola incrinata.

È fuori questione che proprio lui, il principe dei sayan, possa perdere tempo con un ragazzino del suo livello combattivo. L’unica volta in cui si sono realmente affrontati risale a molti anni prima, in occasione del loro primo incontro, quando Vegeta aveva dovuto sottomettere un selvatico cucciolo sayan cresciuto sulla Terra, per affermare la propria autorità di leader. Inutile dire che aveva impiegato meno di due minuti a ridurlo in fin di vita.
Successivamente non erano mancati, in allenamento, gli scontri multipli: ma in quei casi la lotta si trasformava sempre in un “Vegeta contro tutti” e Kakaroth, pur facendo grandi progressi, restava sempre “il più giovane” ed “il più inesperto” se messo a confronto con gli altri.

«Sei il migliore, non ti chiedo tanto… solo… un po’ del tuo tempo… a volte passi giornate intere a distruggere saibaim… anche loro sono troppo deboli per te, anche quello è tempo sprecato… allenami, puoi farmi del male come ne fai a loro per sentirti meglio… e io potrò imparare dal migliore.» È tornato il Kakaroth sicuro di sé, che crede in quello che dice e che, in un modo o nell’altro, riesce sempre a convincere tutti… persino lui.

Vegeta nasconde la propria sorpresa, stupito che l’altro conosca tanto bene le sue abitudini e che sappia su quali argomenti far leva.

Infine inspira a fondo e non crede quasi alla propria stessa voce quando risponde «Una volta, una sola volta… pivello.»

Kakaroth sorride sfrontato, e l’idea di cancellare definitivamente quel sorriso nel sangue, gli fa correre un feroce brivido d’anticipazione lungo la schiena.

Una volta, una sola vola… ripete a se stesso il principe, suonando sincero; ma Vegeta non è mai stato bravo a mantenere le proprie promesse.


NOTE:
  1. Sala del Comando: è posta al I° livello della Nave-Madre, luogo dove Freezer è solito convocare i suoi uomini e ricevere delegazioni straniere e ospiti facoltosi. Lo splendore e l’opulenza di tale sala si contrappongono volutamente agli orrori della Sala dell’Obbedienza dove verrà torturato Vegeta: la prima è solo la facciata del tiranno, la seconda è il riflesso del suo stesso animo.
  2. Pianeta Gletser: dall’afrikaans, “ghiacciaio”. La parola “gletsyr” (i nativi di Gletser) è un termine inventato.
  3. Criostasi (o “sonno criostatico”): è un artificio letterario, utilizzato in numerosi racconti fantascientifici, ormai entrato in uso comune. Consiste in una forma di “ibernazione”, finalizzata alla conservazione del corpo che, in questo modo, può viaggiare ad anni luce di distanza senza deteriorarsi o invecchiare. In questa fanfiction i personaggi utilizzano due diversi tipi di sonno criostatico: il primo – più blando, indotto da gas soporifero – viene utilizzato in viaggi di breve durata (es. i due giorni dalla Nave-Madre a Gletser); il secondo – l’ibernazione vera e propria dentro a silus criogenici – viene adoperato per le tratte più lunghe e/o per stabilizzare le condizioni mediche di un soggetto a rischio.
  4. Data la necessità narrativa di dover stabilire un’altitudine “sicura” per l’evacuazione di Vegeta dalla nave in avaria, mi sono basata sul record del paracadutista austriaco Felix Baumgartner, che è riuscito a compiere un lancio da 39 Km di altezza dal suolo terrestre, nella stratosfera, raggiungendo per primo in assoluto la velocità del suono (1.193 Km/h) senza trovarsi a bordo di un mezzo o avere una propulsione meccanica. Se un “semplice essere umano” è arrivato a tanto, ho collocato il limite per l’evacuazione di Vegeta a 45 Km (anche se poi lui non lo rispetterà, a proprio rischio e pericolo, per salvare Kakaroth).
  5. Saibaim: da Wikipedia “I Saibaimen sono dei guerrieri-pianta, infatti crescono dal terreno piantando un seme ed innaffiandolo. Sono piccoli di statura, con la pelle verde e gli occhi rossi.” (http://it.wikipedia.org/wiki/Saibaimen)
  6. Lasairiana: termine inventato - specie aliena a cui appartiene la schiava con cui si intrattiene il principe Vegeta. È uno dei miei personaggi originali che forse svilupperò più avanti nell’eventuale proseguo della storia.
  
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