Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Penny83    23/04/2017    3 recensioni
«Non ho scelto di diventare Re. Non ho scelto di proteggere la mia gente dal più grande esercito che sia mai esistito, fatto di uomini che non si possono uccidere perché sono già morti. Lo devo fare e basta. Però ho scelto te. Tu sei la mia scelta. Ho scelto di combattere perché tu potessi tornare a casa, ho giurato di tenerti lontana dall’oscurità il più a lungo possibile, ma a volte lo rendi dannatamente difficile».
Sei il motivo per cui vivo, combatto e respiro. Sei tutto quello che ho.
Per sempre.
Non le aveva mai parlato così. Mai con quella intensità. Sansa lo sapeva, lo percepiva ma fino allora era rimasto taciuto sotto la superficie sottile della loro nuova vita condivisa.
Come poteva dirgli che per lei era lo stesso? Che lui l’aveva strappata da un diverso tipo di oscurità? Che aveva ricominciato a ricostruire se stessa partendo da lui? Una casa, una vita, un futuro. Sansa voleva vivere di nuovo e voleva farlo con Jon.
Con Jon e nessun altro che Jon.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Resistere.
Come aveva potuto pensare di resistere?
Privarsene coscientemente. Privarsi di Jon senza sapere cosa significasse averlo.
Doveva essere pazza.
Nascose il viso contro la sua spalla. Solo il pensiero di quante volte avesse ripetuto il suo nome la faceva arrossire.
Sussurrato. Spezzato. Sfuggito dalle labbra dischiuse per lo stupore della scoperta.
Forse lo aveva anche gridato.
Al di là del piacere, al di là dell’istinto, c’era qualcosa di sacro e inviolabile.
Qualcosa di antico come un ritorno.
Ed era bellissimo.
«Non riesco a credere che tu sia mia moglie».
Non sentiva freddo, Jon le dava tutto il calore di cui aveva bisogno. Fluttuava in una veglia languida, appagata e affamata allo stesso tempo. Sentiva i muscoli intorpiditi ma pronti a risvegliarsi al minimo contatto. Al suono del suo nome che usciva da quella bocca audace, generosa e perfetta. Più Jon si lasciava andare più la legava a sé e lo stesso valeva per lei. Sansa si arrendeva e conquistava.
Che ore erano? Aveva perso la cognizione del tempo. I minuti, le ore, non avevano più importanza. Scorrevano tra un bacio e l’altro. A volte lenti e a volte rapidi come i passi della loro danza. Non avrebbe mai smesso di ballare.
«Non riesco a credere di aver sposato un Targaryen».
Era troppo presto per scherzarci sopra? Era talmente confusa e sopraffatta da ciò che provava da essere poco lucida. Scrutò il volto del marito cercando di capire se fosse offeso ma sembrava solo… felice.
Sei così bella Sansa.
Dei, sei così bella.
Metà della loro prima notte di nozze era trascorsa e Sansa avrebbe desiderato che non avesse fine. Era stata sorprendente. Jon era sorprendente. Dolce e appassionato, forte e delicato al tempo stesso. Mai avrebbe pensato che unirsi a uomo potesse essere così.
Perfetto.
Intimo, intenso, inaspettato.
«Ti fidi di me, San? Voglio solo farti sentire bene».
Si era fidata e la sua fiducia era stata ripagata.
C’erano strade sotto la sua pelle che non pensava si potessero percorrere.
Jon le aveva disegnate per lei.
Con lei.
Dei, come si sarebbe potuta alzare dal letto l’indomani e riprendere una vita normale?
Non riusciva a pensare di separarsi da Jon. Smettere di toccarlo. Smettere di guardarlo.
«Stai bene?»
Era lui a guardarla adesso con quell’espressione che stringeva Sansa in una morsa dolce e dolorosa, perché rivedeva quella dolcezza e quel dolore nei suoi occhi. Forse significava questo appartenersi. Avere un posto nel mondo ma anche paura di perderlo.
«Benissimo».
La tirò a sé e la baciò e Sansa si preparò ad accoglierlo. E cullarlo e cullarlo e cullarlo…
«Resta con me».
«San… Si possono concepire i bambini anche la prima notte di nozze».
«Voglio tutto di te, Jon Snow. Soprattutto un bambino».
Deve essere questa l’eternità. Racchiusa in un attimo sospeso.
Dove non si riesce a distinguere chi sei e chi sono.
Siamo e basta. Nel groviglio e nella resa.
«La mia bella e dolce ragazza. La mia sposa lupo. Avrà tutto ciò che desidera».
«Ce l’ho già amore. Ce l’ho già».
«Ora capisco mio padre. Per te rovescerei il mondo».
Dei, non aveva mai visto nessuno guardarla in quel modo.
La sua pelle sotto le dita di Jon.
Il suo nome sulla sua bocca come una preghiera.
Le ore correvano troppo veloci. Era già l’alba.
«Quando Daenerys Targaryen saprà di noi, forse sarai costretto a farlo».
Le preoccupazioni del mattino incombevano su di loro. Presto – troppo presto – avrebbero dovuto affrontarle.
«Non permetterò a nessuno di farti del male. Nemmeno alla Regina d’Argento».
«Forse era quello che tuo padre prometteva a zia Lyanna. Forse faremo la stessa fine dei tuoi genitori».
In fondo abbiamo fatto la stessa scelta.
A dispetto di ciò che era giusto.
«Sansa dormi oppure vieni qui».
E Sansa si strinse a lui ancora una volta.
Il ghiaccio e il fuoco.
Il ghiaccio e il fuoco.
Suonava una canzone nella testa di entrambi.
Sansa e Jon.
Ti lasceresti guidare da me? Come quando balliamo?
Mille volte sì.
Qualsiasi cosa per la mia Regina
Essere istruito, condotto attraverso un territorio sacro e misterioso. Imparare a suonare come uno strumento che emette solo note perfettamente intonate. Si erano accordati con facilità – molto più velocemente e spontaneamente di quanto si aspettassero – trovando anche nell’intimità ciò che li aveva condotti fino al talamo che avevano consumato. Con passione e amore.
Anche nello slancio, nell’istinto. Nel dare e nel ricevere.
Ogni volta era riemerso con l’incrollabile certezza che non ne avrebbe avuto mai abbastanza e di essere irrimediabilmente, completamente e felicemente pazzo di sua moglie.
Com’è Sansa? Com’è amarsi così?
Infinito.
Aveva amato Ygritte. Quando era morta, aveva sofferto come se gli avessero strappato il cuore. Eppure, nonostante tutto, arrivato il momento di tornare ai Guardiani della Notte e al suo dovere, Jon l’aveva lasciata e aveva combattuto contro di lei.
L’amore è la morte del dovere.
Se ne rendeva conto mentre osservava la moglie addormentata tra le sue braccia.
Sua sorella. Sua cugina. Sua moglie.
Per Sansa avrebbe fatto qualsiasi cosa. Era già venuto meno a molti dei suoi doveri. La Regina Drago avrebbe potuto interpretare il loro matrimonio come un affronto. Jon aveva rinnegato la casa Targaryen per regnare accanto alla sorella-cugina. Una ribelle.
Sarebbe dovuto andare di persona da Daenerys, convincerla che lui e Sansa si erano sposati per amore. Per farlo avrebbe rinunciato a ogni pretesa sul Trono di Spade e avrebbe chiesto in cambio solo il Nord e Capo Tempesta. E i draghi per sconfiggere gli Estranei.
Tutto quello che desiderava era tenere al sicuro la sua famiglia e addormentarsi ogni notte tra le braccia di sua moglie.
La sua bella moglie lo aveva fatto impazzire. Stregato e soggiogato dalla combinazione di pudore e curiosità che spingeva Sansa in un’alternanza di slanci appassionati e rese fiduciose che appagava Jon doppiamente: per la generosità di lei e nel renderla felice.
Con pazienza lo aveva guidato e condotto, dove voleva essere guidata e condotta. Dandosi a lui senza riserve e lui aveva fatto altrettanto. Aveva detto di volere un bambino e Jon non si era lasciato pregare. Eppure sperava che non arrivasse subito, perché desiderava avere Sansa tutta per sé almeno per un po’.
Si sentiva più stanco quella notte che dopo la Battaglia dei Bastardi ma non riusciva a dormire. Non riusciva a smettere di guardarla. In un istante sarebbe stato pronto a ricominciare da capo al solo scopo di farle cantare il suo nome tutte le volte che fosse riuscito a strapparlo da quella bocca meravigliosa.
«A cosa stai pensando?»
Era sveglia. Si allungò verso di lui, in cerca della sua bocca. Lo baciava ancora con una sorta di colpa e disperazione che forse non li avrebbe mai abbandonati del tutto.
«A te».
«Bugiardo».
«Quale uomo non ti penserebbe incessantemente durante la prima notte di nozze? E quelle che la seguiranno».
«Mi hai sposata, Jon Snow».
«E ho avuto il coraggio di portarti a letto».
«Su questo punto ci sarebbe da discutere».
Jon la tirò sopra di sé.
Ancora una volta. Prima che arrivi il giorno.
«Allora mia signora, permettimi di rimediare. Di nuovo».
   
 
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