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Autore: melloficent    23/04/2017    1 recensioni
Mihael aveva sedici anni, aveva appena ucciso per la prima volta e aveva disperatamente bisogno di abbandonarsi a qualcuno.
Mail era lì, c’era sempre stato e ci sarebbe stato sempre.
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[ mello/matt hints | hurt-comfort | kinda missing moment ]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matt, Mello | Coppie: Matt/Mello
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The undeniable solace
 
 
Los Angeles era disgustosa.
Era disgustosa la quantità di ricconi che la affollavano, i poveri ammassati sulle strade di periferia, i ragazzini viziati, la perdizione della notte.
Di Los Angeles Mello odiava tutto, ogni briciolo di polvere che fosse servito a costruire quell’ignobile città.
Eppure viveva lì e si stava scolando una bottiglia di vodka scadente, seduto su un muretto nei pressi di una spiaggia piena di gente, di ragazzini ubriachi e in preda all’euforia dell’alcool e di qualsiasi altra cosa avessero assunto.
Chissà quanto ci sarebbe voluto perché anche quella zona diventasse deserta, alla stessa velocità con cui era diventata il ritrovo più in della città degli angeli.
Bevve un lungo sorso di vodka, una delle peggiori e meno costose, comprata al discount, e guardò la marmaglia di gente davanti a lui.
Aveva sedici anni, Mihael, e aveva appena ucciso un uomo.
Come si poteva pensare di paragonarlo ai ragazzini esagitati che stava guardando con malcelato disgusto?
Sentiva l’alcool bruciargli nello stomaco, perché era da quella mattina a pranzo che non metteva nulla nello stomaco a parte cioccolata ed era certo che avrebbe vomitato, magari sulle scarpe firmate di qualche ragazza troppo scoperta e poco lucida.
Voleva solo annebbiare i sensi, pensare di essere ancora immacolato e innocente, senza realizzare che la sua infanzia e tutto ciò che c’era di buono in lui fosse scivolato via dalle sue mani come la sabbia che si era infiltrata nelle sue scarpe.
Era disgustato. Da sé stesso, dai ragazzi che gli si paravano davanti, dalla vodka che ricordava più l’acetone per il sapore e da quella maledetta città.
O vivi o muori, quella era la regola principale del suo mondo.
I deboli periscono e i forti sopravvivono, è solo una dura legge evolutiva.
O Mihael o l’uomo di mezza età che gli aveva dapprima riso in faccia e poi l’aveva supplicato, declamando di risparmiarlo per amore della sua famiglia, di sua moglie e delle sue figlie.
Chissà se una di loro era là in mezzo, a festeggiare come se nulla fosse.
Ma doveva uccidere per la prima volta proprio di venerdì sera?
La cosa più spaventosa era che gli era piaciuto. Uccidere gli aveva dato un brivido di onnipotenza, l’aveva fatto sentire divino per un istante.
Era quello che provavano i guerrieri quando vedevano la vita scivolare via dagli occhi del loro avversario?
Poi era tutto precipitato in un’escalation di sensazioni sgradevoli, a cominciare dal panico, alla voglia di piangere e urlare, al disgusto.
Ora era vuoto e disgustato. E magari anche leggermente brillo –molto più che leggermente.
Perché lo faceva? Per vendicare L, giusto. Per sconfiggere Kira.
Per sconfiggere Near.
Come si suol dire, il fine giustifica i mezzi.
O almeno, così diceva chi non voleva farsi sopraffare dai sensi di colpa.
Ma tanto quelli arrivano comunque, prima o poi. Altrimenti si è un automa o un sociopatico.
In quel momento Mihael avrebbe tanto desiderato essere un sociopatico.
Furono due mani callose a sottrargli la bottiglia semivuota di alcool, ne conosceva a memoria ogni singolo centimetro e ricordava le sensazioni che gli provocavano quando gli artigliavano i fianchi e lo stringevano a sé con meticolosa cura, come se stessero trattando con una bambola.
-ridammela, Matt.- biascicò voltandosi per guardarlo. Aveva i capelli rossi scarmigliati, gli occhi verdi incommensurabilmente vuoti e il volto costellato di lentiggini.
Chi era più morto dentro fra lui e Mail?
-no, non voglio farti andare in coma etilico. Che razza di amico sarei?- chiese il rosso allontanando l’oggetto tanto desiderato dalla mano affusolata del biondo, dalle unghie tinte di nero –una scelta così maledettamente kitsch.
-un pessimo amico, ora lasciami bere.- ribattè Mihael deciso, ancora convinto di poter riagguantare la bottiglia.
Non aveva l’equilibrio necessario, però, per sporsi verso Mail senza crollare rovinosamente a terra.
Sarebbe stato uno spettacolo penoso, dopotutto era il capo della mafia di Los Angeles ora.
-no, hai bevuto abbastanza per oggi.- dichiarò deciso il rosso. Mihael non reggeva l’alcool, e sospettava davvero che si stesse auto inducendo un’intossicazione da alcolici.
Rimasero a guardarsi per un po’, Mail in piedi e Mihael seduto sul muretto, facendo dondolare placidamente le gambe fasciate da dei jeans scuri, spaccati e sfilacciati sulle ginocchia.
Non era uno sguardo da innamorati, da anime gemelle. Era lo sguardo di due persone che, a modo loro, stavano rapidamente perdendo tutta la loro voglia di vivere.
Erano sempre stati rotti, Mail e Mihael, per motivi diversi ma accomunati dal medesimo scomodo sentimento.
Forse per questo si erano capiti così bene, sin dal primo momento che si erano visti.
Ma era Mihael quello che stava peggio: Mail si limitava a lasciarsi scorrere gli eventi addosso, rimanendo un guscio vuoto e informe, anonimo e passivo.
In quel momento Mail non vedeva altri che una lastra di vetro spaccata, negli occhi di Mihael.
Era destabilizzante vederlo in quello stato. Era sempre stato Mihael quello forte.
Il biondo non dovette preoccuparsi del suo precario equilibrio quando sentì il corpo di Matt contro il proprio, la vita cinta in un abbraccio soffocante, considerata l’afa notturna, e il mento del rosso infilato nell’incavo della sua spalla.
Odorava di sigarette, dopobarba e alcool. Aveva bevuto anche lui, anche se sembrava molto più lucido di Mihael.
Reggeva notoriamente meglio l’alcool.
-andrà tutto bene. Hai fatto quello che andava fatto.- sussurrò Mail con la voce arrochita dal fumo.
Mail non aveva mai avuto una morale, un particolare codice etico. Non gli importava quanto una cosa fosse sbagliata, finché non ledeva lui in particolare.
Spesso non gli importava nemmeno se ledeva lui.
Non avrebbe mai biasimato Mihael, nemmeno se l'avesse ucciso con le sue mani, sporcandosi la pelle nivea del suo sangue.
Mihael poteva prendersi la sua vita, la sua giovinezza e il suo amore, tutto ciò che di vivo c'era ancora in Mail e lui non l'avrebbe comunque biasimato.
Anzi, avrebbe continuato ad adularlo come la sua personalissima icona religiosa.
Mihael era la sua religione, il suo dio e la ragione della sua esistenza.
Vederlo vacillare così faceva male.
-ho ucciso una persona, Matt. Sono un mostro- soffiò Mihael lasciandosi cullare dal tocco forte e allo stesso tempo reverenziale di Mail, dal suo tipico odore, inquinato solo dal sentore acre dell'alcool.
Perché non poteva rimanere in quel bozzolo per il resto della sua vita?
Aveva solo sedici anni, non voleva tutto quel peso sulle sue spalle.
-hai fatto quel che hai fatto per te. Per noi. Per L. Va bene così, Mel- disse Mail con il tono rassicurante che usava quando Mihael bruciava di rabbia, quando si faceva consumare dalle sue emozioni.
Erano un'ottima squadra, Mihael e Mail.
Il primo agiva, il secondo raccoglieva i suoi pezzi e li riassemblava.
Esistevano l'uno in funzione dell'altro, sin da quando erano troppo piccoli per capirne le reali implicazioni.
Mihael era il guerriero, il soldato, l'eroe. Mail era la spalla a cui appoggiarsi, il farmaco che leniva le ferite, l'indispensabile conforto.
-non credo che tutto questo abbia ancora un senso...- mormorò il biondo chiudendo gli occhi delle stesse sfumature del ghiaccio al sole, insolitamente liquidi per via dell’alcool e di qualcos’altro che non voleva identificare.
Mail strinse ancora di più la vita sottile dell’altro tra le sue braccia, sfiorando il tessuto della giacca di pelle nera –costata un occhio della testa, tra loro due era Mihael quello che preferiva spendere- e fece un sorriso amaro, diverso da quelli che snocciolava ogni giorno, probabilmente più autentico.
-qualunque cosa tu faccia, io ti seguirò. Puoi abbandonare tutto e fare quello che più ti aggrada, io sarò sempre con te.- disse calmo. Mail parlava raramente, preferiva i silenzi alle valanghe di parole, che alla fine rovinavano solo le cose.
Raramente diceva cose del genere, era molto più bravo con i gesti, puri e semplici, incapaci di essere fraintesi.
Mihael capì che doveva essersi ridotto davvero malissimo, perché Mail decidesse di esprimere un discorso di quello stampo, che normalmente sarebbe rimasto relegato nell’eco dei suoi pensieri, perché nessuno dei due amava particolarmente le romanticherie di quel genere.
-potresti anche voler vivere in una casetta nelle praterie del Nebraska con ventisette gatti, io sarei comunque con te. È la tua maledizione.- continuò senza allontanarsi dal biondo di un millimetro.
Non sapeva chi dei due avesse più bisogno di quel contatto.
-è la mia fortuna.- ribatté Mihael stirando le labbra sottili in un sorriso altrettanto amaro, confortato dalla consapevolezza che almeno Mail non sarebbe mai andato via.
Mihael aveva sedici anni, aveva appena ucciso per la prima volta e aveva disperatamente bisogno di abbandonarsi a qualcuno.
Mail era lì, c’era sempre stato e ci sarebbe stato sempre.
Fu quello a permettergli di andare avanti, nonostante il disgusto per sé stesso.
Mihael e Mail erano una squadra, il primo si bruciava e il secondo leniva tutto il dolore, non potevano che esistere se non insieme.
E non c’era nulla di più rassicurante.
 
 
 
 
 
 
melloficent says (aka l’angolino delle ammissioni di colpa)
il mio problema è che certe volte mi viene da scrivere un sacco di roba di getto, poi la rileggo e mi fa schifo.
e la pubblico comunque.
grande genio Akemi, complimenti per la tua convinzione.
che poi questo originariamente era il documento di una Vincent/Gilbert di Pandora Hearts (io e le mie ship problematiche, parte dieci), ma y’know era lì da un anno.
da quando è uscito il volume 24 credo. Eh vbb Pandora Hearts mi ha fatto male.
ma smettiamo con i vaneggiamenti per arrivare al cuore pulsante di questo angolino inutile: le ammissioni di colpa e la relativa richiesta di clemenza al popolo!
ho venduto l’anima alla Mello/Matt, e questi piccini mi ispirano un sacco di angst. Poi Matt mi viene sempre mezzo morto dentro e tutto ciò è magico.
credo che mi piaccia solo una metà di questa roba, il resto è da stampare e bruciare.
(per la cronaca, è la prima)
lascio a voi, o prodi visitatori, meritevoli di gloria e onore degli antichi per essere arrivati fino a qui, l’arduo compito di descrivere in una preziosissima recensione cosa ne pensate di cotanto scempio.
io nel frattempo vado a piangere sulla Shizaya (altro peccato, su cui però non credo che scriverò mai nulla perché non so caratterizzare Izaya).
bacini baciotti,
-Akemi
 
p.s: mi sono appena accorta di non avere un titolo per questa roba. Voglio un applauso e una laurea ad honoris causa.
Ah, ora che ho dato un titolo allo scempio non so se sia corretto lessicalmente. Mannaggia a me che voglio fare le cose fighe e non ci riesco.
 
 
 
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