Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Manto    21/04/2017    3 recensioni
❤ Seconda classificata al contest: “Scegli il tuo premio! Contest per edite”, indetto da Setsy sul forum di EFP e vincitrice del premio speciale “Lo Zoo di Vetro” per la migliore storia introspettiva con un personaggio fragile/tormentato.
◆ Violet!Centric.
"“Ritornate a splendere!”, era stato il continuo incitamento di Bravat; e lo avevano seguito così bene da non permettere a nessuno di poter distinguere il sibilo dell’inganno dalla melodia che incitava al ballo.
Non la fama e la notorietà presto conseguita li avevano bendati e legati al giogo della menzogna, bensì – finalmente riusciva a vederlo con chiarezza – la riconoscenza propria di coloro che vengono salvati; e questa era stata così forte da farli cadere nelle mani dell’indovino, per essere mossi a suo piacimento come marionette e pedine, oggetti più o meno preziosi da schierare su una scacchiera di Ombre."
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edgar Redmond, Gregory Violet, Herman Greenhill, Lawrence Bluer
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: Nessun personaggio qui presentato mi appartiene; solo Yana Toboso può vantare un simile onore (sigh). Questa storia è stata scritta senza alcun scopo di lucro.




Quel Fiore, nel Buio




Alla cara Flos Ignis,
che è presente quando splende il Sole,
e ancor di più quando cade la Pioggia.







Bath.




Alla fine era rimasto solo il silenzio.
Nessun grido, nessuna invocazione; tutto, dai corpi immobili alle macchine che avevano tolto loro il sangue e la vita, fino al chiarore che penetrava dalle vetrate, giaceva avvolto nello stesso manto di pace che
tentava di prendersi anche il suo respiro affannoso.
Violet non riusciva a tenere gli occhi aperti per più di qualche istante, il dolore al braccio così dilaniante da dargli l’impressione di avere una lama ardente conficcata nelle carni; ma al contrario delle lacrime che scendevano a bruciargli le guance, i pensieri rimanevano incastrati nella mente, fondendosi con tutte quelle parole che non aveva mai sentito la necessità di pronunciare. Per lui avevano sempre parlato le dita, sapienti nellintrappolare le molteplici forme del Mondo secondo i giochi della sua immaginazione, e quegli occhi che avevano celato più di quanto si potesse immaginare; la gente cercava di avvinghiarlo in lunghi discorsi, ma le loro chiacchiere gli scivolavano sulla pelle con la stessa velocità con cui lui faceva danzare il carboncino, imprimendo sul candore di un ennesimo foglio l’unica realtà che gli interessasse.
Ma lì, in quell
a music hall che nutriva nel ventre Inganno e Orrore – gemella o figlia della splendente Sphere –, il silenzio non era una benedizione o una richiesta, bensì una condanna; e Violet desiderò di poter gridare fino a spezzare i muri e il suo stesso petto, mettendo così fine all’incubo che teneva rinchiuso dentro sé, lontano il più possibile da loro.
Redmond, e la tua spensieratezza...
Greenhill, e il tuo carisma...
Bluer, e la tua determinazione...
Non potevo permettervi di sprofondare nel buio come me. Perdonatemi.

Per-perdona-temi”, cercò ancora una volta di sussurrare, la coscienza che non voleva cedere all’oblio. Silenzio, troppo silenzio: a quell’immobilità, il giovane chiese perché la Morte fosse stata rapida nel ghermire coloro che lo circondavano, ma verso di lui avanzasse così lentamente.
Solamente la voce dei suoi pensieri gli rispose.





Quando i cancelli del Weston College si erano chiusi alle loro spalle, separandoli da quelle mura e dai propri sogni, nessuno dei quattro aveva potuto ignorare quell’ombra, ben più nera della Notte, che avanzava famelica per incontrarli e ghermirli. Non sarebbe stato possibile fuggire da Lei, la Colpa; allora erano rimasti ad attenderla, insieme e allo stesso tempo soli, smarriti su un sentiero privo di ritorno.
Per le tradizioni, le regole e l’onore del Weston avevano ucciso senza alcun tremito nelle mani, protetti dalla reciproca lealtà e da un traviato senso di giustizia; ma nonostante il sangue fosse stato lavato via, era infine tornato a bagnarli, per poi consegnarli alle mani della consapevolezza, un boia ancora più spietato della loro cruda azione. E allora, le menzogne erano crollate una dopo l’altra... così come erano caduti loro.

Il primo era stato Bluer: aveva aperto lui le porte alla disperazione, e il suo pianto straziante, le stille cremisi che colavano dai graffi sul volto erano ancora una visione nitida e bruciante.
Redmond e Greenhill lo avevano seguito quasi subito; e se il primo aveva perso ogni interesse in ciò che accadeva intorno a lui, come se la sua
anima fosse volata via e ciò nonostante il corpo avesse continuato a vivere, il secondo era caduto in uno stato di tale confusione che nessuno avrebbe potuto riconoscervi il grande, fiero leone della Green House.
Quanto a lui... con l
’eco dei singhiozzi e di una triste cantilena a rimbombargli nella mente, aveva afferrato il carboncino e chiuso gli occhi, per poi passare giorni interi chino sullinseparabile blocco.
Non aveva mai guardato quei disegni febbricitanti; le palpebre ostinatamente serrate, una volta compreso di averli ultimati li aveva strappati in mille pezzi, per poi accanirsi su un nuovo foglio.
Qualunque immagine avesse macchiato la purezza della carta, solamente un nome avrebbe potuto accompagnarla: Inferno, scaturito dalle loro stesse mani per tormentarli ancor prima del giudizio finale.
Così rinchiusi nel silenzio, costretti ad addormentarsi e svegliarsi nel terrore di sprofondare ancora, sempre più in basso, perfino i ricordi dei lontani giorni di quiete erano sembrati quasi un
invenzione; e cosa ne sarebbe stato di quei quattro fantasmi quali erano divenuti, se un mattino non diverso dai precedenti la figura di un giovane non avesse portato un lieve chiarore nel buio?
Era benevolo il volto, e così il sorriso; e la sua voce era risuonata fresca tra le mura nere in cui si erano rinchiusi, pulita come l
’aria dopo un fortunale.
A stento, tuttavia, avevano capito le sue parole, e nemmeno un sussurro aveva lasciato le loro bocche; ma lo sconosciuto non ne era rimasto offeso, e sempre sorridendo aveva promesso di ritornare.
E così aveva fatto.
Ora dopo ora, settimana dopo settimana, Bravat – così aveva rivelato di chiamarsi – aveva demolito la loro reticenza con estrema calma; quindi
aveva aperto un varco nel guscio che si erano costruiti per proteggersi, li aveva tirati fuori da esso con le sue sole forze e li aveva aiutati a riemergere dall’abisso, a fronteggiare i demoni. Sembrava conoscere la loro storia, eppure mai un giudizio o un commento era uscito dalla sua bocca.
Ognuno di noi commette degli errori; che siano gravi o lievi, questo è irrilevante. Ciò che vi chiedo è se davvero volete vivere tra le spire del Passato, soffocando nelle vostre crisalidi di dolore... o se siete abbastanza coraggiosi da fissare il Futuro e tentare di ricominciare. Che cosa farete?”
Quando la domanda era stata posta, in un pomeriggio profumato d
estate, i suoi compagni avevano risposto senza esitazione; ma lui aveva atteso un istante. I suoi occhi si erano posati sul viso di Bluer, illuminato dattesa, e poi su quello di Redmond e Greenhill, parimenti colmi di vita; nei loro tratti aveva letto una nuova speranza, l’esigenza di riscattarsi.
La Vita era là fuori, in attesa, e se avessero avuto abbastanza forza e coraggio, forse non avrebbero più dovuto scappare: e aiutandosi a vicenda, avrebbero saputo camminare di nuovo senza paura.

Possiamo di nuovo tornare a essere sereni... fare in modo che nessuno di noi debba soffrire ancora; in verità non lo sappiamo ancora con certezza,
ma dobbiamo provare. Non abbiamo più niente da perdere.

Lo aveva appena pensato, che tutti si erano voltati nella sua direzione.
Violet... non hai ancora parlato. C’è qualcosa che non va?”, aveva chiesto Bravat, dispiaciuto per il suo silenzio.
Lui aveva scosso la testa, e un sorriso sincero gli aveva illuminato il volto pallido. “Voglio camminare verso il Futuro”, aveva sussurrato.
L
’altro aveva sorriso a sua volta, guardando ognuno di loro per un lungo attimo.“Bene... molto, molto bene! Ci sono tante persone che aspettano solo di vedervi risplendere!”, aveva infine esclamato, “e fidatevi di me... lo farete superbamente.”



Non c’era luogo, a Londra, che potesse vantare una così assordante allegria come quello che dimorava negli ambienti della Sphere Music Hall: l’entusiasmo ingioiellava i vestiti e la pelle dei suoi molti frequentatori, era il profumo che intesseva l’aria con un sentore unico, unendo le persone al pari delle danze più sfrenate.
Perfino lui, che non era mai stato noto per amare la grande folla e le feste, non era potuto rimanere completamente immune a quel clima particolare: nobili e popolani che parlavano gli uni con gli altri, giovani e fanciulle che ballavano con vecchie e bambini, senza nessuna distinzione od ostacolo tra questi e quelli, nemmeno il disprezzo o l
’invidia. Dove mai avrebbe potuto avere luogo uno spettacolo simile?
Sorridete”, aveva sussurrato Bravat quando li aveva condotti lì, sorridendo nel vederli così stupiti, “e comportatevi il più naturalmente possibile. E parlate con tutti, mi raccomando!”
Un vortice di colori li aveva avvolti, senza dare loro il tempo di rispondere; tutto era accaduto troppo in fretta per ancorarsi perfettamente nella memoria, ma le risate –
le loro risate – che avevano accompagnato il divenire della notte, quelle non le avrebbero mai dimenticate.
Per la prima volta dopo innumerevole tempo si erano guardati negli occhi, lasciando da parte il timore: perché il secondo errore che avevano compiuto, dopo quel turpe
assassinio, era stato credere di non poter affrontare il rimorso e porre rimedio alle loro azioni, perdonando in primo luogo sé stessi. Non sarebbe stato semplice, né immediato; ma questo non avrebbe dovuto significare una rinuncia completa.
 Eravamo intossicati dalle regole del College, immaturi e ciechi”, aveva esordito Greenhill dopo un lungo istante di grave silenzio, “ma credo che sia ora di smetterla di essere vili, e affrontare la realtà”, e a quelle parole Bluer aveva annuito. “Bravat ci ha offerto un’altra possibilità, e sarebbe vergognoso se non dovessimo coglierla.”
Se la pensiamo così, significa che in parte abbiamo già vinto. E nonostante la tempesta, siamo ancora insieme”, aveva concluso lui. Edmond li aveva stretti tutti in un abbraccio, per poi sorridere. “Senti senti che belle parole ci riserva il nostro artista”, aveva mormorato; si era bloccato per un istante, e infine aveva rivolto a Bluer e Greenhill uno sguardo d’intesa e un sorriso ancora più ampio: “Dato che è sempre un’occasione speciale sentire la sua voce... dite che è così impossibile riuscire a farlo cantare?”
L
’improvviso cambio di argomento aveva scatenato un riso sommesso in entrambi, rilassandoli, e un brivido d’orrore in lui.
Hmm... sicuramente sarebbe più arduo convincerlo a ballare.”
Mettitelo in testa, Bluer... io non ballerò mai e poi ma...”
Che bisogno c’è di convincerlo, se basta trascinarlo?”
Le mani forti di Greenhill lo avevano afferrato ancor prima che potesse fuggire e lo avevano trascinato nella folla; e a nulla erano valse le sue proteste disperate, subito soffocate dal ritmo dei volteggi che l’amico gli aveva fatto subire e dalle sfrenate risate degli altri. In quel momento, con la stessa forza di quelle giravolte, la trama sporca della loro sorte aveva iniziato a essere sanata: lo avevano creduto, sperato, sentito... e in tale convinzione era già stata predisposta la trappola.



Nemmeno la grande intelligenza di Bluer sarebbe mai riuscita a scorgere il veleno nascosto sotto le parole di miele[1] di Bravat, che non aveva fatto altro che allontanarli dalla Verità mano a mano che venivano preparati al loro nuovo compito – intrattenere il pubblico della music hall.
Inizialmente, quando l’indovino aveva esposto i suoi progetti, ogni pensiero era stato occupato da continue domande: perché loro?
Avevano sempre seguito strade e obbiettivi che a stento si conciliavano con lo sfrenato divertimento e lo spettacolo… come avrebbero potuto portare a termine quello che era stato loro chiesto?
In che modo ciò li avrebbe potuti riguardare?

Erano bastati pochi istanti per scoprirlo, la prima volta che erano apparsi sul palcoscenico della
Sphere: la visione dell’espressione piacevolmente colpita della folla, nonché della vibrante euforia che la loro voce aveva presto scatenato in essa, erano state una risposta adeguata ai loro dubbi, forte e tonante come la realizzazione che ne era seguita.
No, non era stato niente di straordinario o impressionante quello che avevano fatto: ma in cambio avevano avuto sorrisi e risate sincere, ed era stato buon umore e serenità ciò che avevano ispirato.
Tutta quella gente, quotidianamente provata dalle prove della vita, da pensieri e malinconie, tra quelle mura e grazie a qualche spettacolo avrebbe potuto liberarsi dagli affanni e dimenticare problemi, rabbie, tristezze, solitudine; e parimenti loro, che avevano creduto di poter portare solo Morte, grazie alla felicità avrebbero ripreso a camminare nella luce.
Ecco perché erano stati scelti: era un’occasione per salvarsi e salvare, per riprendersi e ridare la speranza, un viaggio che non avrebbe privato di nulla ma curato ogni ferita...

Questo avevano creduto.
Ritornate a splendere!”, era stato il continuo incitamento di Bravat; e lo avevano seguito così bene da non permettere a nessuno di poter distinguere il sibilo dell’inganno dalla melodia che incitava al ballo.
Non la fama e la notorietà presto conseguita li avevano bendati e legati al giogo della menzogna, bensì –
finalmente riusciva a vederlo con chiarezza – la riconoscenza propria di coloro che vengono salvati; e questa era stata così forte da farli cadere nelle mani dell’indovino, per essere mossi a suo piacimento come marionette e pedine, oggetti più o meno preziosi da schierare su una scacchiera di Ombre.
Avevano ripreso a sorridere, a non aver paura di condividere alcun pensiero e paura; ma il chiarore in cui si erano crogiolati era un baluginare di zanne pronte a dilaniarli appena la loro
utilità fosse terminata.
E tuttavia... tuttavia, i giochi avevano deciso che uno di loro avrebbe dovuto liberarsi dalla tela di ragno in cui erano stati avvinghiati, così da poter fissare il volto della mostruosità.
Ed e
ra vivido, chiaro tra i suoi ricordi quel pomeriggio apparentemente normale, così come risultava ancora nitida la voce di Bravat che, alla fine dell’ennesima lezione, lo chiamava in disparte dai compagni. “Mi dispiace che debba succedere ora, dopo tutte queste prove”, gli aveva sussurrato l’indovino, “ma c’è qualcuno che vuole vederti. Ti vuole conoscere da tempo... te la senti di esaudire il suo desiderio adesso?”
Lui aveva annuito, senza sapere cosa rispondere
, e sforzandosi di nascondere la stanchezza aveva seguito il giovane fino alle porte stellate, gli accessi che conducevano alla sala dove avvenivano gli eventi speciali. Le avevano superate, ma con sua sorpresa Bravat non si era fermato; bensì aveva raggiunto una seconda porta, situata al lato opposto dell’ambiente, e l’aveva aperta solo dopo essersi accertato che lui lo stesse seguendo.
Il lungo corridoio che era apparso ai loro occhi spariva completamente nel buio, privando della possibilità di scorgere alcunché; lui si era fermato dopo pochi passi, restio a proseguire, ma Bravat gli aveva stretto il polso con decisione. “Vieni”, aveva detto con il tono di un ordine, quasi trascinandolo avanti, per poi bloccarsi improvvisamente e sorridere.
“Maestro Sirius… il ragazzo è qui”, aveva tintinnato la sua voce, e il Nulla che stava loro innanzi era stato scosso da un movimento.
... Quindi è lui.”
Esattamente. Il più prezioso.”
Molto bene. Come ti chiami, fanciullo?”
 Gre-Gregory Violet... signore.” Unesitazione, solamente un tremito della lingua per rivelare il timore che lo aveva colto quando la voce dello sconosciuto era risuonata intorno. Ed era stata solo una sua sensazione, o il corridoio era veramente immerso nel gelo?
Violet. È un bel nome... suona così bene in mezzo a queste tenebre.”
Per un solo istante aveva intravisto il bagliore di un sorriso; poi, una mano aveva infranto l
’oscurità, tendendosi verso di lui, e una morsa d’acciaio lo aveva ghermito e spinto su qualcosa di morbido. Ancor prima che potesse gridare il corpo era stato immobilizzato, aumentando il suo terrore.
Che cosa sta accadendo?

Rimani in silenzio; tutto finirà presto, se obbedirai. E tu sei un bravo ragazzo, vero?”, aveva sentito sussurrargli la voce di Bravat prima che il suo braccio sinistro fosse morso da un dolore violento e intenso, che come fumo gli aveva poi invaso la testa e la gola.
 Calma, calma. Va tutto bene.” Le mani dell’indovino erano scivolate sulla sua fronte, asciugandogli il sudore copioso, poi si erano fermate sul volto. “Non agitarti o sarà peggio. Rilassati...”
Aveva smesso di mugolare solo quando i suoi occhi avevano incontrato lo sguardo dell’altro: perché in quelle iridi chiare aveva letto totale assenza di pietà, quasi disprezzo per la sua sofferenza, e qualcosa di simile al compiacimento del cacciatore che ha appena preso al laccio una preda.
E non era riuscito a comprendere
perché. Perché quella tortura?
Che cosa aveva fatto per dover subire quella sofferenza, per quale motivo?

A chi avrebbe giovato?

Ferma-tevi, vi prego”, aveva implorato, le parole mozzate dai battiti impazziti del cuore; era passato ancora qualche istante, quindi il dolore si era acuito e lui aveva sentito gli occhi diventare pesanti, il corpo separarsi dalla mente e cadere in un baratro nero e freddo, una prigione di ghiaccio...
solo per riaprire gli occhi molto tempo dopo, libero dalle misteriose catene ma tremante, la gola che cercava di ingoiare quanta più aria possibile.
Bravat torreggiava su di lui, le braccia conserte e lo sguardo quasi divertito. “Sei rimasto svenuto per molto. Quel piccolo ago ti ha fatto così male?” aveva esordito, e ancor prima di ascoltare la risposta
gli aveva posato una mano sui capelli, per poi abbassare il volto sul suo. La prossima volta soffrirai di meno”, aveva soffiato nel suo orecchio, “o almeno... lo spero per te. E spero anche che tu rimanga un ragazzo tranquillo e silenzioso... sarebbe molto spiacevole il contrario.”
Da quel momento, mentre aveva fissato Bravat andarsene senza fretta lasciandolo lì da solo, la nebbia davanti agli occhi aveva iniziato a dipanarsi, permettendogli di posare la prima tessera del mosaico che avrebbe rotto l
’illusione in cui si era cullato.
E quella non era stata che la prima volta... la meno dolorosa.





Nutrito dai suoi ricordi, finalmente sazio di torturarlo, allimprovviso il dolore scemò e scomparve.
Violet aprì e chiuse gli occhi respirando con forza, la vista che diventava via via più nitida e la testa
leggera, come svuotata.
Pensi che sia finita, vero? Che questo sia la calma che precede l
’avvento del Nulla. Ma sei veramente sicuro che tu possa andartene in pace, senza prima aver rivelato loro la verità? Il silenzio che hai protetto fino ad ora sarà la tua condanna e il tuo rimorso.
Il giovane accennò un sorriso, mentre
quella voce dentro di sé – forse quella della sua anima, forse della sua coscienza – non accennava a tacere.
Perché non hai mai confidato a nessuno quello che ti facevano?
Perché non hai condiviso questa pena con i tuoi amici? Forse ora non ti troveresti a
patteggiare con la Morte, cercando di rubarle più tempo possibile perché tu possa perderti ancora nei tuoi pensieri.
È vero, l’incubo è cessato: quel ragazzino, Ciel, ha portato alla luce la verità, e ormai tutti sanno quello che è accaduto.
Ma anche loro lo hanno scoperto; e stanno soffrendo, proprio quello che tu non volevi
che accadesse. Le tue azioni hanno perso ogni senso.
Violet sospirò. “Non avrebbero potuto sopportare di scoprire che la Morte ci tiene stretti a sé e che, in un modo o nell
’altro, ci seguirà sempre.
La nostra sorte è stata decisa nel sangue di Derrick, e da allora si è mutata in un circolo senza inizio né fine, destinata a ripetersi uguale a sé stessa e ad essere mossa da mani altrui.
Perché avremmo dovuto addossarci tutti e quattro il peso di questa consapevolezza e farci divorare di nuovo dalla disperazione, quando la sofferenza di uno solo di noi avrebbe permesso agli altri di vivere sereni?
E... e non avrei mai permesso che si rattristassero per me... perché quando loro sorridevano, lo facevo anche io.

E quindi sei diventato parte della menzogna per non privarli della luce?
Come se tu avessi potuto resistere per sempre...
i loro sorrisi non avrebbero mai curato del tutto le tue ferite, le avrebbero solo pulite.
Mi sarebbe bastato.”
Ma chi avrebbe salvato te, Gregory? Chi
mai protegge i protettori?
Te l
’ho detto: il tuo sacrificio è stato vano, siete ormai perduti, come tu stesso hai riconosciuto. Volevi fare l’eroe, e invece morirai da stupido.
Ma gli hai visti anche tu... così felici, così lontani dal male...”
Ma anche tu avresti meritato di vivere sereno. Non avevate pagato già abbastanza? Nessun errore dovrebbe mai distruggere il Futuro...
Potrei anche sbagliarmi, comunque; se trovassero la forza per superare anche questo...”
Tu non sarai comunque con loro.
Questo era il prezzo, fin dallinizio. Lho sempre saputo.
La voce tacque, senza più disturbarlo; e il giovane poté assaporare di nuovo la pace, rivolgendo lo sguardo ai raggi dorati che vincevano le nubi e penetravano dalle vetrate, illuminandolo. Non aveva mai amato il Sole e la sua luce accecante, eppure in quellistante chiuse gli occhi e si beò del suo calore, ringraziandolo per la sua esistenza.
Nessun addio, amici miei. Non vi saluterò perché, chi lo sa... magari non è davvero finita.
Loblio lo colse con dolcezza, facendolo cadere in un riposo tranquillo.
Il silenzio lo vegliò, abbracciandolo e proteggendolo...

in attesa che giungesse chi potesse risvegliarlo, e salvarlo da quelle stesse tenebre da cui, per un lungo istante, aveva a sua volta salvato.







NOTE


[1] È così che nell’Odissea viene definito il canto dolcissimo delle Sirene, capace di incantare i naviganti e spingerli alla morte. Riferito a Bravat, si ricollega alla sua opera ingannatrice, celata appunto dalla benevolenza e affabilità con cui ammalia la gente.




ANGOLO DI QUELLA SCLERATA DELL’AUTRICE



A tutti voi che avete letto la storiella, grazie per aver condiviso con me le parole che da qualche giorno ronzavano nella mia testa incessantemente, e non c’era modo di metterle a tacere... se non permettendo loro di ancorarsi a un foglio di Word e volare tra le braccia di qualcun altro.
La mia passione per i personaggi secondari di ogni opera possibile immaginabile si è sfogata, questa volta, sul mio quartetto preferito, e in particolare su Gregory Violet, il geniale artista dagli occhioni viola; gli ultimi capitoli hanno dato una notevole spinta alle mie malsane idee (oltre ad avermi incrementato l’ansia, già cronica di suo).
Inizialmente doveva essere più corta, ma... ma siamo giunti a una one shot
. L’ennesima dimostrazione che io con le flash fic non posso proprio andarci d’accordo.
Eeee ce ne faremo una ragione.
Detto questo... se volete lasciare un parere, se avete delle domande o perplessità, oppure desiderate fare due chiacchiere farcite di sano fangirling, sono qui.


Alla prossima,
Manto :)

   
 
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